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2025-11-19 20:36

L’Uranio è l’Energia di Oggi. E Domani Ci Sarà Anche il Torio

MATERIE PRIME

di: 
Giovanni Brussato

Il torio si preannuncia come il combustibile ideale: abbondante, derivato da un rifiuto altrimenti problematico, con ridotti problemi ambientali. Ma il suo possibile utilizzo futuro richiede che, prima, si possieda il know-how tecnologico degli attuali reattori di terza generazione. L’articolo preannuncia uno dei temi di dibattito della XVII Conferenza per l’efficienza energetica e una pubblicazione specifica curata dall’autore sul tema.

In Copertina: Jiangnan Shipyard con sede a Shanghai ha presentato al Marintec China exhibition il progetto della prima portacontainer alimentata da un reattore nucleare a sali fusi a base di torio (TMSR). La nave, il cui nome in codice è KUN-24AP, se costruita sarà una delle più grandi portacontainer oceaniche con una capacità di 24.000 container. Foto:Weibo.

 

Negli anni '60, i ricercatori americani hanno costruito e testato i primi reattori a sali fusi ma, alla fine, gli Stati Uniti decisero di accantonare il programma a favore della tecnologia basata sull'uranio. Gli Stati Uniti lasciarono la loro ricerca disponibile al pubblico.

Dopo oltre cinquant’anni, i ricercatori americani hanno trovato un successore, forse non troppo gradito, ma che ha studiato con zelo i documenti americani declassificati e poi ha sviluppato ulteriormente la tecnologia. Nel 2018, è iniziata la costruzione del primo reattore a sali fusi alimentato da torio liquido made in China. Il reattore, Thorium Molten Salt Reactor (TMSR), ha raggiunto la criticità nell'ottobre 2023, la piena potenza nel giugno 2024 e ha completato con successo la ricarica del torio in funzione nel novembre del 2024. All’inizio di questo mese, l'Istituto di fisica applicata di Shanghai (SINAP) ha formalmente comunicato di aver realizzato con successo la prima conversione in assoluto del combustibile nucleare da torio a uranio confermando la fattibilità tecnica dell'utilizzo del torio in un sistema di energia nucleare con reattore a sali fusi.

È fin troppo facile ironizzare che mentre nel nostro Paese riflettiamo sulle opportunità del nucleare di quarta generazione i cinesi lo costruiscono. In realtà, stiamo assistendo a quella tattica dilatoria di origine calcistica, nota come melina, che consiste in passaggi continui e apparentemente inutili che non mirano a costruire il gioco, ma a consumare i secondi. Perché rinviare la costruzione del nucleare di terza generazione per “aspettare” quello di quarta significa attendere che termini la legislatura per non affrontare un tema cruciale per il futuro del Paese. Senza peraltro comprendere, o spiegare, che la strada verso il nucleare di quarta generazione deve passare dai reattori di terza.

 

Perché il torio.

Così mentre l’Occidente ha inventato il Green Deal ed istruito la Cina su come costruire le nuove tecnologie a basse emissioni di carbonio, affinché un domani potesse vendercele, Pechino, nel frattempo diventata la Fabbrica del Mondo, ha assolto al compito ma ha anche acquisito il know-how necessario per comprendere che la vera risposta alla ricerca di alternative energetiche ai combustibili fossili potrebbe essere stata di fronte a noi per tutto il tempo, anzi sotto i loro - ma anche i nostri - piedi.

Quando nel 1992 Deng Xiaoping pronunciava l’ormai celebre “il Medio Oriente ha il petrolio, la Cina ha le terre rare...” sicuramente si riferiva alla crescita esplosiva dell’elettronica di consumo ed alle prospettive di mercato per le terre rare cinesi. Altrettanto sicuramente non immaginava che nei depositi magmatici e idrotermali, spesso intrecciati con gli elementi delle terre rare, era disponibile anche un metallo argentato che avrebbe potuto garantire al suo Paese l’indipendenza energetica: il torio.

