OBIETTIVI DI DECARBONIZZAZIONE
Ripubblichiamo un editoriale della Staffetta Quotidiana (19 marzo ’24) perché ci colpisce che una testata giornalistica con un punto di vista molto diverso dal nostro – e, tuttavia, con una redazione connotata da onestà intellettuale – giunga a porre le stesse questioni, in tema di rinnovabili elettriche intermittenti, che l’Astrolabio e gli Amici della Terra pongono da più di un decennio, apparentemente ignorati dalla politica. L’invasione di tralicci e pannelli in un territorio scarso e pregiato non si può più ignorare.
In Copertina: Foto Xinhua - nuovo paesaggio cinese
Uno dei problemi dell'informazione sull'energia è che si tratta di una materia oggettivamente complicata, con cui non molti hanno familiarità e in cui, ad esempio, non è semplice procurarsi i dati essenziali in modo autonomo e affidabile. Una conseguenza, per i giornalisti, è la necessità di rivolgersi a soggetti che sono parte in causa nel mercato, trovandosi davanti al dilemma tra non riuscire a sapere/capire e il proverbiale rischio di chiedere all'oste come sia il vino.
Un caso esemplare è la narrativa, diffusa e anzi dominante, sul ritardo sempre "cronico" dell'Italia sulle rinnovabili. Un refrain ricorrente in particolare è che, in Italia, i grandi impianti utility scale siano al palo e che il settore non si muova essenzialmente per una disfunzione del sistema autorizzativo, che non rilascia titoli.
Lo ha detto, ad esempio, Elettricità Futura in un recente (e ben fatto) articolo di Reuters, in cui si citano dati dell'associazione di imprese Solar Power Europe.
In effetti, una maniera di leggere i dati - che alla fonte sono gli stessi pubblicamente disponibili in Italia, ma non facilissimi da conoscere ed elaborare in modo indipendente - è che dal 2016 la Germania e la Spagna hanno installato 20 GW di grandi impianti e l'Italia molti di meno, e ricavarne così l'impressione di un grave ritardo, che il nostro Paese non sta facendo abbastanza per recuperare.
Un'altra maniera, nel contempo, è guardare cosa sta succedendo da un paio d'anni a questa parte, trovando invece un quadro completamente diverso.
Secondo i dati di Terna, nel 2023, sono entrati in funzione 5,7 GW di nuovi impianti da rinnovabili di cui 5,3 GW di impianti solari e, tra questi, la quota degli impianti sopra 1 MW è più che raddoppiata (+105%), crescendo in percentuale più del residenziale fino a 20 kW, la famosa categoria "superbonus" (+103%) e non molto meno di quella che è la prima taglia per fattore di crescita, la commerciale/industriale tra 20 kW e 1 MW (+125%).
Anche se la quota di nuovo installato sopra 1 MW è ancora sotto le altre due categorie (+1,2 GW i grandi impianti contro +2,3 GW del residenziale e +1,8 GW per l'industriale/commerciale, quest'ultimo a riprova peraltro dell'infondatezza dell'altro refrain "è tutto superbonus") questi numeri non restituiscono certo l'immagine di un settore che vada a rilento, specie se si considera che, a fine 2023, c'erano altri 6,1 GW di progetti rinnovabili di grande taglia (di cui 4,7 GW solari) che aspettano solo l'avvio del cantiere, perché già provvisti di autorizzazione e di soluzione di connessione alla rete. Un altro dato ufficiale e pubblico, di cui il nostro giornale dà sistematicamente conto ma per lo più ignoto ai cittadini/lettori.
In conclusione: 5,7 GW di rinnovabili installate nel 2023 e 6,1 GW che, già a gennaio 2024, attendevano solo la decisione di investimento delle aziende sono in linea con i 10 GW necessari a centrare gli obiettivi 2030 (i 12 di cui si parla sempre andrebbero ben oltre)? Evidentemente ancora no. Ma questo significa che il settore dei grandi impianti non si muove, ostacolato da un sistema autorizzativo che non funziona? A meno di mettersi a litigare coi numeri, si sarà costretti ad ammettere di no. Sarà stato vero qualche anno fa, da oltre un anno non è più così e l'accelerazione è evidente - accelerazione, peraltro, che invece non si vede in altre tecnologie green come il biometano.
Il fatto è che sarebbe arrivato il momento di modificare il racconto che gli stessi protagonisti fanno del loro settore, inserendo nel quadro anche altri elementi, ad esempio che il raggiungimento degli obiettivi al 2030/50 pone una questione reale, spesso liquidata come pretestuosa, di concorrenza tra finalità diverse per l'utilizzo di una risorsa scarsa - il territorio - tra energia/decarbonizzazione (e libertà di impresa) da una parte, agricoltura, beni culturali e paesaggistici dall'altra.
Il problema - che peraltro non è uguale in tutti i Paesi, a meno di sostenere che le pianure dell'entroterra spagnolo ci sono anche da noi - si sta ponendo ovunque ci si confronti seriamente con la transizione.
Lo scorso autunno, ad esempio, un altro Paese in cui il paesaggio ha un ruolo non piccolo nell'interesse nazionale, la Svizzera, ha varato una proposta di legge per favorire lo sviluppo di grandi impianti rinnovabili, mostrando con la forza dei numeri che senza di essi, e in parallelo con la chiusura del nucleare prevista nel corso del prossimo decennio, il sistema tra qualche anno non avrà abbastanza energia, a meno di dipendere troppo dall'estero. Dopo poche settimane, organizzazioni per la tutela del paesaggio hanno raccolto 63mila firme per sottoporre la norma a referendum, che si svolgerà a giugno. Il governo e il parlamento sono intervenuti di nuovo ieri a difesa della proposta, e con ottimi argomenti.
Impossibile negare però che lì, come in Italia o altrove, la questione esiste e non si lascia liquidare, né con la retorica complottista dei "nemici delle rinnovabili" né con semplici appelli alle semplificazioni autorizzative, ma deve essere affrontata con gli strumenti della politica.