Oggi:

2024-10-07 00:24

Misurare l’Efficacia e l’Efficienza della Transizione Energetica

CONFRONTO DI SCENARI LOW CARBON

di: 
Giuseppe Zollino

L’autore, professore di Tecnica ed Economia dell’Energia all’Università di Padova, da diversi anni affina l’analisi dell’efficacia e dell’efficienza delle tecnologie per la transizione energetica. In questo caso, ha approfondito per noi la valutazione del consumo di suolo. Nel confronto fra diversi scenari, ancora una volta, l’energia nucleare si rivela indispensabile. La novità è che, ora, il professore è responsabile per l’energia di Azione, e intende impegnarsi per ancorare le scelte di politica climatica ed energetica alla misurazione accurata dei costi e dei benefici. Speriamo che ci riesca.

Foto di Copertina: Amici della Terra, XV Conferenza nazionale sull’efficienza energetica - foto di Giorgio Maiozzi


1. Introduzione

Ridurre le emissioni globali di anidride carbonica e altri gas a effetto serra sino ad azzerarle nel lungo periodo è una sfida straordinaria. Prevedere esattamente quando l'obiettivo sarà raggiunto è una sfida nella sfida. L'unica cosa certa è che la transizione verso un'economia prospera sia per i Paesi avanzati che per quelli in via di sviluppo, rispettosa degli ecosistemi e della biodiversità e priva di emissioni antropiche di gas climalteranti (come il Green Deal Europeo prospetta) corrisponde ad una lunga marcia in un territorio quasi inesplorato, con rotte tutte da costruire e da percorrere tenendo sempre d'occhio sostenibilità economica e sociale (e perciò consapevoli che ci saranno battute d'arresto, passi di lato e anche indietro) e da concludere nel più breve tempo possibile. E la rotta ottimale per ciascun Paese non è necessariamente la stessa degli altri, perché diverse sono le condizioni al contorno e i potenziali, sebbene tutte abbiano molti elementi ed esigenze comuni che creano vincoli di cui necessariamente tener conto nella ricerca dell'ottimo.

Con riferimento al fabbisogno energetico, oggetto di questo contributo, la transizione dalle fonti fossili a quelle prive di emissioni di gas serra (rinnovabili e nucleare) e il conseguente aumento dell’elettrificazione degli usi finali, sono elementi comuni a tutti gli scenari a zero emissioni. Scenari che sono strumenti insostituibili per individuare il mix tecnologico ottimale per ciascun Paese, cioè quello con il minore impatto sul territorio, il minore impiego di materiali, il minor costo dell'intero sistema elettrico, cioè il costo di tutti gli impianti di generazione e di accumulo necessari a soddisfare, ora per ora, la domanda elettrica attesa in quel Paese in uno scenario di lungo periodo a zero emissioni, tenendo conto dei profili di generazioni delle fonti rinnovabili variabili (solare ed eolico) e del profilo del carico, nonché dei costi unitari di ciascuna tecnologia.

Esamineremo qui alcuni scenari italiani con sole tecnologie low-carbon dal punto di vista della efficienza e sostenibilità. Per il fabbisogno elettrico italiano di lungo periodo si fa riferimento alla “Strategia italiana di lungo termine sulla riduzione delle emissioni dei gas a effetto serra[1], che ipotizza una domanda elettrica di almeno 650 TWh, per effetto dei maggiori impieghi in tutti i settori: per la produzione di idrogeno verde da destinare a quelli così detti hard to abate, per l’elettrificazione dei trasporti pubblici e privati, per l’elettrificazione degli usi domestici e terziari (riscaldamento, acqua sanitaria, cottura) e per la maggiore elettrificazione degli usi industriali. Naturalmente, tutta la domanda elettrica dev’essere soddisfatta, ora per ora, dalla potenza generata da fonti e tecnologie che non emettano gas serra: fonti rinnovabili (idroelettrico, geotermico, solare, eolico, biomasse) e nucleare, come previsto dalla Tassonomia verde europea.

