STRATEGIE ENERGETICHE/3
Ultima parte della rassegna sul nucleare per usi civili tratta dal numero di gennaio de ”La Termotecnica“, mensile dell’ATI. L’autore, presidente onorario FAST e World Energy Council Italia, dopo un primo articolo dedicato ai consumi globali di energia ed un secondo che riepiloga le fasi di utilizzo dell’energia nucleare nel mondo e in Italia, ora fornisce un quadro dell’evoluzione tecnologica nel futuro ed elenca le proprie riflessioni a conclusione della serie. Indispensabile per capire di che “nucleare” si ricomincia a parlare anche in Italia. Il capitolo sugli Small Modular Reactors è aggiornato con varie informazioni rispetto all’articolo originale.
Nuove tecnologie: piccoli reattori modulari avanzati (SMR), reattori di IV generazione, fusione nucleare
Secondo analisi del completo ciclo di vita i reattori nucleari a fissione attuali emettono circa 10 grammi equivalenti di CO2 per kWh prodotto (almeno 75 e 35 volte inferiori a centrali a carbone e a gas), comparabili a centrali eoliche e ben inferiori a quelli da idroelettrico e fotovoltaico. Lo spazio richiesto per kWh prodotto da grosse centrali nucleari è circa 1/10 rispetto al fotovoltaico e 1/100 rispetto all’eolico. La produzione di elettricità dal nucleare è programmabile e contribuisce a fornire inerzia e potenza di corto circuito al sistema, indispensabili per stabilità e qualità della fornitura, oltre che a possibili affidabili contributi ai capacity markets per compensare non produzione di FER rinnovabili o altri eventi. Si è andata tuttavia sviluppando la necessità di avere reattori più sicuri, con ridotte o nulle produzioni di scorie e costi di produzione ridotti. Le tre principali tecnologie menzionate nel titolo sono da vari anni (o meglio alcuni decenni) in fase di ricerca e sviluppo e con eventuali prototipi sperimentali.
SMR: small modular reactors
Sono reattori di taglia inferiore a circa 300 MW e di costruzione modulare con assemblaggi effettuati nell’ambiente controllato delle fabbriche, trasportati come tali al sito di installazione. Secondo la IAEA, quelli fino a 10 MW vengono chiamati microreattori. Sono proposti utilizzi per produrre energia elettrica e/o calore in siti industriali, isole e aree isolate e in Paesi dove non si possono connettere inizialmente alla rete grosse potenze di 1 GW e oltre. Si sottolinea il facile aumento nel tempo della potenza iniziale di un impianto SMR aggiungendo moduli. Considerando la programmabilità e un capacity factor anche superiore alle 8.000 ore/anno, alcuni sottolineano i vantaggi di poter produrre vantaggiosamente idrogeno verde vicino a siti di consumo, con energia elettrica da nucleare SMR, rispetto a quella variabile e intermittente da eolico e fotovoltaico.
Le economie di scala e la riduzione dei costi del kW installato sono prospettate pensando ad un notevole numero di moduli prodotti; ciò rispetto alla tendenza sviluppata in passato di aumentare la potenza unitaria dei reattori convenzionali fino a 1500 MW ed oltre riducendo il costo dell’investimento per kW installato ed i costi di esercizio del kWh prodotto. Data la ridotta taglia, risultano ridotti gli investimenti e quindi i problemi finanziari rispetto a grossi reattori e, data la costruzione modulare in fabbrica, anche i tempi di realizzazione si prospettano ridotti.
Da oltre un decennio si è assistito a notevoli sovvenzioni statali nel mondo occidentale, specie negli Stati Uniti, Canada ed Inghilterra, per lo sviluppo di SMR’s che hanno poi visto il susseguirsi di investimenti privati. Anche Russia (sebbene Rosatom non sembri molto favorevole a grandi sviluppi di SMR), Cina, India, Sud Korea e Giappone, con le loro industrie nucleari, hanno spinto sviluppi di SMR. Negli ultimissimi anni e con annunci di EdF e del presidente Macron a fine 2022, gli SMR rientrano nel piano di sviluppo del nucleare in Francia, con la tipologia di impianto con la sigla Nuward e con 2 reattori gemelli da 160 MW cadauno.
