QUEL CHE C'È DA SAPERE
La Corte di giustizia europea ha condannato l’Italia per aver superato in maniera sistematica e continuata dal 2008 al 2017, in alcune zone del territorio italiano, i valori limite giornaliero e annuale di concentrazioni di particelle PM10, senza adottare misure appropriate per garantire il rispetto dei valori limite fissati per l’insieme delle zone interessate.
La Corte ha giudicato insufficienti i chiarimenti forniti dall’Italia, respingendo in particolare l’obiezione secondo cui l’Italia si è fondata sulla diversità delle fonti d’inquinamento dell’aria per sostenere che alcune di esse non potrebbero esserle imputate, come esempio quelle che sarebbero influenzate dalle politiche europee di settore, o dalle particolarità topografiche e climatiche di talune zone interessate.
La Corte dichiara che l’Italia non ha manifestamente adottato, in tempo utile, le misure imposte e considera "irrilevante che l'inadempimento risulti dalla volontà dello Stato membro al quale è addebitabile, dalla sua negligenza, oppure da difficoltà tecniche o strutturali".
Nel 2004 la Commissione europea aveva avviato un procedimento nei confronti dell’Italia e nell’aprile 2017 aveva inviato al nostro paese quello che aveva definito un “ultimo avvertimento”, riguardante il superamento del limite giornaliero in 30 zone in Lombardia, Veneto, Piemonte, Toscana, Emilia Romagna, Friuli Venezia Giulia, Umbria, Campania, Marche, Molise, Puglia, Lazio e Sicilia. L'avvertimento si riferiva inoltre ai superamenti del valore limite annuale in 9 zone: Venezia-Treviso, Vicenza, Milano, Brescia, due zone della Pianura padana lombarda, Torino e Valle del Sacco (Lazio).