AUTOMOTIVE EUROPEA
Nel corso della XV Conferenza per l’efficienza energetica sono emersi contenuti fortemente critici sulla recente regolamentazione europea dell’automotive, orientata ad imporre tecnologie “electric only”. L’autore, Founder di MS-Italiainvestimenti, trae le conclusioni del dibattito raccomandando una revisione delle normative ispirata alla neutralità tecnologica, per una riduzione effettiva delle emissioni climalteranti del settore dei trasporti.
Foto di Copertina: Beverly Boy production
Dalla Conferenza Nazionale per l’Efficienza Energetica 2023 è emersa un’analisi particolarmente lucida sullo stato delle cose in materia di transizione energetica nel campo dell’automotive. La sessione ad essa dedicata – che ho avuto l’onere e onore di coordinare - ha per la prima volta messo a confronto le 4 filiere strategiche impegnate nella governance del processo di innovazione tecnologica del comparto - chiamato anch’esso a dare un contributo importante per il perseguimento degli obiettivi di decarbonizzazione - ossia le filiere dei Costruttori/Dealer, delle Energy Company, degli Operatori e dei Lawmaker istituzionali. Dal dibattito che si è sviluppato sono emerse tante questioni di rilevanza strategica, che spiccano soprattutto per la loro totale incompiutezza.
Scelte UE astratte e superficiali sull’ automotive
L’intero dossier della transizione ecologica dell’automotive sta ruotando attorno alle scelte regolamentari definite finora a livello comunitario secondo formule che appaiono agli occhi del mercato reale come del tutto astratte e superficiali.
Una impostazione regolamentare che si sta fondando essenzialmente su deadline temporali imposte sulla base di criteri indefiniti (ad esempio, l’ormai fatidico phase-out dei motori endotermici al 2035, per autovetture e veicoli commerciali leggeri) e su imposizioni manichee di alcune tecnologie, essenzialmente quella BEV (Battery Electric Vehicle), a scapito di altre altrettanto (se non più) razionali ed efficaci ai fini dei target di decarbonizzazione del sistema dei trasporti su strada, quali soprattutto quelle che utilizzano vettori rinnovabili (Biocarburanti, Biometano, Bio-LNG, Carburanti sintetici).
C’è ancora uno spazio residuale per cercare di correggere un impianto normativo che si è sviluppato – in diversi ambiti della regolamentazione - su basi del tutto estranee a valutazioni di natura tecnico-scientifica, in relazione alle esigenze di concreta riduzione delle emissioni di CO2 e di abbattimento delle emissioni degli inquinanti.
In particolare, è ancora possibile correggere un’impostazione regolamentare che impone di fatto l’opzione tecnologica dell’”electric-only”, ossia dell’obbligo di immatricolare solo veicoli BEV “zero emission”, che tuttavia zero emission non sono, nonostante il tailpipe di questi veicoli non emetta nulla.
Strabismo normativo sui veicoli elettrici
Si tratta, infatti, di veicoli che sono alimentati da energia elettrica di fonte prevalentemente fossile (intorno al 70%, se si considera il mix energetico medio in Europa, che arriva all’80/85% se si considera la scala globale) e che richiedono enormi quantità di materie prime rare e di energia (prevalentemente di fonte fossile, appunto) per costruire, assembleare, distribuire e smaltire le pesanti batterie che rappresentano il componente principale dei veicoli BEV. Vi è quindi un profondo strabismo, anche e soprattutto di tipo normativo.
Da una parte, vengono normati i target di decarbonizzazione con la Direttiva RED III (Renewable Energy Directive) che, nei suoi allegati tecnici, indica tutti i vettori energetici da diffondere e sviluppare nel settore dei trasporti ai fini della decarbonizzazione del comparto, ivi incluse tutte le tipologie di Biofuel, con tanto di quantificazione della CO2 risparmiata che ciascun prodotto può consentire.
Dall’altra parte, viene imposta la sola tecnologia BEV (in prospettiva, anche la tecnologia FCEV – Fuel Cell Electric Vehicle, alimentata ad idrogeno), definita surrettiziamente “Zero Emission”, sia per le autovetture (LV, Light Vehicle) che per i veicoli pesanti (HDV, Heavy Duty Vehicle), con i rispettivi regolamenti sui target di emissione della CO2.
Si può ancora cambiare
Tale incongruenza normativa, su cui l’unica cosa che resta da chiedersi è come sia stato possibile arrivare ad un punto così confuso e controverso dopo anni di lavoro istituzionale, è ancora superabile? La risposta è sì. Infatti, i due regolamenti su LV e HDV – seppure in una diversa configurazione approvativa – lasciano aperto uno spiraglio per modificarne contenuti e target.