La IAEA, nel 2020, evidenziava oltre 70 tipologie in studio/sviluppo in almeno 17 stati, con reattori differenti per taglia, installazione su terraferma od off-shore, tipo di raffreddamento, temperatura, pressione, combustibili utilizzabili, ecc.
A fine gennaio 2023, la World Nuclear Association ha messo sul suo sito l’aggiornato rapporto ”Small Nuclear Power Reactors” molto esteso e con dettagliate notizie su quanto disponibile nei vari paesi per supporti economici, tecnologie, reattori in servizio/in costruzione/in sviluppo, sia a breve e sia a più lungo termine.
Esistono alcune differenze tra IAEA e World Nuclear Association per i reattori SMR in servizio ed in costruzione. Secondo i dati dichiarati alla IAEA, a parte un vecchio piccolo reattore ancora in funzione ma prossimo alla chiusura dei 4 da 11 MW in servizio di cogenerazione in Siberia dagli anni 1974-76, al 13/04/2023 sono in funzione 4 impianti:
- 2 in Russia (da 35 MW, dal 2019 in servizio entrambi e di derivazione PWR);
- 1 da fine 2021 in Cina (con due reattori gemelli per totali 210 MW, di tecnologia HTR raffreddati a gas);
- 1 dal 2011, in Cina (reattore sperimentale di ricerca, da 20 MW, tipo FBR).
Sempre secondo i dati dichiarati alla IAEA, risultano in costruzione, al 13/04/2023, un reattore da 300 MW FBR da 300 MW in Russia, 1 reattore FBR da 100 MW in Cina ed 1 reattore PWR da 27 MW in Argentina (il reattore CAREM del quale, secondo la IAEA, è stato dichiarato l’inizio costruzione nel 2014, con previsione originaria di entrata in servizio per il 2019).
Per progetti di sviluppo di SMR avanzati da parte di “developers”, la World Nuclear Association elenca 17 reattori tra Russia, Stati Uniti, Canada, Sud Corea, Danimarca, Cina ed Inghilterra mentre, per progetti in fase iniziale di analisi, ne menziona oltre 20, con India, Sud Africa e Giappone in aggiunta ai paesi precedenti.
Vale la pena di menzionare alcune tra le varie tipologie /politiche in favore di SMR proposte in occidente ed in particolare in Europa.
- Bill Gates, con la sua società Terranova fondata nel 2008, sta cercando siti per realizzare SMR, ora focalizzati su centrali a carbone in dismissione che hanno già un collegamento alla rete e all’acqua. Era prevista l’entrata in servizio, nel 2028 in Wyoming, di un SMR da 350 MW, con partner GE/ Hitachi e con reattore raffreddato a sodio con tecnologia di origine russa; la data del 2028 risulta ritardata anche per la fornitura di uranio arricchito al 20% (rispetto all’usuale 3-4% di reattori convenzionali) ottenibile solo dalla Russia. L’investimento stimato è di quattro miliardi di dollari con un contributo del 50% dal Department of Energy (DOE) degli Stati Uniti.
- Nu Scale Power ha ottenuto la «design specification approval» dalla US Nuclear Regulatory Commission per un modulo da 77 MW che, in un vessel cilindrico di 4,5x22 metri, pesante 700 tonnellate, contiene un reattore tipo PWR e l’alternatore. Centrali vengono offerte con quattro (sigla VOYGR-4) o sei, o dodici moduli, con l’aggiunta di tutti i sistemi ausiliari per il funzionamento dell’impianto completo. La carica di combustibile è ogni due anni con uranio arricchito a meno del 5%. Hanno ottenuto un contributo a fondo perduto di 1,3 miliardi di dollari dal DOE.
