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2024-03-29 02:31

A proposito del numero dei parlamentari e dell’abolizione delle province

I DOSSIER DELL’ASTROLABIO (II)

di: 
Francesco Mauro

Facendo seguito all’articolo precedente che ha preso in considerazione la questione del numero dei parlamentari ed il problema dell’identificazione delle regioni, nel presente articolo viene ricostruita la complessa storia dell’articolazione in province del territorio nazionale ed il rapporto di queste con regioni e comuni. Ancora una volta ne emerge l’indicazione che sarebbe opportuno procedere ad una scelta più precisa e motivata tra il sistema regionale e quello provinciale sulla base dell’evoluzione dello stato unitario, compresa la sua eventuale tendenza in senso federalista, e tenendo presenti una serie di considerazioni e limitazioni che vengono qui descritte e discusse.


L’evoluzione delle province. Nella arco di tempo fra l’istituzione del Regno d’Italia (1861) e l’entrata in vigore della Costituzione repubblicana (1948), il livello fondamentale di suddivisione amministrativa, in uno stato centralistico e centralizzato di modello vicino a quello francese (decreto Rattazzi, 1859), è stato la provincia, che prevedeva una serie di livelli subordinati (circondari, mandamenti, comuni), ed era strettamente controllata dal potere centrale tramite un governatore (poi chiamato  prefetto); il centralismo iniziale fu poi rafforzato dalla legge Lanza (1865).

L’evoluzione del numero delle province è un fenomeno complesso, come indicato da il quadro qui sotto riportato  (ripreso e modificato da http://it.wikipedia.org/wiki/Lista_delle_province_italiane#Elenco_delle_...):

- Nel 1861, all'istituzione del Regno d'Italia, le province erano solamente 59, dato che il territorio nazionale non comprendeva le attuali regioni del Veneto (più la città di Mantova e la parte dell'omonima provincia posta a sinistra del fiume Mincio ed a destra del fiume Po), del Friuli-Venezia Giulia e del Trentino-Alto Adige (che erano ancora sotto il dominio dello stato asburgico) e del Lazio (che era rimasto allo Stato Pontificio); invece, furono riordinati nelle nuove province dello stato italiano ilcircondario di Rieti, allora in provincia di Perugia (già parte dello Stato Pontificio), il circondario di Cittaducale in provincia dell'Aquila, ed i circondari di Gaeta e Sora in provincia di Terra di Lavoro, che facevano parte del Regno delle Due Sicilie (anch'esso annesso a seguito dell'invasione dei Mille di Garibaldi e delle truppe sarde). Le 59 province all’incirca corrispondevano: ai dipartimenti napoleonici per Piemonte, Emilia e Romagna, Toscana e Stato della Chiesa; alle province asburgiche per la Lombardia; ed alle province borboniche per il Regno delle Due Sicilie.

- Nel 1866, a seguito della III guerra d'indipendenza, vennero annessi i territori del Veneto (incluso il Friuli) e del Mantovano, precedentemente appartenenti all'Impero Austriaco, con l'inglobamento delle 9 province asburgiche diBelluno, Mantova, >Padova, Rovigo, Treviso, Venezia, Verona, Vicenza eUdine.

- Nel 1870, a seguito dell'annessione della futura capitale, venne istituita la provincia di Roma (allora, momentaneamente, unica provincia del Lazio), portando il numero complessivo delle province nel Regno a 69.

 - Nel 1920, a seguito della I Guerra Mondiale, conclusasi con l'annessione della Venezia Tridentina (fino al Brennero, oggi province autonome di Trento e Bolzano) e della Venezia Giulia (da Trieste a tutta l’Istria, esclusa Fiume destinata a essere territorio libero, ma compresa l’enclave di Zara in Dalmazia), viene istituita la provincia di Trento.

- Nel 1923, vengono istituite le tre province di Spezia, di Trieste e dello Ionio (futura di Taranto), mentre la provincia di Porto Maurizio viene ridenominata provincia di Imperia (con la città di Imperia creata dalla fusione di Porto Maurizio con Oneglia); già nel 1921, la provincia di Terra di Lavoro era stata ridenominata provincia di Caserta.

- Nel 1924, vengono inoltre istituite le province di Fiume (dopo l’”avventura fiumana” di D’Annunzio e svariate peripezie, annessa all’Italia per trattato), Pola e Zara, portando il numero delle province a 76.

