FONTI RINNOVABILI
Le nuove spinte dell’Europa verso la pianificazione sul territorio delle rinnovabili si scontrano con la riluttanza della Magistratura amministrativa italiana. Il TAR Lazio demolisce i timidi tentativi di pianificazione delle rinnovabili sul territorio introdotti dal Decreto MASE su aree idonee e non idonee.
In Copertina: CALABRIA, Squillace (CZ) vista dalle colline litoranee del Mar Jonio. Sullo sfondo le montagne di Vallefiorita e la centrale eolica. Foto di Walter Fratto, dal quaderno fotografico sull’eolico di Italia Nostra
Con le sentenze pubblicate lo scorso 13 maggio, il TAR Lazio ha annullato alcune delle disposizioni più significative del Decreto 21 giugno 2024 del Ministro dell’ambiente e della sicurezza energetica in materia di individuazione di superfici ed aree “idonee” e “non idonee” ordinandone la riedizione a cura del MASE entro sessanta giorni ed ha altresì fornito alla Corte costituzionale un fitto reticolo di considerazioni a favore dell’incostituzionalità di una precedente norma di legge, il comma 1-bis introdotto dal D.L. “Lollobrigida” nell’art. 20 del D. Lgs. 199/2021, con cui è stata vietata la realizzazione nelle aree agricole di impianti fotovoltaici a terra. Oltre a determinare effetti specifici nella normativa e nella sua applicazione, le sentenze denotano una certa tendenza della Magistratura amministrativa italiana a guardare con diffidenza verso i pur timidi tentativi di pianificazione delle energie rinnovabili sul territorio sinora messi in campo a livello normativo.
La statuizione contenuta nella sentenza n. 9155 (con cui il Tribunale Amministrativo ha in buona parte accolto il ricorso di ANEV) che, a nostro avviso, desta maggiore perplessità è infatti quella secondo cui la istituzione da parte delle Regioni di aree “non idonee” le cui caratteristiche – come recita il D.M. impugnato - sono incompatibili con l’installazione di specifiche tipologie di impianti a fonti rinnovabili, non può tradursi in un divieto aprioristico di realizzazione al loro interno di impianti FER.
Tale formulazione viene reiterata più volte in sentenza ed in forme lessicali diverse.
Dapprima si postula che … l’individuazione con legge regionale delle aree non idonee non esclude che le amministrazioni coinvolte negli specifici procedimenti amministrativi di valutazione delle istanze di autorizzazione alla realizzazione di impianti FER debbano necessariamente apprezzare in concreto l’impatto dei progetti proposti sulle esigenze di tutela ambientale, paesaggistico-territoriale e dei beni culturali, anche laddove l’area interessata rientri tra quelle classificate come non idonee;
e poi … la localizzazione di un impianto FER in un’area non idonea non osta a che gli operatori economici proponenti possano in ogni caso dimostrare, nell’ambito dei singoli procedimenti autorizzatori, che il progetto da realizzare sia compatibile con il complessivo assetto dei valori in gioco, ovverosia, da un lato, con la tutela dei beni sottoposti a tutela ai sensi del d.lgs. n. 42/2004 e, dall’altro, con il raggiungimento degli obiettivi di potenza complessiva da traguardare al 2030 in base a quanto previsto dalla Tabella A dell’articolo 2 del d.m. del 21 giugno 2024,
ed ancora … la localizzazione dell’impianto all’interno di un sito ritenuto non idoneo non costituisce mai ragione di per sé sufficiente a precludere in radice la realizzazione del progetto proposto dall’operatore economico istante, potendosi giungere a tale esito procedimentale solo nel caso in cui il progetto venga in concreto reputato incompatibile, dall’amministrazione procedente, con gli altri obiettivi di tutela rilevanti nelle singole fattispecie,
per finire alla statuizione conclusiva secondo cui … le aree non idonee fungono solo da indici rilevatori di esigenze di carattere paesaggistico-ambientale che le amministrazioni procedenti sono tenute a gestire in maniera più articolata nell’ambito dei singoli procedimenti di autorizzazione … il mero utilizzo lessicale del termine “incompatibile” non accompagnato da un correlato divieto aprioristico e generalizzato, non vale a rendere l’articolo 1, comma 2, lett. b), del d.m. del 21 giugno 2024, contrastante con il principio eurounitario della massima diffusione delle fonti di energia rinnovabile.
