QUEL CHE C’È DA SAPERE
La Corte costituzionale ha dichiarato incostituzionale una parte della legge della Regione Basilicata del 2018 che escludeva i termovalorizzatori dagli impianti autorizzabili per la gestione dei rifiuti. Il ricorso alla Consulta era stato promosso dal presidente del Consiglio lo scorso gennaio e riguardava la legge della Regione Basilicata 16 novembre 2018, n. 35.
La Corte costituzionale ha accolto il ricorso del governo, in particolare dichiarando l’illegittimità costituzionale del coma 7 dell’articolo 17 della legge della Basilicata, che per quanto riguarda le istanze di autorizzazione relative alle nuove attività destinate allo smaltimento, trattamento e/o recupero dei rifiuti urbani, frazioni di rifiuti urbani, rifiuti speciali anche contenenti amianto, recitava: “Sono procedibili le istanze relative ad impianti esclusivamente di recupero di materia che dimostrino, con specifica analisi, il rispetto del principio di prossimità come definito al precedente art. 2, commi 3 e 4. Tali istanze sono ammissibili solo quando la produzione degli scarti di processo è minore dell'otto per cento e quando almeno il settanta per cento della capacità impiantistica è dedicata a soddisfare i fabbisogni regionali”.
Il governo sosteneva che l'aprioristica esclusione delle attività di recupero energetico effettuata da quella disposizione avrebbe precluso “il rispetto della gerarchia, imposta dalla legislazione statale nel recupero dei rifiuti, contribuendo altresì al deficit complessivo nazionale (in particolare sulla macroarea geografica sud), in contrasto con i richiamati principi di autosufficienza e di prossimità e con evidente riduzione dei livelli di tutela ambientale”.
La Regione Basilicata ha invece sostenuto che la legge impugnata non comportava alcuna limitazione alle attività di recupero energetico, perché all’articolo 3 si indica, indica, tra le azioni necessarie per realizzare gli obiettivi prefissati, quelle volte a “favorire la valorizzazione dei rifiuti in termini economici e ambientali, in coerenza con il principio di prossimità, privilegiando il recupero di materia a quello di energia”. Quindi, ha sostenuto la Regione Basilicata di fronte alla Consulta, il recupero di energia all'interno del sistema integrato di gestione dei rifiuti della Basilicata avrebbe avuto un suo ruolo ben definito, perfettamente conforme alla gerarchia comunitaria della gestione dei rifiuti, che pone il recupero di materia prima di quello di energia.
La Corte costituzionale ha però condiviso le osservazioni del governo, dichiarando incostituzionale l’articolo 17, comma 7, della legge della Regione Basilicata 16 novembre 2018, n. 35.
Va notato che all’indomani dell’annuncio del ricorso del governo alla Consulta, in contrasto con quanto sostenuto dalla Regione Basilicata davanti alla Corte costituzionale, l’allora assessore all’Ambiente ed Energia della Basilicata, Francesco Pietrantuono (Psi), aveva dichiarato: “Abbiamo vietato la realizzazione di inceneritori e discariche in Basilicata. Rendiamo procedibili unicamente gli impianti di recupero di materia, in totale coerenza con le indicazioni comunitarie che, nell’elencare le modalità di gestione del rifiuto, mettono al posto più virtuoso proprio il recupero di materia”.