RINNOVABILI E TERRITORIO
Atteso da oltre due anni, in corso di pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale, il Decreto interministeriale su cui la Conferenza unificata del 7 giugno 2024 ha sancito la propria intesa delude sia le attese dei difensori del paesaggio che quelle dei rinnovabilisti per le sue contraddizioni che non servono a pianificare la localizzazione sul territorio degli impianti ad energia rinnovabile, non consentono una difesa certa del paesaggio e della biodiversità e, con ogni probabilità, aumenteranno il contenzioso nei tribunali amministrativi.
In Copertina: Illustrazione di Francesco Gonin, edizione del 1840 de I promessi sposi di Alessandro Manzoni
Con due anni di ritardo rispetto alla scadenza di legge, vede la luce il Decreto interministeriale “Aree idonee e non idonee”.
Tale provvedimento amministrativo, in attuazione di quanto prescritto dall’art. 20 (“Disciplina per l’individuazione di superfici e aree idonee per l’installazione di impianti a fonti rinnovabili”), comma 1, del Decreto Legislativo 199/2021 di recepimento della Direttiva europea 2018/2001 sulla promozione dell’uso dell’energia da fonti rinnovabili, ha lo scopo di stabilire … principi e criteri omogenei per l’ individuazione delle superfici e delle aree idonee e non idonee all’installazione di impianti a fonti rinnovabili aventi una potenza complessiva almeno pari a quella individuata come necessaria dal PNIEC ( Piano nazionale integrato energia e clima) per il raggiungimento degli obiettivi di sviluppo delle fonti rinnovabili …
In via prioritaria, come precisato dalla lett. a) del citato comma 1, detti criteri devono riguardare l’individuazione delle aree idonee all’installazione della potenza eolica e fotovoltaica indicata nel PNIEC, stabilendo le modalità per minimizzare il relativo impatto ambientale e la massima porzione di suolo occupabile dai suddetti impianti per unità di superficie, nonché dagli impianti … già installati e le superfici tecnicamente disponibili. Quest’ultima indicazione è di cruciale importanza al fine di prevenire il cumulo dei progetti di impianti eolici e fotovoltaici, con il loro devastante affollamento - o addirittura sovrapposizione - sul territorio.
Da un’attenta lettura del decreto dobbiamo tuttavia constatare come siano state disattese – purtroppo - le aspettative di coloro che da tale provvedimento amministrativo, dopo una lunga stagione di deregulation della localizzazione degli impianti, si attendevano l’introduzione di un qualche elemento di programmazione territoriale delle scelte localizzative, fin qui lasciate alla libera decisione delle ditte proponenti ed ispirate soprattutto al criterio della convenienza economica.
Cercheremo di seguito di mettere a fuoco, con particolare riferimento agli articoli 1 e 7, i punti in cui il DM maggiormente si rivela inadeguato a garantire che lo sviluppo delle energie rinnovabili sia compatibile con i principi di minimizzazione degli impatti sull'ambiente, sul territorio, sul patrimonio culturale e sul paesaggio, obiettivo questo che pur dice – nelle premesse - di voler perseguire, talora disattendendo alcune prescrizioni di legge dell’art. 20 del Decreto legislativo.
Le disposizioni del D.M.
L’art.1, comma 2 del provvedimento precisa che, a seguito del processo di individuazione delle aree condotto dalle Regioni conformemente al presente decreto, garantendo l’opportuno coinvolgimento degli Enti locali, risulteranno le quattro tipologie di aree seguenti:
a) Superfici e aree idonee: in cui è previsto un iter accelerato ed agevolato per la costruzione ed esercizio degli impianti a fonti rinnovabili e delle infrastrutture connesse secondo le disposizioni vigenti di cui all’articolo 22 del decreto legislativo 8 novembre 2021, n. 199;
b) superfici e aree non idonee: aree e siti le cui caratteristiche sono incompatibili con l’installazione di specifiche tipologie di impianti secondo le modalità stabilite dal paragrafo 17 e dall’Allegato 3 delle linee guida emanate con decreto del Ministero dello Sviluppo economico 10 settembre 2010;
c) superfici e aree ordinarie: sono le superfici e le aree diverse da quelle delle lettere a) e b) e nelle quali si applicano i regimi autorizzativi ordinari di cui al decreto legislativo n. 28 del 2011 e successive modifiche e integrazioni;
d) aree in cui è vietata l’installazione di impianti fotovoltaici con moduli collocati a terra: le aree agricole per le quali vige il divieto di installazione di impianti fotovoltaici con moduli a terra ai sensi dell’articolo 20, comma 1-bis, del decreto legislativo 8 novembre 2021, n. 199.