FIGURA 9 – Testa di un modulo da 77 MW per Nu Scale Small Modular Reactor
- Il consorzio Rolls Royce SMR ha effettuato negli ultimi mesi una impressionante campagna di marketing in svariati paesi specie europei per la loro ”modularized factory built SME power station of 470 MW based upon standard nuclear energy technology that has been used in 400 reactors around the world”. La tecnologia di base è PWR (Pressurized Water Reactor). Hanno ottenuto la fase 1 della «design specification approval», prospettano la costruzione di 16 impianti con SMR da 470 MW ciascuno ed hanno proposto 4 siti in Inghilterra nei terreni della UK Nuclear Decommissioning Authority (NDA). Si aspettano l’approvazione del secondo step del loro “SMR design” in Inghilterra per il 2024 in modo da poter permettere in circa 5 anni e mezzo l’entrata in servizio dei primi impianti. Il costo iniziale di un impianto da 470 MW è previsto ad oggi a 3 miliardi di dollari US, con una riduzione in futuro a 2.4, con un LCOE (Levelized Cost Of Energy) di 68 $/MWh (non ben specificati i termini del calcolo come WACC considerato, vita dell’impianto, costo del combustibile e costo di O&M). Hanno ottenuto ben oltre 100 milioni di sterline di sussidi dal Department for Business, Energy & Industrial Strategy (BEIS) dell’Inghilterra che ha lanciato gare con sussidi per la progettazione di tecnologie di SMR e, sulla base dei risultati, prospetta tra l’altro un mercato di 570 micro reattori al 2030 con potenza media di 5 MW ciascuno.
- La Polonia in aggiunta al suo piano nucleare con grossi reattori ha siglato accordi con Rolls Royce ed EdF per l’utilizzo di SMR in sostituzione di impianti a carbone in siti esistenti.
- Svezia e Finlandia hanno firmato accordi con Rolls Royce ed EdF per sviluppo di SMR nei loro sistemi elettrici e, ad agosto 2022, anche l’Olanda ha firmato un accordo di collaborazione con Rolls Royce.
- Il governo belga, pur ribadendo la chiusura dei grossi reattori, ha stabilito dei fondi per esaminare la possibilità di utilizzo di SMR con varie clausole, tra le quali il non consumo di acqua.
- La repubblica Ceca (35% di elettricità dal nucleare) sta esaminando una serie di localizzazioni per l’installazione di SMR - sia in siti con attuali grossi reattori nucleari e sia in sostituzione di gruppi a carbone - e si propone di avere per il 2032 un primo SMR in servizio nel sito della centrale nucleare di Temelin. Ciò in aggiunta alle gare previste con nuovi grossi reattori in funzione dell’uscita degli attuali a fine vita.
- Romania e Bulgaria hanno firmato accordi di collaborazione con Nue Scale per lo sviluppo di centrali con i moduli da 77 MW. La Romania ritiene che sarà la prima nazione di UE ad avere in servizio nel 2027-28 un impianto SMR con 6 moduli mentre la Bulgaria considera impianti con 4 o 6 o 12 moduli per sostituire gruppi a carbone.
- Vale la pena di ricordare che, a fine marzo 2023, tredici Paesi della UE hanno chiesto alla Commissione Europea "un quadro industriale e finanziario favorevole per i progetti nucleari", promuovendo "la ricerca e l'innovazione, in particolare per i piccoli reattori modulari e i reattori modulari avanzati". La nota congiunta diffusa da Parigi, a capo dell'alleanza sul nucleare, è stata firmata da Bulgaria, Croazia, Finlandia, Ungheria, Polonia, Repubblica Ceca, Romania, Slovacchia e Slovenia. L'Italia, insieme a Belgio e Paesi Bassi, ha firmato come Paese osservatore.
