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2024-10-04 23:10

Perché Non Tornano i Conti di Draghi sulle Materie Prime della Transizione

RAPPORTO SULLA COMPETITIVITA’

di: 
Giovanni Brussato

L’autore analizza per noi le proposte che il Rapporto Draghi dedica a uno degli aspetti più controversi della transizione energetica europea, quello dell’approvvigionamento delle materie prime e illustra le ragioni che non rendono credibile una competitività europea in questi mercati.

In Copertina: Immagine Amici della Terra

 

Il “Rapporto Draghi” sulla competitività dell’Unione europea, commissionato un anno fa dalla presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen, nel delineare alcune proposte per una strategia di approvvigionamento delle materie prime critiche, sottolinea un’evidenza volutamente ignorata da molti: “se l’UE non agisce, rischia di essere vulnerabile alla coercizione [cinese]”.

La coercizione economica è stata storicamente un mezzo efficace di leva finanziaria impiegata contro gli avversari: oggi la strategia coercitiva di Pechino aggredisce il sistema produttivo industriale anche attraverso il controllo dell’accesso alle materie prime.

Nel rapporto dell'ex presidente della BCE si osserva come “ci sono alcuni settori in cui lo svantaggio dell’Europa in termini di costi è troppo grande per poter essere un rivale serio.” Affermazione particolarmente vera, a nostro avviso, nell’ambito dell’European Green Deal  dove una visione più pragmatica suggerirebbe di rallentare il più possibile, se non addirittura arrestare, il treno della transizione energetica europea finché non sarà delineata una strategia concreta su come il Vecchio Continente possa sottrarsi alla coercizione della Cina che vede nell’Unione europea un veicolo essenziale per assorbire la sua sovraccapacità industriale.

Al contrario “Super Mario” vede nella decarbonizzazione un’opportunità per l’Europa per assumere un ruolo di guida nelle nuove tecnologie pulite: per risolvere la dipendenza da Pechino nello specifico ambito delle materie prime indica i seguenti punti.

 

1. Il “Fondo dei fondi”.

L’istituzione di un fondo pensato per mettere in comune le risorse degli Stati membri, delle istituzioni finanziarie e dei grandi investitori al fine di ridurre i rischi degli investimenti lungo la catena del valore delle materie prime critiche. In particolare, il rapporto Draghi suggerisce di aggiungere disposizioni "Made in EU" ai prestiti della Banca europea per gli investimenti (BEI) per la produzione di veicoli elettrici (EV) e di impianti di celle per batterie (gigafactory), imponendo un uso minimo di minerali critici lavorati nell'UE.

Resta da comprendere se anche in questo caso verrà applicata la celebre formula del «Whatever it takes» perché Northvolt, la “speranza delle gigafactories europee”, pur avendo raccolto più capitali di qualsiasi altro gruppo privato in Europa, oltre 15 miliardi di dollari in azioni, debito e sostegno governativo, sembra non stia riuscendo ad attraversare la “Valle della Morte” - Il concetto di Valle della Morte applicato alla transizione energetica - RivistaEnergia.it che la concorrenza cinese rende estremamente profonda per le start-up del settore delle batterie.

I gruppi cinesi sono stati pesantemente finanziati dallo Stato mentre recentemente il governo svedese ha fatto intendere che non vi sarà un salvataggio statale per Northvolt, escludendo che il governo diventi un azionista, implicitamente affermando che questo dovrebbe essere il ruolo del “Fondo dei fondi”.

 

2. Una “superpiattaforma" per le scorte strategiche di metalli.

La Svezia e, successivamente alla Seconda guerra mondiale, anche Francia e Regno Unito, si garantirono l’accesso a riserve strategiche di materie prime. Fu l’avvento della globalizzazione a indurre a ritenere l'accesso ai mercati globali una garanzia sufficiente per permetterne l’esaurimento.

L’utilizzo delle scorte è, invece, un tema ricorrente nella storia del settore metallurgico cinese e trova ampio uso sia per fini strategici che nei momenti di stress del mercato. L'Ufficio delle riserve statali cinese (SRB) ha utilizzato programmi di stoccaggio per assorbire le scorte di metalli dei produttori o come sostegno di emergenza alle fonderie. Acquisti realizzati alla luce del sole informando il mercato che il metallo veniva ceduto a prezzi superiori a quelli allora prevalenti sullo Shanghai Futures Exchange (ShFE) in una sorta di ammonimento a qualche temerario speculatore dal cercare di spingere i prezzi al ribasso.

Ma non tutti i metalli sono uguali e conseguentemente nemmeno le scorte: nel caso del rame l'SRB ha utilizzato canali di mercato discreti per acquistare il metallo rosso, (e non solo) i cui tonnellaggi e prezzi non sono mai stati resi noti. Il metallo è bloccato in quella che è una vera e propria riserva strategica a lungo termine, solo per essere rilasciato in un momento di crisi dell'offerta. Oggi, la dipendenza da supply chain globalizzate rende lo stoccaggio strategico l'unico strumento che consenta di mantenere, sebbene per un periodo di tempo limitato, la continuità produttiva.

