(NON) GESTIONE DEI RIFIUTI A ROMA
Questa volta stiamo arrivando davvero al collasso. Dopo anni di false prospettive, con le quali si è fatto credere ai cittadini che i rifiuti potessero scomparire solo con la raccolta differenziata e senza fare impianti, oggi i nodi vengono al pettine.
Zingaretti, dopo anni di immobilismo e di saturazione delle discariche esistenti, dopo aver vantato la chiusura di Malagrotta senza una soluzione alternativa, non trova di meglio che proporre l’apertura di una nuova “piccola” discarica, ovvero una discarica da quasi tre milioni di tonnellate che dovrebbe durare fino al 2025. In realtà, in assenza di impianti, occorre trovare una destinazione ad almeno un milione e mezzo di tonnellate di rifiuti all’anno. Quindi una simile “piccola discarica” sarebbe esaurita in appena tre anni!
D’altra parte, la Raggi parla di fattori di pressione (?!) come se la città non fosse interamente sommersa dai rifiuti e non gestisce né propone nient’altro che l’export dei rifiuti. Una pratica incivile che diventa sempre più costosa, anche a causa dei “competitors” in tutto il centro e il sud d’Italia che, quanto a carenza di impianti, vivono condizioni simili a quelle della Capitale. Conferire una tonnellata di rifiuti urbani in uno degli impianti di termovalorizzazione del Nord Italia o del Nord Europa costa almeno 200 euro. Non a caso, Roma riscuote dai cittadini le più care tariffe dei rifiuti pur non assicurando un servizio di raccolta decoroso.
La pretesa di trasformare la gerarchia europea di gestione dei rifiuti in una priorità temporale (“prima si raggiungano gli obiettivi di raccolta differenziata e di riutilizzo, poi si penserà al recupero di energia, se ancora necessario...”), sostenuta da molti “ragionevoli” esponenti ambientalisti, ha consentito agli amministratori, succubi del tabù dell’incenerimento come Zingaretti, di rinviare ogni decisione per anni.
Ora, la crisi strutturale si manifesta in forme sempre più drammatiche, col paradosso che, anche quando la raccolta differenziata migliora avvicinandosi agli obiettivi di legge, il peso della quota dei rifiuti indifferenziati o irrecuperabili diventa via via più insostenibile. Infatti, anche le raccolte differenziate e il riciclo producono scarti importanti e, senza impianti che riducano il volume e recuperino l’energia, le discariche si esauriscono in fretta e diventa sempre più difficile aprirne di nuove.
Gli Amici della Terra sono consapevoli che occorra anche una discarica di servizio alla città metropolitana di Roma ma credono che essa debba accogliere non oltre il 5% della produzione di rifiuti (a Roma, ben 100.000 tonnellate all’anno). Un paese civile considera la propria discarica un bene comune che deve durare secoli e non essere sperperato in pochi anni come è accaduto a Malagrotta (per colpa dei governi locali e della politica e non certo del capro espiatorio Cerroni). Quindi, una discarica a Roma può essere programmata solo dopo aver costruito un inceneritore da 700.000 tonnellate all’anno e almeno 4 impianti di trattamento della frazione organica dei rifiuti. Va considerato che oltre a ciò, resterebbe ancora da definire uno sbocco ai flussi dei materiali (carta, plastica ecc) a valle della raccolta differenziata.
Ogni altra proposta che non consideri i dati del reale flusso di rifiuti, sarebbe una beffa per la città.