GLI EFFETTI DELLA CAMPAGNA CONTRO LE e-CIG
Come le sigarette elettroniche potrebbero far risparmiare molte morti, e perché la cosa non sembra piacere a tutti.
Il mercato delle sigarette elettroniche (e-cig), una delle novità commerciali dell’anno, potrebbe essere già in declino. La crisi sarebbe il frutto di decisioni già prese, ma non ancora applicate. A livello nazionale, si è stabilito di tassarle in modo simile a quello delle sigarette vere, con una tassa del 58,5%, più il 22% di IVA, a partire dal 1 gennaio 2014. A livello europeo, la Commissione Salute del Parlamento Europeo ha chiesto di assimilare le e-cig a un prodotto medicinale, soggetto quindi alle relative restrizioni. Anche la pubblicità negativa di buona parte dei media potrebbe avere avuto il suo effetto.
I dati italiani, raccolti dalla ANAFE (Associazione Nazionale Fumo Elettronico), segnalano già la chiusura del 25% circa dei punti-vendita e una diminuzione del 60% dei consumi.
Vediamo di comprendere cosa questa diminuzione possa significare rispetto al problema fumo in Italia. I dati comunemente accettati dalle fonti scientifiche e istituzionali indicano che in Italia il fumo di sigaretta provoca all’incirca 90.000 morti/anno (rielaborazione di dati ISTAT, EUROSTAT, WHO), un valore statistico basato su osservazioni epidemiologiche e studi sperimentali. Più precisamente, questo numero di fatalità viene scomposto in:
Si valuta che 1.500.000 di persone (pari al 15% del totale dei fumatori) siano diventati consumatori di e-cig, quasi tutti ex fumatori.
Tenendo presente che l’agente più nocivo presente nelle e-cig è la nicotina, responsabile essenzialmente delle patologie cardiache e cerebrali, con un rapido calcolo approssimato si può dedurre che i morti/anno dovrebbero essersi ridotti da 90.000 a circa 78.500 grazie al passaggio all’e-cig della frazione di fumatori sopra indicata. Correggendo però questo dato in base alla diminuzione dei consumi di e-cig denunciata dalla ANAFE, il numero “risale” a circa 85.500. Diminuisce cioè il numero di fumatori sottratti alla mortalità da tumori e da bronchiti e enfisemi grazie all’uso delle e-cig.
Il costo aggiuntivo per questi malati di “ritorno,” sulla base della stima di 32.000 Euro/anno per malato (per i costi diretti e indiretti della malattia secondo la Federazione Associazioni Volontariato in Oncologia, FAVO), è di circa 240.000.000 di Euro.
Ora, è vero che anche le e-cig possono essere nocive (ed eventualmente favorire un uso di quantità eccessive di nicotina ed altri non-cancerogeni) ed avere un qualche effetto negativo marginale sulla popolazione di consumatori, ma esse hanno anche un grande effetto positivo di “risparmio” grazie ai “morti evitati” ed ai “costi evitati”.
Un atteggiamento proibizionista circa le e-cig può risultare ben più dannoso del rischio che vuole evitare. Soprattutto se la vera ragione è quella di non perdere i proventi delle tasse sui tabacchi (calate del 6,1% pari a 455.000.000 Euro dopo l’introduzione delle e-cig). D’altronde, se lo Stato subisce questa perdita, guadagna 368.000.000 Euro per costi sanitari risparmiati.
Una posizione intermedia tra proibizionisti e fautori di un mercato libero, sia Stati che persone, potrebbe essere quella di classificare come medicinali, disincentivandone di fatto la vendita, solo le e-cig che superino certi livelli di nicotina. Soluzione non facile, perché è possibile prepararsi una miscela personalizzata. Ma questa è una discussione che comunque è ancora tutta da fare.