Per quanto riguarda i costi effettivi per realizzazioni di SMR commerciali e non prototipali sovvenzionati, l’investimento in capitale con costi di installazione ridotti è promettente ma, come sottolinea la IAEA, “la loro competitività deve ancora essere verificata”.
Per gli effettivi tempi di realizzazione di un impianto con SMR occorrerà verificare procedure e tempi di certificazione del reattore, della scelta e definizione del sito e delle licenze per costruzione ed esercizio che non è detto risultino inferiori, in non rari casi, a quelli per grosse unità di 1 GW ed oltre.
Per i tempi, non prevedo sviluppi commerciali notevoli di impianti SMR a breve, specie in Italia, e con entrata in servizio prima di 10-15 anni, considerando l’iter iniziale sopra menzionato per un investitore, la gara e aggiudicazione, la costruzione del modulo (o dei moduli) il trasporto e l’installazione con tutti i sistemi/servizi ausiliari indispensabili; ciò a parte qualche prototipo sussidiato.
Generation IV reactors
GIF-Generation IV International Forum, avviato dal DOE degli Stati Uniti nel 2000, ha iniziato le attività nel 2001. Rappresentava 13 Paesi per lo sviluppo della prossima generazione di tecnologia nucleare (Argentina, Brasile, Canada, Francia, Giappone, Corea del Sud, Sud Africa, Regno Unito e Stati Uniti) a cui si sono aggiunti Svizzera, Cina, Russia, Australia e poi l’UE, attraverso il programma di ricerca Euratom. Lo scopo è condividere la ricerca e lo sviluppo, piuttosto che costruire reattori. Dopo le prime analisi di moltissime tipologie di reattori, GIF ha deciso di concentrarsi su sei e ne ha aggiunto poi una settima. I fluidi refrigeranti per le categorie scelte sono elio (sia per un reattore VHTR a 900-1000°C e sia per un reattore GFR gas fast breeder a 859°C), sodio liquido, acqua, piombo liquido e Sali fusi. Le potenze considerate vanno da qualche decina di MW a circa 1.500 MW e comprendono quindi alcune tipologie degli SMR.
Alcuni reattori di GEN IV di medie grandi potenze sono già operativi:
- tre in Russia; uno da 560 MW in servizio dal 1980, ben prima della nascita di GIF, e altri due reattori sempre fast breeder raffreddati a sodio liquido con l’ultimo collegato alla rete nel 2016 per oltre 800 MW;
- due in Cina da 100 MW HTGR raffreddati a elio e alimentanti da un’unica turbina da 200 MW. Inoltre, è in servizio dal 2011 un piccolo reattore sperimentale da 20 MW tipo SFR (Sodium Fast Reactor).
Diverse sono le opinioni sulla posizione delle varie tecnologie, tra ricerca pura, R&S, prototipi, tempi di sviluppo commerciale di impianti connessi alla rete e loro dimensione. Si va da quanto sostengono alcune associazioni nucleari, di avere per alcune tipologie uno sviluppo commerciale in questo decennio, alla dichiarazione di GIF al GEN IV International Forum – Nov. 2021, secondo cui ci vorranno “almeno due o tre decenni prima dell’implementazione di impianti completi commerciali”. Per un progetto specifico commerciale, tenendo conto delle varie fasi per un investitore di una grossa centrale nucleare, non vedo connessioni apprezzabili di GEN IV reactors alla rete UE prima del decennio 2040-50; ciò, come detto, a parte progetti pilota sovvenzionati.
