PPA GARANTITI
Pubblichiamo il testo integrale di una memoria degli Amici della Terra predisposta dall’autore e consegnata alle Commissioni Ambiente e Bilancio della Camera dei Deputati che stanno esaminando il decreto legge 208/2024 recante “misure organizzative urgenti per fronteggiare situazioni di particolare emergenza, nonché per l’attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza". La memoria è relativa all’art.8 che introduce una modifica del d.lgs 199/2021 nella parte che riguarda gli accordi di compravendita di energia elettrica da fonti rinnovabili a lungo termine, i cosiddetti PPA.
In Copertina: Immagine da “Cenerentola”, di Wilfred Jackson, 1950, animazione
Nota preliminare per i lettori de l’Astrolabio.
Il PPA è un contratto a medio-lungo termine di acquisto dell'energia, sul libero mercato, che un acquirente offre al produttore al fine di ottenere alcuni vantaggi reciproci. Nella fattispecie che ci interessa, un produttore di energia da fonte rinnovabile vende a un grossista o ad un'azienda una quantità predeterminata dell'energia elettrica da lui prodotta ad un prezzo prefissato per un arco temporale prestabilito (solitamente 10 anni).
Per fare un esempio, è recentissima la notizia che il gruppo Brembo ha realizzato un contratto di questo tipo con l'Axpo Polska, filiale del gruppo energetico svizzero Axpo, che fornirà un totale di un Terawattora di energia elettrica agli stabilimenti della Brembo in Polonia. La collaborazione avrà per l'appunto una durata di dieci anni e includerà anche la vendita di garanzie di origine, a conferma della produzione di energia da fonti rinnovabili.
I PPA sono di uso comune anche in Italia, sebbene siano ancora meno diffusi che altrove, e comportano, oltre alla speranza del conseguimento di un utile per entrambe le controparti, anche il rischio di perdite, qualora si verificasse qualcosa di imprevisto dal venditore e/o dal compratore. Fin qui, con i PPA, rientreremmo nella logica di tutte le attività commerciali e non ci sarebbe niente di male. Il male compare quando si comincia a parlare di incentivarli "attraverso una garanzia pubblica", magari non sul prezzo, perché sarebbe troppo sfacciato, ma, ad esempio, intervenendo d'imperio fissando quantità obbligatorie (segnatamente, nel nostro caso, quelle degli obiettivi per le rinnovabili elettriche fissate nel Pniec, il Piano nazionale integrato per l'energia e il clima), la qual cosa porterebbe comunque, sebbene indirettamente, ad una garanzia sul prezzo. Questo eliminerebbe l'alea che caratterizza tutti i contratti del libero mercato e garantirebbe comunque guadagni sicuri sia al compratore che al venditore. Come nel paese della Cuccagna. O come già accaduto nella realtà, a suo tempo, con la legislazione italiana dei certificati verdi per l'eolico.
Memorandum degli Amici della Terra
per le Commissioni riunite V (Bilancio) e VIII (Ambiente) della Camera dei Deputati, che stanno svolgendo un'attività conoscitiva nell'ambito dell'esame del decreto legge 208/2024 recante "misure organizzative urgenti per fronteggiare situazioni di particolare emergenza, nonché per l’attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza" (C. 2184).
22 gennaio 2025
E' intenzione degli Amici della Terra intervenire solo sull'articolo 8 del provvedimento, in particolare dove esso prevede, con norme di fattibilità tecnica particolarmente complessa, una garanzia di ultima istanza per il rischio controparte nei contratti di lungo termine fra produttori di energia rinnovabile e imprese consumatrici (Ppa - Power purchase agreement), affidando al Gse il ruolo di garante di ultima istanza per i Ppa che verranno contrattati tra produttori e consumatori e negoziati sulla Piattaforma del Gestore del Mercato Elettrico (Gme).
