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2025-02-13 11:13

Tutto Quello Che Non Volevate Sapere su Bologna 30 km/h

POLITICHE PUBBLICHE ED EVIDENZE

di: 
Francesco Ramella*

L'imposizione di un limite di 30 km/h a gran parte della rete stradale di Bologna ha suscitato un ampio dibattito. Ma è una scelta giustificata dall'evidenza? Riprendiamo integralmente il paper pubblicato dall'Istituto Bruno Leoni in partnership con Bridges Research, dove l’autore fa il punto sia sulla decisione presa, sia sulle modalità attraverso le quali simili scelte vanno compiute. L'analisi dei costi e dei benefici mostra che "escludendo dal provvedimento la rete principale, il bilancio risulta positivo con benefici pari a quasi il doppio dei costi".

Foto di Copertina: Flickr (https://www.flickr.com/photos/viator-things-to-do/11343213415 )

 

L’estensione del limite di velocità di 30 km/h a gran parte della rete stradale della città di Bologna ha suscitato un aspro dibattito nazionale. Al solito, con molta propaganda e pochi dati alla mano. Eppure, questa volta gli elementi quantitativi per giudicare la politica adottata sono disponibili nell’analisi costi-benefici redatta dal Comune. Escludendo dal provvedimento la rete principale, il bilancio risulta positivo con benefici pari a quasi il doppio dei costi.

Ma è giusto mettere sui due piatti della bilancia la maggior sicurezza e la minor velocità? Sì, è quello che tutti facciamo nelle nostre scelte individuali. E, qualora si decidesse di non farlo, si dovrebbe coerentemente arrivare alla conclusione che la condizione ottimale è quella con mobilità zero: un lockdown universale e perpetuo le cui conseguenze sono facilmente immaginabili. Verremmo privati di tutti i benefici, anche in termini di aspettativa di vita, che l’attuale sistema di mobilità con una forte componente di trasporto privato motorizzato rende possibili.

Valutare e soppesare costi e benefici è forse il modo peggiore di prendere una decisione collettiva, a eccezione di tutti gli altri.

 

1. Si finisce sempre per buttarla in politica

Intervistato dal Resto del Carlino, Matteo Salvini ha dichiarato che: “sarà un danno per tutti”. Gli ha replicato su Repubblica Valentina Orioli, assessore alla mobilità del Comune di Bologna, dicendo che: “conviene a tutti”. Legambiente, sostenendo di smontare le fake news, è riuscita confezionarne due in un colpo solo sul Fatto Quotidiano: “non si impiega più tempo e si abbattano gli incidenti mortali”. E il “libertario cocciuto e impenitente” Pierluigi Battista su Huffington Post si è dichiarato a favore del provvedimento perché consentirebbe di evitare una “spaventosa carneficina di giovani investiti e uccisi”.

L’elenco potrebbe continuare a lungo. La propaganda, come accade quasi sempre, ha avuto la meglio anche sul tema dell’estensione del limite dei 30 km/h a buona parte delle strade di Bologna. Gaber potrebbe aggiungere un’altra strofa a “Destra-sinistra” (e centro).

Proviamo allora a dare uno sguardo alla realtà, certo meno suadente degli slogan

 

2. L’incidentalità stradale in Italia e nelle grandi città

Non c’è dubbio che l’incidentalità rappresenti ancora oggi un problema grave, forse il più rilevante e sottovalutato nel quadro delle politiche della mobilità. Anche in questo ambito, però, come nel caso dell’inquinamento atmosferico, negli ultimi decenni sono stati fatti molti progressi.

L’anno peggiore in Italia fu il 1971 con oltre diecimila morti sulle strade. Nel 2001 si registrarono 7.096 vittime in incidenti stradali; nel 2022 i morti sono stati 3.159 (tra cui 485 pedoni) il valore più basso degli ultimi 70 anni fatta eccezione per il 2020 e il 2021, anni caratterizzati da un livello di mobilità molto inferiore alla media a causa delle restrizioni introdotte a seguito della pandemia. Da inizio secolo i feriti sono diminuiti da 373 a 223mila. In termini percentuali il numero di morti è quindi calato del 56% e quello dei feriti del 40% (Figura 1). Una tendenza analoga si registra nelle nove maggiori città dove il numero di vittime è sceso da 687 nel 2001 a 327 nel 2022 (Figura 2).