L’orizzonte traguardato dalle sentenze emanate dal TAR Lazio non sembra pertanto andare oltre il concetto di “divieto”, in tal modo disconoscendo la sussistenza in capo alla Pubblica Amministrazione di un potere di pianificazione preventiva degli impianti FER sul territorio e affidando di fatto la selezione dei siti ove realizzare gli impianti all’unico strumento rappresentato dalle procedure di valutazione dell’ impatto ambientale (VIA), da condurre caso per caso su ciascun singolo progetto, strumento questo che - sempre di più – come reso evidente dal proliferare incontrollato degli impianti a fonti rinnovabili, si va dimostrando insufficiente ai fini della prevenzione di gravi alterazioni ambientali, paesaggistiche e del tessuto economico dei territori interessati.
A guidare il giudice amministrativo verso tale conclusione, come la stessa sentenza argomenta, sono state le indicazioni contenute nel paragrafo 17 e nell’Allegato 3 delle Linee guida approvate con D.M. MISE del 10.09.2010, con particolare riferimento al paragr. 17.1, ove si fa cenno ad … una elevata probabilità di esito negativo delle valutazioni in sede di autorizzazione in relazione ai progetti ubicati nelle suddette “aree non idonee”.
Sulla coerenza di tale formulazione con la norma di rango primario da cui trae origine ci sarebbe tuttavia da ragionare, dal momento che l’art. 12 del D. Lgs. 387/2003 che ha previsto l’elaborazione delle Linee guida, al comma 10, terzo periodo, si limita a recitare: In attuazione di tali linee guida, le regioni possono procedere alla indicazione di aree e siti non idonei alla installazione di specifiche tipologie di impianti, senza tuttavia precisare che l’individuazione di tali aree non è di per sé sufficiente ad escludere a priori la realizzabilità in esse degli impianti.
Inoltre, proprio il punto 17.2 della Parte IV delle Linee guida (Inserimento degli impianti sul territorio) stabilisce che: Le Regioni e le Province autonome conciliano le politiche di tutela dell'ambiente e del paesaggio con quelle di sviluppo e valorizzazione delle energie rinnovabili attraverso atti di programmazione congruenti con la quota minima di produzione di energia da fonti rinnovabili loro assegnata (burden sharing) e di seguito che: Le aree non idonee sono, dunque, individuate dalle Regioni nell'ambito dell'atto di programmazione con cui sono definite le misure e gli interventi necessari al raggiungimento degli obiettivi di burden sharing.
Appare superfluo ogni commento in ordine all’utilità di una siffatta pianificazione “a geometria variabile”, affetta da simili incertezze, che di certo non contribuisce a fornire un quadro di chiarezza per gli operatori e di tutela per i territori e le attività economiche.
Tale impostazione si pone in continuità con la prassi sinora adottata dal MASE, consistente nella rinuncia ad individuare aree idonee di natura vincolante ed esclusiva quali unici siti destinati alla realizzazione degli impianti FER funzionali al raggiungimento degli obiettivi PNIEC al 2030, come vorrebbe una pianificazione realmente degna di questo nome e come peraltro suggerisce una corretta lettura del comma 1 dell’art. 20 del D. Lgs. 199/2021.
Infatti, il D.M. MASE del 21 giugno 2024, come abbiamo già ricordato su queste pagine, consente la realizzazione degli impianti FER non solo nelle aree “idonee”, ma anche in quelle definite “ordinarie” dal suo art. 1, comma 2, lett. c), norma quest’ultima che andrebbe, a nostro avviso, definitivamente cancellata.
Ma, soprattutto, tale assenza di pianificazione si pone oggi in contrasto con i più recenti dettati della normativa eurounitaria di settore, in particolare con gli articoli 15-ter e 15–quater inseriti dalla Direttiva 2023/2413 (RED III) nella Direttiva 2018/2001(RED II).
Con tali articoli, come vedremo, viene infatti resa finalmente obbligatoria a livello europeo – sia pure con cinque anni di ritardo rispetto alla precedente Direttiva - la pianificazione preventiva sul territorio dei siti destinati alla installazione degli impianti FER ed opere connesse.
La Pianificazione sul territorio degli impianti FER viene finalmente introdotta dalla Direttiva (UE) 2023/2413
L’art. 15-ter della Direttiva RED II stabilisce che entro il termine ormai trascorso del 21 maggio scorso gli S.M. fossero tenuti a predisporre una mappatura coordinata per la diffusione delle energie rinnovabili sul territorio al fine di individuare il potenziale nazionale e la superficie terrestre, il sottosuolo, le aree marine o delle acque interne disponibili necessarie per l’installazione di impianti di produzione di energia rinnovabile, e delle relative infrastrutture … che sono necessari per soddisfare almeno il loro contributo nazionale all’obiettivo complessivo dell’Unione in materia di energia rinnovabile per il 2030… A tal fine, gli Stati membri possono utilizzare i loro documenti o piani di pianificazione dello spazio esistenti, compresi i piani di gestione dello spazio marittimo … o basarsi su di essi. Gli Stati membri garantiscono il coordinamento tra tutte le autorità e gli enti pertinenti a livello nazionale, regionale e locale, compresi gli operatori di rete, nella mappatura delle zone necessarie, se del caso.
