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2024-03-28 17:08

Gas: Garantire le Forniture. Ma Anche il Prezzo

SICUREZZA ENERGETICA

di: 
Luigi De Paoli*

L’autore ha tratto per noi spunti e conclusioni da un articolo approfondito apparso sul numero 5/6-2022 di Nuova Energia dal titolo ”L’Italia e la Politica per la Sicurezza delle Forniture di Gas”. Superata l’urgenza di garantire gli approvvigionamenti per le stagioni invernali 2022 e 2023, a seguito della guerra in Ucraina, è auspicabile che vi sia chiarezza fra le misure prese in emergenza e ciò che invece è fatto come soluzione stabile.

Foto di Copertina:  Roy Luck, Flickr

Per esaminare in modo non congiunturale il problema della sicurezza delle forniture di gas a livello di un paese è necessario prestare attenzione a una duplice distinzione. In primo luogo, bisogna distinguere la sicurezza fisica dalla sicurezza economica. Sicurezza fisica significa capacità di disporre della quantità fisica necessaria per soddisfare la domanda. Sicurezza economica significa capacità di pagare il gas da parte dei consumatori per soddisfare i loro fabbisogni, capacità che dipende dai prezzi di approvvigionamento. In secondo luogo, bisogna distinguere tra condizioni “normali” e condizioni “eccezionali”. La distinzione tra “normale” ed “eccezionale” fa riferimento alla probabilità degli eventi che può essere calcolata statisticamente per i fenomeni ripetuti, ma può difficilmente essere stabilita per eventi molto rari (i cd “cigni neri”). Il prodotto tra la probabilità e l’impatto degli eventi indica l’entità dei rischi e il confronto tra i rischi e i costi per mitigarli permette di definire quali iniziative sia bene adottare o scartare.

 

La sicurezza economica ovvero il problema del prezzo

La definizione di una politica per la sicurezza delle forniture di gas nell’Unione Europea -e di conseguenza nei paesi membri come l’Italia- si è concentrata quasi esclusivamente sulla sicurezza fisica da garantire anche in caso di eventi rari o eccezionali. Tale scelta appare comprensibile, ma dà per scontato che i soggetti di domanda e offerta siano in grado di far fronte autonomamente alle variazioni “normali” delle condizioni di mercato e soprattutto di affrontare andamenti eccezionali dei prezzi.

La crisi del mercato del gas tra la metà del 2021 e l’inizio del 2023 (ammesso e non concesso che si stia ormai tornando in un nuovo periodo di “normalità”) è venuta a smentire la convinzione che le politiche adottate fossero in grado di garantire “in modo adeguato” la sicurezza fisica e soprattutto quella economica. La politica europea, basata sull’assunto che il mercato sia sempre e comunque in grado di portare solo benefici ai consumatori, ha promosso anche nel settore del gas la spinta verso contratti di breve termine e la dissoluzione per quanto possibile del potere di mercato degli acquirenti-importatori anche a fronte dell’impossibilità di ottenere una simmetrica dissoluzione del potere di mercato dei venditori-esportatori. Il susseguirsi di alcuni eventi difficilmente prevedibili quali la pandemia da febbraio 2020, l’apparire di uno squilibrio domanda-offerta nella seconda parte del 2021 e infine lo scoppio della guerra russo-ucraina hanno smentito l’assunto europeo, in particolare per quanto riguarda il livello dei prezzi e la loro volatilità che hanno raggiunto valori mai toccati prima e difficilmente sopportabili dai consumatori.