I risultati qui presentati sono rielaborazioni di scenari ottimizzati ottenuti con il codice COMESE, sviluppato presso il Consorzio RFX di Padova, già pubblicati [2] [3] [4]. In luogo di future centrali a fusione, presenti nelle pubblicazioni citate, vengono qui considerate centrali a fissione del tipo incluso nella Tassonomia verde europea, cioè di terza generazione evoluta.

Una nota metodologica a questo punto è necessaria. Sebbene ciascuna delle tecnologie cosiddette a basse emissioni (low-carbon) se analizzate nel ciclo di vita non abbiano emissioni nulle (si veda in proposito la figura 1), nella ricerca degli scenari ottimi non abbiamo usato in alcuno modo il parametro "emissioni nel ciclo di vita", né come variabile di progetto, né come vincolo. Come se tutte fossero effettivamente a zero emissioni. È tuttavia possibile valutare ex post le emissioni associate a ciascuno dei 650 TWh della domanda, ripartendo su di essi il totale delle emissioni nel ciclo di vita associate a tutti i kWh generati, in ciascuno degli scenari. 

Nel paragrafo 2 esamineremo l'efficacia (nell'abbattimento delle emissioni) e l'efficienza (nell'uso del suolo e nell'impiego di materiali) delle diverse tecnologie cosiddette low-carbon.

Nel paragrafo 3 confronteremo diversi scenari elettrici low-carbon tra di loro e con il sistema elettrico italiano del 2023, dal punto di vista delle potenze installate, dell'energia elettrica generata, del costo complessivo del sistema e della superficie a terra effettivamente occupata o solo disseminata di impianti, pur potendo ancora destinare ad altri usi il terreno o lo specchio d'acqua sottostante (è questo il caso dei grandi parchi eolici).

 

2. Efficacia ed efficienza delle tecnologie low-carbon

Con riferimento a 4 tecnologie elettriche cosiddette low-carbon, cioè ad emissioni pressoché nulle durante il funzionamento degli impianti grazie all'assenza di fenomeni di combustione, come idroelettrico, fissione nucleare, fotovoltaico ed eolico, in figura 1 sono indicate le emissioni di gas serra, espresse in grammi di CO2 equivalente per kWh generato nella vita utile. Tali emissioni sono dovute alle varie fasi del ciclo di vita, dall'approvvigionamento dei materiali e costruzione delle diverse componenti di impianto, all'estrazione e preparazione del combustibile (nel caso del nucleare), alla manutenzione e allo smantellamento. I dati sono tratti dalla letteratura [5]. Con riferimento all'idroelettrico, i due valori molto diversi tra loro si riferiscono a impianti con bacino (quelli con emissioni più elevate) e ad acqua fluente.

Come si vede le emissioni specifiche (per unità di energia elettrica generata) del nucleare sono in assoluto le più basse, in media ben 9 volte inferiori a quelle di impianti fotovoltaici al silicio, 6 volte inferiori a quelle dell'eolico offshore e più di 2 volte inferiori a quelle dell'eolico onshore. Dal punto di vista dell'efficacia nell'abbattimento di gas climalteranti, l'energia nucleare è certamente al 1° posto.

Fig.1 Emissioni di gas serra nel ciclo di vita, in grammi di CO2 per kWh generato (Fonte: United Nations Economic Commission for Europe: Life Cycle Assessment of Electricity Generation Options - ultimo aggiornamento 2022)

 

Guardando al ciclo di vita delle diverse tecnologie di generazione elettrica, in particolare di quelle di cui, negli anni a venire, il mondo intero dovrà fare grande uso nel processo di decarbonizzazione, un altro aspetto assai rilevante sono i materiali necessari per costruire e mantenere in esercizio gli impianti. Si fa spesso ricorso in questi casi alla soluzione salvifica dell'economia circolare, cioè del recupero e riutilizzo dei materiali, una volta che ciascun impianto sia giunto a fine vita. Se pure i processi di recupero fossero ad efficienza unitaria (cioè idealmente in grado di recuperare il 100% dei materiali) non impatterebbero in alcun modo sullo stock di materiali da impiegare per la platea di impianti e infrastrutture necessari a generare la domanda globale di energia. Pertanto, nella individuazione del mix tecnologico ottimale, la quantità complessiva di materiali necessari diventa un parametro non trascurabile.

