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2024-03-19 11:30

Cosa Dicono i Dati e Cosa Non Dicono Ancora

PRODUZIONE E RACCOLTA DIFFERENZIATA DEI RIFIUTI URBANI

di: 
Marco Talluri

La disponibilità di dati certi e di qualità sui rifiuti, come su altri temi ambientali cruciali, è una necessità, non solo per garantire trasparenza alla filiera relativa, ma anche per rispondere alle normative europee in materia e tenere sotto controllo un processo che spesso risulta molto critico. Abbiamo proposto un nuovo sistema di raccolta dati in capo al SNPA. Ma è comunque molto utile valutare i dati attualmente disponibili.

Tra gli obiettivi delle quattro direttive del “pacchetto economia circolare”, entrate in vigore il 4 luglio 2018, è previsto il riciclo entro il 2025 per almeno il 55% dei rifiuti urbani (60% entro il 2030 e 65% entro il 2035). Il 65% degli imballaggi dovrà essere riciclato entro il 2025 e il 70% entro il 2030. I rifiuti tessili e i rifiuti pericolosi delle famiglie (come vernici, pesticidi, oli e solventi) dovranno essere raccolti separatamente dal 2025 e, sempre a partire dal 2025, i rifiuti biodegradabili dovranno essere obbligatoriamente raccolti separatamente o riciclati a casa attraverso il compostaggio.

Come si vede, l’accento è posto sulla destinazione finale dei rifiuti, per cui risulta indispensabile – come abbiamo proposto nell’articolo Perché Non Semplificare i Rifiuti? - mettere a punto un sistema che documenti e tracci la filiera dei rifiuti dalla produzione, raccolta fino al riciclo. Sistema che va progettato in capo al SNPA, l’ente composto da Ispra e dalle agenzie ambientali regionali e delle province autonome, e messo in essere al più presto.

Attualmente, e ormai da molti anni, Ispra pubblica il “Catasto nazionale dei rifiuti“ (https://www.catasto-rifiuti.isprambiente.it), nel quale si trovano:

  • ·i dati relativi alla produzione e raccolta differenziata dei rifiuti urbani, fino al dettaglio comunale per gli anni 2010-2019, fino al dettaglio provinciale per gli anni 2001-2019; quelli relativi alla gestione dei rifiuti urbani per gli anni 2015-2019 e sui costi di gestione dei rifiuti urbani per gli anni 2011-2019;
  • ·i dati sulla produzione e la gestione dei rifiuti speciali per gli anni 2014-2018.

Per tutti questi dati è possibile scaricare le informazioni in formato aperto e riutilizzabile.

Ora però, lo Stato deve definire – al più presto – metodi standard sul tema del recupero di materia in peso, reso obbligatorio dalla Direttiva UE 2018/851, che sarà certamente più complesso rispetto a quello della raccolta differenziata, per il quale ci sono voluti 19 anni per arrivare il Decreto del Ministero dell’Ambiente del 26 maggio 2016 con cui sono state adottate “Linee guida per il calcolo della percentuale di raccolta differenziata dei rifiuti urbani”.

Tutto ciò mostra come la raccolta differenziata costituisca un mezzo, un passo intermedio rispetto alla effettiva costruzione di una filiera funzionante in una logica di economia circolare. Logica nella quale è necessario ottimizzare i servizi di gestione dei rifiuti urbani, in termini dimensionali, sulla base degli ambiti territoriali ottimali (ATO), con l’obiettivo di consentire economie di scala e di differenziazione idonee a massimizzarne l’efficienza. In Italia, sono stati individuati dalle Regioni 76 ATO, e l’ideale sarebbe che in ognuno di essi la gestione dei rifiuti venisse affidata – con procedure ad evidenza pubblica – ad un operatore. In realtà, risultano in essere 803 gestioni attive da parte di 368 operatori.

