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2024-04-19 05:21

Incentivo Reversibile? No Grazie

CERTIFICATI BIANCHI

Il 6 aprile si è tenuto a Roma, nella sede del GSE, una singolare iniziativa degli Amici della Terra che hanno chiesto e ottenuto dal Presidente del GSE Sperandini di dibattere apertamente e pubblicamente di tutto ciò che non va nel funzionamento del meccanismo dei Certificati Bianchi. Il confronto, che ha coinvolto anche i rappresentanti di Assoesco, Confindustria Ceramica, Federacciai, Assocarta, Aicep, AIRU e CECED Italia (vedi atti del convegno) si è sviluppato a partire dalla relazione di Rosa Filippini che ha sintetizzato le criticità lamentate dagli operatori in un quadro sistematico. Pubblichiamo per intero la relazione di Filippini che si conclude con una pesante stigmatizzazione, di un emendamento, all’esame del Senato che inaugurerebbe, solo per ciò che riguarda l’efficienza energetica, il principio dell’incentivo “reversibile” da concedere e ritirare, anche a anni di distanza, sulla base di diverse interpretazioni della legge da parte di diversi soggetti della pubblica amministrazione.

In 10 anni di esperienza d’avanguardia lo strumento incentivante dei Certificati Bianchi è diventato un riferimento per le politiche di promozione dell’efficienza energetica anche per gli altri paesi europei e per la stessa Unione. Oltre a rappresentare un legittimo motivo di vanto, questo fatto ci rende responsabili dell’evoluzione positiva dello strumento, del mantenimento di un primato, della capacità di sedimentare e codificare le regole per governare le diverse fasi di una esperienza di successo.

In Italia il meccanismo si è affermato come lo strumento con il miglior rapporto fra costo dell’incentivo e risultati misurabili di risparmio energetico e di mancate emissioni di CO2 tanto che la legge ha affidato ad esso il raggiungimento del 60% dell’obiettivo nazionale specifico di risparmio energetico previsto dall’articolo 7 della Direttiva 2012/27 UE per il periodo 2014-2020.

Lo strumento ha suscitato aspettative crescenti per la sua capacità di supportare e stimolare investimenti in innovazione tecnologica applicata a processi produttivi e consumi finali.

 

Gli aggiornamenti, le criticità emerse, i diversi punti di vista

Allo scopo sia di rispondere alle ambizioni crescenti che di evitare qualsiasi rischio di comportamenti speculativi, il meccanismo è stato oggetto di continui aggiornamenti legislativi e regolatori. Da una parte, i cambiamenti hanno facilitato investimenti in settori nuovi, dall’altra gli operatori manifestano un’esigenza di stabilità del sistema e di sedimentazione delle regole e delle prassi adottate

Considerando il triennio 2013-2015, occorre innanzitutto dare atto al Gestore di aver fatto fronte a quasi 50.000 istanze fra nuovi progetti e richieste successive, anche grazie al supporto di Enea e Rse.

Nel suo recente rapporto annuale, il GSE fornisce un solido quadro quantitativo del funzionamento del meccanismo sostenendo che il trend registrato nel 2015 subisce un’attenuazione rispetto al picco di richieste registrato a metà del 2013 a causa dell’entrata in vigore delle modifiche introdotte dal Decreto Ministeriale 28 dicembre 2012, ma si riallinea all’andamento crescente registrato fino al 2012. Il rapporto osserva inoltre che “nel 2015, escludendo i progetti caratterizzati da manifesta irricevibilità o per i quali l’operatore ha richiesto il ritiro dell’istanza, risulta che, complessivamente il 96% delle valutazioni si è concluso con esito positivo pari a circa 10.400 istanze”, che “oltre il 95% degli esiti dei procedimenti amministrativi sono stati assegnati in prima istanza entro i tempi tecnici di istruttoria definiti dalla normativa”.

 In contrasto con questo quadro, molti operatori e numerose associazioni di settore o di impresa hanno lamentato, nel corso dell’ultimo anno, una restrizione dei criteri di riconoscimento dei Titoli rispetto alla normativa vigente e diverse modalità di valutazione delle istanze rispetto alle prassi consolidate, tali da costringerli a rivedere i propri modelli operativi. Alcuni operatori non intendono più richiedere TEE per i loro progetti o decidono di non tenere più in considerazione nei loro business case il valore generato dai TEE.

 

Condividere l’analisi delle criticità per evitare una crisi e per rilanciare il principale strumento di promozione dell’efficienza energetica

Noi non disponiamo delle cifre assolute né di una indagine analitica dei motivi di rigetto o di ritiro autonomo delle richieste. Non siamo dunque in grado di prevedere quanto questo malcontento sia fisiologico nella percezione di uno strumento di successo o quanto possa incidere negativamente nella richiesta e nel rilascio dei TEE nei prossimi anni.