Nel caso specifico di Bologna, nel primo triennio del secolo i morti furono in media 39 e nell’ultimo pre-Covid pari a 19 (e 22 nel 2022). Nella stessa città i pedoni vittime di incidenti stradali sono stati in media 5,8 tra il 2010 e il 2022 con un minimo pari a due nell’ultimo biennio.


3. “Città 30” a Bologna: che cosa dice l’analisi costi-benefici

Il Comune di Bologna (2023) ha predisposto una valutazione economica del provvedimento adottato. I dati contenuti nel documento smentiscono pressoché tutte le affermazioni riportate nel primo paragrafo. Non è vero che tutti saranno avvantaggiati. Non è vero che verranno abbattuti gli incidenti mortali. Non è vero che non aumenteranno i tempi di percorrenza. E, come ovvio, neppure è vero che sarà un danno per tutti.

Come sempre, al contrario di quanto accade in uno scambio di mercato che è benefico per tutte le parti interessate, un provvedimento che venga imposto da un soggetto pubblico – divieto, obbligo, sussidio, ecc. - comporta effetti negativi per qualcuno e positivi per qualcun altro.

Il caso di Bologna non fa eccezione. La valutazione condotta non contiene una stima della riduzione del numero di morti attesa in quanto si tratta di “valori troppo bassi per ottenere delle stime attendibili” (Comune di Bologna, p. 15). I benefici del provvedimento sono rappresentati da:

• riduzione del numero di incidenti e feriti;

• riduzione delle esternalità ambientali;

• aumento del benessere psicofisico legato alla maggior attività fisica.

Il costo è determinato dall’aumento dei tempi di spostamento per auto, veicoli commerciali e passeggeri del trasporto pubblico, dalla perdita di gettito fiscale e dalla riduzione di benessere correlata agli spostamenti che, a seguito dell’incremento dei tempi di percorrenza, non saranno più effettuati. L’applicazione del provvedimento all’intera rete stradale avrebbe comportato un bilancio marginalmente negativo, con un rapporto benefici/costi pari a 0,98.

Tale risultato è la differenza di due componenti di segno opposto: si è verificato che sulla rete principale il provvedimento produce molti più costi che benefici, mentre sulle altre reti si registra l’opposto. Ciò avviene perché:

- per la rete principale le velocità sono più elevate, e così di conseguenza i costi dei ritardi, mentre l’incidentalità è proporzionalmente meno presente stante la minor presenza di attività, di pedoni e di ciclisti lungo le strade, e così di conseguenza i benefici legati alla sua riduzione;

- per la rete secondaria avviene il contrario, cioè le velocità sono già ridotte, e così di conseguenza l’ammontare dei ritardi, mentre l’incidentalità è proporzionalmente molto più elevata, e così di conseguenza i benefici;

- per la rete locale i ritardi sono praticamente inesistenti, ma anche l’incidentalità è meno presente, oltre a essere meno significativa la sua riduzione per effetto dei nuovi limiti. (Comune di Bologna, p. 4).

Alla luce di tale evidenza emersa dall’analisi, il Comune ha deciso di escludere la rete principale dal provvedimento che, nella configurazione adottata, risulta avere benefici pari a quasi il doppio dei costi (Figura 3).

 

L’analisi stima che, grazie al provvedimento, il numero di incidenti annuo si riduca di 239 unità (-15%) e il numero di feriti di 299 (-17%). Si ipotizza un enforcement blando della nuova regolamentazione (il cui limite effettivo è di 35 km/h poiché il codice della strada prevede un margine di tolleranza del 5% con un minimo di 5 km/h) e una variazione della velocità media molto contenuta: sulla rete secondaria si passa da 34,5 a 33,2 km/h e su quella locale da 28,6 a 28,1 km/h. L’aumento dei tempi di percorrenza è stimato pari in media a 24 secondi per utente al giorno, cioè 12 secondi per singolo viaggio.