Fusione nucleare
Con essa si vuole riprodurre sulla terra la reazione a milioni di gradi che sostiene la produzione del calore, ad esempio, sul sole. Tra le varie possibilità teoreticamente utilizzabili per la fusione due tecnologie sono oggi le principali:
- Confinamento magnetico. Utilizzando una ” macchina” toroidale chiamata “tokamak” che contiene un plasma di atomi leggeri (ad esempio di tritio e deuterio) elevato ad altissime temperature (centinaia di milioni di gradi) e tenuto lontano dalle pareti tramite forti campi magnetici. Il Tokamak è derivato per i principi di dimensionamento dagli studi del 1950-51 in Russia. Le alte temperature consentono la fusione di atomi leggeri in un atomo più pesante (elio) con produzione di energia che si tenta di produrre in continuità e in quantità superiore a quella spesa per portare il plasma a milioni di gradi.
- Confinamento inerziale. Utilizzando raggi laser superpotenti e concentrati su una sferetta delle dimensioni di un granello di pepe, detto «pellet», contenente deuterio e tritio, riuscendo a “fonderli” in atomi di elio più pesanti e liberando energia.
Seguono alcuni commenti sulla seconda tecnologia che ha suscitato recentemente enorme scalpore su quanto riuscito in un laboratorio negli Stati Uniti il 5 dicembre 2022 e, poi, alcune note sui progetti in UE con Tokamak ed in particolare il progetto ITER internazionale.
Nel Livermore National Laboratory in California (ha scopi militari) si è prodotta energia da fusione superiore a quella iniettata dai sistemi laser nella sferetta con tritio e deuterio. Se si entra nei dettagli l’energia prodotta per frazioni infinitesime di secondo ha superato di circa 1 kWh i circa 1,6 kWh iniettati dal raggio laser generato dall’impianto più potente del mondo con 192 laser che per alimentazione, guida, amplificazione, riflessione e concentrazione del raggio, avente una potenza strabiliante di 400 GW, hanno consumato nello stesso infinitesimo tempo circa 90 kWh. Un rapporto di oltre 90 tra energia richiesta per il totale impianto e utile fornita. Vale la pena di ricordare che con 1 kWh si portano all’ebollizione circa 10 litri di acqua partendo da 15-20°C.
Tornando alla fusione da “confinamento magnetico” il progetto JET – Joint European Torus – di Euratom è il più grosso Tokamak in funzione nel mondo con gli esperimenti iniziati nel 1983. La recente massima produzione di energia da fusione per poco meno di 5 secondi è stata di 59 MJ pari a 17,3 kWh, ma per ottenere tale energia finale si sono spesi ben oltre 50 kWh di energia elettrica, a parte altra energia nei vari servizi ausiliari.
Mi concentro brevemente sul più grande progetto di fusione al mondo, ITER (International Thermonuclear Experimental Rreactor) con costruzione a Cadarache, in Francia, iniziata nel 2013 e l’assemblaggio del Tokamak iniziato nel 2020. Il consorzio comprende: Cina, gli allora 28 stati dell’Unione Europea più Svizzera, India, Giappone, Corea, Russia e Stati Uniti, che stanno lavorando in modo collaborativo con l’obiettivo ambizioso di far progredire la scienza e la tecnologia della fusione fino al punto di dimostrare la possibilità di progettare centrali a fusione.
Nel Tokamak di ITER le temperature raggiungeranno i 150 milioni di gradi centigradi (dieci volte la temperatura al centro del Sole). È la “macchina” principale di ITER, con circa un milione di componenti e un peso di 23.000 tonnellate, circa tre volte il peso della torre Eifel che ha decine di migliaia di “pezzi metallici”.
A fronte di 50 MW di potenza iniettata nel Tokamak attraverso i sistemi che riscaldano il plasma, il progetto prevede di produrre 500 MW di potenza di fusione per periodi da 400 a 600 secondi. Questo rendimento della sola parte finale dell’impianto è espresso da Q ≥ 10 (rapporto tra la potenza termica in uscita e la potenza termica in ingresso nel Tokamak, trascurando i consumi del completo impianto, superando i record fino a ora conseguiti da altri impianti con Q vicini a 1. Dopo una serie di ritardi, la nuova data per l’inizio previsto dell’operazione deuterio-trizio era stata posticipata dal 2025 al 2035, prima dell’invasione dell’Ucraina. Il budget iniziale era vicino ai sei miliardi di euro, ma il costo totale per la costruzione e l’esercizio è stimato intorno ai 20 miliardi; alcune stime superano i 50 miliardi di euro, sebbene queste cifre siano contestate da ITER.
