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2025-01-26 05:37

La Pagella dell’Italia

INDICATORI DI EFFICIENZA E DECARBONIZZAZIONE

di: 
Antonio Caputo

L’ISPRA, Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale, ha pubblicato il rapporto Efficiency and decarbonization indicators in Italy and in the biggest European Countries - Edition 2024. L’autore del rapporto ha sintetizzato per noi i risultati del confronto degli indicatori nazionali di efficienza e decarbonizzazione con quelli dei principali paesi europei mostrando che l’Italia ha prestazioni di assoluto rilievo, soprattutto in termini di intensità energetica per ricchezza prodotta. Tuttavia, il dettaglio dei diversi settori fa emergere punti critici in cui è necessario intervenire in relazione al raggiungimento degli obiettivi europei.


Consumi di energia, emissioni di gas serra e obiettivi nazionali

Il consumo interno lordo di energia in Italia è aumentato dal 1990 al 2005, successivamente è iniziata una riduzione dei consumi, accelerata dalla crisi economica del 2008, seguita dalla successiva ripresa dal 2015. Dopo l’ulteriore battuta d’arresto del 2020, dovuto alle misure di confinamento per fermare la pandemia di SARS-CoV-2, si registra un rimbalzo dei consumi (+8,8% nel 2021 rispetto al 2020), seguito da una nuova contrazione nel 2022 (-3,9% rispetto al 2021).

Figura 1 – Consumo interno lordo di energia.

 

I combustibili fossili sono i principali vettori energetici del sistema nazionale, sebbene negli ultimi anni il loro ruolo sia diminuito rispetto al passato. Dal 1990 al 2007, la quota di energia fossile nel consumo interno lordo è stata superiore al 90%. Dopo il 2007 la quota fossile si è fortemente ridotta. Nell’intero periodo considerato la quota fossile è scesa dal 93,6% al 78,5%, con il valore più basso nel 2020 (77,3%).

Il mix nazionale di combustibili è notevolmente cambiato dagli anni '90: nel 1990 i prodotti petroliferi rappresentavano la componente predominante con il 57,3% del consumo interno lordo. La quota di questi combustibili è costantemente diminuita fino al 31,7% nel 2020, con un rimbalzo negli anni successivi (34,8% nel 2022). La quota di gas naturale segue un andamento speculare con un aumento costante dal 1990 fino al 2020 (da 26,3% a 41,2%), seguito da un decremento (37,9% nel 2022). La quota di combustibili solidi, dopo una costante riduzione dal 2012 al 2021 (da 9,6% a 3,6%), ha registrato un rimbalzo al 5% nel 2022 quale conseguenza della guerra Russia-Ucraina. I dati preliminari dei consumi per il 2023 e 2024 mostrano una forte contrazione dei combustibili solidi (nel 2024 circa -70% rispetto al 2022).

La quota di energia da fonti rinnovabili è complementare a quella osservata per i combustibili fossili (Figura 2). Dal 1990 al 2007 è stato registrato un costante aumento della quota, da 4,4% a 9%. Dopo il 2007 la quota ha accelerato raggiungendo il 20,7% del consumo interno lordo nel 2020, seguita dalla diminuzione negli ultimi anni (19,6% nel 2021 e 19% nel 2022). Il consumo interno lordo di energia rinnovabile è più che quadruplicato dal 1990, passando da 6,5 Mtep a 29,3 Mtep nel 2022.

Fino al 2000 le principali fonti di energia rinnovabile sono state la geotermia e l'idroelettrico, con oltre l'80% del consumo interno lordo di energia rinnovabile. La quota rimanente era costituita da biomasse e rifiuti rinnovabili. Dal 2000 la bioenergia ha mostrato una crescita considerevole, raggiungendo il picco della serie storica nel 2008 con una quota del 50,9%. Nel 2022 la quota di bioenergia è stata del 44,4%. Negli ultimi anni anche l'energia solare (termica e fotovoltaica) ed eolica hanno assunto un ruolo significativo e insieme rappresentano il 15,8% del consumo di energia rinnovabile.