Se si osservano i prezzi medi mensili del gas in Italia (senza considerare quelli giornalieri il cui andamento è stato ancora più ballerino) nel periodo tra il 2019 (ultimo anno pre-pandemia) e oggi (maggio 2023) appare evidente l’estrema volatilità provocata dai fenomeni sopra accennati (vedi tab. 1). Nel 2019, prima della pandemia, il prezzo medio all’ingrosso del gas è stato di 19 €/MWh. Tale valore è rappresentativo del prezzo medio nel decennio precedente, anche se, sia nel 2019 che negli anni precedenti, oscillazioni di più o meno il 20% rispetto al prezzo medio annuale sono da considerarsi “normali” nel mercato del gas: non può invece essere considerato “normale” ciò che è accaduto nei tre anni successivi. Nel 2020, dopo lo scoppio della pandemia e il conseguente crollo della domanda, il prezzo è sceso fino a 6 €/MWh. Questo livello dei prezzi ha ulteriormente bloccato tutti gli investimenti, già molto ridotti in Europa date le politiche promosse dall’UE, ponendo le basi per un forte rimbalzo.  Nel 2021, con la ripresa della domanda legata alla ripresa economica e con il concorso di altre circostanze sfavorevoli (livelli di stoccaggio bassi, produzione eolica molto bassa) si è manifestato, specie nel secondo semestre 2021, uno squilibrio domanda-offerta che ha moltiplicato per tre-quattro volte il prezzo del gas rispetto ai livelli pre-pandemia (ad esempio a novembre 2021, il prezzo medio in Italia è stato superiore a 80 €/MWh, vedi tab. 1).

Dopo l’invasione russa dell’Ucraina, a fine febbraio 2022, il prezzo è salito ulteriormente ed è stato sottoposto a una volatilità ancora maggiore legata principalmente agli annunci di volta in volta rassicuranti o preoccupanti circa le forniture russe e, più in generale, ai rischi di un’offerta insufficiente nell’inverno successivo. Il picco del prezzo è stato toccato ad agosto 2022 con un valore medio mensile di 232 €/MWh (e un picco assoluto di 340 €/MWh il 26 agosto). Svanito il timore di dover razionare l’uso del gas durante l’inverno 2022-23, il prezzo ha iniziato a scendere e si attesta oggi (inizio maggio 2023) intorno a 40 €/MWh, valore doppio rispetto alla media dell’anno pre-Covid, ma pari solo a 1/3 rispetto al prezzo medio del 2022 (122,7 €/MWh).

Tabella. 1 – Prezzo medio mensile della negoziazione continua del gas in Italia

 

2019

2020

2021

2022

2023

febbraio

20,52

10,71

18,22

82,83

56,52

maggio

17,25

6,57

25,43

91,60

39,60*

agosto

11,53

8,22

42,31

232,66

 

novembre

15,99

13,91

80,31

91,06

 

*Media del periodo dal 1° al 12 maggio 2023
Fonte: GME

L’esplosione del prezzo del gas nel 2021-2022 ha obbligato i governi di diversi paesi dell’UE, tra cui quello italiano, a tener conto della “sicurezza economica” e a introdurre misure congiunturali per attenuare le difficoltà dei consumatori sia domestici che industriali a pagare prezzi così elevati. La Commissione europea ha accettato questi interventi, seppure disordinati e tali da perturbare il “corretto funzionamento del mercato”, come risposta resa necessaria dalla crisi politica nei rapporti con la Russia, principale fornitore di gas dell’UE. La stessa UE nella gestione della crisi, nel corso del 2022, ha cercato di introdurre altre “distorsioni del mercato”, quali, ad esempio, l’acquisto collettivo di gas dalla Russia, ma soprattutto la fissazione di un tetto al suo prezzo attraverso un regolamento denominato “Market correction mechanism”. Tale “meccanismo”, approvato dopo lunghe discussioni a fine novembre 2022, prevede l’introduzione sotto certe condizioni (da febbraio 2023) di un tetto pari a 180 €/MWh al prezzo del gas. La sicurezza economica ha dunque anch’essa importanza e si è cercato di rispondervi con misure congiunturali, non potendosi certo definire come misura di rilievo l’introduzione del tetto al prezzo del gas dato il livello del tutto ininfluente che è stato fissato (anche se qualcuno ha avuto il coraggio di attribuirgli il merito di parte della riduzione del prezzo iniziato a gennaio 2023). Nessuno se l’è sentita di mettere in dubbio il dogma mercatistico, proponendo soluzioni più strutturali quali, ad esempio, quello di concedere ai Governi la possibilità di organizzare o favorire l’offerta di contratti di lungo termine a prezzo fisso per i clienti domestici (e altri piccoli consumatori) a cui interessa un prezzo stabile (o poco volatile) oltre che “ragionevole”.