Eppure, uno studio della Commissione UE, qualche anno fa, pur rilevando che la creazione di strutture di stoccaggio potrebbe mitigare le potenziali crisi di approvvigionamento, concludeva che la creazione di queste strutture avrebbe richiesto un'efficace gestione pubblico-privata: evidentemente non implementabile se ancora nel giugno 2023, il segretario generale della NATO, Stoltenberg, ne ha ribadito la necessità manifestando i rischi di una eccessiva dipendenza dalle materie prime cinesi.

Oggi il rapporto Draghi suggerisce un sistema di scorte rotanti, simile a quelle utilizzate in Giappone e Corea del Sud, in cui i materiali vengono acquistati, immagazzinati e rilasciati all'industria locale ciclicamente. Ma il rapporto si concentra più sui “pericoli alle distorsioni del mercato”, e su minerali con piccole dimensioni di mercato, alta concentrazione dell'offerta e prezzi opachi che sull’importanza strategica dei metalli.

Il controllo della Cina nell'industria dei minerali critici è di gran lunga maggiore dell'influenza della Russia sull'industria del gas naturale: le conseguenze del taglio delle esportazioni di minerali critici verso l’UE da parte del Dragone sono più ampie e più gravi rispetto all'abbandono delle esportazioni di gas naturale russo. La Russia è il secondo produttore ed esportatore mondiale di gas naturale, ma detiene una quota inferiore al 20% della produzione globale di gas; Pechino, per molti metalli critici dispone di una quota superiore al 60%.

 

3. La diplomazia delle risorse: G7+ o il Critical Raw Materials Club.

Questa iniziativa riunirebbe i paesi ricchi di risorse per diversificare le catene di approvvigionamento e sostenere la stabilità del mercato. Il rapporto Draghi suggerisce di rendere strutturali i partenariati strategici sviluppati tra il 2021 e il 2023, tra cui quelli con Canada, Ucraina e Cile, aggiornando il Global Gateway per concentrarsi maggiormente sugli interessi strategici delle materie prime.

Non sembra considerare che, nel settore dei metalli, le strategie vanno modellate sui tempi. Rivolgersi ai produttori di minerali di paesi partner come l'Australia e il Canada, anche supponendo che abbiano una produzione in eccesso da vendere, non garantisce la disponibilità delle quantità necessarie: le compagnie minerarie firmano accordi di prelievo a lungo termine, anche di 10 anni, con i clienti a valle. Pertanto, molti produttori hanno già impegnato gran parte della loro produzione per diversi anni e mancano di una significativa produzione in eccesso da vendere ai partner del “Club”.

L'offerta mineraria è anelastica nel breve termine: servono diversi anni per costruire nuove miniere e impianti di lavorazione date le tempistiche di sviluppo e autorizzazione. Inoltre, l’UE si troverà a competere con gli USA all’interno del medesimo “Club” dove l’Inflation Reduction Act (IRA) ha catalizzato gli investimenti negli Stati Uniti, sebbene la domanda prevalente fosse in Asia, fornendo una logica economica per costruire una base industriale. L'IRA è un incentivo a costruire una catena di approvvigionamento negli USA generando una domanda locale di metalli critici. Questo definisce un elemento chiave di differenziazione rispetto al Critical Raw Materials Act (CRMA) dell'UE che non fornisce direttamente finanziamenti per progetti strategici, ma cerca invece di semplificare i progetti fornendo "autorizzazioni efficienti e un migliore accesso ai finanziamenti" e consigliando, al contempo, che i finanziamenti siano disponibili attraverso i meccanismi esistenti. Semplificando: la politica dell'IRA è un sacco di incentivi finanziari, mentre il CRMA è più un regolamento normativo per il mercato.

Inoltre, per ottenere la disponibilità delle materie prime, sarà necessario impegnarsi a lungo termine e disporre di una opportuna struttura di stoccaggio per gestire ed arginare evoluzioni produttive: azioni che richiedono un solido background industriale. Si veda il recente caso del nichel dove in pochi anni l’Indonesia, sostenuta dal know-how, dal capitale e dai produttori cinesi, ha portato ad un mercato globale in eccesso di offerta che ha costretto alcune compagnie minerarie del “Club”, a mettere in cura e manutenzione numerose miniere a tempo indefinito: si pensi a BHP e Nickel West.

 

4. Un benchmark europeo per i prezzi dei metalli.

La proposta mira, ambiziosamente, a rimodellare il mercato europeo dei metalli critici stabilendo i parametri di riferimento per generare segnali di prezzo più affidabili per gli investitori, definendo pratiche minerarie responsabili e standard ESG armonizzati, che riflettano l'impegno dell'UE per l'estrazione sostenibile delle risorse.

Come sottolinea nel rapporto Mario Draghi, il mondo si sta fratturando lungo linee di faglia geopolitiche e militari ed una delle più profonde è rappresentata dai BRICS.I complessi minerari e di materie prime dei paesi BRICS si completano a vicenda per quanto riguarda l'estrazione e la produzione di minerali critici e la loro finalità è di espandere il commercio reciproco di materie prime minerali e metalli allo scopo di garantire la continuità delle forniture e la stabilità dei prezzi.

Senza un approvvigionamento sicuro di metalli, senza raffinerie e fonderie, senza le conoscenze tecnologiche per produrre, ad esempio, magneti permanenti o anodi e con una carenza strutturale di competenze nell’industria mineraria, pensare che la Commissione europea sia in grado di condizionare il mercato globale dei metalli pare più un proposito velleitario che una concreta soluzione.