Figura 2 – Consumo interno lordo di energia rinnovabile.

 

I consumi finali di energia per settore mostrano peculiarità strutturali per ogni comparto, con diverse sensibilità a fattori contingenti, come la crisi economica dal 2008 o il lockdown del 2020 che hanno colpito soprattutto i settori produttivi. Dal 1990 al 2022 l'industria riduce i consumi finali di energia del 27,8%, mentre i consumi nei servizi aumentano del 97,4%. L'andamento dei consumi finali nel settore domestico, soprattutto per il riscaldamento, è molto variabile in relazione alle condizioni climatiche. Il consumo del settore nel 2022 è aumentato del 15,3% rispetto al 1990. Il consumo nei trasporti, compresa l’aviazione internazionale, è aumentato del 12,2% dal 1990 al 2022, dopo il brusco calo del 2020.

Dagli anni '90, la struttura dei consumi energetici dei settori è notevolmente cambiata (Figura 3). I servizi rappresentano una quota crescente dei consumi finali, passando da 7,8% nel 1990 a 14,6% nel 2022, mentre l'industria riduce la sua quota da 32,6% a 22,2% nello stesso periodo. I consumi nelle famiglie mostrano un andamento in crescita fino al 2010 seguito da una leggera diminuzione con forti oscillazioni dovute essenzialmente alla temperatura media. La quota media dei consumi negli altri settori, principalmente agricoltura e pesca, è circa il 3%.

Figura 3 – Consumo di energia finale per settore.

 

L'elettrificazione dei consumi finali è una strategia fondamentale per ridurre i gas serra se perseguita parallelamente alla diffusione delle energie rinnovabili per la produzione di energia elettrica. La quota di energia elettrica nel consumo finale è aumentata dal 1990 al 2022, passando da 17,7% a 22,3%.

Il livello di elettrificazione dei consumi finali dei settori è molto eterogeneo (Figura 4). I servizi presentano la quota più elevata, con oltre il 50%. Il tasso di elettrificazione nell'industria è in costante aumento dal 1990, con il 39% di elettricità del 2022. Le ampie oscillazioni registrate negli ultimi anni per i servizi e l'industria sono dovute anche a un significativo cambiamento nella metodologia di contabilizzazione dei consumi. L'elettrificazione dei settori domestico e dei trasporti non mostra aumenti significativi e nel 2022 è stata rispettivamente del 18,5% e 2,1%. L'agricoltura e la pesca mostrano un aumento dell'elettrificazione, analogamente all'industria, e nel 2022 il livello è stato del 18,3%.

Figura 4 – Quota di consumi elettrici nei consumi finali per settore.

 

Analogamente ai consumi energetici, le emissioni nazionali di gas serra sono aumentate dal 1990 al 2005 (Figura 5). La successiva tendenza decrescente è stata accelerata dalla crisi economica del 2008. Nel 2020 le misure di lockdown per contenere la pandemia di SARSCoV-2 hanno determinato la drastica riduzione dei gas serra (379,1 Mt CO2eq; -27,4% nel 2020 rispetto al 1990 e -36,4% rispetto al 2005). Nel 2021 e nel 2022 i gas serra sono aumentati, anche se al di sotto del livello del 2019. Nel 2022 si registra una diminuzione del 20,9% rispetto al 1990 e del 30,7% rispetto al 2005. Le stime preliminari di ISPRA per il 2023 evidenziano che i gas serra sono ben al di sotto del livello dell'anno precedente (-7,1%), principalmente per la riduzione registrata nelle industrie energetiche. Le stime preliminari per il 2024 mostrano una riduzione delle emissioni di circa -1% rispetto all’anno precedente.

L’analisi per settore mostra che tutti i settori hanno ridotto le emissioni, sebbene con tassi diversi. Il settore più problematico è quello dei trasporti le cui emissioni nel 2022 sono inferiori del 14,5% rispetto al 2005, ma ancora superiori al livello del 1990 (+7,4%). Il settore residenziale ha ridotto le emissioni del 21,6% rispetto al 1990, mentre nei servizi aumentano del 64,2%.