 

La politica per la diversificazione dei Paesi di origine

La sicurezza fisica delle forniture di gas per un paese (quasi esclusivamente importatore) come l’Italia dipende dai contratti e dalle infrastrutture disponibili per trasportare ed accogliere il gas. Entrambi gli aspetti sono importanti. Disporre di contratti di acquisto, specie se di lungo termine, che coprano la domanda attesa o di infrastrutture in eccesso rispetto alla domanda è importante, ma non sufficiente.

Ai fini della sicurezza delle forniture, il possesso di contratti di importazione da un paese che coprano una quota rilevante dei consumi interni va considerato con molta attenzione. Un’attenzione simile deve essere posta ai paesi di transito obbligato delle importazioni. In linea generale, se si vuole aumentare la resilienza ad eventuali riduzioni o interruzioni delle forniture, appare opportuno limitare il flusso massimo che potrebbe dover essere sostituito. Infatti, l’interruzione di tutte le forniture dal paese di origine (o di transito) potrebbe derivare sia da cause fisiche che da motivi politici (come dimostra l’attuale crisi dei rapporti con la Russia) o sociali, come ad esempio rivoluzioni o sconvolgimenti interni nei paesi di esportatori o di transito. Questo implica che, specie per quei paesi che dipendono fortemente dal gas per soddisfare i propri fabbisogni energetici (incluso quelli per produrre l’elettricità), si dovrebbe limitare la quota massima di import da ciascun paese di provenienza.

L’Italia da almeno quarant’anni ha avuto come fornitori principali la Russia e l’Algeria, ognuno dei quali ha soddisfatto una quota consistente della domanda nazionale. A fianco dei due fornitori principali vi sono poi stati fornitori meno rilevanti, ma non trascurabili: dapprima l’Olanda, poi il Qatar e più recentemente l’Azerbaigian. L’Italia ha quindi cercato di avere un certo grado di diversificazione della sua capacità di import. Attualmente dispone di una capacità di import più che doppia rispetto ai consumi e il valore dell’indice di concentrazione (indice HHI) è pari a 5,5 esportatori equivalenti, un valore che può essere considerato soddisfacente. Tuttavia, una cosa è la capacità di importazione e un’altra è l’uso delle infrastrutture disponibili. Da questo punto di vista il comportamento dell’Italia, se analizzato dal punto di vista della sicurezza, è stato molto meno virtuoso.

Non esiste un criterio univoco per stabilire quale sia il livello di allerta da non superare nelle importazioni di gas da un singolo paese. Tuttavia, prendendo spunto dall’indice di concentrazione utilizzato per definire quando un mercato non è troppo concentrato, si può suggerire che tale limite potrebbe essere fissato al 40% per un paese che dipende quasi totalmente dalle importazioni. L’Italia nell’ultimo quinquennio (2017-2021), pur non sfruttando mai più dell’80-85% la capacità di import di gas dalla Russia, ha sempre importato dalla Russia più del 40% del suo fabbisogno (max 48% nel 2018, vedi fig. 1). Questa situazione rendeva in prospettiva molto problematico far fronte a una interruzione totale e prolungata delle forniture russe.

