DOPO QUALCHE PREOCCUPANTE ANTICIPAZIONE
La presentazione alla stampa da parte del Commissario europeo all’energia, Günther Oettinger, del rapporto tecnico sugli “stress test” condotti sulle centrali nucleari europee in risposta all’incidente di Fukushima ha fatto nascere intorno alla Francia un piccolo giallo.
Il quotidiano “Le Figaro” era venuto in possesso del documento già prima della presentazione e il 1° ottobre aveva anticipato gli esiti delle valutazioni relative ai reattori francesi con un articolo che era stato ripreso anche in Italia. Sembrava che i risultati non fossero dei più rassicuranti: carenze nella sicurezza erano state evidenziate per tutte le centrali, anche se per nessuna veniva prospettata la necessità di chiusura. Anzi, sotto questo profilo la vecchia centrale di Fessenheim – due reattori in esercizio dal 1978 che il Presidente Hollande nel settembre scorso si è impegnato a chiudere entro la fine del 2016 - risultava messa meglio di altre: in una tabella riassuntiva, dove per ciascuna centrale venivano indicati i giudizi sintetici in relazione ad alcuni selezionati aspetti di sicurezza, le procedure di emergenza in caso di incidenti severi predisposte per Fessenheim venivano giudicate adeguate, mentre erano valutate insufficienti quelle delle ben più recenti centrali di Chooz e di Civaux.
Ma il documento ufficialmente presentato il 4 ottobre è risultato diverso. Quelle insufficienze per le centrali di Chooz e di Civaux sono scomparse, e scomparsa è, ad esempio, anche l’insufficienza che era stata data alla centrale di Belleville riguardo alla strumentazione sismica.
L’ASN, l’autorità di sicurezza nucleare francese, ha affermato di non essere mai intervenuta per far modificare i giudizi, come pure, da parte sua, il Commissario Oettinger ha smentito l’esistenza di qualsiasi tentativo di influenzarli. Una spiegazione è stata invece data dalla Commissione. Le modifiche sarebbero state apportate, in numero comunque limitato e non solo per la Francia, e non solo in senso migliorativo, a seguito di un’ultima rilettura da parte dei servizi interni, al fine di rendere del tutto coerente la tabella riassuntiva con il testo del documento.
Comunque sia, pur con le correzioni finali, il documento non sembra troppo benevolo nei confronti del nucleare francese. Le diciannove centrali d’oltralpe sono sistematicamente giudicate tutte inadeguate per quanto attiene alla scelta del terremoto e dell’evento di inondazione di progetto; tutte inadeguate anche per quanto riguarda la protezione dagli eventi esterni dei mezzi necessari per far fronte agli incidenti; per molte centrali sono giudicate inadeguate le linee-guida per la gestione degli incidenti severi. Alla Francia sono rivolte raccomandazioni che vanno dall’integrazione dell’approccio deterministico tradizionale con analisi probabilistiche nella determinazione del terremoto di progetto, alla valutazione dei margini di sicurezza esistenti per i terremoti di maggiore intensità; dal miglioramento della strumentazione sismica attualmente installata nelle centrali, alla riconsiderazione dei metodi di definizione degli eventi di inondazione da assumere come base di progetto; dallo studio di tutti i fenomeni meteorologici e climatici estremi e delle loro possibili combinazioni, alla gestione degli eventi di perdita delle alimentazioni elettriche in corrente alternata (station blackout), fino alla garanzia dell’effettiva attuazione dei provvedimenti necessari per far fronte agli incidenti severi che si possano verificare in più unità della stessa centrale, in conseguenza di fenomeni naturali.
D’altra parte le centrali francesi non costituiscono certo un’eccezione: nessuno dei 132 reattori dei paesi dell’Unione europea tuttora in esercizio (13 sono stati spenti dopo l’inizio degli stress test) risulta esente da un sintetico giudizio di insufficienza in relazione ad almeno uno – ma assai spesso più d’uno - degli aspetti di sicurezza presi in esame, e raccomandazioni sono state formulate per tutti i paesi, da un minimo di due per la Germania a un massimo di diciassette per la Svezia. Per l’Olanda, dove vi è un solo reattore, ne sono state formulate undici.
Ancor più dell’oggettività dei giudizi e delle raccomandazioni, sono state dunque le modifiche dell’ultima ora a finire con l’attrarre maggiormente l’attenzione sul caso francese, unite forse al più o meno latente sospetto di non perfetta trasparenza che, riguardo al nucleare, accompagna la Francia, dacché questa, avendo perseguito con grande determinazione e ampia condivisione la scelta nucleare, si trova a dipendere da essa in modo sostanziale.
È bene ricordare che gli stress test si sono articolati su tre fasi, sulla base di una metodologia comune predefinita. La prima fase, conclusa il 31 ottobre 2011, è consistita in un’autovalutazione da parte degli esercenti delle centrali e nella trasmissione di un rapporto alle rispettive autorità di controllo nazionali. Nella seconda fase, le autorità di controllo hanno esaminato i rapporti ed hanno predisposto, nel termine del 31 dicembre 2011, un rapporto nazionale. Nella terza fase, tra gennaio e aprile 2012, i rapporti nazionali sono stati oggetto di un riesame paritetico (peer review) da parte di gruppi di revisione composti da esperti di sicurezza nucleare dei paesi dell’Unione europea, della Svizzera, dell’Ucraina, della Commissione europea, con osservatori provenienti dalla Croazia, dal Giappone, dagli Stati Uniti e dall’AIEA, l’Agenzia internazionale per l’energia atomica di Vienna.
Nella comunicazione al Consiglio e al Parlamento del 4 ottobre 2012, relativa agli esiti degli stress test, alla quale il rapporto tecnico è allegato, la Commissione europea ha quantificato in una cifra compresa tra i 10 e i 25 miliardi di euro gli investimenti necessari nei prossimi anni, da parte dei paesi dell’Unione europea, per i miglioramenti da apportare alla sicurezza nucleare. Un’analoga valutazione contenuta in un rapporto della Corte dei Conti francese pubblicato nel gennaio scorso indicava, per le sole centrali di quel paese, un impegno pari a 5,6 miliardi di euro per i prossimi quattordici anni. Le due valutazioni sembrano abbastanza coerenti, essendo i reattori francesi più di un terzo di quelli in esercizio in tutta l’Europa e dal momento che la stessa Commissione dichiara che le proprie cifre sono basate su stime pubblicate dall’autorità di controllo francese.