POMPE DI CALORE AD ARIA
Dalla IV sessione della Conferenza per l’efficienza energetica 2023, una sintesi sugli interessanti risultati di nuovi studi per valutare l’efficienza delle pompe di calore ad aria. Le temperature medie si alzano e migliorano anche le prestazioni degli impianti che, di conseguenza, possono essere meglio progettati e dimensionati.
“In medio stat virtus” diceva Aristotele. Non possiamo pensare che il grande filosofo conoscesse le pompe di calore ma, anche in questo caso, la famosissima locuzione che ci accompagna da secoli ha il suo fondo di verità.
Per anni si è detto che le pompe di calore condensate ad aria – quelle che rappresentano la stragrande maggioranza delle applicazioni in Italia – erano degli “oggetti” molto efficienti ma che, alle basse temperature esterne, perdessero il loro “appeal” e soprattutto la propria convenienza energetica. E allora, la tecnologia rispose: pompe di calore sempre più efficienti e, soprattutto, in grado di funzionare bene fino a temperature esterne dell’aria bassissime. La tua arriva a -20°C? La mia a -25°C! E la mia a -28°C! Questi erano un po’ gli slogan che i vari produttori mondiali ripetevano per dimostrare di essere più performanti dei propri concorrenti.
Tutto vero, tra l’altro. Oggi le pompe di calore ad aria forniscono prestazioni eccellenti anche a temperature negative e riescono a funzionare praticamente a tutte le latitudini.
Obiettivo raggiunto, quindi? Certamente sì, sotto questo punto di vista. La famosa frase “faccio partire la caldaia quando la pompa di calore non ce la fa più”, insomma, appartiene al passato.
Oggi, pertanto, il campo di gioco è un altro. È un campo di gioco diverso e che dipende poco dalle prestazioni delle macchine. Anzi, per nulla. Dipende esclusivamente dal progressivo innalzamento delle temperature medie invernali che, se da una parte danno una buona mano al rendimento delle pompe di calore (a temperatura esterna di funzionamento più alto, corrisponde un COP, ovvero un coefficiente di prestazione più alto), dall’altra devono far cambiare il modo di progettare e, in particolar modo, il loro dimensionamento.
Un interessante articolo dell’Aicarr Journal, a firma di Marco Dall’Ombra (attualmente responsabile del Gruppo Pompe di Calore di Assoclima) mette in evidenza come negli ultimi 45 anni ci sia stata una progressiva ma costante riduzione dei gradi-giorno nel nostro paese con un corrispondente calo del numero di ore di accensione degli impianti di riscaldamento, confermato anche dall’Istat.
In altre parole: gli impianti vengono dimensionati per la temperatura di progetto di riferimento (ogni città ha la propria, Milano per esempio ha -5°C) ma nella realtà a quelle condizioni l’impianto lavora pochissime ore all’anno. Questo significa non solo che il dimensionamento e la progettazione dell’impianto stesso potrà seguire delle regole diverse dal passato ma anche che, oggi, il dato più significativo per capire la “bontà” di una pompa di calore e quindi la sua efficienza, non sarà più il dato a pieno carico (quello che solitamente viene riportato nella documentazione tecnica e commerciale) ma quello ai cosiddetti “carichi parziali” (per esempio al 50%...in medio stat virtus). Ovvero le condizioni in cui la macchina lavorerà per la maggior parte della propria vita.
Se una città ha una temperatura di progetto di -5°, è lecito attendersi che il maggior numero di ore di funzionamento invernale sia compreso tra i +10°C e i +2°C, ovvero in condizioni in cui la macchina modula la sua potenza. Ed ecco che è bello verificare come, mediamente, l’efficienza ai carichi parziali sia decisamente superiore a quella a pieno carico proprio perché lo “scambio” termodinamico del gas refrigerante si trova in condizioni migliori di lavoro.
Abbiamo inventato qualcosa di nuovo? No, non è una scoperta…È così da sempre…
Ma solo oggi arriva la consapevolezza che i rendimenti di una pompa di calore sono ulteriormente interessanti se rapportati alle reali condizioni di lavoro e questo agevola ulteriormente l’applicazione di questa tecnologia.
Il tanto vituperato luogo comune che recita “non ci sono più le mezze stagioni”, in realtà potrebbe essere rivisto. Negli ultimi anni l’inverno sembra sempre di più una “mezza stagione”. A livello ambientale, lo sappiamo bene, non è una buona notizia. Anzi. Facciamo in modo che lo sia almeno per ottimizzare il funzionamento delle nostre pompe di calore e, di conseguenza, per le nostre tasche.
*Massimo Salmaso è Education & Training Specialist di Mitsubishi Electric