Figura 5 – Emissioni di gas serra per settore. Le etichette si riferiscono al tasso medio annuale di variazione delle emissioni per quinquennio fino al 2020 e annuale negli anni successivi.
* dati preliminari

 

I gas serra pro-capite sono passati da 9,2 t CO2eq nel 1990 a 10,3 t CO2eq nel 2004, negli anni successivi si è registrato un rapido calo fino a 6,4 t CO2eq nel 2020. Nel 2022 le emissioni pro-capite sono state 7 t CO2eq.

Per monitorare il raggiungimento degli obiettivi di riduzione, i gas serra devono essere allocati nei due comparti: ETS (EU Emissions Trading System, EU ETS) e ESR (Effort Sharing Regulation), definiti secondo la normativa europea (Figura 6). In ETS rientrano principalmente le industrie energetiche e i grandi impianti dell’industria manifatturiera, mentre in ESR rientrano i restanti settori. Nel 2022 ETS ha rappresentato il 33% dei gas serra nazionali. La quota di tali emissioni è diminuita dal 2005, quando era del 42%. Le emissioni in ESR hanno rappresentato il 66,4% delle emissioni nazionali; la quota è aumentata dal 2005, quando era poco meno del 58%. Dal 2005 al 2022 i gas serra sono diminuiti sia in ETS che in ESR, anche il tasso di diminuzione osservato in ETS è più di due volte quello registrato da ESR, rispettivamente -44,5% e -20,1%. Inoltre, dal 2021 i gas serra mostrano un rimbalzo in ESR (+12,3% nel 2022 rispetto al 2020), mentre in ETS l'aumento è piuttosto modesto (+1,4%).

Sul versante ETS il ruolo dominante è svolto dalle industrie energetiche: centrali elettriche, raffinerie, cokerie che trasformano l’energia utilizzata nei settori finali (68,1% dei gas serra del comparto nel 2022). In ESR il ruolo dominante è svolto dai trasporti con il 38,8% dei gas serra nel 2022. I gas serra delle industrie manifatturiere e delle costruzioni, insieme ai processi industriali, rappresentano il 29,8% in ETS e il 14% in ESR. I gas serra derivanti dai servizi sono quasi totalmente in ESR (circa il 98%) e rappresentano il 7% delle emissioni del comparto. I gas serra dei settori residenziale, agricoltura (sia da consumi energetici che da coltivazioni e allevamenti) e rifiuti sono totalmente in ESR, con quote rispettivamente del 16,5%, 14,1% e 7,3%.

Le emissioni ESR del 2021 e 2022 hanno superato le allocazioni consentite di 4,6 Mt CO2eq e 5,5 Mt CO2eq rispettivamente. Le stime preliminari mostrano un superamento di circa 7 Mt CO2eq nel 2023 che nel 2024 si sale intorno a 20 Mt CO2eq. È chiaro che nella situazione di superamento dei limiti ESR, i settori con le quote emissive più rilevanti dovrebbero essere gli obiettivi prioritari delle politiche e misure.

Figura 6 – Emissioni di gas serra nei comparti ETS e ESR. Emissioni per settore dal 2013. Nel quadrante sono riportati i settori comuni ai due comparti. AEAs: annual emission allocations.
* dati preliminari

 

Indicatori di efficienza e decarbonizzazione

Per valutare le relazioni tra consumo energetico, economia ed emissioni di gas serra, sono stati analizzati gli andamenti del consumo interno lordo di energia (GIC), del prodotto interno lordo (PIL) e delle emissioni (Figura 7). Il parametro economico e i consumi energetici hanno andamenti paralleli fino al 2005. Successivamente i due parametri iniziano a divergere mostrando un crescente disaccoppiamento. L’aumento delle emissioni di gas serra è stato più lento di quello del PIL fino al 2005, evidenziando un disaccoppiamento relativo. Dopo il 2005, la divergenza tra i due parametri diventa sempre più marcata mostrando anche un disaccoppiamento assoluto, ovvero un PIL in crescita e gas serra in diminuzione dal 2015 al 2019. Il disaccoppiamento assoluto è evidente anche negli ultimi anni dal 2021, sebbene i dati del 2023 e 2024 siano ancora preliminari. In sintesi, l’allontanamento del PIL e dei gas serra indica una progressiva decarbonizzazione dell’economia nazionale, così come il disaccoppiamento tra PIL e consumi di energia indica l’efficientamento del sistema economico. In altre parole, il sistema Italia produce ricchezza economica consumando meno energia ed emettendo meno gas serra.