Sul piano degli impianti necessari, occorre che per ogni filiera di recupero della materia (carta, vetro, plastica, umido, ecc.) siano disponibili i relativi impianti e che, fin dal momento della raccolta, sia chiara la destinazione finale, in modo che la filiera sia trasparente e tracciabile.

Insomma, occorre davvero porre ordine a tutto il sistema, valutando anche se sia opportuno mantenere la separazione fra gestione dei rifiuti urbani e speciali, considerato che, intervenendo sulla materia con finalità di recupero/riciclo, il rifiuto plastico o la carta prodotte nelle abitazioni e nell’ambito di attività produttive non differiscono per destinazione ottimale di trattamento.

D’altra parte, è comunque significativo capire come si presenti la situazione oggi relativamente alla raccolta differenziata, rispetto a questa fase del ciclo di produzione-riciclo-smaltimento dei rifiuti, in quanto essa costituisce il primo step del processo che, se non ottimizzato, rischia di creare molti problemi ai passaggi successivi.

La normativa europea, successivamente recepita da quella italiana (D.Lgs. 152/2006), aveva da tempo indicato l’obiettivo minimo del 65% da raggiungere entro il 2012 (mentre il 45% doveva essere raggiunto nel 2008). Da allora sono passati quasi dieci anni e solamente il 60% dei comuni italiani (dati 2019) ha raggiunto e superato questo livello di raccolta differenziata, e questi comuni corrispondono al 52% della popolazione.

Poco o niente sappiamo della qualità della raccolta differenziata, che poi è determinante per le operazioni di recupero/riciclo, ma certo – se dovrà essere riciclato entro il 2025 il 55% dei rifiuti urbani - se non si raggiunge neppure quanto previsto dalla normativa per dieci anni fa, ben difficilmente si potranno rispettare i nuovi obiettivi.

La situazione è molto diversa da regione a regione, fra le più virtuose sicuramente la Sardegna, di cui il 96% dei comuni, nei quali vive l’81% della popolazione, supera il livello del 65% di raccolta differenziata, il Veneto (94% dei comuni e 81 della popolazione) ed il Trentino Alto Adige (81% dei comuni e 80% della popolazione); le regioni più indietro sono la Sicilia (30% dei comuni e 17% della popolazione), la Basilicata (27% dei comuni e 25% della popolazione), e la Calabria (24% dei comuni e 26% della popolazione).

Esaminando la situazione a livello provinciale, si nota che vi sono differenze sensibili anche all’interno delle singole regioni. Ad esempio, in Toscana spicca il 100% dei comuni con più del 65% di raccolta differenziata nella provincia di Prato; al contempo, la provincia di Grosseto raggiunge questa soglia solamente nell’11% dei comuni e, addirittura, ha il 54% dei comuni con valori inferiori al 45%. Analogamente, in Lombardia, le province di Mantova e Monza e della Brianza hanno il 100% dei comuni con più del 65% mentre Sondrio presenta valori dell’11%.

Dall’analisi di dettaglio dei dati disponibili appare abbastanza chiaramente che il quantitativo di raccolta differenziata è strettamente collegato alla volontà e capacità, a livello del singolo comune, di gestire la raccolta dei rifiuti, puntando o meno con impegno su questa pratica.

Infatti, comuni con dimensioni e caratteristiche simili presentano dati anche molto lontani (superiori all’80% o inferiori al 20% di raccolta differenziata), mostrando con chiarezza che sono necessarie politiche mirate puntuali rivolte a premiare e sanzionare gli amministratori locali in relazione ai loro comportamenti, in quanto questi dati pesano e determinano le scelte relative alle modalità di gestione dei rifiuti ed al loro smaltimento.

Se la quantità di raccolta differenziata è un tema fondamentale, altrettanto lo è la quantità totale di rifiuti urbani prodotti, infatti uno degli obiettivi che occorre porsi è sicuramente quello di ridurre queste quantità. Un sistema di gestione integrato dei rifiuti deve necessariamente incidere sulle reali cause dell’aumento della produzione dei rifiuti agendo su più livelli per governare e ridurre tale problema. Solo se fondato su una seria politica di riduzione, il ciclo dei rifiuti sarà davvero integrato, virtuoso e sostenibile.