Al proposito di ITER, annoto di seguito quanto sottolineato dai suoi detrattori:
- l’inutilità come risposta rapida e possibile al cambiamento climatico;
- altri progetti di fusione avrebbero una frazione del costo di ITER;
- la disponibilità di trizio è limitata per applicazioni estese.
In ogni caso sono ancora da definire:
- una produzione continua di energia e non solo per 10 minuti;
- il rendimento complessivo dell’impianto che da prime valutazioni darebbe un Q effettivo intorno a 0,5 per il progetto attuale;
- il rendimento del ciclo di vita, considerando l’energia spesa per la produzione dei componenti e la costruzione e smantellamento dell’impianto;
- possibili effetti del plasma e suoi componenti su parti del Tokamak.
Occorrerà tra l’altro verificare l’impatto sul progetto ITER dell’invasione russa dell’Ucraina, ricordando che la Russia ha una quota del 10% circa nel progetto e rilevanti contributi tecnologici.
Per quanto detto non prevedo alcun impatto apprezzabile prima del 2060-70 da impianti commerciali che sfruttino la fusione nella produzione di elettricità e relativa immissione in sistemi elettrici. A eccezione ovviamente di quello sulla R&D. Le note di cui sopra sulle due tipologie di fusione non intendono minimizzare, infatti, il successo degli esperimenti scientifici, ma sottolineare che siamo ancora a livello ricerca e che la fusione non può essere utilizzata nell’ambito della transizione energetica in corso e per il conseguimento a metà secolo dei target fissati dall’UE e da vari altri Stati.
Reattori nucleari pianificati o proposti a livello mondiale fino al 2050
La IEA (International Energy Agency) considera, da qui al 2050, un raddoppio del contributo dal nucleare per produrre elettricità/calore e ciò implicherebbe una potenza nucleare da installare in circa trent’anni di oltre 300 GW. A tal fine la World Nuclear Association ha presentato a settembre 2022 un riepilogo dettagliato.
- 96 reattori pianificati in 16 Stati per 98 GW: 38 sono in Cina, 25 in Russia e 12 in India, ma occorrerà vedere quanti di questi entreranno effettivamente in costruzione, specie al di fuori dei tre Paesi sopracitati;
- 332 reattori proposti per 364 GW: 160 sono in Cina, 28 in India, 21 in Russia, 18 negli Stati Uniti, 16 in Arabia Saudita, 10 in Inghilterra, ecc. A parte la maggioranza di reattori di grande taglia, si nota sia in grandi Paesi (es. Stati Uniti), sia in piccoli (es. Giordania) un maggior inserimento di progetti con SMR.
La posizione dominante russa in tecnologie nucleari ed esportazione di reattori
La Russia, dagli albori dell’utilizzo del nucleare per usi civili a oggi, è stata all’avanguardia nello sviluppo come di seguito riassunto:
- prima elettricità da nucleare immessa in rete;
- primo reattore di “terza generazione+” in rete;
- primo SMR collegato al sistema elettrico;
- reattore di IV generazione in servizio ben prima dei progetti di GIF Generation IV;
- innovatore nei progetti di fusione con il suo Tokamak; nel progetto ITER ha una quota del 10% circa ed è fornitrice di importanti componenti e sistemi come sopra accennato.