Figura 7 – Andamento rispetto al 1995 del prodotto interno lordo, consumo interno lordo di energia ed emissioni di gas serra.
* dati preliminari

 

Le dinamiche osservate sono esplicitate dagli indicatori di efficienza e decarbonizzazione che mettono in relazione i parametri considerati. In Figura 8 il disaccoppiamento dei macroindicatori relativi alle dimensioni dell’economia, dell’energia e delle emissioni è rappresentato dagli andamenti decrescenti degli indicatori di intensità energetica e intensità di carbonio. I tre macroindicatori sono espressi in termini di rapporto: consumo di energia o emissioni di gas serra per unità di PIL, oppure emissioni di gas serra per unità di energia consumata. Dal 1995, al netto di oscillazioni interannuali a volte anche importanti come nel 2022, l’andamento di lungo termine degli indicatori è nettamente decrescente, mostrando quindi l’incremento dell’efficienza e della decarbonizzazione dell’economia nazionale. Le emissioni di gas serra per unità di PIL diminuiscono del 35% dal 1995 al 2022, le emissioni per unità di energia consumata diminuiscono del 16%. Le stime preliminari per il 2023 e 2024 mostrano l’ulteriore diminuzione degli indicatori. Le cause della diminuzione dell’intensità energetica sono molteplici: oltre all’efficientamento dei processi produttivi dei diversi settori, un contributo non trascurabile è dovuto all’assetto produttivo tra servizi e industria, con l’industria che è normalmente più energivora dei servizi, e il mix di settori industriali caratterizzati da domande energetiche molto diverse tra la cosiddetta industria pesante e l’industria leggera. L’intensità di carbonio è invece sensibile al mix energetico utilizzato: incremento della quota di energie rinnovabili o la sostituzione di combustibili fossili con alto contenuto di carbonio con combustibili a minore contenuto di carbonio.

Figura 8 – Andamento rispetto al 1995 dell’intensità energetica rispetto al prodotto interno lordo e dell’intensità di carbonio rispetto al prodotto interno lordo e al consumo interno lordo di energia.

 

L’intensità di carbonio è stata calcolata a livello settoriale considerando le emissioni energetiche, che rappresentano mediamente l’81,6% delle emissioni nazionali dal 1990. I diversi settori sono caratterizzati da intensità di carbonio molto differenti, a seconda della diversa diffusione delle fonti rinnovabili e dell'elettrificazione dei consumi finali (Figura 9). Le industrie energetiche hanno ridotto più di altri settori l’intensità (-37,5% nel 2022 rispetto al 1990), perché più suscettibili allo sviluppo delle fonti rinnovabili, soprattutto nel settore elettrico che è il comparto più rilevante delle industrie energetiche, i restanti comparti sono rappresentati da raffinerie e cokerie. Il mix di fonti energetiche del settore elettrico mostra un rilevante incremento delle fonti rinnovabili e, tra i combustibili fossili, un significativo incremento della quota di gas naturale. I dati preliminari mostrano che nel 2024 la quota di elettricità da fonti rinnovabili è superiore al 50%, con eolico e fotovoltaico che rappresentano quasi la metà, mentre negli anni ‘90 la quota rinnovabile era inferiore al 20% e quasi totalmente da fonte idroelettrica e geotermica.