Uno degli elementi su cui si basa la valutazione dei benefici del provvedimento è la definizione dello scenario di riferimento ossia di quale sarebbe l’evoluzione della mobilità e della incidentalità in assenza di intervento. Nell’analisi si è utilizzato come termine di paragone la situazione esistente evidenziando che “[relativamente] alla composizione dei benefici, in larghissima misura determinati dalla riduzione dell’incidentalità, occorre infatti tenere presente che questo beneficio potrebbe doversi ridimensionare in uno scenario ben auspicabile di riduzione generalizzata del fenomeno conseguente ad altre concomitanti politiche di controllo oltre che di evoluzione tecnologica degli autoveicoli” (Comune di Bologna, p. 23).

Le stime contenute nell’analisi possono essere poste a confronto con i dati relativi alla città di Olbia che ha introdotto il limite di 30 km/h sulla rete stradale nel mese di giugno 2021. ISTAT rende disponibili i dati relativi al numero di morti e di feriti per gli anni 2001-2005 e 2017-2022 (il database non contiene i valori per gli anni intermedi). Escludendo i valori relativi al biennio 2020-2021 caratterizzato da una forte riduzione della mobilità, si verifica che (Figura 4):

A. nel quinquennio 2001-2005 le vittime di incidenti stradali sono state pari in media a 10,2; nel triennio 2017-2019 hanno perso la vita in media 3,7 persone e nel 2022 si sono registrati tre morti;

B. negli stessi periodi, i feriti sono stati rispettivamente 450, 393 e 365.

Tali elementi non consentono di trarre conclusioni sulla efficacia della misura adottata ma paiono compatibili con l’ipotesi di un effetto positivo in termini di riduzione della incidentalità analogo a quello prospettato nell’analisi costi-benefici del Comune di Bologna.


Poiché il provvedimento adottato a Bologna avrà come effetto anche uno spostamento modale da trasporti collettivi (verosimilmente prevalente) e dall’auto alla bici è ragionevole ipotizzare un effetto negativo dello stesso sotto il profilo della sicurezza.


4. Si possono mettere sulla stessa bilancia velocità e sicurezza?

Ma si possono davvero mettere sullo stesso piano (maggior) velocità e (minor) incidentalità, soprattutto quando il prezzo da pagare in termini di maggior tempo è così modesto? Nell’analisi costi benefici si pone il problema in questi termini: “La consistente perdita di surplus emersa nella valutazione è infatti determinata sulla base di un valore standard del tempo, indipendente dalla dimensione assoluta della variazione del tempo stesso; ma la variazione di benessere così valutata dovrebbe rappresentare l’utilità dell’impiego alternativo del tempo, fosse pure l’ozio; ed essendo i tempi di cui si tratta pari a 24” medi per utente/giorno, cioè 12” per singolo viaggio, è ragionevole domandarsi quale sia un possibile impiego alternativo realisticamente realizzabile e, di conseguenza, quale sia la perdita di surplus realmente percepita e il danno sociale effettivamente procurato” (Comune di Bologna, p. 25).

L’obiezione non sembra priva di ragionevolezza e il tema era stato già posto in un articolo scientifico di molti anni fa (Hauer, 1994) che si domandava se il tempo risparmiato cumulativamente con la sostituzione di un segnale di STOP con uno di “precedenza” fosse comparabile con la perdita di una vita umana come conseguenza del maggior livello di rischio.