I reattori della serie BN fast breeder raffreddati a sodio fuso fanno parte del cosiddetto progetto PRORYV ROSATOM con un ciclo di combustibile che richiede un numero ridotto in t/anno di nuovo combustibile ogni 1000 MW di reattori vecchi e nuovi collegati nel progetto (uso di scorie prodotte da vecchi rattori) producendo un ridotto numero di t/a di scorie ad alta radioattività per i depositi geologici finali. In ogni caso i reattori BN russi sono gli unici in esercizio oggi dei vari progetti iniziati nel mondo della categoria Fast Breeder reactors experimental plants, a parte un piccolo reattore da 20 MW in Cina; basti ricordare il progetto Superphinix francese, abbandonato nel 2012, quello Monju in Giappone, abbandonato nel 2016 dopo 22 anni nei quali ha funzionato meno di 300 giorni, e lo stesso per progetti in Germania, Stati Uniti, Inghilterra ecc.
La realizzazione all’estero di centrali nucleari russe
La posizione della Russia pre-invasione dell’Ucraina nel mercato mondiale è impressionante. Lo testimoniano gli almeno trenta Paesi in quattro continenti che avevano esaminato o stavano esaminando nei loro piani l’utilizzo del nucleare con reattori di provenienza russa, spinti da allettanti tipologie di collaborazione e finanziamenti, con realizzazioni previste, che vanno da schemi BOO (Build Operate and Own) con cessione dell’energia al cliente, a BOT (Build Operate and Transfer) con fornitura della centrale, del combustibile, assistenza al servizio e varie altre condizioni. In molti casi, la Russia include anche il ritiro delle scorie radioattive prodotte che causano spesso opposizione al nucleare in vari Paesi. In sintesi la situazione attuale.
- 46 reattori russi in servizio al 31/12/2022 per oltre 55 GW in 11 Paesi al di fuori della Russia a partire dal 1980 con le varie tipologie del loro reattore VVER che hanno soppiantato i reattori RBMK tipo Chernobyl;
- 22 reattori in costruzione al 31/12/2022 in dieci Paesi secondo la IAEA (quattro in Turchia, India e Cina, due in Slovacchia, Ucraina e Bangladesh, Egitto e uno in Bielorussia e Iran);
- 9 reattori in contratti finalizzati e in attesa di inizio costruzione (due in Egitto, due in Cina, uno in Armenia, Iran, Turchia e Finlandia). Il reattore finlandese Hanhikivi del consorzio Fennovoima, partecipato per 1/3 da Rosatom, ha visto il contratto rescisso dai finlandesi a seguito dell’invasione dell’Ucraina; era stato scelto sulla base di tecnologia avanzata, costi e tempi di realizzazione e parziale finanziamento e partecipazione russa al consorzio;
- 7 reattori per ordini ricevuti con finanziamento in via di definizione (due in India, Ungheria e Uzbekistan e uno in Slovacchia).
Occorre notare che la Cina sta ponendosi come principale concorrente della Russia, effettuando una esportazione di centrali nucleari fortemente supportata a livello politico, ma in parte condizionate dal non avere ancora definito con la IAEA la convenzione per le responsabilità civili per danni e di non essere ancora definita la volontà di riprendersi le scorie prodotte dai reattori, come richiesto da vari Paesi. In totale, al momento ci sono due reattori cinesi in servizio in Pakistan e due in costruzione, quattro reattori con finanziamenti pianificati (due in Romania e due in Argentina) e accordi vari di collaborazione per reattori in Inghilterra (qualificati i loro reattori e accordo con EdF con il 30% di quota per la centrale di Hinkley Point), Iran, Turchia, Sud Africa, Kenia, Egitto, Sudan, Armenia e Kazakistan.
Considerazioni finali
Concludendo questo approfondimento sul nucleare osservo quanto segue. La fame di energie primarie e di elettricità dei Paesi non OCSE è tale che essi domineranno lo scenario energetico e le emissioni climalteranti (già ora 2/3 delle globali e in continuo aumento rispetto alle riduzioni che registrano i Paesi OCSE e specie l’UE).
