Oggi:

2024-03-29 14:48

Gli Amici della Terra: dopo il 2015 basta incentivi ad eolico e fotovoltaico

IV CONFERENZA NAZIONALE “EFFICIENZA È RICCHEZZA”

di: 
Alberto Cuppini

Il 21 e 22 novembre 2012 si è tenuta la Quarta edizione della Conferenza nazionale sull’efficienza energetica dal titolo “Efficienza è ricchezza“. Alberto Cuppini l’ha seguita sul web. Riprendiamo il suo commento pubblicato sul sito della Rete della Resistenza sui Crinali.

 

Il crescente successo della conferenza sull’efficienza energetica degli Amici della Terra  è indiscutibile, così come è indiscutibile la messe di spunti suggeriti dalle relazioni degli intervenuti, come chiunque può constatare leggendo le sintesi degli interventi oppure, meglio ancora, scorrendo il video integrale dei lavori messo a disposizione da Radio Radicale, ed in particolare quello della prima giornata.

Giornata molto densa, come rileva la Presidente degli Amici della Terra, Rosa Filippini, anzi: “troppo” densa, come si lascia scappare nel suo discorso di congedo. Ma del resto non si sarebbe potuto fare diversamente, a meno di suddividere la conferenza in più sessioni giornaliere, perdendo così il fine vero della manifestazione, e cioè quello di rappresentare un punto di riferimento “fisico” per l’incontro, ed il confronto, di tutti gli interessati al problema dell’efficienza energetica in Italia.

Non avendo noi vincoli di questo tipo, ci possiamo invece permettere di fare le nostre considerazioni in modo monografico, per non mettere contemporaneamente troppa carne al fuoco e rischiare di tralasciare o anche solo trascurare alcune osservazioni importanti.

Una impressione di carattere generale che ho ricavato dalla conferenza però me la voglio riservare. Due impressioni, per meglio dire, che, proprio in quanto tali, sono di carattere personale.

La prima: una grande, enorme rabbia. Rabbia per quello che avrebbe potuto essere e non è stato. Ne parlo al passato perché ormai il processo di sviluppo della green economy è stato avviato in un certo modo (sbagliato) e adesso sta rotolando a valle seguendo un percorso (sbagliatissimo) facilmente prevedibile e per pura forza di inerzia. Risparmio in questa sede le mie considerazioni sulla dicotomia italiana tra l’eccellenza storicamente dimostrata dal nostro settore produttivo (e non solo quello: anche altri settori non produttivi, che sono peculiarità italiane invidiateci da sempre in tutto il mondo, vengono sempre più compressi dalla ipertrofia della politica) ed una acclarata inefficienza (diciamo così per non esagerare) del sistema decisionale politico ed amministrativo. Penso tuttavia che un giorno, da qualche parte, se ne dovrebbe parlare con serenità e giungere alle inevitabili conclusioni: già molte altre volte, in passato, l’Italia, e ancor prima di essere unita politicamente, ha saputo indicare, e percorrere, nuove strade che hanno poi rappresentato un modello, illuminando per secoli la nostra civiltà. A patto di non arrivare troppo tardi …

Da qui la mia seconda impressione, strettamente collegata alla precedente: l’assoluta mancanza di percezione, anche da parte dei soggetti più avveduti ed aperti al confronto con l’estero, molti dei quali presenti in questa occasione, della gravità della situazione italiana. Situazione grave per una molteplicità di problemi che si sono accumulati ed aggrovigliati e che convergono, alla fine, a danno dell’economia e da lì si scaricano nella voragine della finanza pubblica ed in particolare nel famigerato rapporto debito/PIL. Situazione grave ed intricata a tal punto che è improbabile attendersi un lieto fine. Durante la conferenza è stato citato, con un brusio di approvazione, un articolo di Gian Antonio Stella dove si indicava, come unica soluzione allo stallo, l’ineluttabilità di “affamare la Bestia” come primo passo necessario per riuscire a cambiare qualcosa. Il rischio concreto, a mio avviso, è che la Bestia si possa ritrovare presto ed improvvisamente del tutto priva di cibo e muoia di fame, trascinando con sé nella rovina l’intera Nazione, con esiti oggi del tutto imprevedibili.

Ma, tornando a noi, vorrei iniziare le mie considerazioni “monografiche dall’intervento della padrona di casa, Rosa Filippini, durante la tavola rotonda che si è svolta la mattina del giorno 21 (nel video integrale consiglio di guardare tale intervento partendo dal segnatempo a 1 ora e 20 minuti). La posizione degli Amici della Terra sulla Strategia Energetica Nazionale (SEN), a grandi linee, ci era nota: (vedi articolo su l’Astrolabio), ma Rosa Filippini aggiunge nel suo intervento alcune osservazioni particolarmente acute. Davvero un peccato che il Ministro Clini ed il Sottosegretario Polillo, i principali esponenti governativi intervenuti e che hanno partecipato alla tavola rotonda, in quel momento non fossero ancora presenti; era invece presente, ed attento, l’ingegner Leonardo Senni, Direttore del dipartimento energia del Ministero dello Sviluppo economico.