In figura 2, per un selezionato insieme di materiali, sono indicate le quantità impiegate nel ciclo di vita, espresse in grammi per MWh generato nella vita operativa dell'impianto. Anche in questo caso, i dati sono tratti dalla letteratura 5. Come si vede, a parità di energia elettrica generata, il nucleare richiede, nel ciclo di vita, mediamente 7 volte meno materiali del fotovoltaico e circa 3,3 volte meno dell'eolico. A proposito dell'eolico offshore, va detto che nel grafico è riportato solo il caso delle fondazioni fisse (sul fondale). Nel caso dell'eolico galleggiante, la quantità di materiali (in particolare acciaio) aumenta: la letteratura riporta valori superiori sino al 50%, rispetto al caso delle fondazioni fisse. Pertanto, anche dal punto di vista del fabbisogno di materiali (che dovrà riguardare il mondo intero), l'energia nucleare è certamente la più efficiente tra quelle low-carbon.

 Fig.2 Principali materiali impiegati nel ciclo di vita, in grammi per MWh generato nella vita operativa dell'impianto (Fonte: United Nations Economic Ccommission for Europe: Life Cycle Assessment of Electricity Generation Options - ultimo aggiornamento 2022)


 

Un ulteriore aspetto particolarmente significativo è la superficie a terra occupata dagli impianti. Nel caso degli impianti eolici si tratta in realtà di superficie "disseminata" da aerogeneratori, che creano diversi effetti di disturbo (rumore, effetti di shadow-flickering, impatto visivo, ecc.) ma consentono l'utilizzo del suolo per attività agricole, pascolo, ecc.

A questo proposito, va detto che gli aerogeneratori adatti a venti prevalentemente deboli come quelli italiani, a parità di potenza nominale, hanno pale di dimensioni maggiori (anche il 50% più lunghe) di aerogeneratori adatti a venti sostenuti. Al tempo stesso, viene aumentata l'altezza delle torri di sostegno, in modo da intercettare venti di velocità più elevata. In questo modo, a parità di potenza nominale dell'aerogeneratore, aumentando la lunghezza delle pale è possibile ridurre (anche a 2,5-3 m/s, contro i 4 m/s di un rotore adatto a venti sostenuti) la velocità del vento cosiddetta di attacco, cioè quella alla quale la macchina comincia a generare energia elettrica, se pur a potenza molto inferiore a quella nominale, e anche la velocità nominale, cioè la velocità del vento a partire dalla quale la macchina genera la potenza nominale. Con il risultato che, a parità di potenza nominale, si riesce ad aumentare il fattore di carico, cioè in definitiva l'energia elettrica generata, in modo al più proporzionale all'aumento del diametro del rotore (per capirci con numeri semplici, se, a parità di potenza nominale, il diametro del rotore raddoppiasse, si produrrebbe in un anno il doppio dell'energia elettrica).