Da questa classificazione e dalle prerogative che ne discendono dipende la valutazione dell’utilità e dell’adeguatezza dell’intero decreto e della sua rispondenza alle norme da cui ha origine.
Ora, se da un lato appare corretto ricordare l’esistenza di “aree ordinarie” che, a seguito del processo di individuazione delle superfici ed aree “idonee” e “non idonee”, costituiranno una consistente estensione di aree non classificate in alcuna di tali due categorie le quali, a norma del comma 7 dell’art. 20 del D. Lgs. 199/2021, non possono essere dichiarate non idonee all'installazione di impianti di produzione di energia rinnovabile, in sede di pianificazione territoriale ovvero nell'ambito di singoli procedimenti, in ragione della sola mancata inclusione nel novero delle aree idonee, dall’altro, si ritiene utile osservare che in nessun caso tale norma di legge implica che in tali aree del territorio nazionale rimaste non classificate la realizzazione degli impianti ad energia rinnovabile e delle relative infrastrutture possa essere autorizzata.
Infatti, la formulazione con cui, sia nella Legge di delegazione europea 53/2021 art. 5, che nel D. Lgs. 199/2021 art. 20, sono state definite dal Legislatore le “Aree idonee” (… aree idonee all'installazione di impianti a fonti rinnovabili aventi una potenza complessiva almeno pari a quella individuata come necessaria dal PNIEC per il raggiungimento degli obiettivi di sviluppo delle fonti rinnovabili) non sembra prestarsi a nessun dubbio interpretativo in ordine al fatto che tutti i progetti di rinnovabili che rientrano tra quelli ricompresi nel Piano Nazionale Integrato Energia e Clima – PNIEC debbano essere localizzati esclusivamente all’interno di aree “idonee” e non altrove. Almeno per i progetti di impianti di rinnovabili sottoposti a VIA, la loro appartenenza a tale categoria è espressamente dichiarata dal proponente nell’Avviso al Pubblico che accompagna ciascun progetto.
Diversamente, il Legislatore avrebbe adoperato il termine “Aree prioritarie” o “Aree preferenziali”.
Nulla vieta che, ove se ne dovesse presentare in futuro la necessità, attingendo dal novero delle aree non classificate potrà risultare possibile individuare ulteriori contingenti di “aree idonee” a seguito di apposite istruttorie condotte dalle Regioni.
Desta dunque sorpresa la frase “… nelle quali si applicano i regimi autorizzativi ordinari di cui al decreto legislativo n. 28 del 2011 e successive modifiche e integrazioni” che compare alla lett. c) e che, discostandosi dalle previsioni di legge prima richiamate, consente di fatto la realizzazione ovunque degli impianti funzionali al raggiungimento degli obiettivi di decarbonizzazione al 2030, con la sola eccezione delle aree “non idonee”, svuotando in tal modo di significato la funzione delle “aree idonee” e vanificando l’efficacia del D.M. con l’effetto di perpetuare l’assenza di pianificazione delle rinnovabili sul territorio.
Alle ditte che realizzano gli impianti continua in tal modo ad essere lasciata la libertà di scegliere i siti di localizzazione, magari rinunciando a qualche riduzione dei tempi di autorizzazione ed all’agevolazione riservata alle aree “idonee” dall’art. 22 del D. Lgs.199/2021, (secondo cui nei procedimenti di autorizzazione di impianti … su aree idonee… l’autorità competente in materia paesaggistica si esprime con parere obbligatorio non vincolante), per fruire di altri eventuali vantaggi su aree “ordinarie”, ad esempio in termini di costi inferiori per l’acquisizione dei suoli.
Nel caso in cui un parere negativo – vincolante in tali aree – venga emanato in sede di VIA dalla Soprintendenza a fronte di un parere positivo della Commissione tecnica PNRR – PNIEC del MASE, la questione può quasi sempre essere superata in Consiglio dei ministri, come mostra l’esperienza degli ultimi due anni.
Allo stesso modo lascia perplessi il fatto che la lett. a) del comma 2 sminuisca il ruolo delle aree idonee declassandole a mere aree ove per la realizzazione degli impianti è previsto un iter accelerato ed agevolato … secondo le disposizioni vigenti di cui all’art. 22 del D. Lgs. 199/2021, anziché precisarne la valenza di aree che, per le loro caratteristiche di modesta rilevanza ambientale e paesaggistica, presentano requisiti di idoneità alla realizzazione degli impianti di rinnovabili tali da minimizzarne il relativo impatto sul territorio.
Ci sembra un’impostazione troppo sbilanciata a favorire gli aspetti energetici e non confacente al ruolo di un Dicastero la cui missione prioritaria rimane quella della tutela ambientale.
