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2024-03-29 11:27

Insieme si può

TUTELA AMBIENTALE IN MEDIO ORIENTE

di: 
Thomas L. Friedman

Vi proponiamo la traduzione di un articolo di Thomas L. Friedman pubblicato sul New York Times dello scorso 8 febbraio .  Si tratta del brillante resoconto di un tour fra i problemi ambientali della Terra  Santa, acuiti dalla guerra. La particolarità sta nel gruppo che si è offerto come guida al giornalista, gli Amici della Terra del Medio Oriente (FOE Middle East), ambientalisti, portatori di un punto di vista che si sforza di essere corretto, non fazioso, non guerrafondaio. Un gruppo di attivisti israeliani, palestinesi e giordani, veri pacificatori, che lavorano da molti anni insieme, non senza difficoltà, interne ed esterne ai loro paesi e che, per questo, meritano ascolto ed attenzione.  


HEBRON, West Bank - Non è stato il solito tour della Terra Santa, ma sicuramente uno dei più rivelatori che abbia mai fatto. Un gruppo degli Amici della Terra Medio Oriente (Friends of the Earth Middle East) mi ha portato a vedere come rifiuti, fognature e acqua non trattata possono circolare tra Israele e West Bank. Non avevo mai compreso quanto o come la politica su rifiuti e acque reflue, osservata in questo modo, possa rivelare il perché la pace sia così urgente.

Per i principianti, chi sapeva che, quando tiri lo sciacquone in un hotel situato nella parte orientale di Gerusalemme, le acque probabilmente non trattate finiscono nel Mar Morto? Esse scorrono dalle fogne di Gerusalemme nel torrente Kidron. Se puoi sopportarne il fetore, è possibile seguirne tutto lo scorrimento per circa un miglio ad est e a valle di Gerusalemme. La Germania si era offerta di pagare un impianto di trattamento, ma negli ultimi 20 anni Israele e l'Autorità palestinese non sono state in grado di trovare un accordo su come suddividersi l'acqua trattata, che proviene da entrambe le fogne sia israeliana che araba, così non è accaduto nulla. Di conseguenza, Madre Natura, da sola fa del suo meglio per filtrarla, man mano che l’acqua scende verso la valle del Giordano, dove i coloni ebrei utilizzano parte di quest’acqua scarsamente trattata per irrigare le loro palme da dattero. Il resto finisce nel Mar Morto. Buona cosa che sia già morto.

Abbiamo imparato nel corso degli ultimi anni che le frontiere coloniali del Medio Oriente non corrispondono ai confini etnico-religiosi e tribali, una delle ragioni per cui alcuni stati arabi sono in rottura tra loro. Ma i confini degli ecosistemi non corrispondono a quelli delle frontiere o dei muri. E dato che Israeliani e Palestinesi non sono riusciti a raggiungere un accordo di condivisione del potere che permetterebbe loro di trattare l'intero ecosistema, è il sistema che sta cercando la strada da solo.

Quando la regione è stata colpita nel gennaio 2013, da una fenomenale tempesta con pioggia e neve, lo scorrimento delle acque lungo il torrente Alexander è stato così impetuoso che dalle Shomron Montains, vicino alla città di Nablus nel West Bank , le acque stesse hanno cambiato direzione andando verso Israele. Così il diluvio si è portato via un intero pezzo di quello spesso muro di cemento che gli israeliani avevano costruito intorno alla West Bank per tenere fuori i kamikaze palestinesi. Madre Natura si prende gioco delle nostre "linee verdi."

Consideriamo ora che cosa sta succedendo nella Zona Industriale di Hebron, casa di 13 industrie conciarie, tra cui la “Al-Walied for Leather and Tanning Company”, dove le pelli sono appese ovunque al soffitto e un singolo lavoratore le inserisce in una macchina che spreme via l'umidità nel corso della procedura di ammorbidimento.

