Oggi:

2025-02-19 08:59

Ripensare le Priorità Globali

IN VISTA DELLA COP28

di: 
Patrizia Feletig

The Alliance for Responsible Citizenship (ARC) chiede alla Banca Mondiale e al Fondo Monetario Internazionale un cambio di passo: anteporre la lotta alla povertà a qualsiasi altro obiettivo climatico globale perché questa è la strada più breve ed efficace per la risoluzione dei problemi dell’umanità e – anche – per la resilienza delle popolazioni più fragili agli effetti del cambiamento climatico. Ripubblichiamo da www.milanofinanza.it

In copertina: un'immagine dall'evento ARC 2023 - Panel Energy Trade-Offs (canale Youtube ARC

 

Quattro trilioni di dollari contro 35 miliardi. Questo è il diverso ordine di grandezza tra i fondi da investire ogni anno per attuare due diverse visioni di un mondo migliore.

Quattro mila miliardi di dollari è la stima degli investimenti in energie pulite secondo l’Agenzia Internazionale per l’Energia, IEA, necessari per raggiungere la neutralità carbonica entro metà secolo. Il traguardo per contenere l’aumento delle temperature medie globali entro il grado e mezzo e che, secondo le (vaghe) promesse dell’organizzazione intergovernativa porterà “alla creazione di milioni di nuovi posti di lavoro e all’aumento in modo significativo della crescita economica globale”.

Sull’altro piatto della bilancia invece, i fondi - di oltre cento volte inferiori - sufficienti per risolvere i tre principali problemi dell’umanità: eradicare povertà, eliminare la malnutrizione e combattere le malattie. Con il beneficio di salvare 4, 2 milioni di vite e generare un flusso di 1.100 miliardi di dollari di ricchezza nelle nazioni meno sviluppate. Tutti e tre rientrano nei 17 obiettivi dell’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile, così come lo è la lotta al cambiamento climatico.

Quest’ultimo però, “è un problema, ma non è la fine del mondo” afferma Bjorn Lomborg a una platea di 1500 delegati da 72 paesi confluiti a Londra per seguire conferenza ARC, The Alliance for Responsible Citizenship. Lomborg non è l’unico conferenziere tra i fisici, geologi, ingegneri energetici che sono saliti sul palco di questa tre giorni, a tenere propositi “eretici” rispetto alla narrazione dominante dai panel di Davos ai giornali occidentali, secondo cui non esiste alcun compromesso tra lo sviluppo economico dei paesi a basso e medio reddito e gli obiettivi di decarbonizzazione. Qui si chiede alla Banca mondiale e all’IMF un cambio di passo: anteporre la lotta alla povertà a qualsiasi altro obiettivo climatico globale perché questa è la strada più breve e efficace per la risoluzione dei problemi dell’umanità.

“Alcune cose sono difficili da risolvere, costano molto e aiutano poco. Altri problemi sappiamo come risolverli, a basso costo, con risultati notevoli. Dovremmo dare la precedenza a questi ultimi”. Nessun negazionismo ma un ripensamento delle priorità globali secondo il presidente del think tank danese Copenhagen Consensus, advisor di politici e filantropi ad ogni latitudine sulle misure più efficaci con risorse limitate.

Lomborg riconosce che il riscaldamento del pianeta moltiplica e aggrava gli eventi estremi come siccità, inondazione e tempeste, ma sottolinea come le vittime collegate a questi fenomeni siano diminuite del 98% rispetto a cent’anni fa. La maggiore resilienza alle catastrofi è l’effetto della riduzione della povertà che ha permesso la diffusione di sistemi di rilevamento precoce e il miglioramento delle infrastrutture di protezione.

“Dobbiamo risolvere il problema del cambiamento climatico ma dobbiamo farlo in modo intelligente” riconosce Lomborg.  Assoggettare all’imperativo dell’azzeramento delle emissioni climalteranti l’apparato degli aiuti internazionali non è un’operazione vincente. Né per la salute del pianeta che dipende dallo stock di emissioni e non solo dal flusso di quelle correnti, né per l’uscita dalla povertà di quei 3,7 miliardi di persone che sopravvivono con un consumo annuo di elettricità inferiore a quello assorbito da un grosso frigorifero in una cucina del mondo occidentale.

Energia abbondante e sicura è la chiave per il superamento della mortalità infantile, delle morti premature da inquinamento indoor con i focolari all’interno delle abitazioni alimentati da legno e biocombustibile, dell’analfabetismo, della fame, delle epidemie di tubercolosi e malaria.

Secondo uno scenario dell’IPCC, nel 2100, in assenza degli effetti del cambiamento climatico, il reddito medio globale crescerebbe di 3,5 volte. William Nordhaus, unico economista climatico vincitore di un premio Nobel, stima che anche considerando gli effetti del cambiamento climatico, il moltiplicatore non scenderebbe sotto le 3,34 volte.

È allora ragionevole dirottare trilioni di dollari da politiche di sviluppo reale a breve per miliardi di persone verso draconiani programmi di riduzione delle emissioni che non produrrebbero alcun impatto reale prima di una o più generazione? Questa la domanda che dovremmo porci noi benestanti occidentali nell’esportare misure di eco-colonialismo al resto del mondo.