- Nel 1927, come effetto del Regio decreto legislativo n. 1/1927 del 3 gennaio 1927 sul "Riordinamento delle circoscrizioni provinciali", si ha l'istituzione di ben 17 province (Aosta,Vercelli, Varese, Savona, ,Gorizia, Pistoia, Pescara, Rieti, Terni, Viterbo, Frosinone, Brindisi, Matera, Ragusa, Castrogiovanni,Nuoro) e la soppressione della provincia di Caserta. Da notare che Umbria, Lazio e Lucania cessano di essere regioni con un’unica provincia, con il Lazio che passa da una a quattro province. Nello stesso anno, vengono soppressi i circondari che costituivano i livelli sub-provinciali sedi di sottoprefettura e tribunale (ma questi ultimi verranno mantenuti in alcune città non capoluogo di provincia). Nello stesso anno, Castrogiovanni viene ridenominata Enna e Girgenti diviene Agrigento.

- Nel 1930, Spezia diviene La Spezia e la provincia di Fiume ridenominata provincia del Carnaro, mentre nel 1931 Bari delle Puglie diviene Bari.

- Altre integrazioni si hanno nel 1934 con la nuova provincia di Littoria (oggi Latina), città di fondazione, e nel 1935 con la separazione della provincia di Asti. Nel 1939, la provincia di Aquila degli Abruzzi diviene provincia de L'Aquila, e nel 1940 la provincia del Friuli viene ridenominata provincia di Udine, e la provincia di Pola diviene Istria. Non vengono qui considerate le province d’oltremare.

- Nel 1941, a seguito dell’occupazione della Jugoslavia, la provincia di Zara (ampliata) entra a far parte del Governatorato della Dalmazia (comprendente le province di Zara, Spalato – con città importanti come Sebenico e Traù - e Cattaro), mentre nella parte centrale dell’attuale Slovenia viene istituita la Provincia “con ordinamento autonomo” di Lubiana. Queste modifiche portano le province sotto il regime a 98.

- Alla fine della II Guerra Mondiale, nel 1945, la provincia di Aosta viene rinominata Valle d'Aosta, Littoria cambia nome in Latina, e viene reistituita la provincia, già soppressa, di Caserta. Nel 1946, alla Provincia di Massa e Carrara (rinominata Apuania nel 1938) viene dato, durante la luogotenenza di Umberto II di Savoia, il nuovo nome di provincia di Massa-Carrara, fissandone il capoluogo inMassa. Nel 1947, l'Italia perde, con il Trattato di Parigi, le province dell'Istria, del Carnaro e la Dalmazia, nonché considerevole parte del territorio di quella di Gorizia e tutta la provincia di Trieste, mentre parte della stessa provincia di Trieste (zona A del Territorio Libero) viene occupata dalle forze britanniche. Vengono anche subiti alcuni ritocchi di confine a beneficio della Francia. Alla nascita della Repubblica, l'Italia ha un totale di 91 province effettive.

- Nel 1948, la provincia della Valle d'Aosta viene soppressa e ne vengono trasferite le competenze alla neonata regione a statuto speciale, mentre con lo Statuto della Regione Siciliana (1946), le circoscrizioni provinciali siciliane vengono soppresse e sostituite da liberi consorzi comunali, denominati "province regionali" con successiva legge regionale n. 9 del 1986.

- La situazione rimane immutata per oltre trenta anni, fatte salve la ridenominazione, nel 1951, della provincia dello Ionio in provincia di Taranto e il rientro in Italia, nel 1954, della provincia di Trieste (molto ridotta in territorio).

- Dopo un lungo intervallo, nel 1968 viene istituita la provincia di Pordenone (Friuli), cui seguono nel 1970 quella di Isernia (Molise) e nel 1974 quella di Oristano (Sardegna), per un totale di 95 province (inclusa la Regione Valle d'Aosta).

- L'incremento diviene più sostanzioso nel 1992 con la creazione di ben 8 province: Verbano-Cusio-Ossola, Biella, Lecco, Lodi, Rimini, Prato, Crotone, Vibo Valentia, mentre Forlì viene rinominata Forlì-Cesena.

- Nel 2001, la Regione a statuto speciale della Sardegna istituisce 4 province, divenute operative nel 2005: Olbia-Tempio, Ogliastra, Medio Campidano, e Carbonia-Iglesias, in un quadro normative non ancora del tutto chiarito; mentre nel 2004, il Parlamento ha istituito le 3 province di Monza e Brianza (Lombardia), di Fermo (Marche), e di Barletta-Andria-Trani (Puglia), che sono divenute operative nel 2009, portando il numero complessivo delle province geografiche a 110.

- Nel 2009, annullando il Regio decreto del 1938 e il decreto Luogotenenziale del1946, la provincia di Massa-Carrara ha ripreso l'originaria denominazione di provincia di Massa e Carrara.