Gli Amici della Terra esprimono la loro contrarietà alla concessione di qualsivoglia garanzia statale ai contratti Ppa sull'energia elettrica rinnovabile. Elenchiamo in estrema sintesi i motivi di tale disapprovazione (alcuni di questi motivi in passato erano stati espressi a gran voce, tra molti altri, dai consumatori di Confindustria):
a) Ennesima violazione del principio della neutralità tecnologica a favore delle fonti rinnovabili intermittenti.
b) Ennesima violazione del principio fondamentale del diritto delle Comunità Europee del divieto degli aiuti di Stato.
c) Rafforzamento di settori di produzione di elettricità che in Italia, dopo una ventina d'anni di pubblici "incentivi" valutabili in oltre 200 miliardi di euro, hanno ormai dimostrato di non essere in grado di autosostenersi.
d) Cambiamento - attualmente in improvvisa accelerazione, di fronte all'evidenza delle conseguenze dei grossolani errori commessi - dell'iniziale indiscusso favore di molti governi europei e di quello americano verso le fonti rinnovabili non programmabili.
e) Certezza di una ennesima extra remunerazione distorsiva del mercato.
f) Implementazione di meccanismi distorsivi in grado di provocare ulteriori effetti contrari a quelli che si vorrebbero realizzare.
g) Intervento di attori pubblici tramite politiche di approvvigionamento che potrebbero risultare inefficienti e influenzare negativamente i prezzi dell'energia.
h) Rischio di socializzazione di costi addizionali in capo ai cittadini, nella bolletta elettrica oppure nella fiscalità generale. Rammentiamo che proprio di recente, a favore delle rinnovabili elettriche, il decreto Fer 2 ha stanziato 35 miliardi di euro e il cosiddetto decreto Fer X ha previsto - con ottimismo - ulteriori 9,7 miliardi di euro di sussidi che si andranno ad aggiungere al suddetto fardello di incentivi diretti di oltre 200 miliardi di euro accumulatosi negli anni precedenti, lasciando prevedere in forte crescita la componente Asos delle bollette elettriche già nel 2025.
i) Complessità di fissare garanzie nei contratti tra privati.
l) Fornitura di una sorta di paracadute per sostenere qualcosa che in altri Paesi si sostiene da sè, verosimilmente a causa della mancanza, in Italia, di vento "utile" all'eolico, come testimoniato dai deludentissimi risultati della produzione nel 2024 (-5,6% rispetto al 2023), nonostante il sostanzioso aumento del potenziale eolico installato lo scorso anno (+5% rispetto al 2023).
m) i Ppa sono uno strumento di mercato e, in quanto tale, neutri: non può esistere obbligatoriamente un aggregatore, tantomeno pubblico. Non si possono rimuovere i rischi per legge che anzi, così facendo, finirebbero per aumentare.
n) Pericolo di una apertura di credito senza fine a favore dei settori eolico e fotovoltaico.
Proprio su quest'ultima negatività vorremmo concentrare l'attenzione del legislatore.
Il rischio da noi ritenuto più insidioso è, per l'appunto, che, con la concessione di una garanzia pubblica per i Ppa, si spalanchi un pozzo senza fondo, così come già accaduto in passato, quando venne stabilita a vantaggio della produzione di energia elettrica da fonte eolica un'analoga garanzia pubblica per i certificati verdi (CV). Quella sciagurata esperienza, anch'essa animata inizialmente da meritorie intenzioni, deve servire da monito per il futuro. La garanzia pubblica rappresentò il vulnus che avrebbe distrutto definitivamente la logica stessa del sistema dei CV (che erano anch'essi, come i Ppa, contratti di acquisto tra privati) ed aperto le cateratte degli "incentivi" senza fine all'eolico, facendo carico allo Stato (attraverso il Gse) di acquistare i CV prodotti in eccedenza ad un prezzo altissimo e predeterminato. Fin dall'inizio il sistema cominciò a vivere di vita propria e da allora avrebbe proceduto, auto-alimentandosi, secondo logiche eterodosse, con i disastrosi risultati che ben conosciamo, concludendosi con una brusca conversione forzosa (di dubbia legittimità) dei CV in incentivi diretti equivalenti, che stiamo ancora pagando.
Lanciamo qui l'allarme per contrastare con il massimo vigore questo nuovo tentativo di introdurre nel sistema dei sussidi all'eolico un altro cavallo di Troia, in grado di fare gonfiare ancor di più gli oneri - già oggi insopportabili - a carico dei cittadini. A prescindere dal tipo dell'eventuale misura di garanzia pubblica che il Governo vorrà adottare per ricoprire l'Italia di aerogeneratori e pannelli, al fine di raggiungere i propri obiettivi di produzione di energia elettrica da fonte eolica e fotovoltaica (ridondante, quando non dannosa, perché non programmabile), quello che importa sapere è che il sussidio, anziché essere diretto come avviene adesso con il sistema delle aste competitive, rischia di tornare ad essere indiretto, per meglio nasconderne i costi agli utenti ma soprattutto per eliminare surrettiziamente il contingentamento e i tetti di spesa, proprio come accaduto all'epoca dei certificati verdi.