Figura 1 – Quote di importazioni di gas dell’Italia per Paese di origine

Fonte: ns elaborazioni da https://dgsaie.mise.gov.it/importazioni-gas-naturale

Di fronte a una brusca riduzione delle forniture di gas russo, il Governo italiano ha dovuto cercare in pochi mesi soluzioni alternative per garantire la sicurezza degli approvvigionamenti basate sulla diversificazione dei Paesi di origine e la riduzione dei consumi di gas. A settembre 2022 il Governo ha quindi presentato un “Piano nazionale di contenimento dei consumi di gas naturale” che contiene anche le indicazioni sugli incrementi attesi delle forniture per paesi di origine (vedi tab. 2)

  II sem
2022
2023 2024 2025 Provenienza
Gas 6 8,9 11,9 11,9 Algeria, TAP, Nazionale
GNL 1,5 7,9 9,5 12,7 Congo, Angola, Qatar, Egitto, Nigeria, Indonesia, Mozambico, Libia
Totale 7,5 16,8 21,4 24,6  

Fonte: MITE: Piano nazionale di contenimento dei consumi di gas naturale, 6 sett. 2022

Lo sforzo di incremento delle forniture e di diversificazione delle fonti di tale Piano è senz’altro apprezzabile, ma non esente da qualche rilievo critico. Aumentare l’import dall’Algeria riportando la sua quota sopra il 40% (anche se aveva raggiunto il 49% nel 2000, vedi fig. 1) può essere comprensibile come risposta in condizioni di emergenza, ma è meno accettabile come soluzione destinata a durare per molti anni alla luce di quanto abbiamo sopra osservato. Sostituire la posizione della Russia con quella dell’Algeria pone rischi analoghi, pensando anche ai problemi interni di quel Paese.

Inoltre, va ricordato che, come sopra accennato, se si vogliono stabilire rapporti stabili di importazione, la scelta dei partner va ben ponderata dal punto di vista della dotazione di risorse per l’esportazione, ma anche della situazione politico-sociale interna, senza trascurare i problemi che potrebbero venire dai paesi di transito del flusso del gas trasportato. Situazioni politico-sociali interne instabili possono infatti riverberarsi anche sulla continuità delle esportazioni di gas e alcuni dei Paesi elencati in Tab. 2 presentano questi rischi. Almeno in un caso (l’ampliamento del TAP), oltre ai problemi politico-sociali interni al Paese esportatore, non si possono dimenticare i rischi legati alla situazione interna e ai rapporti con i Paesi di transito, anche se la quota di import attraverso questo gasdotto è limitata e quindi più facilmente sostituibile.

 

La politica di sviluppo delle infrastrutture

L’Italia, come s’è detto, non ha carenza di infrastrutture per sopperire anche all’interruzione della principale fonte di approvvigionamento e possiede una discreta capacità di stoccaggio per far fronte alla variabilità della domanda, oltre che per intervenire in caso di interruzione temporanea di qualche flusso di approvvigionamento. Tuttavia, avere la capacità nominale di sostituire una fonte di approvvigionamento con le altre non è sufficiente per poter dire che si riuscirà nei tempi richiesti e per il periodo necessario a sostituire il flusso interrotto. Tanto più il flusso che si interrompe (o diminuisce) è grande e dura nel tempo tanto più il problema della sua sostituzione può essere difficile e costoso da affrontare. In linea di principio non si può comunque negare che un aumento della capacità delle infrastrutture disponibili sia un fattore che incrementa la probabilità di poter sostituire, per un periodo più o meno lungo, l’interruzione dei flussi correnti e previsti di gas.

A questo riguardo, il Governo è intervenuto per garantire che si realizzassero rapidamente almeno due nuovi impianti ricezione e rigassificazione di gas liquefatto e auspicando la realizzazione di altri investimenti in nuove infrastrutture o di rafforzamento di quelle esistenti. Le decisioni governative meritano qualche considerazione dal duplice punto di vista della necessità dell’incremento e del privilegio accordato allo sviluppo dei rigassificatori.

 

Le previsioni della domanda non sono irrilevanti

Le infrastrutture hanno un costo e l’esperienza insegna che finiscono sempre per essere pagate dai consumatori finali (anche quando nascono come investimenti decisi liberamente dall’iniziativa privata). Investire in infrastrutture eccedentarie significa acquistare un’assicurazione la cui convenienza merita di essere valutata. In questo caso un elemento fondamentale da tenere presente è la previsione della domanda di gas che dovrà essere soddisfatta.