Va sottolineato come la strategia dell’Unione europea in materia di rifiuti, non a caso prevede di agire sulle 4 R (Riduzione, Riutilizzo, Riciclo, Recupero) per una corretta ed efficace gestione sostenibile dei rifiuti. E, come sempre, per valutare le situazioni reali, occorre partire dalla conoscenza dei dati.

Fra le 14 province italiane che hanno una produzione pro-capite di rifiuti urbani superiore a 600 kg troviamo 12 province dell’Emilia-Romagna e della Toscana, viceversa le province che presentano una produzione pro-capite di rifiuti urbani inferiore ai 400 kg sono tutte nel sud e delle isole (ad eccezione di una del Lazio): Vibo Valentia, Caltanissetta, Reggio Calabria, Isernia, Frosinone, Campobasso, Nuoro, Benevento, Avellino, Enna, Potenza).

Complessivamente negli oltre 7.900 comuni presenti nel Catasto, si registra una produzione media di rifiuti urbani pari a 466 kg per abitante. Nel 12,8% dei casi hanno una produzione elevata, superiore a 600 Kg / abitante, in alcuni casi (3,9%) molto elevata, cioè superiore agli 800 kg.

I dati disponibili permettono di effettuare analisi più mirate, ad esempio ponendo in relazione sia alle quantità prodotte che alla percentuale di raccolta differenziata, con le dimensioni dei comuni (popolazione).

Esaminando il dettaglio regionale, dal quale si rileva una situazione piuttosto differenziata riguardo ad entrambi gli aspetti, andando da un massimo di 663 kg di rifiuti urbani (RU) prodotti per abitante in Emilia-Romagna ai 354 della Basilicata, con una percentuale di raccolta differenziata (RD) che varia fra il 747,7 del Veneto al 38,5 della Sicilia.

Fra i 45 comuni di grandi dimensioni (>= 100.000 abitanti), emerge chiaramente un gruppo di città che registrano numeri davvero molto bassi, addirittura inferiori al 25%, come Catania (14,5%), Taranto (16,0%), Palermo (17,4%), Messina (18,8%), Siracusa (20%), Foggia (28,6%). Si tratta di tutte città del sud, ma con valori ancora insufficienti si trovano anche Genova (35,5%), Trieste (42,2%), Roma (45,2), Torino (47,7%). Viceversa, un altro gruppo di comuni assicura livelli di raccolta differenziata molto elevati, da segnalare in particolare le quattro realtà che superano addirittura l’80%: Ferrara (85,9%), Reggio Emilia (82,9%), Trento (82,5%) e Parma (81,6%). Complessivamente, sono 17 su 45 i comuni con una percentuale di raccolta differenziata superiore al 65%, 16 fra il 45 ed il 65% e 12 con meno del 45%.

Per i 102 comuni di medie dimensioni, fra i 50 ed i centomila abitanti, ce ne sono alcuni con percentuali di raccolta differenziata molto ridotti, inferiori al 45% – ma per alcuni anche meno del 30% (Cerignola, Crotone, Torre del Greco, Matera, Trani ed Afragola) – prevalentemente si tratta di realtà del sud, ma in questo gruppo di comuni spiccano anche alcuni della Toscana come Massa (30,1%), Pistoia (40,2%) e Carrara (40,2%).

Viceversa, ci sono alcuni comuni con percentuali di raccolta differenziata elevata (oltre l’80%): Carpi, Treviso, Pordenone e Lucca. Complessivamente sono 43 su 102 i comuni con una percentuale di raccolta differenziata superiore al 65%, 30 fra il 45 ed il 65% e 24 con meno del 45%.

Ulteriori informazioni sull’argomento, con un dettaglio fino a livello comunale sono disponibili nel mio blog https://ambientenonsolo.wordpress.com