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2024-03-28 21:24

Economia in Fumo

INCENDI DI RIFIUTI IN LOMBARDIA

di: 
Beniamino Bonardi

Continuano gli effetti della chiusura delle frontiere cinesi ai nostri rifiuti selezionati. La Lombardia è la regione più colpita perché, oltre ad essere una regione produttrice, è anche quella dove confluiscono i rifiuti che altre regioni non vogliono trattare. Il fenomeno degli incendi en plein air ha cause strutturali e non può essere liquidato come un problema di malavita.

Un deposito di carta distrutto da un incendio a Novate Milanese. Pochi giorni prima era toccato a un deposito di plastica a Quarto Oggiaro, a Milano. In Lombardia negli ultimi mesi si sono registrati 20 incendi a impianti di trattamento, selezione, riciclo rifiuti. E molti altri in tutta Italia, come risulta in questo conteggio, a partire dal 2014, del Sole 24 Ore:

Impianti di trattamento rifiuti andati a fuoco: 136.
Incendi in discariche: 31. 
Fuoco in isole ecologiche, a compattatori, a piattaforme di selezione: 45.
Impianti di compostaggio danneggiati dalle fiamme: 6. 
Discariche abusive incendiate: 103. 
Ecoballe date alle fiamme in Campania: 5 casi. 
Inceneritori colpiti da incendi: 14. 
Altri eventi: 3.

L’escalation di incendi degli ultimi mesi trova una spiegazione nel classico “effetto farfalla” innescato dalla decisione della Cina, annunciata sin dalla prima metà del 2017, di porre fine dall’inizio di quest’anno all’importazione di plastica e di altre 23 tipologie di materiali da riciclare. Una decisione che avrebbe avuto importanti ripercussioni in Europa e in particolare nel nostro paese, su cui gli Amici della Terra avevano attirato l’attenzione. Basti pensare che, secondo i dati dell’Onu, nel 2016 la Cina aveva importato dai paesi industrializzati 7,3 milioni di tonnellate di plastica, pari ai 70% di quella raccolta e selezionata. Come previsto, in Italia la fine delle esportazioni di imballaggi in Cina ha determinato un sovraccarico dei depositi, a causa della scarsità di impianti di trattamento. Una situazione che, come sempre avviene quando il problema dei rifiuti non viene governato, consente alla malavita di infiltrarsi e accendere le fiamme.

Ma non tutto è malavita. Come osserva Jacopo Giliberto sul quotidiano della Confindustria “la maggior parte delle aziende di selezione e trattamento degli scarti riciclabili sono assolutamente in regola come autorizzazioni e come impiantistica, e gli impianti e i sistemi antincendio sono tarati per un flusso regolare di materiali infiammabili. 
Tanto entra, tanto esce. 
Ma il “tappo” in fondo alla filiera fa entrare i materiali, poi non li fa uscire perché nessuno li ritira.
I capannoni si riempiono. I piazzali si ingombrano. 
I materiali raccolti dalle raccolte differenziate urbane e dalle aziende sono spesso eterogenei, con frazioni che fermentano o sviluppano vapori infiammabili per i quali non sono dimensionati i sistemi di sicurezza. Basta nulla per scatenare le fiamme, lo scintillare del corto circuito in un quadro elettrico o la reazione chimica tra due rifiuti chimici incompatibili”
.

E se gli incendi in questo tipo di centri di raccolta e selezione dei materiali riciclabili sono in forte aumento, in Lombardia ciò avviene anche perché, oltre a produrne molti da sola, in questa regione è presente la maggior parte degli impianti di trattamento, che attirano rifiuti anche da quelle regioni che questi impianti preferiscono non realizzarli. Alla fine, però, anche in Lombardia i rifiuti da trattare sono troppi, gli impianti non ce la fanno a trattarli tutti e quindi si accumulano nei depositi.

Secondo i dati del Rapporto rifiuti urbani dell’Ispra riferiti al 31 dicembre 2016, in Italia ci sono 579 piattaforme per la gestione degli imballaggi, di cui il 57%,2% si trova al Nord, il 15,5% al Centro e il 27,3% al Sud. Delle 331 piattaforme del Nord, 99 si trovano in Lombardia. In particolare, per la carta la Lombardia da sola ha 21 piattaforme, mentre complessivamente il Centro ne ha 10 e il Sud 30. Per la plastica, la sola Lombardia ne ha 15, tutto il Centro 6 e tutto il Sud 14.

E le conseguenze di questa situazione si vedono anche dove gli impianti sono pochi, come nel Lazio, dove un sito di stoccaggio a Pomezia è andato a fuoco nel maggio 2017 e un altro lo scorso agosto. Perché, come avevano sottolineato gli Amici della Terra dopo il primo incendio, “appare evidente che il NO ideologico agli inceneritori provochi la necessità di disfarsi di quantitativi sempre crescenti di rifiuti anche se differenziati, tritovagliati, o frullati. L’ansia dell’emergenza e l’assenza di controlli adeguati finiscono per favorire appalti con aziende poco affidabili che accumulano rifiuti oltre il lecito e senza le misure di sicurezza dovute. È così che accadono tragedie come quelle di Pomezia dove i rifiuti bruciano sì, ma nei roghi all’aperto, provocando il massimo danno possibile alla salute, ai territori, all’ambiente”.

LAMAPPA 
Gli incendi di depositi di rifiuti in Lombardia dal 2014

(Fonte: Il Sole 24 Ore)