Tuttavia gli aerogeneratori vanno distanziati tra loro, per evitare che le perturbazioni (vorticosità), indotte sulle "linee" del vento quando passa attraverso un rotore, non alterino eccessivamente, sino a comprometterlo, il funzionamento del rotore successivo. Buona norma è che in un campo eolico le torri siano tra loro distanti circa 6 volte il diametro, nella direzione del vento prevalente, e almeno 4 volte il diametro, nella direzione perpendicolare a quella del vento prevalente. E allora, se l'energia generata aumenta in modo proporzionale al diametro e la superficie da "riservare" ad un aerogeneratore aumenta con il quadrato del diametro, si può concludere che il "gigantismo" aiuta sì la "bancabilità" di un parco eolico, ma "coinvolge" superfici sempre più vaste. Inoltre, a parità di superficie complessivamente coinvolta dal parco, riduce l'energia elettrica generata, ma la genera a costi più bassi. Dunque siamo di fronte a un classico problema di ricerca del punto di ottimo, considerando tutti gli "interessi" coinvolti.

Per dare evidenza empirica alla differenza di superficie interessata da impianti di generazione elettrica che utilizzino diverse tecnologie, in figura 3 sono indicati i layout della centrale nucleare di Barakah, negli emirati Arabi, e di un impianto eolico recentemente proposto nel territorio del comune di Manciano, in provincia di Grosseto. La centrale di Barakah si compone di 4 reattori da 1360 MW, per complessivi 5450 MW. È stata costruita in 11 anni, 8 anni per reattore, a distanza di 1 anno uno dall’altro; genera 44 TWh/a, continui e lo farà per almeno 60 anni. Come mostra la foto aerea, essa occupa una superficie complessiva di circa 200 ettari. L'impianto eolico a Manciano è composto da 8 aerogeneratori da 6 MW, con diametro di 170 m, quota navicella (cioè altezza della torre di sostegno pari a 115 m; quindi ha altezza totale pari a 200 m. Nei suoi 25 anni di vita previsti dovrebbe generare mediamente circa ~125 GWh all'anno di energia elettrica, variabili ora per ora. A causa del necessario distanziamento di cui abbiamo detto, l'impianto interessa una superficie di circa 550 ettari, per una media di circa 12 ettari/MW.

In linea teorica, se fosse possibile estendere l'impianto ad libitum (ammesso di disporre di superficie ventosa priva di vincoli di ogni tipo, grande a piacere), per generare 44 TWh elettrici, variabili ora per ora, pressoché in contemporanea (quando c'è vento sufficiente tutti gli aerogeneratori generano la stessa potenza che si somma; quando non ce n'è, tutti generano zero!), servirebbero 350 impianti come quello di Manciano, per complessivi 16,8 GW, su una superficie di circa 200 mila ettari. Per rendere l'idea, 200 mila ettari sono poco meno della metà dell'estensione della Regione Molise.

Conti analoghi si possono fare per scoprire che, volendo generare 44 TWh di energia elettrica con impianti fotovoltaici con inseguimento (tracking) mono-assiale, considerando il fattore di carico medio italiano, ne servirebbero per 27 GW, che ricoprirebbero circa 40 mila ettari.

I numeri che abbiamo visto relativamente alle "taglie" degli impianti rinnovabili variabili sostitutivi (16,8 GW eolici oppure 27 GW fotovoltaici), ai quali andrebbero aggiunte le valutazioni sugli impianti di accumulo e sulle infrastrutture di rete necessari, ridimensionano in modo significativo la facile obiezione che gli 11 anni necessari alla costruzione di una centrale come quella di Barakah siano un tempo troppo lungo, a maggior ragione considerando che, nei 60 anni di vita della centrale, gli impianti sostitutivi andrebbero ricostruiti una o due volte (a seconda del tipo).

Fig.3 Layout delle centrale nucleare di Barakah, negli emirati Arabi Uniti

Fig.3 bis Layout di un impianto eolico proposto nel comune di Manciano, provincia di Grosseto.

 

3. Scenari elettrici italiani di lungo periodo a zero emissioni

Vengono qui presentati 4 scenari elettrici di lungo periodo (al 2050 circa) in grado di soddisfare pienamente, ora per ora, la domanda italiana di energia elettrica, supposta pari a 650 TWh, con picco di potenza di 114 GW. La soluzione è ottenuta con il codice COMESE, come brevemente descritto al paragrafo 1 e più in dettaglio (per chi volesse approfondire) negli articoli indicati nello stesso paragrafo.

