Oggi:

2025-11-11 01:00

Rinvio Dopo Rinvio, Qualcosa Resterà?

UE CONTRO LA DEFORESTAZIONE

di: 
Carlotta Basili

In assenza di un dibattito trasparente per identificare con chiarezza gli obiettivi del Green Deal che si sono rivelati fallimentari, una critica indistinta e tardiva rischia di travolgere tutte le politiche ambientali dell’Europa, anche quelle che potrebbero avere esiti globali importanti, su cui aziende europee hanno già investito o su cui sono già impegnate volontariamente da anni. È il caso del Regolamento UE sulla deforestazione che potrebbe essere nuovamente rinviato.

In Copertina: Foto Unsplash

 

Il Regolamento (UE) 2023/1115 sui prodotti a deforestazione zero (EUDR), mira a garantire che legno, cacao, caffè, soia, carne bovina, gomma e olio di palma possano essere immessi sul mercato europeo solo se provenienti da filiere sostenibili e tracciabili.  All’inizio del 2025, l’applicazione del Regolamento ha subito un rinvio e il dibattito europeo e nazionale sulla sua opportunità è rimasto particolarmente acceso (se ne parla anche qui).

Secondo la FAO e il Programma delle Nazioni Unite per l’Ambiente, l’espansione agricola legata proprio a queste colture è responsabile di circa il 90% della deforestazione mondiale, soprattutto in America Latina, Africa centrale e Sud-est asiatico. L’allevamento bovino e la coltivazione di queste materie prime continuano a esercitare una forte pressione sulle foreste primarie e sulle torbiere, contribuendo alla perdita di biodiversità e all’11% delle emissioni globali di gas serra. Ogni ritardo nell’applicazione del Regolamento rischia di mantenere una situazione in cui i prodotti associati alla deforestazione possono ancora entrare nel mercato europeo senza controlli di due diligence uniformi.

Recentemente, la Commissaria all’Ambiente, Jessika Roswall, ha annunciato l’intenzione di rinviare l’entrata in vigore di un altro anno, a fine 2026. La proposta di rinvio è stata motivata con la necessità di risolvere criticità tecniche legate al sistema informatico che dovrà raccogliere e gestire milioni di dati di geolocalizzazione e dichiarazioni di conformità da parte delle imprese, per evitare sovraccarichi e disfunzioni operative.

Politicamente, il Regolamento EUDR è stato messo in discussione insieme ad altre politiche del Green Deal, accusate di creare oneri e incertezze per le imprese in una fase economica già complessa. Il Partito Popolare Europeo (PPE) ha spinto per un approccio più “pragmatico”, chiedendo di ridurre gli obblighi amministrativi e di inserire l’EUDR nel più ampio processo di revisione delle politiche ambientali europee. Il rinvio proposto ha mostrato incertezza e divisioni anche all’interno della Commissione: la vicepresidente esecutiva Teresa Ribera ha invitato a trovare rapidamente soluzioni tecniche alternative per garantire l’attuazione del Regolamento.

Ma, a contestare il Regolamento, sono in particolare alcune associazioni industriali, settori agricoli e manifatturieri e paesi produttori extraeuropei, che ne criticano la complessità burocratica, l’impatto sui costi operativi e il rischio di esclusione dei piccoli coltivatori.

In contrasto con queste posizioni, emergono però voci che chiedono stabilità, chiarezza e coerenza nell’attuazione della norma, sottolineando che continui slittamenti ne minano la credibilità.

Il possibile ulteriore rinvio mette in luce una delle sfide ricorrenti della politica ambientale europea: conciliare l’ambizione climatica con la capacità di attuazione pratica. Nel caso dell’EUDR, sebbene sia essenziale garantire una solida infrastruttura tecnica, la prolungata incertezza rischia di diluire l’urgenza dell’azione di contrasto alla deforestazione.

A fine settembre, alcune grandi aziende agroalimentari europee (tra cui Nestlé, Ferrero e Olam Agri) hanno espresso la loro contrarietà al rinvio, in una lettera indirizzata alla commissaria Roswall, ricordando di essersi già attivate per rispettare gli obblighi previsti dall’EUDR entro il 31 dicembre 2025 e sottolineando che qualsiasi modifica o rinvio introdurrebbe nuova incertezza e penalizzerebbe chi ha investito in tracciabilità e sostenibilità.

Diversi comparti produttivi, come quello dell’olio di palma sostenibile, hanno già adottato volontariamente standard di tracciabilità e certificazione, anticipando molti degli obblighi previsti dal Regolamento. In Italia, oltre il 95% dell’olio di palma utilizzato dall’industria è certificato secondo lo standard RSPO, e questo ha rafforzato la competitività delle imprese sui mercati europei, migliorando la trasparenza delle forniture e la fiducia dei consumatori.

Ad agosto 2025, alcune organizzazioni (tra cui aziende, associazioni di categoria e ONG impegnate nella sostenibilità dell’olio di palma) hanno firmato una dichiarazione a sostegno dell’EUDR, riconoscendolo come uno strumento fondamentale per la trasparenza e la sostenibilità delle filiere. Chiedono di evitare modifiche o rinvii, perché genererebbero incertezza normativa e aumento dei costi, minando lo slancio dei settori coinvolti verso la tutela delle foreste e della biodiversità.

I firmatari (tra cui Amici della Terra) sostengono che l’EUDR vada mantenuto nella sua ambizione originaria, cioè nel suo obiettivo di eliminare dal mercato europeo prodotti legati alla deforestazione o al degrado forestale dopo il 2020, garantendo tracciabilità e geolocalizzazione delle materie prime. Alcune proposte di revisione mirano invece a ridurre l’ambito dei prodotti o a rinviare gli obblighi per le piccole e medie imprese, rischiando di indebolire l’efficacia del Regolamento.

Secondo i firmatari, un ulteriore rinvio o un indebolimento dell’EUDR penalizzerebbe proprio le imprese che hanno già investito in sostenibilità e comprometterebbe la credibilità dell’Unione europea nella lotta alla deforestazione. Le criticità applicative, aggiungono, potrebbero essere affrontate con atti delegati e strumenti tecnici di accompagnamento (linee guida, FAQ e supporto operativo agli operatori), oltre che con le revisioni periodiche già previste dal Regolamento.

Il Green Deal europeo merita un confronto critico, non una demolizione indiscriminata. Come ricordano i firmatari della dichiarazione, l’EUDR non è un ostacolo alla competitività, ma uno strumento di modernizzazione e credibilità, che rafforza la fiducia dei consumatori e valorizza le imprese capaci di coniugare sviluppo economico e responsabilità ambientale.