L'intensità di carbonio dell'industria manifatturiera nel 2022 è inferiore del 17,8% rispetto al 1990, mentre i trasporti registrano una diminuzione del 4,8%, con il valore più alto degli ultimi anni tra i settori e la pendenza negativa più lenta dal 1990. L'intensità di carbonio nel settore civile diminuisce del 29,5% rispetto al 1990. Nei settori menzionati un fattore determinante per la riduzione dell’intensità di carbonio è l’elettrificazione dei consumi finali. Le emissioni per la produzione elettrica sono contabilizzate nelle industrie energetiche e la sostituzione dei combustibili fossili con il vettore elettrico sposta le emissioni nel settore più suscettibile allo sviluppo delle fonti rinnovabili con emissioni nulle. In altre parole, se la domanda di riscaldamento o di trasporto è soddisfatta dal vettore elettrico invece che dai combustibili fossili diminuiscono le emissioni dai rispettivi settori di uso finale, che rappresentano la gran parte delle emissioni ESR. Le emissioni per la produzione elettrica residua da combustibili fossili sono contabilizzate nelle industrie energetiche che, come visto in precedenza, fanno parte del sistema ETS. In merito alla domanda di riscaldamento il fattore climatico riveste un ruolo di primaria importanza, almeno per quanto riguarda il settore domestico che rappresenta la quota prevalente dei consumi. Gli indicatori disponibili, come i gradi-giorno, mostrano che le temperature medie hanno un andamento di lungo termine in crescita, ne consegue la minore domanda di riscaldamento in inverno e maggiore domanda di raffrescamento in estate.

Figura 9 – Intensità di carbonio per settore.

In merito agli indicatori di intensità energetica è possibile analizzare i settori in dettaglio considerando l’energia consumata per unità di valore aggiunto dei settori produttivi (agricoltura, industria e servizi) o per unità di prodotto interno lordo per i settori residenziale e trasporti. I settori hanno intensità molto diverse che nel 2022 vanno da 14 tep/M€ dei servizi a 101.7 tep/M€ dell’agricoltura (Figura 10). Nel grafico successivo le intensità sono state standardizzate rispetto al 1995 per rendere confrontabili gli andamenti dei settori. Con la sola eccezione dei servizi, tutti i settori mostrano nel 2022 intensità energetica inferiore rispetto al 1995. A fronte di settori che registrano un andamento di lungo termine decrescente, come industria e trasporti, si osservano settori con ampie oscillazioni annuali, come agricoltura e residenziale, senza una particolare tendenza. D’altra parte, l’andamento di lungo termine dei servizi mostra un andamento in crescita, interrotto nei periodi dal 2009 al 2014 e negli ultimi anni dal 2018.

Figura 10 – Andamento rispetto al 1995 dell’intensità energetica per settore rispetto al valore aggiunto (agricoltura, industria e servizi) o prodotto interno lordo (residenziale e trasporti).

 

L’Italia e i principali paesi Europei

Gli indicatori nazionali di intensità energetica e di carbonio sono confrontati con quelli dei principali paesi Europei. A tale scopo sono stati selezionati i paesi con quota europea di emissioni di gas serra o di PIL maggiore del 3% nel 2020. I paesi che rispettano questa condizione sono: Germania, Francia, Italia, Polonia, Spagna, Paesi Bassi, Repubblica Ceca, Belgio, Romania e Svezia. I paesi considerati rappresentano oltre l’80% del PIL, delle emissioni serra, dei consumi energetici e della popolazione europea e i primi quattro rappresentano oltre il 50%.

La Figura 11 riporta la quota di consumo interno lordo per vettore energetico nel 2022 dei paesi esaminati, è inoltre riportato il gruppo dei restanti paesi e EU27. I paesi sono disposti in ordine decrescente della quota di combustibili fossili: solidi, petroliferi e gassosi. La Polonia ha la quota fossile più elevata, seguita da Germania e Italia. Tuttavia, la quota di gas naturale in Italia è tra le più elevate in Europa, mentre in Germania si registra ancora una quota rilevante di combustibili solidi: 20% contro il 5% dell’Italia. Procedendo da sinistra a destra del grafico aumenta la quota cumulata di energia rinnovabile e nucleare che non determinano emissioni di gas serra. Oltre un terzo dei consumi in Francia proviene da energia nucleare, mentre sul fronte delle rinnovabili la quota italiana è, dopo quella svedese, la seconda in Europa, fatto salvo il gruppo di paesi minori. In merito alla quota di energia rinnovabile occorre sottolineare che gli obiettivi europei si misurano sui consumi finali lordi e non sul consumo interno lordo. Il consumo interno lordo rappresenta il fabbisogno energetico totale per tutte le attività svolte sul territorio del paese, esclusi i bunkeraggi marittimi internazionali, mentre il consumo finale lordo è l'energia utilizzata dai consumatori finali più le perdite di rete e l'autoconsumo delle centrali elettriche.