Ma, qualora si assumesse come non accettabile il trade-off tra un miglioramento della sicurezza e un piccolo aumento dei tempi di percorrenza, ne conseguirebbe che ogni riduzione della velocità sarebbe auspicabile: il limite da 30 km/h potrebbe essere portato a 29, poi a 28 e così via fino ad azzerare la mobilità e così l’incidentalità da essa provocata. Si può altresì notare che un trade-off tra sicurezza, velocità e altre caratteristiche di uno spostamento viene abitualmente effettuato da ciascuno di noi nella scelta del modo di trasporto. La sicurezza non è di norma il parametro ritenuto più rilevante.

Ad esempio, sappiamo che la maggioranza delle persone preferisce l’auto ai trasporti collettivi nonostante questi ultimi garantiscano un livello di sicurezza molto superiore. Allo stesso modo si comporta chi, potendo scegliere tra mezzi pubblici e bicicletta, opta per quest’ultima modalità che presenta un livello di rischio di due ordini di grandezza superiore[1] (Figura 5).

Poiché il provvedimento adottato a Bologna avrà come effetto anche uno spostamento modale da trasporti collettivi (verosimilmente prevalente) e dall’auto alla bici è ragionevole ipotizzare un effetto negativo dello stesso sotto il profilo della sicurezza.

 

5. Incentivare l’uso della bicicletta è una buona idea?

Un maggior uso delle due ruote viene peraltro sostenuto da molte amministrazioni locali in Italia e in Europa, spesso sulla base di motivazioni di carattere ambientale. Il più recente piano per il clima della città di Parigi, ad esempio, considera l’aumento dell’uso della bicicletta come un elemento cardine.

Si tratta di una politica al contempo inefficace e inefficiente. Inefficace perché la quota di domanda di trasporto su auto a scala mondiale (l’unica rilevante per quanto riguarda le emissioni di CO2) che può essere sostituita dalla bicicletta è pari a pochi punti percentuali come risulta evidente dalle esperienze pluridecennali di Olanda e Danimarca, Paesi nei quali le percorrenze complessive in auto sono del tutto paragonabili a quelle degli stati europei dove la ciclabilità è molto più limitata.

Nella Roadmap per conseguire il net zero al 2050 l’IEA (2021) prevede che il contributo della cosiddetta mobilità dolce (spostamenti a piedi e in bicicletta) alla riduzione delle emissioni aumenti fino a circa 170 milioni di tonnellate al 2030 per poi calare rapidamente come conseguenza della elettrificazione del parco veicolare. Considerato che le emissioni totali del trasporto stradale nel mondo sono oggi pari a poco meno di 6 miliardi di tCO2eq, un aumento degli spostamenti a piedi e in bici inciderebbe sulla transizione in misura quasi trascurabile. Inoltre, nel caso dell’Italia e dell’Europa, un minor uso dell’auto a favore della bici o dei trasporti collettivi comporta una perdita di entrate fiscali per l’Erario pari a circa 300€/ tCO2; con tali risorse sarebbe possibile ridurre un multiplo delle emissioni evitate.

Sostanzialmente trascurabile è anche l’effetto sull’inquinamento locale. Si può facilmente prevedere che a Bologna, al netto delle diverse condizioni atmosferiche, la qualità dell’aria del 2024 sarà un po’ migliore di quella dell’anno scorso: il trend di lungo periodo è determinato quasi esclusivamente dalla innovazione tecnologica dei veicoli e negli altri settori.

Un maggior uso della bici sembra difficilmente compatibile con l’obiettivo di arrivare, sempre al 2050, a zero morti sulle strade (Wegman e Schepers 2024). Nel caso dell’Olanda, ad esempio, mentre il numero di morti tra coloro che si spostano in auto si è ridotto tra il 1996 e il 2022 da 609 a 205, le vittime tra i ciclisti risultano in aumento nell’ultimo decennio e nel 2022 sono risultate pari a 291 (di cui 141 causate da incidenti con auto) il valore più alto del periodo analizzato. In rapporto alla popolazione è come se in Italia vi fossero state mille vittime tra i ciclisti a fronte delle 185 effettivamente registrate pur in presenza di un tasso di mortalità molto più elevato e in ragione dell’uso molto più limitato della bicicletta.