Il solo complesso minerario di Bayan Obo noto al mondo per essere “la miniera” delle terre rare potrebbe fornire abbastanza torio per consentire alla Cina di affrancarsi dal carbone.

 

Da rifiuto a combustibile.

Recuperare il torio dalla monazite, invece di conferirlo nelle dighe di sterili come un rifiuto, significa adottare un approccio intelligente e sostenibile alla gestione delle risorse minerarie proprio come prescritto nei dettami del Santoni della Sostenibilità di Bruxelles. Questa scelta si inserisce pienamente nei principi dell’economia circolare, perché trasforma un materiale potenzialmente pericoloso in una risorsa utile, riducendo la quantità di rifiuti prodotti, prevenendo l’accumulo di sostanze radioattive nei bacini di smaltimento e limitando gli impatti sul territorio e sugli ecosistemi.

Inoltre, l’estrazione del torio come by-product da processi minerari già attivi comporta un risparmio energetico: non richiede l’apertura di nuove miniere, consuma meno risorse e genera minori emissioni. Si tratta quindi di una strategia di efficienza energetica che valorizza ciò che già esiste, in linea con i principi di resource recovery e di responsabilità ambientale. Dal punto di vista energetico, il torio rappresenta una risorsa strategica per il futuro: può essere utilizzato come combustibile in reattori nucleari di nuova generazione, più sicuri e con scorie a vita potenzialmente più breve rispetto ai sistemi tradizionali. In sintesi, il recupero del torio dalla monazite unisce tre obiettivi chiave: riduzione dei rifiuti, tutela dell’ambiente ed efficienza energetica trasformando un problema in opportunità, con vantaggi sia ambientali che economici per l’intera filiera mineraria ed energetica.

 

Naturalmente c’è un ma...

Sono molte le sfide che attendono Pechino e chi vorrà rincorrerli nel timore, in un futuro non troppo lontano, di vedere dozzine, potenzialmente centinaia, di questi reattori, piccoli, modulari e scalabili, inondare il mercato mondiale, lungo una “via della seta nucleare”, utilizzando torio e uranio per funzionare.

A cominciare dal fatto che non esistono nel mondo centrali commerciali che usano torio come combustibile primario: i reattori progettati appositamente per il torio, come i molten salt reactors, sono ancora sperimentali. 

E perché non esistono filiere industriali consolidate per l’estrazione, l’arricchimento ed il trattamento del torio. Tutto questo richiede investimenti enormi, senza garantire, al momento, costi dell’energia più bassi mentre l’uranio, invece, beneficia di una filiera industriale collaudata e globalmente diffusa.

Il torio non può essere usato “da solo”, come molti annunci roboanti suggeriscono, deve prima essere trasformato in uranio-233 che richiede un reattore già funzionante ed il necessario know-how tecnologico per gestire la conversione.

 

L’alba del torio è in Asia.

Per Pechino, tuttavia, il torio significa, al pari del carbone, indipendenza energetica: qualcosa su cui il Partito Comunista Cinese non è mai stato disposto a negoziare. Inoltre,  la Cina ci ha dimostrato, in questi decenni, la sua capacità di scalare tecnologicamente i prototipi sviluppati da altri: dai pannelli fotovoltaici alle batterie, per finire alle turbine eoliche.

Lo sfondo è quello di una competizione, tutta asiatica, con l’India che possiede una delle più grandi riserve di torio al mondo e dove una chiara direzione politica guida l’innovazione nazionale e le partnership internazionali imponendo il torio come una risorsa fondamentale per raggiungere gli obiettivi energetici del paese.

Emerge come le tecnologie di quarta generazione così come l'adozione del torio come combustibile basato sul ciclo Th-U-233 richiedano investimenti e competenze coniugati ad una forte dose di determinazione politica che in questo momento, nel nostro Paese, non sembra esserci.