Occorre fare affidamento sulla conclusione di Ppa a lungo termine da parte di soggetti diversi dal Gse, in particolare grossisti e clienti finali, soggetti che possono gestire la vendita dell'energia rinnovabile in maniera efficiente e all'interno delle dinamiche e delle regole del mercato libero. Queste proposte di intervento statale, ed in particolare la pretesa - emersa durante queste consultazioni - di abilitare il Gse non solo a fornire la garanzia di ultima istanza ma anche a stipulare direttamente contratti di lungo termine, vanno decisamente contrastate a causa del doppio effetto che possono provocare e cioè incrementare i costi in bolletta per la grandissima parte dei clienti finali e distruggere la concorrenza nel mercato libero.
Ricordiamo per inciso che un analogo tentativo di distorsione del libero mercato dei contratti Ppa attraverso un decreto legge era già stato respinto nella primavera del 2022.
Per conoscere quali fossero la "serie di rischi" e la "lunga fila di dubbi" (perlomeno alcuni, e non certo i più gravi) sull'effettiva efficienza del provvedimento governativo allora proposto per favorire i Ppa attraverso un intervento diretto del Gse, consigliamo l'articolo di Milano Finanza del 6 maggio 2022 dal titolo "Rinnovabili, rischio cortocircuito bancario con l'ingresso del Gse nei ppa", di cui riportiamo l'incipit:
"Rischia di creare un enorme cortocircuito la decisione del Dl Energia di far subentrare il Gestore dei servizi energetici (Gse) nel sistema dei ppa, ovvero quei contratti che consentono a un produttore di energia rinnovabile di vendere a un prezzo fisso per un arco temporale prestabilito (solitamente 10 anni) l'energia prodotta, utilizzando le risorse come flussi di cassa per costruire il progetto infrastrutturale e come garanzia per la bancabilità del contratto. Per cercare di venire incontro alle aziende che stanno soffrendo i rincari, di recente il governo ha stabilito che il Gse si impegni a comprare da chi produce rinnovabili per un periodo pari almeno a tre anni a un prezzo fisso l'energia, rivendendola successivamente alle imprese allo stesso prezzo. Questo apre però a una serie di rischi e a una lunga fila di dubbi sull'effettiva efficienza di tale provvedimento che rischia di fare un buco nell'acqua e a complicare non poco la finanziabilità dei progetti infrastrutturali rinnovabili."
Osserviamo altresì che oggi un simile tentativo di interventismo statale appare ancor più irragionevole, di fronte ad una realtà che negli ultimi tre anni si è evoluta nella direzione opposta a quella prevista, con troppo facile ottimismo, dai sostenitori del "tutto rinnovabili". Ciò è diventato innegabile con l'appalesarsi degli esiti disastrosi dell'Energiewende tedesca (a cui si ispira l'European green deal), motore immobile della crisi economica e di un'esplosiva deindustrializzazione apparentemente senza fine, ed in particolare del prevedibilissimo fenomeno del Dunkelflaute, i giorni senza sole e senza vento che rendono inutili le sterminate distese di pale e pannelli in Germania, facendo decollare a livelli insopportabili i costi dell'energia elettrica, causa prima della recessione economica in corso da oltre due anni, che ha portato alla crisi di Governo e di conseguenza alle elezioni anticipate.
In campagna elettorale, il candidato favorito per la Cancelleria promette perciò di "cambiare rotta sulla transizione" e di "mettere l'economia prima del clima". La candidata del maggior partito anti sistema, in crescita costante nei sondaggi, garantisce addirittura, tra applausi scroscianti di intere comunità che in questi anni hanno subito prevaricazioni di ogni tipo dagli onnipotenti sviluppatori dell'eolico, di abbattere tutte le turbine.
Abbiamo ragione di temere che anche in Italia troppi diano per scontato il benessere faticosamente raggiunto dopo la seconda guerra mondiale e che non ci sia limite alla quantità di costi e di regole che si possono imporre a consumatori e imprese.