All’art. 7, “Principi e Criteri per l’individuazione delle aree idonee”, dopo un richiamo all’art. 5 del D.L. 63/2024 “Lollobrigida” in materia di installazione di impianti fotovoltaici in zone agricole, passando ai criteri impartiti alle Regioni per l’individuazione delle aree idonee, va detto che il comma 2 lett. a), senza alcun esercizio di fantasia, si limita a ricordare alle Regioni di tener conto delle esigenze di tutela del patrimonio culturale e del paesaggio, delle aree agricole e forestali, della qualità dell'aria e dei corpi idrici, privilegiando l'utilizzo di superfici di strutture edificate, quali capannoni industriali e parcheggi, nonché di aree a destinazione industriale, artigianale, per servizi e logistica, e verificando l'idoneità di aree non utilizzabili per altri scopi, ivi incluse le superfici agricole non utilizzabili, già menzionate nell’art. 20 del D. Lgs.199/2021. In pratica un fedele “copia e incolla” di quanto riportato nell’art. 20 del D. Lgs.
Invece, non sembra proprio ammissibile la successiva lett. c) che consente alle Regioni di optare se includere o meno, tra le tipologie di aree da definire idonee, quelle individuate dal comma 8 dell’art. 20 del D. Lgs. essendo state tali tipologie di aree idonee individuate da una norma avente forza di legge alla quale il D.M. non può derogare.
Il successivo comma 3, in accoglimento di un emendamento “condizionante” posto dalle Regioni in sede di Conferenza Unificata, considera non idonee ope legis le superfici e le aree che sono ricomprese nel perimetro dei beni sottoposti a tutela ai sensi dell’articolo 10 e dell’articolo 136, comma 1, lettere a) e b) del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, con la possibilità per le Regioni di stabilire una fascia di rispetto dal perimetro dei beni sottoposti a tutela di ampiezza differenziata a seconda della tipologia di impianto, proporzionata al bene oggetto di tutela, fino a un massimo di 7 chilometri, non applicabile tuttavia ai rifacimenti degli impianti in esercizio.
Avrebbe potuto essere uno dei pochi aspetti positivi del D.M. Dispiace tuttavia constatare come vengano esclusi dal novero di tali aree non idonee i beni paesaggistici di cui alla lett. c) dell’art. 136 del D. Lgs. 42/2004 - Codice dei BB.CC. e del Paesaggio, ovvero i complessi di cose immobili che compongono un caratteristico aspetto avente valore estetico e tradizionale, inclusi i centri ed i nuclei storici. Sono proprio questi ultimi, infatti, a necessitare di urgente tutela attraverso l’imposizione di fasce di rispetto per la salvaguardia delle visuali connotate da un elevato valore estetico – percettivo che subirebbero pesante alterazione da invasivi impianti di rinnovabili di grandi dimensioni.
Tale comma 3 potrebbe considerarsi peggiorativo della precedente versione dello schema di D.M. che prevedeva la possibilità (e non l’obbligo) per le Regioni di considerare “non idonee” tutte le superfici e le aree che sono ricomprese nel perimetro dei beni sottoposti a tutela ai sensi del D. Lgs. 42/2004, la cui ampiezza è ovviamente ben maggiore dei soli beni vincolati dall’art. 136, lett. a) e b) e di stabilire una fascia di rispetto dal perimetro di tali beni. Si pensi alla grande estensione dei beni paesaggistici tutelati ope legis dall’art. 142 del Codice dei BB.CC. Tale considerazione vale ovviamente nel presupposto, tutto da dimostrare, che un atteggiamento orientato alla tutela ambientale e paesaggistica sia prevalente tra le Regioni.
Un fugace ed isolato accenno, contenuto nel comma 4, al supporto all’attività regionale di individuazione delle aree rappresentato dalla piattaforma digitale prevista dall’art. 21 del D. Lgs. 199/2021 e le cui modalità di funzionamento andavano regolamentate con D.M. del MASE che viaggia anch’esso con due anni di ritardo, lascia il tempo che trova.
Da ultimo, va evidenziata la completa assenza nel Decreto, ancorchè prescritta per legge dall’art. 20 del D. Lgs. 199/2021, di qualsivoglia indicazione relativa alla massima porzione di suolo occupabile dagli impianti di rinnovabili per unità di superficie, nonché dagli impianti … già installati e le superfici tecnicamente disponibili che, come detto in premessa, risulta cruciale al fine di evitare il deleterio effetto cumulo degli impianti sul territorio.
In definitiva ci sembra che il Decreto rappresenti un testo che non contiene novità tali da poter giustificare le rivendicazioni - pur circolate in questi giorni - di riconduzione sotto il pieno controllo regionale del processo di transizione energetica e che ancora una volta conferma la cronica avversione del sistema Italia alla pianificazione territoriale.
*Francesco Gigliani, Amici della Terra e Altura