Nonostante tutti i discorsi da parte di politici e commentatori sul ruolo chiave delle regioni e sul superamento graduale delle province, la corsa verso la richiesta di nuove provincie è apparsa inarrestabile. Si passa da 56 proposte nella XIII legislatura (tra cui Avezzano e Sulmona, 5 nuove province ciascuna in Calabria, Campania e Lazio, 7 in Lombardia e Puglia) a 45 nella XV (molte ripresentate). Nell’attuale legislatura, è stata avviata la valutazione delle proposte per: Valcamonica in Lombardia, Gela in Sicilia, e Lanciano-Vasto-Ortona in Abruzzo.


Evoluzione nel tempo del numero delle province
(clicca sulla tabella per ingrandirla) 

Il totale delle province italiane (110) è quindi superiore all’attuale totale dei dipartimenti in Francia (96, senza contare i 5 dipartimenti d’oltremare) – il paese a suo tempo preso a modello - nonostante che la Francia abbia un numero leggermente più alto di abitanti ed una superficie che si avvicina al doppio di quella italiana.

I dati indicano chiaramente come la tendenza reale in Italia sia stata quella di continuare ad aumentare il numero e confermare la permanenza delle province, nonostante il dettato costituzionale a favore di un’impostazione regionalistica e gli impegni in senso federalista. La scelta di fatto portata avanti in favore delle province sembra confermare, da una parte, l’intenzione della classe politica e degli esponenti locali di continuare a utilizzare come terreno di intervento e di competizione il livello locale e, dall’altra, la contraddizione tra tale livello ed il livello regionale. Si aggiunga a tutto ciò la contraddizione secondaria tra la provincia e l’area metropolitana, laddove applicabile, che continua a non essere realizzata nonostante la legislazione e le promesse.

Il problema delle regioni. Un recente contributo de “LAVOCE” del 13 luglio 2012 propone le regioni come sede di accorpamento delle province. In realtà, esistono anche proposte alternative e pareri pro e contro, che riguardano anche l’accorpamento di alcune regioni. La scelta è quindi complicata e merita comunque che una piena informazione venga messa a disposizione dei decisori e della pubblica opinione e che la questione venga apertamente dibattuta.

Si assume nel presente contributo che sia un obiettivo corretto ed opportuno – e non ci sono dubbi che così si sia schierata l’opinione pubblica salvo localismi schierati a difesa di istituzioni in bilico – arrivare ad una diminuzione dei livelli di governo locale  - regioni, province (o in certi casi le città metropolitana), comuni – riducendoli ad un numero di due o anche di uno. Non è facile, a questo scopo, scegliere fra le diverse soluzioni e districarsi tra le diverse esigenze; ma si ritiene utile e corretto procedere ad una ricognizione degli aspetti positivi e negativi di ciascuno degli enti locali candidati.

Per quel che riguarda la regione, va ricordato che giuridicamente esistono due tipi di regioni: a statuto ordinario (dal 1970) ed a statuto speciale (create tra il 1945 e il 1948, salvo il Friuli – Venezia Giulia nel 1963), alcune caratterizzate da una maggiore autonomia. Tutte le regioni approvano in autonomia uno statuto che contiene le regole fondamentali dell'organizzazione (autonomia statutaria); per le regioni a statuto speciale, lo statuto è emanato dal Parlamento con legge costituzionale. La regione è organizzata sulla base di un Consiglio regionale, eletto direttamente dai cittadini, che ha il compito di emanare le leggi regionali; ed una Giunta regionale, organo esecutivo della regione, composto da un presidente ed alcuni assessori. Il presidente della giunta è il presidente della regione (detto impropriamente “governatore”); ha il compito di rappresentare politicamente e giuridicamente la regione e di dirigere le funzioni amministrative delegate dello stato. A seguito della riforma costituzionale entrata in vigore nel 2001, il potere legislativo della regione è stato notevolmente potenziato riconoscendo alle regioni una competenza legislativa generale.

1A. Regione, aspetti positivi:

  • in posizione privilegiata in quanto livello più alto di ente locale secondo la Costituzione in vigore;
  • in possesso di una esperienza amministrativa consolidata;
  • spesso di dimensioni simili a quelle dell’ente locale di primo livello in altri paesi europei (i “lander” o stati federati della Germania, le “comunità” della Spagna, oppure le “regioni” francesi).