6. La velocità è ricchezza (e vita)

Come abbiamo visto nei paragrafi precedenti e come d’altra parte suggerisce il semplice buon senso, provvedimenti che riducono la velocità e, ancor più, la mobilità in auto comportano un miglioramento delle condizioni di sicurezza e viceversa. L’effetto diretto sulla incidentalità non è però l’unico rilevante in un bilancio complessivo di aspettativa di vita per la popolazione interessata. La possibilità di spostarsi più velocemente è un fattore che influisce sulla produttività e, quindi, sulla creazione di ricchezza.

Prud’Homme e Lee (1999) stimano che un aumento del 10% della velocità media di spostamento in una città comporti una crescita della produttività pari al 2,9%. Lo sviluppo della mobilità privata negli ultimi decenni ha avuto un ruolo decisivo nell’aumento della velocità media degli spostamenti che, nelle città europee, è indicativamente aumentata dai 10 km/h a metà dello scorso secolo a più di 30 km/h.

È significativo al riguardo un dato relativo all’area centrale[2] di Bologna dove, grazie anche alla presenza di un anello autostradale, per uno spostamento di 10 km si impiegano mediamente 14,5 minuti (TomTom, 2024) corrispondenti a una velocità media di spostamento di 41 km/h che sale a 46 km/h se si considera l’intera area metropolitana.

Tale velocità è di molto superiore a quella che può essere garantita dagli altri modi di trasporto come attesta, ad esempio, un confronto relativo agli spostamenti sulle brevi distanze in Francia (Figura 8).

E il livello di reddito è positivamente correlato all’aspettativa di vita. Per fare un esempio tra i tanti possibili, nel Nord Italia, relativamente più inquinato delle altre aree del Paese, l’aspettativa di vita è di tre anni superiore a quella delle regioni meridionali più povere (OECD 2019). In modo quindi indiretto, non facilmente quantificabile ma non per questo meno reale, imporre restrizioni alla mobilità individuale comporta effetti negativi sulla aspettativa di vita delle persone.


7. Conclusioni

L’estensione del limite di 30 km/h a gran parte della rete stradale di Bologna è divenuto un caso nazionale con abbondante ricorso ad argomentazioni propagandistiche sia da parte dei contrari sia di coloro che sostengono il provvedimento. Affermazioni che possono essere confutate grazie al fatto che è stata redatta un’analisi costi-benefici del provvedimento.

L’analisi, oltre ad avere consentito di “tarare” meglio il provvedimento escludendo dall’applicazione del limite le strade principali (dove i costi della misura superano i benefici), può:

A. essere oggetto di discussione nel merito (anche se sarebbe stata auspicabile una più ampia diffusione del documento prima dell’attuazione del provvedimento);

B. costituire un termine di riferimento per una valutazione ex-post della misura adottata che potrebbe, alla luce degli effetti realmente conseguiti, essere confermata oppure rivista.

 I numeri disponibili ci dicono che l’estensione del limite non avrà né effetti catastrofici sulla circolazione e neppure farà miracoli in termini di sicurezza.

L’impatto negativo sulla circolazione e quello positivo sulla incidentalità sono relativamente modesti (anche perché si è ipotizzato un blando enforcement della misura) e dello stesso ordine di grandezza con una forte prevalenza dei benefici sui costi. In uno scenario di maggior enforcement delle regole esistenti e di innovazione tecnologica dei veicoli i benefici sarebbero più ridotti.

Vi è un trade-off tra sicurezza e velocità di spostamento: riducendo ulteriormente il limite o facendolo rispettare con più severità aumenterebbero i benefici per la sicurezza e i costi (tempi) di spostamento.

Non ogni provvedimento in favore della sicurezza può essere ritenuto auspicabile: se così fosse, lo scenario ideale sarebbe quello con zero mobilità per qualsiasi modo di tra[1]sporto con conseguenze sul benessere e la vita delle persone facilmente immaginabili. Il trasporto individuale garantisce una velocità di spostamento media molto maggiore degli altri modi e, grazie a essa, una maggior produttività, produzione di ricchezza e, indirettamente, aspettativa di vita. Ogni restrizione dell’uso dell’auto in favore della sicurezza o della riduzione dell’impatto ambientale non dovrebbe trascurare questo effetto anche se “non si vede”.