Tale prescrizione della Direttiva è stata recepita dal nostro Paese con l’art. 12 del D. Lgs. n. 190 del 25 novembre 2024 “Disciplina dei regimi amministrativi per la produzione di energia da fonti rinnovabili”. Il testo attualmente vigente dell’art. 12, al comma 1, ha demandato al GSE la pubblicazione sul proprio sito internet, entro il 21 maggio, della suddetta mappatura delle aree disponibili per l'installazione di impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili, aree che, per il modo in cui vengono definite dalla Direttiva, coincidono in buona sostanza con le “aree idonee” ex art. 20 del D. Lgs. 199/2021; un esplicito richiamo a quanto previsto dall’art. 15-ter della Direttiva RED II è stato inserito nell’articolo al fine di chiarirne la valenza di norma di recepimento della Direttiva RED III.
Il pregio della trasposizione nell’ordinamento legislativo nazionale di tale norma sta, a nostro avviso, nell’aver finalmente precisato che le aree ove andranno realizzati gli impianti FER sono tutte e sole quelle mappate dal GSE coerentemente con il dettato comunitario dell’art. 15 – ter.
La garanzia prescritta dalla Direttiva UE del coordinamento tra le amministrazioni a tutti i livelli viene tuttavia in buona parte elusa, essendo prevista una mera comunicazione di tale mappatura alla Conferenza Unificata e non l’acquisizione della relativa intesa.
Il successivo comma 2, tuttavia, anziché l’utilizzo di documenti di pianificazione territoriale esistenti come prescritto dalla Direttiva, prevede che il GSE si avvalga di informazioni e dati non già contenuti in atti di pianificazione adottati a norma di legge dalle amministrazioni competenti ma piuttosto dei dati contenuti nelle piattaforme gestite dal GSE stesso previste dagli artt. 19, comma 1, 21 e 48 del D. Lgs. 199/2021 di recepimento della Direttiva RED II, che contengono – rispettivamente - i dati relativi alla presentazione delle istanze di autorizzazione unica degli impianti FER, i dati della piattaforma “aree idonee” istituita per includere le informazioni e gli strumenti necessari alle Regioni per elaborare i dati per la caratterizzazione e qualificazione del territorio e la classificazione delle superfici e delle aree, nonché i dati di monitoraggio del raggiungimento degli obiettivi PNIEC, nell’ambito delle statistiche dell’energia.
Dal 21 maggio scorso tale mappatura risulta quindi accessibile, sia pure con qualche difficoltà, dal sito del GSE, inserita all’interno della sezione Piattaforma Aree Idonee, definita nel sottotitolo quale strumento digitale realizzato per supportare le Regioni e le Province Autonome nella pianificazione territoriale.
Il successivo art. 15 – quater della Direttiva RED II, fedelmente recepito dal comma 5 e seguenti dell’art. 12 del D. Lgs.190/2024 (commi che sono stati di recente modificati ed integrati dall’art. 13 del D.L. “Infrastrutture” n. 73 del 21 maggio 2025), prescrive l’adozione entro il 21 febbraio 2026 di appositi Piani – da rendere pubblici - che designino, come sottoinsieme delle zone mappate ai sensi dell’art. 15 – ter, Zone di accelerazione per le energie rinnovabili nelle aree terrestri, marine e delle acque interne, in cui la diffusione degli impianti non dovrebbe avere impatti ambientali significativi.
In tale designazione, come prescritto dalla Direttiva, verrà data priorità alle superfici edificate, infrastrutture di trasporto, parcheggi, siti industriali e terreni degradati non agricoli, escludendo le aree naturali protette, i siti della Rete Natura 2000, le rotte migratorie di uccelli e mammiferi marini, adottando anche eventuali misure di mitigazione.
Le proposte di tali Piani, la cui elaborazione viene affidata alle Regioni dal comma 5 dell’art. 12 del D. Lgs. 190/2024, dovranno essere completate a tambur battente dagli uffici regionali e presentate entro il 31 agosto 2025 al MASE per essere sottoposte a valutazione ambientale strategica – VAS di competenza statale e, se del caso, anche a Valutazione d’Incidenza – VincA, in modo da poter rispettare il termine per l’adozione finale stabilito dall’art. 15 – quater della Direttiva.