1B. Regione, aspetti negativi:

  • in svariati casi, secondo alcuni osservatori, non ha dato buona prova di efficienza;
  • forti disparità fra di loro per dimensioni territoriali e di popolazione; non corrispondono neanche agli stati indipendenti pre-unitari (ma il possibile legame con le Regioni Augustee andrebbe indagato);
  • istituite soltanto nel secondo dopoguerra (nel periodo precedente né le autorità che rispondevano allo stato centrale né cariche elettive esistevano a livello regionale, che veniva utilizzato solo come raggruppamento statistico);
  • gli stessi confini delle regioni non avevano elementi basati su un passato consolidato, ed erano stati a causa di ciò ritoccati nel 1923 e 1927);
  • ulteriori complicazioni causate dalla differenza fra regioni a statuto speciale e ordinario;
  • il territorio regionale nei suoi confini non solo non corrisponde ad una precisa tradizione storico-culturale, ma neanche, nella maggioranza dei casi, ad un bacino oro-idrografico determinato o comunque ad profilo territoriale ben determinato .

Alla luce di questa difficile connotazione e correlazione delle regioni, appare meritorio appare il lavoro svolto da tecnici ed esperti al fine di proporre una ristrutturazione dell’organizzazione regionale in modo da renderla simile, ad esempio, a quella tedesca. Si tratta di un obiettivo non facile che si è articolato su due filoni principali per quel che riguarda numero e dimensioni:

(a) una proposta di razionalizzazione che vede l’accorpamento delle piccole regioni (cfr. progetto della Fondazione Agnelli), che darebbe un risultato simile al seguente:

1. Piemonte, Valle d'Aosta e Liguria tranne la provincia di La Spezia;
2. Lombardia;
3. Veneto, Trentino-Alto Adige, Friuli-Venezia Giulia;
4. Emilia-Romagna, provincia di La Spezia;
5. Toscana, provincia di Perugia;
6. Marche, Abruzzo, Molise;
7. Lazio, provincia di Terni;
8. Campania, provincia di Potenza;
9. Puglia, provincia di Matera;
10. Calabria;
11. Sicilia;
12. Sardegna;

(da alcune parti si prevede che questa operazione di “traslazione” possa essere portata avanti da un “governo di tecnici”);

(b) un progetto, portato avanti tra l’altro dalla Lega, di creazione di tre stati confederati, secondo lo schema:

  • Nord = Padania,
  • Centro = Etruria,
  • Sud = Mediterranea,

ed eventualmente una sopravvivenza delle regioni a statuto speciale (soprattutto la provincia di Bolzano). Oppure, secondo uno schema simile, ma con 5 regioni: Italia settentrionale, centrale, meridionale, Sicilia, Sardegna.

La provincia e il comune sono regolati dal Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, approvato con il Decreto legislativo n. 267 del 18 agosto 2000. Essi sono enti locali autonomi che rappresentano la propria comunità, curandone gli interessi e promovendone e coordinandone lo sviluppo; si governano in base ad uno statuto che sono chiamati ad emanare. Essi possono adottare regolamenti di loro competenza, dettare norme in materia di organizzazione e funzionamento delle istituzioni, degli organismi di partecipazione, degli organi e degli uffici; sono titolari di funzioni proprie secondo il principio di sussidiarietà. Al comune spetta l'amministrazione di tutte le materie, con l’eccezione delle funzioni affidate a province e regioni, e tutte le funzioni che riguardano la popolazione e il territorio comunale. Il comune è quindi, a tutt’oggi, l’unità di base del sistema centralizzato dello stato italiano lungo la sequenza di livelli amministrativi: provincia/circondario/mandamento/comune, in parte ispirata alla sequenza borbonica provincia/distretti/circondari/comuni (in 15 province peninsulari e 7 province siciliane), che sarebbe nel secondo dopoguerra diventata la sequenza regione/provincia/comune.

2A. Provincia, aspetti positivi:

  • entità di tradizione consolidata: la maggior parte almeno di epoca napoleonica fra il 1792 e il 1815, alcune ancora più antiche come quelle dello Stato Pontificio (prima del 1792 e nel periodo 1815-1870 quando divennero “delegazioni) e del Regno delle Due Sicilie, altre risalenti alla fondazione del Regno d’Italia nel 1861;
  • presenza di alti funzionari dello stato (prefetti, questori, etc.);
  • corrispondente e rafforzata dalla rete delle Camere di Commercio;
  • dimensioni che consentono una notevole partecipazione dei cittadini;
  • sostituibile in certi casi con l’area metropolitana senza problemi dimensionali;
  • territorialmente omogenea e spesso corrispondente ad una “piccole regioni” (ad esempio, nel Lazio: Campagna Romana, Tuscia Laziale, Pianura Pontina, Ciociaria, Reatino-Cicolano);
  • dimensioni simili alla contea, suddivisione amministrativa di lunga storia presente in molti paesi fra cui i paesi anglo-sassoni;
  • riferimento ad una città capoluogo di provincia e riconoscimento, anche nominativo,  della rilevanza della città.