Sul piano qualitativo, però, osserviamo che, se le motivazioni che hanno portato alcuni operatori ad escludere dai propri progetti l’apporto dei TEE dovessero risultare ampiamente condivise, e se dovesse consolidarsi un clima di aspettative negative sul funzionamento del meccanismo, questo potrebbe comportare una rapida entrata in crisi dello strumento incentivante.

Già oggi, il rapido aumento del prezzo dei TEE, indice di un mercato sempre più corto, deve rappresentare un campanello di allarme che non è possibile ignorare e che sarebbe miope collegare alla sola scadenza di maggio, considerando che lo scorso anno il prezzo ha avuto, in questo periodo, un andamento discendente.

Per questo motivo, abbiamo cercato di ricondurre i principali motivi di malcontento, anche se non espressi pubblicamente, a un’analisi sul funzionamento del meccanismo che proponiamo innanzitutto al GSE, prima di investirne l’amministrazione e la politica, come terreno per un confronto costruttivo e per soluzioni condivise.

Il fatto che il GSE, nella persona del suo presidente, abbia accettato anche questo confronto, oltre ai numerosi incontri pubblici o riservati già tenuti o preannunciati per le prossime settimane, rappresenta il miglior segnale che le criticità potranno essere affrontate e superate per un nuovo rilancio dello strumento dei certificati bianchi.

 

Problemi di applicazione della normativa

I principali motivi di critica al funzionamento del meccanismo dei Certificati Bianchi possono essere ricondotti al disallineamento tra la normativa attualmente in vigore e il metodo applicato di valutazione dei progetti secondo linee guida non visibili agli operatori.

La divaricazione dei rispettivi punti di vista, fra il Gestore e gli utenti del meccanismo, si è certamente aggravata in coincidenza dell’avvio della definizione di nuove linee guida di cui è attesa l’emanazione definitiva. La fase di passaggio a nuove regole assume il valore di un necessario processo di aggiornamento per il GSE che, a supporto del Ministero dello Sviluppo Economico, ha partecipato all’elaborazione del Documento di indirizzo posto in consultazione pubblica negli scorsi mesi di agosto e settembre.

Per gli operatori si tratta invece, comprensibilmente, di una nuova (lunga) fase di instabilità e di incertezza delle regole vigenti, mentre le nuove, non ancora emanate, si teme siano già prefigurate nelle nuove prassi inaugurate dai gestori del meccanismo. In particolare:

 

Sovraincentivazione e aiuti di stato. La valutazione economica dell’investimento, ad oggi, non è richiesta dalla normativa. Il GSE ha inizialmente giustificato la richiesta dei costi agli operatori per fini statistici, usandola poi per una valutazione circa i rischi di sovra incentivazione. Un incentivo in percentuale elevata rispetto al costo di investimento può bloccare l’accesso al meccanismo nonostante il progetto sia considerato a tutti gli effetti un intervento di efficienza energetica. Non esiste però alcuna norma che stabilisca il rapporto da rispettare fra incentivo e investimento. Il generico richiamo alla necessità di rispettare la normativa UE sugli aiuti di stato è poco significativo perché la stessa Unione Europea non ha eccepito, fin’ora, un rischio di infrazione nell’implementazione di questi strumenti, ormai funzionanti da anni anche in altri paesi dell’Unione e, almeno in parte, codificati nella stessa Direttiva Europea sull’efficienza energetica. Inoltre, la normativa europea sugli aiuti di stato prevede un regime di esenzione dalla norma generale finalizzato proprio alla promozione dell’efficienza energetica e alla salvaguardia ambientale e detta per questo specifici criteri che, per essere applicati, andrebbero esplicitamente messi in relazione alla normativa dei TEE, attraverso atti di evidenza pubblica.

 

Valutazione dei tempi di rientro degli investimenti. Il GSE ha adottato, come prassi unilaterale, un limite temporale (dai due ai tre anni) al di sotto del quale considera il riconoscimento di Certificati Bianchi come sovra incentivazione. Non si conoscono le modalità di questa valutazione, se gli investimenti sono attualizzati o meno, se sono considerati anche i costi variabili o meno.

 

Restrizione delle tipologie di interventi ammissibili. L’attuale sistema regolatorio non vieta che le imprese industriali possano ricevere TEE da impianti fotovoltaici di potenza inferiore ai 20 kWp. Tuttavia le PPPM relative a simili progetti sono respinte senza che un simile criterio sia stato adottato e motivato pubblicamente.