Figura 11 – Consumo interno lordo dei principali paesi Europei per fonte. Paesi in ordine decrescente di energia fossile (solidi, petroliferi, gas naturale). Sono cerchiati i paesi con le quote maggiori di consumo energetico.

 

In Figura 12 sono confrontate le quote di energia rinnovabile nei paesi Europei secondo le due metriche di consumo energetico. A sinistra la quota di rinnovabili sul consumo interno lordo, a destra la quota rinnovabile sul consumo finale, come richiesto dalla normativa europea per il calcolo degli obiettivi. I paesi sono disposti in ordine crescente della quota registrata nel 2022. Il consumo di energia rinnovabile è aumentato dal 1990 al 2022 in tutti i paesi. Ogni paese ha il proprio specifico obiettivo da raggiungere nel 2030 e deve confrontarsi con la distanza dal proprio obiettivo. L’obiettivo per l’Italia è 38.7%, come riportato nel Piano Nazionale Energia e Clima (PNIEC) trasmesso alla Commissione Europea il 1° luglio 2024. Gli obiettivi dei principali paesi sono 41% per la Francia, 40% per la Germania e 48% per la Spagna.

Figura 12 – Quota di energia rinnovabile sul consumo interno lordo (sinistra) e sul consumo finale lordo (destra). Paesi in ordine crescente della quota registrata nel 2022. OC: altri paesi.

 

La Figura 13 riporta gli indicatori di intensità energetica e di carbonio registrati nel 2022 per i diversi paesi. A sinistra è riportata l’intensità energetica, a destra è riportata l’intensità di carbonio, entrambe espresse per unità di PIL. I paesi sono in ordine crescente di intensità. Le intensità sono state elaborate considerando i consumi totali di energia e le emissioni totali, comprese quelle dai bunkers internazionali (aviazione e navigazione). L’intensità energetica dell’Italia rispetto al PIL è tra le più basse in Europa. L’intensità di carbonio rispetto al PIL è inferiore alla media europea e vicina a quella della Germania. Svezia e Francia precedono Italia e Germania perché hanno quote di rinnovabili (Svezia) e nucleare (Svezia e Francia) più elevate; fonti energetiche che non incidono sulle emissioni di gas serra secondo le regole adottate per la contabilità delle emissioni di gas serra nel contesto UNFCCC.

Figura 13 – Intensità energetica (sinistra) e di carbonio (destra) per unità di prodotto interno lordo. Paesi in ordine crescente del valore registrato nel 2022.

 

L’intensità di carbonio per unità di energia consumata è stata elaborata secondo due modalità: nel primo caso considerando le emissioni e i consumi energetici totali, nel secondo caso sono state considerate le emissioni energetiche e i consumi finali. In entrambi i casi è stato considerato il contributo dei bunkers internazionali (Figura 14).