Parafrasando Milton Friedman, si potrebbe concludere che chi mette la sicurezza assoluta prima della velocità e dell’efficienza non otterrà né l’una né l’altra. E, con Churchill, che l’analisi costi-benefici è probabilmente il peggior sistema per adottare decisioni collettive soppesando gli interessi dei soggetti coinvolti, ad eccezione di tutti gli altri.

Al contrario di quanto sostiene chi è schierato senza se e senza ma da una parte o dall’altra, le valutazioni e le decisioni in merito a come meglio regolare il traffico in città dovrebbero essere lasciate al livello di governo più vicino, ovvero i singoli comuni o aree metropolitane, senza interferenze che siano obblighi, divieti o finanziamenti statali.

 

*Francesco Ramella è direttore esecutivo di Bridges Research e Research Fellow dell’Istituto Bruno Leoni

 

Note

[1] Un confronto più preciso imporrebbe di tenere conto della diversa distanza percorsa complessiva (più breve nel caso della bicicletta) e degli spostamenti a piedi per raggiungere il nodo di accesso del trasporto pubblico e per andare da quello di egresso alla destinazione finale

[2] Definita come un cerchio di raggio di 5 km dal centro della città

 

Riferimenti bibliografici

- Bigo, A. 2020. Les transports face au défi de la transition énergétique. Explorations entre passé et avenir, technologie et sobriété, accélération et ralentissement.

- Central Bureau of Statistics, 2023. More road deaths in 2022, especially cycling victims over the age of 75. https://www.cbs.nl/nl-nl/nieuws/2023/16/meer-verkeersdoden-in-2022-vooral-fietsende75-plussers-vaker-slachtoffer  .

- Comune di Bologna, 2023. Piano Particolareggiato per l’implementazione della Città 30. Volume I - Allegato A Stima dell’impatto della Città 30 sul benessere sociale, Polinomia Srl. https://t.co/LYQ5CRU2Uh .  

- Hauer, E. 1994. Can one estimate the value of life or is it better to be dead than stuck in traffic?, Transportation Research Part A: Policy and Practice, Volume 28, Issue 2, 109-118.

- IEA, 2021. Net Zero by 2050. A Roadmap for the Global Energy Sector. https://iea.blob.core.windows.net/assets/deebef5d-0c34-4539-9d0c-10b13d840027/NetZeroby2050-ARoadmapfortheGlobalEnergySector_CORR.pdf  

- ISTAT, 2024. Rilevazione degli incidenti stradali con lesioni alle persone http://dati.istat.it/Index.aspx?DataSetCode=DCIS_INCIDENTISTR1&Lang=it#  

- ITF, 2019. Road Safety in European Cities: Performance Indicators and Governance Solutions, International Transport Forum Policy Papers, No. 67, OECD Publishing, Paris. https://www.itf-oecd.org/sites/default/files/docs/road-safety-european-cities-performance-indicators.pdf  

- Prud’homme, R., & Lee, C.-W., 1999. Size, Sprawl, Speed and the Efficiency of Cities. Urban Studies, 36(11), 1849-1858.

- TomTom, 2024. Bologna traffic index https://www.tomtom.com/traffic-index/bologna-traffic/  

- OECD/European Observatory on Health Systems and Policies, 2019. Italy: Country Health Profile 2019, State of Health in the EU, OECD Publishing, Paris/European Observatory on Health Systems and Policies, Brussels. https://eurohealthobservatory.who.int/publications/m/italy-country-health-profile-2019  

- Wegman, F., Schepers, P., 2024. Safe System approach for cyclists in the Netherlands: Towards zero fatalities and serious injuries?, Accident Analysis & Prevention, Volume 195.