NUOVA DIRETTIVA EUROPEA RED III
Sbaglia chi tenta di zittire ogni discussione sul Green Deal europeo riducendola ad una banale contrapposizione destra/sinistra. I due autori di questo articolo, apparso sulle pagine de il Foglio del 19 settembre scorso, entrano nel merito degli obiettivi, dei tempi e delle misure europee per la decarbonizzazione e sintetizzano le ragioni di un fallimento prevedibile.
Immagine di Copertina: Twitter Ursula von der Leyen
Azzeccare previsioni è relativamente semplice, purché non riguardino il futuro. Questa volta però una previsione la facciamo: non vi è alcuna possibilità che gli obbiettivi fissati nell’aggiornamento della Direttiva europea (RED III) per quanto riguarda le fonti rinnovabili possano essere raggiunti. Almeno in Italia, ma gli altri Stati europei non stanno meglio.
L’obbiettivo fissato è che al 2030 siano rinnovabili il 42,5% dei consumi finali di energia più un obbiettivo non vincolante (ma che significa?) del 45%. Questo a livello di Unione Europea: per l'Italia l'obbiettivo vincolante dovrebbe essere intorno al 40%. Attenzione, questo obbiettivo non riguarda la sola energia elettrica, se fosse così già quasi ci saremmo, ma tutta l’energia. E la differenza è enorme. Perchè dobbiamo nello stesso tempo aumentare la quota di energia elettrica prodotta con le rinnovabili, aumentare la quota di elettricità sul totale di energia consumata e aumentare le rinnovabili termiche. L’elettricità, infatti, è oggi solo il 21,5% del totale dell’energia consumata.
Per capire di che cosa stiamo parlando è meglio cominciare dai consuntivi, che al contrario delle previsioni, presentano numeri certi. Nel 2022, secondo i dati del MASE, solo il 19% dei nostri consumi finali erano da rinnovabili. Sole, vento, idro, geo, ma anche rinnovabili termiche, compresa la legna da ardere, e un po’ di biometano. Nel 2014 eravamo al 17,1. In 8 anni siamo quindi cresciuti di meno di 2 punti. Nei prossimi 8 dovremmo crescere di 21 punti, oltre 10 volte in più, nello stesso lasso di tempo. Anche se generassimo oggi tutta l’elettricità con le rinnovabili, cosa impossibile, ci fermeremmo al 31,8, più di 8 punti sotto l’obbiettivo. In Europa le cose vanno appena meglio. Siamo al 21% medio, appena due punti sopra l’Italia, grazie soprattutto ad alcuni paesi del Nord Europa, come Svezia e Finlandia, ricchi di idroelettrico e legname.
Da noi la discussione è tutta centrata sulle rinnovabili elettriche, ma occorre capire che in realtà si tratta di perseguire, come detto, un doppio obiettivo. Non solo aumentare la produzione da rinnovabili, ma contemporaneamente aumentare di molto la quota di consumi energetici soddisfatti dall’elettricità. Dal 21,5 % di oggi al 29% nel 2030. Sembrano pochi 8 punti. Ma il combinato disposto fra le due cose, più rinnovabili e più elettricità nei consumi finali, in un tempo così breve, comporta obbiettivi irrealizzabili. Stessa cosa per le rinnovabili termiche.
Diversi studi, TERNA, Confindustria, Università di Padova, hanno fatto i conti e indicato cosa occorrerebbe fare. Bisognerebbe, da oggi al 2030, installare 700.000 pompe di calore all’anno. Immatricolare 1 milione di auto elettriche all’anno. Nel 2022 sono state 50.000. Installare 110 GW di nuove rinnovabili, al ritmo di quasi 20 GW all’anno, contro i 3 dell’anno scorso, e almeno 160 GWh di nuovi sistemi d’accumulo (batterie). Aumentare di 15 volte la produzione di biometano. Naturalmente il mix può cambiare ma, siccome nessuno di questi obbiettivi singolarmente ha serie possibilità di essere raggiunto, le cose non cambiano. Non credo ci sia un solo esperto di problemi energetici che possa ritenere questi obbiettivi realizzabili.
Rimane da capire perché l’Europa si ostini ad alzare l’asticella di obbiettivi chiaramente non raggiungibili, creando solo frustrazione, mancanza di credibilità e costi elevati. E perché l’Italia, che pure ha fatto molti compiti a casa, non faccia presente che forse un po’ di realismo servirebbe.
Negli stessi giorni dell’approvazione della Direttiva, la Presidenza spagnola ha predisposto un documento dai toni più che allarmistici sulla carenza di una serie di materiali necessari per soddisfare tutte le esigenze. Con il rischio che i costi vadano alle stelle e la dipendenza dalla Cina, dice il documento, raggiunga lo stesso livello di quella precedente dalla Russia.
Suona quindi surreale il commento del relatore tedesco Pieper, del PPE, secondo il quale “questa Direttiva dimostra che Bruxelles può essere poco burocratica e molto pragmatica”. Il punto è che la UE si è incastrata da sola ponendosi un obbiettivo, quello delle zero emissioni al 2050, che la costringe a stabilire tappe intermedie altrettanto velleitarie.
L’unico risultato per il momento è la perdita di competitività dell’industria europea, la creazione di mercati - auto elettriche e rinnovabili - per i produttori cinesi, l’aumento dei costi per imprese e famiglie. Nel frattempo, il contributo delle emissioni europee al totale mondiale continua a scendere. Soprattutto perché crescono quelle degli altri.