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2024-03-19 10:43

Organizzare la Manutenzione dell’Italia Fragile

RISCHIO ALLUVIONI

di: 
Giovanni Barca e Marco Talluri

Il 4% del territorio del nostro Paese è a rischio elevato alluvioni. In esso vivono più di 2 milioni di persone e 600mila imprese. Il PNRR rileva questa problematica e prevede investimenti senza definire, tuttavia, una visione organica improntata alla prevenzione, programmazione e manutenzione. Si punta ancora sul rafforzamento delle strutture commissariali, senza individuare la necessaria governance condivisa di queste attività, che devono essere svolte tutti i giorni e non solo nelle emergenze.

Foto di copertina: fonte meteoweb.eu 

L’Italia è un paese fragile, le caratteristiche morfologiche del territorio nazionale, in cui spazi e distanze concessi al reticolo idrografico dai rilievi montuosi e dal mare, sono per lo più assai modesti, lo rendono particolarmente esposto ad eventi alluvionali, innescati spesso da fenomeni meteorologici brevi e intensi. Eventi che, per l’effetto dei cambiamenti climatici, rischiano di diventare sempre più frequenti.

D’altra parte, alcune attività antropiche, quali la crescita degli insediamenti umani, l’incremento delle attività economiche, la riduzione della naturale capacità di laminazione del suolo per la progressiva impermeabilizzazione delle superfici e la sottrazione di aree di naturale espansione delle piene, contribuiscano ad aumentare la probabilità di accadimento delle alluvioni e ad aggravarne le conseguenze.

Ispra mette a disposizione di tutti, attraverso la Piattaforma IdroGEO https://idrogeo.isprambiente.it le mappe nazionali di pericolosità e gli indicatori di rischio idrogeologico.

Per gli eventi alluvionali, esiste una sorta di ripetitività nell’accadimento, nel senso che medesime porzioni di territorio nel tempo sono state interessate da inondazioni e alcune di esse a causa delle caratteristiche morfologiche e di uso del suolo, si configurano come aree a rischio potenziale significativo di inondazione.

La Direttiva alluvioni (Direttiva 2007/60/CE recepita dal Decreto legislativo 49/2010) richiede (art.6) che siano redatte, mappe di pericolosità che contengono la perimetrazione delle aree che potrebbero essere interessate da alluvioni secondo tre scenari di probabilità (ovvero di pericolosità):

  • scarsa probabilità di alluvioni o scenari di eventi estremi; tempo di ritorno maggiore di 200 anni (P1);
  • media probabilità, alluvioni poco frequenti: tempo di ritorno fra 100 e 200 anni (P2);
  • elevata probabilità, alluvioni frequenti: tempo di ritorno fra 20 e 50 anni (P3).

Un’area a pericolosità idraulica può essere inondata secondo uno o più dei tre differenti scenari di probabilità. Lo scenario P1, che rappresenta lo scenario massimo atteso ovvero la massima estensione delle aree inondabili in Italia, contiene gli scenari P3 e P2, al netto di alcune eccezioni. I dati relativi ai tre scenari non vanno quindi sommati.

Secondo i dati Ispra disponibili le aree a pericolosità idraulica (rischio alluvioni) elevata in Italia sono pari a 12.405 kmq (4,1% del territorio nazionale), a pericolosità media ammontano a 25.398 kmq (8,4%), quelle a pericolosità bassa (scenario massimo atteso) a 32.961 kmq (10,9%).

La popolazione che sarebbe coinvolta dagli eventi alluvionali nei tre scenari è per il rischio elevato di 2.062.475 (3,5%), per quello medio di 6.183.364 (10,4%) e per quello basso di 9.341.533 (15,7%).

Nel caso di eventi alluvionali i dati Ispra mettono in evidenza che potenzialmente sarebbero coinvolti per il rischio elevato 487.895 (3,4%) edifici, per quello medio 1.351.578 (9,3%) e per quello basso 2.051.126 (14,1%), ma anche nel rischio elevato 197.565 (4,1%) unità locali d’imprese, in quello medio 596.254 (12,4%) ed in quello basso 884.581 (18,4%).

Di particolare significato, infine, i beni culturali a rischio alluvione, che sarebbero a rischio elevato 13.865 (6,8%), a rischio medio 31.137 (15,3%) ed a basso rischio 39.426 (19,4%).

Il PNRR indica nella Missione 2 “Rivoluzione verde e transizione ecologica” nell’ambito dell’obiettivo generale (M2C4) “Tutela del territorio e della risorsa idrica”, l’obiettivo specifico di “Prevenzione e contrasto delle conseguenze del cambiamento climatico sui fenomeni di dissesto idrogeologico e sulla vulnerabilità del territorio” per il quale stanzia 8,49 miliardi di euro. In particolare, l’investimento 2.1, con 2,49 mld, è proprio finalizzato a realizzare misure per la gestione del rischio di alluvioni e per la riduzione del rischio idrogeologico.