Il Regolamento n.851 del 19 aprile 2023 sui target di emissione dalla CO2 per il Light Vehicle (autovetture e veicoli commerciali leggeri) è stato ormai definitivamente approvato, ma all’art. 15 prevede la possibilità di modifica dell’intero regolamento da parte della Commissione UE già dal 2026, dopo apposite relazioni della Commissione che devono tener conto dell’evoluzione di ben 12 fattori di compatibilità rispetto ad un obiettivo di “progresso efficiente in termini di costi verso la neutralità climatica entro il 2050”.
Ancora più aperto appare il regolamento sui target di emissione dalla CO2 per gli HDV – Heavy Duty Vehicle (veicoli commerciali pesanti e autobus), che in realtà non è stato ancora approvato definitivamente e che attende la ratifica mediante il Trilogo di fine gennaio / inizio febbraio 2024.
Sia la proposta di testo dell’Europarlamento che in quello del Consiglio Ambiente degli Stati Membri – pur confermando nella sostanza l’impostazione “electric-only” indicata nella proposta della Commissione UE – vi sono diversi richiami alla necessità di individuare soluzioni tecniche in grado di considerare il contributo alla decarbonizzazione dei Biocarburanti, indicando al 2027 la possibilità di una revisione complessiva del Regolamento proposta dalla Commissione alla luce dei target di riduzione delle emissioni dei climalteranti nel “ciclo di vita” del veicolo (non più, quindi, solo al tailpipe).
Specie nel testo del Consiglio, vi è un’apertura a quella soluzione metodologica – sinora inspiegabilmente respinta – idonea per introdurre finalmente un approccio di natura pluri-tecnologica, ossia la metodologia di calcolo delle emissioni di CO2 che si basa su un “fattore di correzione” (Carbon Correction Factor), che tiene conto degli effettivi benefici generati dai carburanti rinnovabili, a prescindere dalla tecnologia del propulsore.
L’incompatibilità BEV per i veicoli pesanti
Quest’ultimo passaggio si rende indispensabile se si considera la sostanziale incompatibilità funzionale della tecnologia BEV per i veicoli pesanti. Infatti, se è vero che il veicolo elettrico presenta una migliore efficienza energetica (consuma meno KW/h a parità di veicolo) e se è vero che risulta silenzioso e ad emissioni zero di polveri e ossidi nel luogo dove è utilizzato, esso risulta particolarmente vantaggioso nell’uso in ambito urbano.
Ma sono altrettanto indiscutibili i limiti di carattere operativo, in termini di bassa autonomia, di elevato peso a terra, di altissimo costo d’investimento, di elevati tempi di ricarica, di scarsa capillarità e omogeneità delle infrastrutture di ricarica, di minore capacità di carico e di rapido degrado del valore dell’usato.
Questi gravi elementi limitativi di natura funzionale rendono del tutto inidoneo l’utilizzo della tecnologia BEV soprattutto per i veicoli pesanti, che richiedono quindi - anche per il futuro più remoto - la possibilità di accesso a quei Bio-fuel che, non solo contribuiscono alla decarbonizzazione assai più dell’elettrico di prevalente fonte fossile, ma che presentano valori di costo operativo e di funzionalità logistica compatibili con le missioni di trasporto dei veicoli commerciali pesanti e degli autobus di lungo raggio.
Basta infantilismo ideologico. Servono misure serie, coerenti, razionali e graduali
È quindi di vitale importanza per il futuro del comparto dell’automotive che la stagione dell’infantilismo ideologico lasci finalmente spazio ad una nuova stagione di misure serie, coerenti, razionali e graduali finalizzate non tanto a penalizzare questa o quella tecnologia motoristica, quanto a contribuire a raggiungere i target di decarbonizzazione per il sistema dei trasporti.
Per questo, sarà essenziale che le istituzioni UE che scaturiranno dal passaggio elettorale del giugno 2024 siano rappresentate da una classe politica più matura e consapevole di quella attuale, che – specie in materia di Green Deal nel comparto automotive e trasporti - ha dimostrato tutta la sua inadeguatezza, edificando un impianto normativo e di pianificazione confuso e contraddittorio, fortemente condizionato da pulsioni lobbistiche estranee ad una impostazione responsabilmente aderente alle valutazioni di natura tecnico-scientifica, oltre che dalle reali potenzialità dinamiche del mercato.
In conclusione, quello che serve è superare la logica della “transizione ideologica” per individuare soluzioni idonee per una concreta e ordinata “transizione energetica ed ecologica” finalizzata ai target di decarbonizzazione, in un quadro di sostenibilità economica, sociale e geopolitica.
*Massimo Santori, founder di MS-Italiainvestimenti, è stato responsabile “Mobility&Transport” del CRF – Centro Ricerche FIAT e responsabile nazionale “Institutional Relations” di CNH Industrial-IVECO