Questo problema del riconoscimento della città e del ruolo urbano è importante in Italia dove ci sono “le cento città” e le tradizioni di comuni e signorie, mentre, ad esempio in Germania, un problema analogo è stato risolto creando 2 città-stato, Brema e Amburgo (in origine, erano 5-6).

2B. Provincia, aspetti negativi:

  • non corrisponde alla tendenza europea in favore della regione;
  • negli ultimi tempi, hanno subito un evidente calo di importanza;
  • possono diventare numericamente una pletora.

1A. Comune, aspetti positivi:

  • esistenza lunga, anche lunghissima e storicamente assai rilevante;
  • strutture consolidate nel tempo;
  • riconosciuto e utilizzato dalla popolazione.

1B. Comune, aspetti negativi:
- numero estremamente alto (oggi più di 8.000 comuni, nel 1861 erano circa 7.100; in dimensioni vanno dai 1.285 km2 di Roma ai 0,15 km2 di Fiera di Primiero in provincia di Trento, come numero di abitanti dai 2.778.000 di Roma ai 33 di Pedesina in provincia di Sondrio, i comuni con più di 100.000 abitanti definiti come “grandi città” sono 47, altri 154 fra 40.000 e 100.000 abitanti, circa 7.000 comuni hanno meno di 10.000 abitanti ciascuno e coprono i 2/3 del territorio nazionale); l’utilizzazione dei comuni comporterebbe un’operazione di accorpamento e di formazione di consorzi estremamente complicata.

In alcuni paesi di cultura anglo-sassone, solo centri abitati di una certa dimensione o di un certo sviluppo economico vengono “incorporati” per iniziativa di un comitato promotore per essere riconosciuti come città (town, city, borough, ecc.); la parte rimanente di territorio viene considerata “non-incorporata” e amministrata direttamente dalla contea, ossia dall’equivalente della provincia, che è caratterizzata da ruoli esecutivi elettivi ma dall’assenza di assemblee decisionali e organi legislativi (tranne che nel Regno Unito)

Su piano politico italiano, non è più chiaro se le intenzioni del governo, e dello stesso Parlamento, riguardino (in ordine di tempo della presentazione delle proposte): (a) l’abolizione delle province; (b) il diradamento numerico; (c) il diradamento delle funzioni (ad esempio, mantenere solo ambiente e trasporti); (d) la riduzione del numero con collegato l’accorpamento; (e) il riordino.

Al tempo stesso, sono depositate numerose richieste di modifiche dei confini regionali con passaggio di comuni da una regione all’altra: specialmente per il passaggio dalla Campania a Basilicata, Molise e Puglia; dal Lazio alla Campania, Toscana e Umbri; dalla Liguria a Piemonte e Toscana, dal Piemonte alla Liguria e Valle d’Aosta, dal Veneto al Friuli – Venezia Giulia e Trentino – Alto Adige, in quest’ultimo caso chiaramente sotto l’attrazione dei vantaggi esistenti nelle regioni a statuto speciale. Ci sono anche casi di richiesta di istituzione di nuove regioni: la già citata Lunezia, il Sannio (formato dal Molise e dalle province di Benevento e Avellino provenienti dalla Campania), il Molisannio (Molise e provincia di Benevento), la Moldaunia (Molise e provincia di Foggia), la riunificazione di Abruzzo e Molise, la Marca Adriatica (Marche, Abruzzo, Molise), il Salento, la Silenia (Benevento, Avellino e Salerno), il Triveneto riunificato, ecc.

Esistono altresì numerose questioni confinarie, fra cui le principali: il Portogruarese, in parte di lingua friulana, che aspira al passaggio da Veneto a Friuli; l’area ladina del Cadore che ha richiesto più volte il passaggio al Trentino – Alto Adige, a cui una vola apparteneva; la zona oggi laziale di Cittaducale e Amatrice oscillante tra il Lazio (Rieti), le Marche (Ascoli Piceno) e l’Abruzzo (L’Aquila); la formazione Grande Lucania con il passaggio del Cilento e Vallo di Diano alla Basilicata; ecc. Ma, nonostante numerosi referenda, l’iter completato è stato solamente uno: il passaggio dell’Alta Val Marecchia dalle Marche all’Emilia – Romagna).

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