In figura 4, sono mostrate le potenze da installare per ciascuna delle tecnologie incluse nel mix con riferimento al sistema elettrico attuale e 4 possibili alternative a zero emissioni, 2 con sole rinnovabili e 2 con nucleare e rinnovabili. I 2 scenari 100% rinnovabili (100%RES1 e 100%RES2) differiscono per il tipo di impianti fotovoltaici utilizzati (nel primo 70 GW su coperture sia civili che industriali e il resto a terra, tutti a inclinazione fissa; nel secondo ancora 70 GW su coperture e il resto a terra, tutti con inseguimento mono-assiale) per il limite di potenza installata di eolico offshore galleggiante posto all'ottimizzatore (15 GW nel primo caso, e l'ottimizzatore "li usa" tutti; 35 GW nel secondo caso e l'ottimizzatore "ne usa" 31 GW), e per il profilo orario giornaliero della domanda termica invernale. I 2 scenari con nucleare differiscono per il limite di potenza nucleare: 42 GW nel primo e l'ottimizzatore "li utilizza" per intero; 80 GW nel secondo e all'ottimizzatore è posto il vincolo di mantenere la stessa potenza rinnovabile installata nel 2023 e degli 80 GW "ne utilizza" 72.

Come si vede, oggi è complessivamente installata una potenza di 125 GW, pari a circa 2,3 volte il picco di domanda; qualora si optasse per lo scenario RES100%1, bisognerebbe installare poco meno di 900 GW, più di 7 volte il valore attuale e 8 volte il picco di domanda atteso nel 2050; con lo scenario RES100%2, servirebbero circa 670 GW, 5 volte la potenza attuale e 6 volte il picco di domanda. Se vengono utilizzate anche centrali nucleari per complessivi 42 GW, allora occorre installare circa 360 GW, 2,8 volte la potenza attuale e circa 3 volte il picco al 2050; infine, nel caso vengano installati 72 GW nucleari, la potenza complessiva torna ad essere di poco superiore (1,2 volte) a quella attuale.

 Fig.4 Potenze installate in Italia nel 2023 e in 4 scenari elettrici privi di emissioni di CO2 al 2050, con domanda annua pari a 650 TWh e picco di 114 GW


La figura 5 mostra l'energia elettrica generata da tutti gli impianti installati. Si vede che, più alta la potenza installata di fonti non controllabili come fotovoltaico ed eolico, maggiore l'energia elettrica generata in surplus e quella dissipata nei processi di carica e scarica. Cionondimeno, i mix presentati sono quelli con il minimo costo complessivo, alle condizioni al contorno date; cioè con i costi totali (di tutti gli impianti di generazione e di accumulo) più bassi possibile. Il parametro LCOTE (Levelised Cost of Timely Electricity) riportato in figura 5 è il costo risultante per ciascuno dei 650 TWh della domanda, quando tutti i costi (di investimento, di manutenzione, di combustibile, per tutti gli impianti presenti), attualizzati, vengono ripartiti tra quei 650 TWh.

 Fig.5 Energia elettrica generata nel 2023 e nei 4 scenari elettrici al 2050 e costo dell’energia resa disponibile al momento della domanda, LCOTE

 

Per semplicità, i valori di LCOTE indicati non includono i costi di rete, che sono certamente più rilevanti per i 2 scenari 100% rinnovabili. Per i costi di ciascuna tecnologia sono stati utilizzati i valori indicati nello scenario Net Zero dell'Agenzia Internazionale dell'Energia. Per una definizione analitica del parametro LCOTE si rimanda alle pubblicazioni citate al paragrafo 1. Come si vede in figura 5, l'LCOTE cala all'aumentare della potenza nucleare installata.