Il problema, ha spiegato Malek Abu al-Failat, dell’ufficio di Betlemme degli Amici della Terra Medio Oriente, che è costituito da una squadra composta da israeliani, giordani e palestinesi tutti insieme, è che le concerie utilizzano cromo-3 per ammorbidire le pelli e poi rilasciano gli scarichi nelle fogne e nel torrente Ebron. Questi scarichi superano i 5.000 milligrammi di cromo-3 per litro. Il livello di sicurezza standard è di 5 milligrammi, cioè un millesimo del valore riscontrato. Quando il cromo-3 reagisce con l'acqua e l'ossigeno, esso diventa cromo-6, un noto cancerogeno. Così, nel 1998, l’Agenzia degli Stati Uniti per lo Sviluppo Internazionale ha costruito un impianto di trattamento che effettivamente estrae tutto il cromo-3 e lo ricicla. Ma, nel 2005, Israele ha individuato l'acido solforico usato nel processo di riciclaggio come un agente chimico a duplice uso, che i palestinesi potrebbero impiegare per farci delle bombe, e ne ha vietato l'uso ai conciatori. In questo modo il cromo-6 è ora nuovamente nell’acqua, che scorre da Hebron a Beersheba, una delle città più grandi d'Israele, e poi a Gaza e in mare, in acque utilizzate da Israele, per gli impianti di desalinizzazione.

Abbiamo visitato la discarica di Al-Minya, che è stata costruita con finanziamenti della Banca Mondiale, Unione Europea e USAID,  affinchè i palestinesi potessero chiudere le 19 discariche non autorizzate e insalubri intorno a Betlemme e Hebron. Essa avrebbe dovuto essere aperta a settembre, ma, come ho verificato, i 65 acri di terreno destinatole erano ancora intatti perché – ci ha riferito Failat - l'esercito israeliano ha detto che, se l'Autorità palestinese non accetterà anche i rifiuti dell’insediamento ebraico di Gush Etzion, non le verrà permesso di aprire. I palestinesi dicono che è ingiusto che essi consumino il proprio territorio accettando i rifiuti degli insediamenti.

Nel frattempo, la striscia di Gaza, che è stata tristemente mal gestita da Hamas, sta estraendo tutta l’acqua potabile dalla sua falda costiera ad una velocità tre volte superiore al suo tasso di ricarica. Di conseguenza, si sta assistendo all’infiltrazione di acqua salmastra. Lo scorso anno, le Nazioni Unite hanno annunciato che a partire dal 2016 non ci sarà più acqua potabile nella principale falda acquifera della Striscia di Gaza. Gaza non ha un grande impianto di desalinizzazione e non avrebbe comunque l'elettricità per attivarlo. Non voglio essere qui a Gaza quando un milione e mezzo di abitanti avranno sete.

Israeliani, palestinesi e giordani hanno tutte le risorse necessarie per prendersi cura di ogni cosa, ma solo se essi collaborano tra loro, ha spiegato Gidon Bromberg, co-fondatore di Amici della Terra Medio Oriente. Israele, che è il paese leader a livello mondiale nella dissalazione e riciclo delle acque, potrebbe utilizzare la propria disponibilità di gas naturale a basso costo e l’energia solare generata in Giordania - dove c'è un deserto con molto sole - "per garantire acqua dissalata e riciclata per se stesso, la striscia di Gaza, la Giordania e l’Autorità palestinese".

Tutti vincerebbero, e questo è il motivo per cui Bromberg suggerisce che il Segretario di Stato John Kerry faccia fare ai negoziatori israeliani e palestinesi un eco-tour per vedere “la bomba a orologeria che ticchetta sotto di loro" e che potrebbe anche esplodere se non si raggiungerà un accordo che permetta ai loro popoli di vivere, ma in un quadro che consenta anche di lavorare insieme per proteggere le acque, il suolo e l'aria che saranno sempre in comune, e che possono essere conservati solo agendo in comune.