 

Applicazione del criterio di addizionalità dei risparmi energetici. In un quadro regolatorio in cui l’addizionalità non ha ancora riferimenti certi, le specifiche determinazioni per la quantificazione dell’addizionalità (veri e propri studi complessi per tipologie diverse di tecnologie) rimangono in capo al proponente che le elabora sulla base di informazioni del grado di penetrazione delle tecnologie considerate. Se le determinazioni non sono condivise dal GSE, le pratiche sono respinte. In questi casi, sarebbe auspicabile una condivisione esplicita dei criteri e dei dati utilizzati per la bocciatura dei progetti. In alcuni casi la bocciatura della determinazione dell’addizionalità dell’intervento ha costituito il motivo per chiedere indietro i TEE dopo due o tre anni di erogazioni. La tecnologia adottata non era più addizionale. Ma lo era stata al momento della realizzazione dell’intervento ed era stata pagata in quanto tale! Per superare in modo convincente il problema della definizione dell’addizionalità dei risparmi energetici è necessaria l’elaborazione di linee guida settoriali per l'identificazione di indicatori, valori medi, base-line di riferimento. In una simile iniziativa il GSE potrebbe utilmente avvalersi del contributo delle Associazioni professionali e di settore e dell’esperienza dell’ ENEA che potrebbe così valorizzare l'ingente mole di informazioni originate dalle diagnosi energetiche confluite nella sua banca dati (ex D.Lgs 102/2014).

 

Silenzio assenso, certezza delle tempistiche ed esito delle pratiche. La regola del silenzio assenso non risulta più un riferimento certo per l’approvazione del progetto. Il GSE, avvalendosi dell’Autotutela, annuncia l’esito negativo o la proroga dei tempi dell’istruttoria anche a distanza di settimane dallo scadere dei termini, a volte anche di mesi. Ciò non permette una pianificazione certa dell’investitore nella realizzazione l’intervento. In particolare, in base alle modifiche introdotte dal DM 28 dicembre 2012, possono accedere al meccanismo solo progetti nuovi o in fase di realizzazione. Specialmente per questi ultimi, il venir meno del silenzio assenso non permette un coordinamento coerente tra quadro regolatorio e realizzazione dei progetti. Queste stesse osservazioni valgono anche per la completa mancanza di risposte a numerose pratiche spedite e in valutazione del GSE. Infine: una semplice modifica delle procedure informatizzate con l’introduzione di marcature temporali consentirebbe di fissare tempi certi di richieste e risposte evitando contenziosi provocati dalle disfunzioni dei protocolli ed eliminando in partenza ogni sospetto di abuso.

 

Valutazione delle RVC e restituzione dei TEE. Anche successivamente alla prima RVC (Richiesta di Verifica e Certificazione dei risparmi energetici conseguiti), vengono messi in discussione aspetti approvati in fase di PPPM (Proposta di Progetto e di Programma di Misura) fondamentali per la certezza dell’erogazione dell’incentivo e per la realizzazione dell’intervento, quali l’algoritmo di calcolo, o come si è già detto, l’addizionalità dei risparmi di energia conseguiti. A seguito delle nuove valutazioni, in taluni casi, il GSE ha preteso la restituzione delle quote già riconosciute e versate sul portafoglio titoli. Nel proprio rapporto annuale il GSE sostiene che nel biennio 2014-2015 sono state annullate in autotutela circa lo 0.2% delle istruttorie concluse” ovvero circa 50 provvedimenti su oltre 27.000 istruttorie effettuate. Se dal punto di vista quantitativo il dato può sembrare irrisorio, la sola diffusione della notizia di simili provvedimenti può risultare devastante per il funzionamento del meccanismo, anche al di la dei contenziosi aperti. Molte ESCO rinunciano ad emettere le RVC per paura che ne venga chiesta la restituzione. In particolare, se la restituzione viene richiesta quando i TEE ricevuti sono stati già passati ai soggetti titolari dell’iniziativa, le ESCO rischiano il fallimento. Infine, è facile prevedere che l’impatto più negativo provocato da questi provvedimenti sia quello sugli istituti finanziatori e sulle loro valutazioni dei progetti che prevedono significativi introiti di TEE.

 

Valutazione dei risultati dei controlli effettuati. Dal punto di vista della comunicazione e dei suoi effetti sui potenziali utenti dei TEE, lo stesso rapporto del GSE, nella parte che riferisce degli esiti dei controlli effettuati nel corso dell’ultimo anno non è tranquillizzante. Se su 95 procedure di controllo concluse, ben 59 hanno avuto esito negativo, con richiesta di restituzione dei Titoli indebitamente incassati, non è azzardato supporre che l’intero meccanismo sia ormai entrato in una crisi grave. Il Rapporto del GSE non specifica la natura e la gravità delle irregolarità riscontrate. Non chiarisce secondo quali criteri siano stati effettuati i controlli, se attenendosi a quelli previsti dalle normative vigenti o se utilizzando le prassi unilaterali invalse nel corso dell’ultimo anno. Inoltre non sappiamo se i progetti da controllare siano stati scelti a campione o sulla base di sospette irregolarità. Chiarimenti che appaiono necessari ben oltre i dati sull’entità degli esborsi evitati o recuperati a seguito degli annullamenti delle pratiche.