Di Filippini già conoscevamo la posizione critica verso le fonti rinnovabili elettriche intermittenti (“di performance dubbia, sia globale che locale”), ma non ci aspettavamo, e l’abbiamo perciò a maggior ragione apprezzata, la sua proposta, con riferimento all’intervista del Ministro dello Sviluppo economico Corrado Passera, “che incentivi non ce ne siano più, specie se sono considerati furti”. “Possiamo chiedere – aggiunge la Filippini – che, terminate le aste al 2015, sia finita?” Come è noto, nel decreto del 6 luglio scorso per la modifica del sistema incentivante alle rinnovabili non fotovoltaiche erano stati fissati i contingenti per gli impianti incentivabili di potenza superiore ai 5 MW da assegnare tramite un meccanismo di aste al ribasso per il triennio 2013 – 2015. “E limitare gli incentivi alle fonti non intermittenti, sul piano dei comportamenti efficienti?” (già conoscevamo la predilezione degli Amici della Terra per le fonti termiche, e perciò programmabili).

Decisamente non condivisibile è invece il suo suggerimento dell’adozione, per l’Italia, del modello tedesco in materia di svolta energetica verso le rinnovabili. Tale modello energetico sta già mostrando tutti i suoi limiti e nella stessa Germania aumentano le voci per ridefinirlo ( Il colossale pasticcio delle rinnovabili elettriche in Germania secondo Der Spiegel.)

Prescindendo dal carattere strumentale di queste politiche energetiche che paiono in realtà rivolte più a vantaggio di una politica economica export led particolarmente aggressiva, che pare però piacere a molti in Italia come percorso da seguire (anche al Sottosegretario Polillo, almeno ascoltando il suo intervento alla conferenza), piuttosto che a finalità ecologiche o di efficienza. Anche di questo bisognerà riparlare a tempo debito, approfondendo il tema più generale delle negatività del “modello Germania”.

Segnalo invece una osservazione della presidente, sulla bozza della SEN, particolarmente acuta circa un aspetto che ai più è sfuggito, perso in un testo eccessivamente lungo e dispersivo: “Il diavolo sta nei dettagli” – dice Filippini -, ed è vero: lo abbiamo imparato spesso a nostre spese. I precedenti decreti di modifica dei sistemi incentivanti fissano in 6,7 miliardi il tetto annuo di spesa per l’incentivazione del fotovoltaico e in 5,8 miliardi quello per il non fotovoltaico, per un totale sbalorditivo di 12,5 miliardi annui: (Sacrifici per tutti gli italiani e regali agli speculatori delle “rinnovabili” industriali).

“La SEN dice che non si potrà andare oltre i 12,5 miliardi ogni anno; la forzatura sta nell’affermazione che questi 12,5 miliardi valgano per 20 anni”.

Questa “forzatura” non permetterebbe di avere a disposizione, quando gli incentivi esagerati già concessi al fotovoltaico e all’eolico verranno meno in modo apprezzabile (cioè durante gli anni venti, cominciando tra dieci o dodici anni), ingentissime risorse pubbliche da utilizzare per altri fini, che potrebbero, come la stessa conferenza ha dimostrato, essere millanta ma che dovrebbero essere comunque assegnati secondo il principio dei “comportamenti efficienti”, da valutare con costante attenzione dalla politica. Al contrario, se venisse confermata la formulazione della bozza della SEN (a pag. 65) fatta rilevare da Filippini, queste risorse rimarrebbero vincolate in eterno alle rinnovabili elettriche, con una formula rotativa e perpetua, secondo il principio opposto (fin qui applicato, e certo scarsamente efficiente) dell’ “ordine di beccata”, basato sulle capacità di condizionare gli stessi decisori politici.

E tra i millanta fini, in primo luogo, ci sarebbe la ricerca. Su questo argomento do ragione a Filippini, che su questo punto è stata contestata da Senni per le cifre. Le cifre spese, e quelle promesse dalla SEN, per la ricerca sono una inezia non solo in termini relativi agli incentivi per le rinnovabili elettriche, ma anche in termini assoluti. Cifre totali nell’ordine delle centinaia di milioni, come quelle previste per una molteplicità di enti di ricerca, finanzierebbero appena una struttura e lascerebbero alla fine solo le briciole ai ricercatori “di prima linea”.

Personalmente sono dubbioso anche e soprattutto sull’efficacia di disperdere queste risorse nei mille rivoli della green economy. Si renderebbe piuttosto necessaria, a mio avviso, una scelta coraggiosa del tutto diversa da quella indicata dall’Unione Europea, puntando tutto su un grande salto paradigmatico. Un salto che potrebbe portare il vessillo della ricerca italiana. Perché non è neppure vero, come pure sostiene Senni quando fa l’esempio, da noi sempre proposto, del progetto Manhattan oppure della determinazione dell’amministrazione statunitense nel mandare un uomo sulla luna in pochissimi anni, che “la svolta vera si fa a livello mondiale, non italiano”. Se noi avessimo speso oltre 10 miliardi di euro all’anno, come facciamo per fare i regali alle rinnovabili elettriche, per un nuovo progetto Manhattan su una fonte di energia veramente rivoluzionaria (i presupposti teorici ci sono già ed i fisici italiani all’avanguardia pure, solo che sono costretti per lavorare – e vincere i premi Nobel – ad andare all’estero) avremmo probabilmente già ottenuto le prime realizzazioni concrete, con la conseguente leadership mondiale. Altro che pannelli cinesi e mulini a vento. In realtà (lo dico per non farci mancare niente in quanto a frasi fatte …) in Italia manca la “volontà politica”. E qui saldiamo il discorso con le mie impressioni d’apertura.