L’intensità di carbonio dell’Italia è superiore alla media europea. I fattori determinanti dell’indicatore elaborato considerando le emissioni e consumi totali sono principalmente il mix energetico, soprattutto energia nucleare e fonti rinnovabili, che non emettono gas serra. Altri fattori, meno intuitivi, sono i consumi di energia per usi non energetici, in altre parole gli usi finali senza combustione e completo rilascio del carbonio in atmosfera, come nei settori petrolchimico o farmaceutico. Un ulteriore fattore è rappresentato dalle emissioni senza consumo di energia: da processi industriali, dalla zootecnia e dai rifiuti. Ultimo fattore, apparentemente paradossale, è l’efficienza del sistema in termini di rapporto tra energia finale ed energia primaria. Nel grafico a sinistra della Figura 14 la componente di consumi energetici al netto degli usi non energici è energia primaria, quindi a monte della trasformazione. In questo quadro un sistema poco efficiente, con basso rapporto tra energia finale ed energia primaria, ha intensità relativamente minore, poiché necessita di maggiore energia primaria per soddisfare gli usi finali. Pertanto, il denominatore dell’indicatore di intensità di carbonio è più alto. Il rapporto tra energia finale e primaria dell’Italia è tra i più elevati in Europa e il più elevato tra i paesi esaminati.

Se si considerano solo i consumi di energia finale e le emissioni da combustione (circa 80% delle emissioni totali), come nel grafico a destra, si esclude l’effetto degli ultimi tre fattori menzionati e resta solo l’effetto dovuto al mix energetico. L’Italia resta poco sopra la media europea ma l’ordine dei paesi cambia e l’intensità nazionale è decisamente inferiore a quella della Germania. I paesi con intensità minori dell’Italia hanno quote rilevanti di nucleare e rinnovabili, con la sola eccezione dei Paesi Bassi dove l’energia nucleare rappresenta l’1,4% del fabbisogno energetico.

Figura 14 – Intensità di carbonio per unità di energia consumata. Paesi in ordine crescente del valore registrato nel 2022.

 

In Figura 15 sono illustrate le intensità di energia per unità di valore aggiunto dei settori produttivi: industria, servizi e agricoltura. Industria e agricoltura, che sono le attività più energivore, occupano posizioni di assoluto rilievo nel contesto europeo, con intensità di gran lunga inferiori alla media europea. Per i servizi invece l’Italia ha intensità poco superiori alla media europea e decisamente più alte di quelle di Germania, Francia e Spagna, mostrando ampi margini di miglioramento in questo settore.

Figura 15 – Intensità energetica per valore aggiunto nei settori produttivi nel 2022. Paesi in ordine crescente.

 

In Figura 16 sono riportate le intensità di carbonio dei paesi per i tre settori produttivi. A grandi linee si ripetete lo stesso schema visto per l’intensità energetica, sebbene i paesi occupino posizioni differenti. L’industria italiana è allineata a quella tedesca e sotto la media europea. L’agricoltura italiana conferma una delle intensità più basse. Per i servizi invece l’intensità di carbonio è più elevata della media europea.

Figura 16 – Intensità di carbonio per valore aggiunto nei settori produttivi nel 2022. Paesi in ordine crescente.

 

Per i settori dei trasporti e residenziale sono stati confrontati gli indicatori di intensità di carbonio, per unità di PIL e di consumi energetici, ed emissioni pro capite dei principali paesi europei nel 2022 (Figura 17). In questa analisi non sono stati considerati i paesi dell’est, che per ragioni storiche hanno dinamiche non comparabili con gli altri paesi considerati per i due settori.

Gli indicatori nazionali sono superiori alla media europea in entrambi i settori. In merito ai trasporti il Belgio e la Spagna hanno le emissioni pro capite più elevate tra i paesi considerati. Spagna e Italia hanno le emissioni per unità di PIL più elevate. Italia e Germania registrano il valore più elevato di intensità di carbonio per consumo energetico. Il settore residenziale nazionale ha intensità di carbonio vicine a quelle della Germania ma di gran lunga superiori a quelli di Francia, Spagna e Svezia, dove l’elettrificazione dei consumi finali del settore domestico è molto più elevata che in Italia e, come già detto, l’elettrificazione dei consumi è una strategia chiave per la riduzione delle emissioni da questo settore. Le emissioni pro capite italiane, sebbene inferiori rispetto a quelle della Germania e del Belgio, sono maggiori di quelle di Francia, Spagna e Svezia.

Figura 17 – Intensità di carbonio per prodotto interno lordo e per consumo energetico, emissioni pro capite nei settori trasporti (sinistra) e residenziale (destra). Paesi in ordine decrescente, valori del 2022.