Infine, in figura 6, è riportata la superficie complessivamente occupata o interessata (nell'accezione spiegata al paragrafo 2 per gli impianti eolici) da tutti gli impianti di generazione e di accumulo, escluse le infrastrutture di rete. Nei due scenari 100% rinnovabili, le superfici aumentano considerevolmente rispetto a quella della situazione attuale (3,5 e 16 volte, rispettivamente). Nello scenario con 42 GW nucleari rimane ben maggiore di quella attuale, ma è meno della metà di quella necessaria per gli scenari 100% rinnovabili. Nello scenario con 72 GW nucleari la superficie necessaria è inferiore a quella attuale.

Ancora in figura 6, sono anche indicate le emissioni di gas serra dovute al ciclo di vita di tutti gli impianti di generazione e di accumulo installati, espresse in grammi di CO2 equivalente per ciascun kWh della domanda. Da questo punto di vista, tra i due scenari 100% rinnovabili, il secondo è preferibile; inoltre, i due scenari con una quota nucleare sono di gran lunga quelli con le minori emissioni nel ciclo di vita; il secondo circa 3 volte meno impattante.

Pertanto, considerando le potenze da installare (e, dunque, i materiali da impegnare), le superfici da occupare, i costi totali del sistema e le emissioni nel ciclo di vita, lo scenario con 72 GW nucleari sarebbe quello più sostenibile, seguito dallo scenario con 42 GW nucleari. A titolo di esempio, nel primo caso sarebbe necessario installare in Italia 13 centrali del tipo di quella di Barakah, vista nel paragrafo 2, nel secondo 8. Naturalmente, molti altri scenari intermedi sono possibili ma, da quanto visto, l'impatto positivo della presenza di una quota nucleare è chiarissimo.

Fig.6 Superfici occupate o interessate dagli impianti di generazione e di accumulo, escluse tutte le infrastrutture delle reti di distribuzione e trasmissione, ed emissioni specifiche relative all'energia elettrica effettivamente utilizzata


4. Conclusioni

Decarbonizzare l'economia italiana sarà un'impresa ciclopica, paragonabile ad attraversare su un filo un burrone terrificante. Pretendere di farlo scegliendo fior da fiore le tecnologie che più si amano tra quelle incluse nella tassonomia europea equivale a camminare sul filo con un occhio bendato e le mani legate.

Le tecnologie servono invece tutte: gas con cattura e possibile riuso o stoccaggio della CO2, rinnovabili e nucleare. Quanto di ciascuna? per deciderlo l'unico strumento sono le simulazioni di scenario che valutino ora per ora l'equilibrio tra generazione e domanda e tengano d'occhio parametri essenziali come la superficie occupata, i materiali impegnati, le emissioni nel ciclo di vita e i costi totali del sistema. Tutti i costi. Perché, come diceva Totò, “è la somma che fa il totale!”

 

Ringraziamenti. Oltre a tutti i colleghi co-autori degli articoli citati nel paragrafo 1, l'autore desidera ringraziare il dott. Nicola Menna, neolaureato, per il contributo fornito durante il suo tirocinio finale. 

 

 

NOTE


[2] C. Bustreo, U. Giuliani, D. Maggio, G. Zollino: “How fusion power can contribute to a fully decarbonized European power mix after 2050”; Fusion Engineering and Design 146, Part B (2019) 2189-2193

[3] U. Giuliani, S. Grazian, P. Alotto, M. Agostini, C. Bustreo, G. Zollino:  “Nuclear Fusion impact on the requirements of power infrastructure assets in a decarbonized electricity system”. In: Fusion Engineering and Design 192 (2023), 113554

[4] U. Giuliani, M. Agostini, C. Bustreo and G. Zollino, "The Fusion to Hydrogen Option in a Carbon Free Energy System" in IEEE Access, vol. 11, pp. 131178-131190, 2023, doi: 10.1109/ACCESS.2023.3332917