Il piano europeo REPowerEU, lanciato nel 2021 per liberarsi dall’import dalla Russia, prevede per l’intera UE una drastica riduzione (circa 2/3) dei consumi di gas naturale entro il 2030, incrementando notevolmente la riduzione dei consumi già prevista dal piano “Fit for 55” (vedi tab. 3). Questa stima può essere certamente criticata e giudicata irrealistica se si considerano irrealistici i valori di risparmio energetico e di sviluppo delle fonti rinnovabili che essa sottintende per il 2030. Tuttavia, è una chiara dichiarazione di intenzione politica da parte dell’UE a cui gli Stati Membri dovrebbero adeguarsi, seppure con proprie specificità.

Tabella 3

Andamento dei consumi e dell’import di gas nell’UE

    Dati consuntivi Scenario 2030
    2019 2021 Fit for 55 REPowerEU
Domanda interna lorda Gm3 410 416

270

130

Consumo finale Gm3 243 259

165

100

Import netto  Gm3 367 345

230

115

Import da Russia Gm3 166 155

n.d.

0

Produzione elettrica da gas TWh 599 552 727 240

Fonte: elaborazioni dell’autore su dati Eurostat e dati e figure SWD (2022)

Guardando all’Italia, in attesa del nuovo documento di piano in corso di elaborazione, si può ricordare che il PNIEC prevedeva una diminuzione dei consumi di gas dell’Italia rispettivamente del 12,4% nel consumo interno lordo e del 15,5% nei consumi finali tra il 2020 e il 2030. È ragionevole però attendersi che la riduzione dei consumi di gas venga significativamente aumentata nell’aggiornamento del PNIEC. Infatti, anche volendo considerare non impegnativo (e poco realistico date le difficoltà di attuazione) il piano REPowerEU, l’UE ha comunque deciso di ridurre le proprie emissioni di gas a effetto serra (GES) del 55% entro il 2030 anziché del 40%, valore in vigore al momento dell’elaborazione del PNIEC. Ammettendo, a puro titolo esemplificativo, che l’Italia si limiti a raddoppiare il suo piano di riduzione dell’uso del gas al 2030 (-25% anziché 12,4%) la domanda di gas al 2030 si aggirerebbe attorno a 50 miliardi di metri cubi per poi calare nel decennio successivo. È evidente che questo dato non dovrebbe essere ignorato nella programmazione degli investimenti, a meno di prevedere che le politiche di efficientamento energetico e di sviluppo delle fonti rinnovabili in Italia daranno risultati ben inferiori a quelli indicati.

 

Gasdotti vs rigassificatori

Un altro aspetto rilevante da considerare è la convenienza del riequilibrio tra capacità di importazione via gasdotto e via impianti di rigassificazione. Oggi la capacità di importazione di GNL dell’Italia rappresenta circa il 10% della capacità di importazione totale. Anche con i due nuovi terminali previsti la quota rimarrebbe inferiore al 20%. I costi per acquistare le due navi metaniere, trasformarle in FSRU (Floating Storage and Regasification Units) ed eseguire tutti i lavori inclusi i collegamenti alla sete di trasporto gas potrebbero aggirarsi attorno al miliardo di euro per ciascun impianto. Come detto, dal punto di vista della sicurezza delle forniture, queste iniziative risultano comunque pienamente convenienti perché aumentano la diversificazione delle fonti di approvvigionamento e, inoltre, perché risultano meno vincolate a un fornitore specifico.