Il PNRR precisa che “Le minacce dovute al dissesto idrogeologico in Italia, aggravate dagli effetti dei cambiamenti climatici, compromettono la sicurezza della vita umana, la tutela delle attività produttive, degli ecosistemi e della biodiversità, dei beni ambientali e archeologici, l’agricoltura e il turismo. Per ridurre gli interventi di emergenza, sempre più necessari a causa delle frequenti calamità, è necessario intervenire in modo preventivo attraverso un ampio e capillare programma di interventi strutturali e non strutturali.”

Il Decreto-legge 77/2021 (Semplificazioni) all’art.36 esclude l’autorizzazione paesaggistica e quella idraulica per alcuni interventi di manutenzione idraulico-forestale in aree montane e collinari ad alto rischio idrogeologico e di frana, senza tuttavia alterare l’assetto delle competenze in materia.

Ma la sola semplificazione di talune autorizzazioni non basta: prevenzione e programmazione sono le parole chiave che assolutamente devono entrare nell’agire quotidiano del nostro Paese. Sia per evitare eventi disastrosi in termini di vittime umane, che di danni prodotti, ma anche perché prevenire costa meno che riparare. Né si può affrontare la questione, solo in termini di poteri sostitutivi o di Protezione Civile, se non in casi eccezionali.

D’altra parte, l’ingegneria idraulica e la consapevolezza che la cura del territorio è indispensabile per evitare rischi idrogeologici di ogni tipo (alluvioni, frane, ecc.) non è questione recente, se si pensa che in Italia la materia è ancora regolata in parte significativa dal Regio Decreto n.523 del 1904, che già allora classificava le opere idrauliche e le relative modalità di autorizzazione, gestione e manutenzione. Questa lungimiranza si è persa nel secondo dopoguerra, quando in coincidenza con il boom economico si è sottovalutata ogni cognizione dei rischi che si correvano costruendo ovunque e abbandonando la “cultura” della manutenzione del territorio.

Oggi, l’emergenza climatica consiglia l’adattamento verso fenomeni estremi che, ora, diventano più frequenti. La prevenzione e la programmazione sono quindi la stella polare delle politiche di difesa del suolo intesa in senso ampio, come difesa dalla pericolosità idraulica e dalla pericolosità di frane, che devono essere affrontate attraverso specifici piani di assetto idrogeologico regionali, connessi intimamente con la pianificazione urbanistica dei comuni, in modo da condizionarla.

Infatti, dopo ogni evento, vediamo come le aree più colpite, siano caratterizzate da edifici costruiti in aree di pertinenza idraulica, o nei crinali caratterizzati da friabilità del suolo; in questi casi si deve necessariamente parlare di disastri annunciati e per questo evitabili, appunto, con la prevenzione ed una pianificazione urbanistica che impedisca scelte del genere.

La difesa del suolo è anche tema di manutenzione del reticolo idraulico di montagna e di pianura, non basta pianificare bene e costruire argini, traverse, casse d’espansione – opere che peraltro è fondamentale realizzare e sulle quali è indispensabile investire in modo adeguato - a difesa di paesi città e monumenti.

Bisogna operare una continua e puntuale opera di manutenzione degli argini e delle opere idrauliche attraverso soggetti preposti allo scopo, quali ad esempio i Consorzi di Bonifica. Nulla è per sempre ed il mantenimento dell’officiosità idraulica è fondamentale per contenere i fenomeni naturali, che ci sono sempre stati e che sempre ci saranno.

Nel PNRR si condivide questa impostazione, quando si afferma nella parte “analitica”: “Nella sua indagine relativa al fondo di programmazione 2016-2018, la Corte dei conti ha evidenziato: i) l’assenza di un’efficace politica nazionale, di natura preventiva e non urgente, per il contrasto al dissesto idrogeologico; ii) la difficoltà degli organi amministrativi nell'inserire la tutela del territorio nelle proprie funzioni ordinarie;”, tuttavia quando si passa alla definizione delle azioni conseguenti, si si parla ancora troppo di Commissari straordinari e di loro rafforzamento, ma poco di strutture dedicate che eseguono interventi strutturali e di manutenzione per istituto e nella normalità.

Prevenzione significa anche questo: investire, e tanto, in manutenzione, mettere a regime come attività ordinaria e continuativa della pubblica amministrazione, individuare le strutture che in modo permanente devono svolgere queste attività, definirne compiti, obiettivi e risorse. Qualcosa di più su questo aspetto, nel PNRR, avrebbe dovuto esserci.