La novità più importante connessa con l’istituzione di tali Zone di accelerazione è quella contenuta nell’art. 16 – bis introdotto dalla Direttiva RED III nella Direttiva RED II, secondo cui i progetti di impianti FER e relative opere connesse localizzati all’interno delle Zone di accelerazione designate mediante Piani che abbiano superato con esito favorevole la VAS godono dell’esenzione dalle procedure di VIA e di un accorciamento della durata delle tempistiche di autorizzazione, che non potranno superare i 12 mesi.
Tali progetti, come specificato dal comma 10 dell’art. 12 del D. Lgs. 190/2024, sono quelli sottoposti al regime di autorizzazione unica elencati nell’Allegato C.
È significativo notare come l’art. 13 del D.L. Infrastrutture abbia modificato la precedente formulazione del comma 5 nel senso che le zone di accelerazione andranno delimitate all’interno delle aree idonee definite ope legis dalla norma statale dell’art. 20, comma 8 del D. Lgs. 199/2021 e non più all’interno di quelle che andavano definite dalle Regioni secondo il comma 4 dello stesso art. 20, in attuazione del D.M. 21 giugno 2024 caduto sotto i colpi del TAR Lazio.
Un’ulteriore novità significativa introdotta dall’art. 13 del D.L. sta nell’aggiunta all’art. 12 del comma 7 - bis con cui, in relazione o, meglio, limitatamente alle tipologie progettuali di cui agli Allegati A e B al D. Lgs. 190/2024 (trattasi, rispettivamente, degli interventi in regime di attività libera come gli impianti fotovoltaici fino a 12 Mw su superfici edificate, gli agrivoltaici fino a 5 Mw, interventi di repowering di impianti eolici esistenti, impianti di accumulo elettrochimico fino a 10 Mw e degli interventi in regime di procedura abilitativa semplificata – PAS come impianti fotovoltaici a terra fino a 15 Mw e interventi di rifacimento di impianti FER esistenti di qualsiasi tipo, a condizione che non comportino un incremento dell’area occupata superiore al 20%) si considerano Zone di accelerazione le aree industriali definite dagli strumenti urbanistici e mappate mediante apposita rappresentazione cartografica scaricabile anch’essa sin dal 21 maggio dal sito del GSE.
Non appare a nostro avviso felice la scelta di riservare, nell’ambito delle Zone di accelerazione, le aree industriali già mappate sul sito del GSE ai soli impianti di taglia medio – piccola contemplati negli Allegati A e B del D. Lgs. 190/2024, dato che la considerevole estensione di tali aree industriali consentirebbe in molti casi la realizzazione entro il loro perimetro di impianti di potenza anche maggiore.
Rimane dunque a carico delle Regioni l’onere non indifferente di individuare e delimitare cartograficamente nei loro Piani, all’interno delle aree idonee mappate dal GSE (mappatura la cui attendibilità resta tutta da verificare) e nel limitato lasso temporale dei prossimi tre mesi, le ulteriori Zone di accelerazione destinate alla localizzazione degli impianti di grossa taglia di cui all’Allegato C, soggetti al regime di autorizzazione unica (trattasi ad esempio degli impianti fotovoltaici, eolici ed idroelettrici di competenza regionale fino a 300 Mw e degli impianti FER di competenza statale di qualunque tipo superiori a 300 Mw e di tutti quelli offshore), dando naturalmente priorità alle superfici ed aree indicate al comma 5 del D. Lgs. 190/2024.
Se da un lato va salutata con favore l’introduzione dell’obbligo di pianificazione attraverso l’attuazione degli articoli 15 – ter e 15 - quater della Direttiva RED II, il quadro complessivo che ne emerge è tuttavia di preoccupante disorganizzazione a livello centrale oltre che di perdurante estromissione degli Enti locali, per non parlare del pubblico la cui partecipazione, sebbene debba essere garantita ai sensi dell’art. 15 - quinques della Direttiva RED II, non trova ancora sistemazione alcuna nell’art. 12.
Da ultimo giova ricordare che il nostro Paese si trova già da diversi mesi in procedura di infrazione comunitaria per non aver ancora dato attuazione alle disposizioni degli articoli 15 – sexies, 16, 16 – ter, 16 – quater, 16 – quinquies, 16 – sexies e 16 – septies, che andavano recepite entro il 1° luglio 2024.
*Francesco Gigliani, Amici della Terra e Altura