 

Il settore dei trasporti, considerata la sua rilevanza in termini emissivi, merita particolare attenzione. Il trasporto su strada incide per oltre il 90% delle emissioni di gas serra dell’intero settore e quello delle autovetture per quasi 2/3 del trasporto stradale, inoltre l’Italia ha il numero di veicoli circolanti pro capite più elevato in Europa (68.2 veicoli per 100 abitanti, contro una media europea di 56.2 veicoli per 100 abitanti nel 2023), con un parco mediamente più vecchio di paesi come Francia e Germania. Per queste ragioni è utile un focus sulle emissioni pro capite da autovetture. L’andamento in Figura 18 mostra come tutti i paesi abbiano drasticamente ridotto le emissioni nel 2020 in seguito alle restrizioni alla mobilità imposte dalla pandemia. Dopo il 2020 i paesi mostrano comportamenti molto differenti. In particolare, la Svezia continua a ridurre le emissioni pro capite e i Paesi Bassi restano stabili, ma a parte queste eccezioni le emissioni degli altri paesi tornano a crescere, sebbene a livelli nettamente inferiori a quelli del 2019. In Italia le emissioni pro capite del 2022 hanno raggiunto i livelli del 2019 e le prime stime per 2023 e 2024 mostrano un andamento in crescita.

Figura 18 – Andamento delle emissioni pro capite da autovetture.

 

Quanto visto rappresenta una criticità di notevole importanza per il raggiungimento degli obiettivi di riduzione delle emissioni di gas serra nel 2030. Il grafico 19 mostra le auto pro capite nei principali paesi ripartite per alimentazione nel 2022, la linea punteggiata è la media europea di veicoli pro capite. I veicoli alimentati da benzina e diesel rappresentano le quote maggioritarie in tutti i paesi ma il numero di veicoli è molto diverso. I veicoli elettrici e plug-in circolanti in Italia nel 2022 sono lo 0,8%, come in Spagna. Gli altri paesi hanno percentuali più elevate. I dati del 2023 portano la quota nazionale a 1,1% con un incremento del 39% dei veicoli elettrici e plug-in rispetto all’anno precedente. Nel piano energia e clima l’obiettivo nel 2030 è di 6.5 milioni di veicoli circolanti tra elettriche (circa 4.3 milioni) e plug in (circa 2.2 milioni). Sono obiettivi molto impegnativi che possono essere raggiunti solo mantenendo un incremento annuale costante come quello registrato nel 2023 fino al 2030 ma i primi dati del 2024 mostrano una sensibile riduzione della quota delle immatricolazioni di veicoli elettrici.

Figura 19 – Numero di auto ogni 100 abitanti ripartite per alimentazione nei principali paesi Europei (dati 2022). La linea punteggiata rappresenta il numero di auto medio di EU27. La % in alto è la quota cumulata di auto elettriche e plug-in.

 

Conclusioni

In sintesi, i risultati del confronto degli indicatori nazionali di efficienza e decarbonizzazione con quelli dei principali paesi europei mostra che in termini di macrosistema energetico l’Italia ha prestazioni di assoluto rilievo, soprattutto in termini di intensità energetica per ricchezza prodotta. Tuttavia, il dettaglio dei diversi settori fa emergere punti critici in cui è necessario intervenire per ridurre le emissioni di gas serra al fine di raggiungere gli obiettivi al 2030. Nel 2022 l’Italia registra intensità energetica ed emissiva per industria e agricoltura tra le più basse tra i principali paesi Europei. D’altra parte, il settore civile e i trasporti hanno ampi margini di miglioramento. Poiché tali settori rappresentano la maggior parte delle emissioni di gas serra coinvolte negli obiettivi al 2030 è evidente che la criticità necessita politiche adeguate e urgenti. Il settore residenziale ha ampio margine di elettrificazione e di sviluppo delle fonti rinnovabili, soprattutto con le pompe di calore, mentre nei trasporti è necessario aumentare la quota di veicoli elettrici e plug-in e favorire la mobilità pubblica.

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