 

Affidamento vs autotutela. Da più parti si è sostenuto che gli atti di annullamento in autotutela da parte del GSE di precedenti provvedimenti di riconoscimento di TEE violerebbero il principio di affidamento in base al quale, al cittadino o all’utente che abbia adempiuto ai requisiti richiesti nell’attivazione di un procedimento amministrativo, non possono essere contestati retroattivamente i benefici ottenuti in base a nuovi criteri o a carenze da parte dei responsabili del procedimento. Noi pensiamo che non esista una incompatibilità assoluta tra rispetto del principio di legittimo affidamento e ricorso all’autotutela. Ma, al di là degli aspetti meramente formali, è evidente che il ricorso all’autotutela deve avere un carattere di straordinarietà rispetto all’ordinaria aspettativa dell’utente che ha seguito correttamente le normative e i requisiti richiesti. Se il ricorso ai provvedimenti in autotutela perde il carattere di straordinarietà si minano le aspettative di affidabilità dell’amministrazione responsabile dei procedimenti.

 

Conclusioni.

Che i problemi qui segnalati siano significativi è confermato dalla recente presentazione dell’emendamento 34.0.100 al disegno di legge A.S. 2085, (Legge Annuale per la concorrenza e il mercato, approvato dalla Camera il 7 ottobre 2015 e attualmente in discussione al Senato). Sebbene sia scritto in “burocratese” spinto, l’emendamento ha il sapore di un provvedimento sanatoria rispetto a contenziosi già in essere. Con esso, i relatori del provvedimento intendono riconoscere al GSE la possibilità di annullare – a distanza di anni – i certificati bianchi emessi sulla base di istruttorie già completate con esito positivo, non solo nel caso della non rispondenza fra il progetto realizzato e il progetto approvato, ma anche nel caso in cui il GSE non condivida il contenuto del provvedimento di ammissione ai benefici disposto a suo tempo. Se approvato, questo sarebbe il primo provvedimento, fra quelli esistenti che riguardano incentivazioni, con effetti veramente retroattivi e non solo per diverse modalità o per più lunghi tempi di erogazione degli incentivi come è accaduto per il fotovoltaico.

Se ricordiamo che la Strategia Energetica Nazionale stabilisce che l’efficienza energetica debba rappresentare la “prima priorità” per le politiche energetiche del paese, l’approvazione di un simile emendamento suonerebbe come una beffa.

Infatti, già il confronto fra la spesa annua per i Certificati Bianchi e quella per le rinnovabili elettriche risulta sconcertante (sulle bollette, le rinnovabili elettriche pesano circa 25 volte tanto i TEE). Ma, addirittura, solo per i TEE, sarebbe inaugurato l’incredibile principio della reversibilità dell’incentivo!

Per parte nostra osserviamo che:

- la gestione degli incentivi è sempre, per sua natura, una delle azioni di Governo più difficile. Le amministrazioni preposte al riconoscimento e al controllo delle erogazioni sono sempre sotto pressione da parte della classe politica e dell’opinione pubblica che da una parte chiedono e dall’altra sospettano. Il rischio di bolle speculative, di turbativa di mercato, di danno alla concorrenza, è sempre in agguato. Noi siamo consapevoli di questo;

- Gestire la promozione dell’efficienza attraverso i Certificati Bianchi comporta un ulteriore sforzo da parte delle amministrazioni che ne sono responsabili. In particolare, esse devono dotarsi di strutture adeguate a svolgere valutazioni complesse, a seguire progetti di dimensione industriale, a monitorare l’evoluzione continua delle tecnologie. Il GSE, con la collaborazione di Enea e RSE, possiede tutte le qualificazioni appropriate.

Nel ruolo di amministrazione responsabile dei procedimenti amministrativi, il più delicato a garanzia dell’interesse pubblico, va trovato un equilibrio tra il corretto uso delle risorse prelevate dalle bollette dei cittadini e il raggiungimento dell’obiettivo di efficienza che il nostro paese si è dato. Noi ci auguriamo che il GSE non voglia essere (né apparire) come l’amministrazione pubblica burocratica e arcigna, nemica dell’imprenditore-utente, dedita a stangarlo alla prima occasione utile. Il terreno dell’efficienza, per le sue stesse caratteristiche, ha bisogno di interlocutori, si rigorosi, ma soprattutto competenti e collaborativi e di regole semplici, certe, stabili nel tempo.