Tuttavia, bisogna anche considerare quale uso si prevede per tali rigassificatori. La possibilità di importare gas liquefatto anziché gas compresso può essere vista come una soluzione da attuare su base continuativa o come soluzione a cui si può ricorrere in caso di crisi (interruzione del flusso da un gasdotto). Nel primo caso, bisogna procedere con contratti di lungo termine, nel secondo all’occorrenza bisognerebbe invece acquistare il gas sul mercato spot o con contratti di durata limitata. In entrambi i casi, non si deve dimenticare che la catena GNL verso l’Europa è più costosa rispetto a quella via gasdotti e soprattutto che, in caso di scarsità, il prezzo tende a salire e ad essere volatile per la possibilità di arbitraggio che i venditori hanno potendo esportare il gas verso l’Europa o verso il mercato asiatico (Giappone, Cina e Corea del Sud). Affidarsi maggiormente al GNL vuol dire in prospettiva avere un prezzo del gas in linea con quello asiatico (che è sempre stato mediamente superiore a quello europeo) anche per contratti a lungo termine e, per contratti di breve durata, subire le conseguenze degli eventi che possono influenzare l’andamento della domanda (e dell’offerta) di GNL. Rinunciare in modo permanente all’importazione di gas dalla Russia ha dunque un costo.

Non va infine dimenticato che la scelta della localizzazione dei terminali di rigassificazione o del rafforzamento/realizzazione di nuovi gasdotti influisce sia in termini di costi che di sicurezza delle forniture in caso di crisi. Infatti, non basta considerare i costi per arrivare sul territorio italiano, ma bisogna anche considerare i costi di collegamento alla rete e se l’eventuale immissione addizionale di gas nella rete esistente non provochi fenomeni di congestione, dato lo sbilanciamento territoriale tra offerta e domanda, che obblighino a rafforzare o a costruire nuove linee interne di trasporto. Andrebbero quindi attentamente valutate tutte le soluzioni alternative, ivi inclusa la possibilità di incrementare la capacità di stoccaggio e le riserve strategiche come misura alternativa di risposta a situazioni di crisi.

 

Un auspicio finale

La politica italiana in risposta alla crisi derivante dalla brusca e drastica riduzione dell’import di gas dalla Russia e alla prospettiva che, per ragioni politiche, i rapporti con la Russia rimangano tesi per un periodo di durata non definita è stata pronta e ha fatto ricorso a tutti gli strumenti disponibili. Come risposta di breve periodo (per l’inverno 2022-23) il Governo è intervenuto per assicurare il riempimento degli stoccaggi oltre il 90% e con il varo di un piano di contenimento dei consumi del 15% andando oltre il 7% richiesto dal Regolamento UE 2022/1369 (anche se va detto che non esiste una prova che alcune delle iniziative per ridurre i consumi indicate dal Piano - in particolare quelle comportamentali- siano o, in caso di necessità, sarebbero state davvero efficaci).

Per quanto riguarda le misure di medio-lungo periodo, l’Italia si è ripromessa di poter fare a meno di tutte le importazioni di gas dalla Russia entro il 2025 attraverso le seguenti azioni:

- definendo un piano di diversificazione con incremento delle importazioni di gas da altri Paesi;

- aumentando la produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili (8 GW annui a partire dal 2023);

- promuovendo la produzione di biometano (2,5 Gmc dal 2026);

- incrementando la produzione nazionale di gas (passando da 3 a 6 GMC/a);

- promuovendo politiche di efficienza per ridurre i consumi di gas.

In questo articolo ci siamo soffermati solo sulle azioni intraprese per importare o poter importare gas da fornitori diversi dalla Russia cercando di collocarle in una prospettiva di più lungo termine. Superata l’urgenza di riuscire a garantire gli approvvigionamenti per l’inverno 2022-23 (e sperando che lo stesso accada per quelli dell’inverno 2023-24) è infatti auspicabile che vi sia chiarezza su ciò che è giustificato come misura di emergenza e ciò che va fatto con iniziative che tengano conto dei costi e benefici di lungo termine di ciascuna soluzione in una visione coerente del ruolo attuale e prospettico del gas nel sistema energetico nazionale.

 

*Università Bocconi