L’Unione Europea, che ha generato nel 2021 meno dell’8% delle emissioni climalteranti globali, previste scendere sotto il 6% nel 2030, con i suoi ambiziosi e costosi programmi di decarbonizzazione conterà ben poco nella soluzione globale della questione climatica, se non passerà da una posizione eurocentrica a investimenti nei Paesi in via di sviluppo con tecnologie green.
Occorre notare che l’Africa, che ha oggi 1,4 miliardi di abitanti, che diventeranno 2,5 nel 2050, ha un consumo pro capite pari a 1/12 di quello dei Paesi OCSE e a 1/20 di quello degli Stati Uniti, con una vita media dei suoi abitanti di 19 anni e un’aspettativa di vita di oltre 10 anni inferiore alla media mondiale e di 20 anni alla media UE.
A livello mondo, il petrolio nel 2021 ha una quota dominante del 31% nei consumi di energie primarie e il carbone con il 36% nella produzione di elettricità, dove il nucleare è al 10%, l’idroelettrico al 15% ed altre FER al 13%, con eolico e fotovoltaico poco meno del 7% e 4% rispettivamente.
Nell’UE domina il nucleare come singola fonte (25,3%) nella produzione di elettricità, dove idroelettrico ed altre FER (eolico+fotovoltaico+biomasse +geotermia) sono al 12 e 25% rispettivamente.
Per il nucleare, al 31/12/2022, l’estremo oriente risulta la regione che ha la maggior potenza nucleare in costruzione, con la Cina in testa che, con i suoi ambiziosi programmi nucleari, nel 2021 ha superato la Francia per energia prodotta dal nucleare, con un sorpasso degli Stati Uniti previsto in circa dieci anni.
Il nucleare presenta notevoli vantaggi per le ridotte emissioni di CO2 nel suo ciclo di vita per kWh prodotto (metà di fotovoltaico ed idroelettrico e simile all’eolico), bassa occupazione di suolo per energia prodotta, programmabilità della produzione di elettricità e contributi all’inerzia e potenza di corto circuito del sistema elettrico per un affidabile e stabile funzionamento; ha però aspetti non trascurabili per l’opinione pubblica. In particolare, a parte il costo dell’energia prodotta da nuovi reattori e lungaggini per autorizzazioni e finanziamenti, specie in UE e negli Stati Uniti, i principali problemi riguardano la sicurezza per possibili gravi conseguenze di incidenti e il trattamento e cimitero delle scorie ad alta radioattività per millenni.
La presente crisi energetica, con prezzi alle stelle specie del gas (e dell’elettricità in Italia) e i problemi della sicurezza delle forniture energetiche hanno spinto a un proposto rinascimento del nucleare spesso non ben definito (se non con la parola “pulito”) e a considerare l’utilizzo sia di piccoli reattori “prefabbricati” (SMR), sia di reattori della cosiddetta IV generazione e persino della fusione nucleare con temperature di 150 milioni di gradi per la tecnologia a confinamento magnetico.
Per SMR e Generation IV reactors o similari, a parte qualche prototipo sussidiato, occorrono circa due decenni per poter avere in servizio commerciale e in entità non trascurabile loro impianti collegati alla rete.
La fusione con il progetto ITER è importante ma è fondamentalmente un progetto di ricerche sul plasma e suo confinamento e sul comportamento di materiali ad alte temperature per dimostrare la possibilità di progettare centrali a fusione; in funzione commerciale impianti a fusione non prima di circa 50 anni.
Con particolare riferimento alla UE, per quanto riguarda il nucleare sarà opportuno, nel breve-medio termine, poter utilizzare al massimo la disponibilità dei reattori esistenti (ahimé non valido per l’Italia), estendendone in modo sicuro la vita utile, anche per la produzione di idrogeno CO2 free a costi ben inferiori, specie con reattori ammortati, rispetto all’idrogeno verde da rinnovabili che sono da sviluppare e privilegiare per usi elettrici sempre più diffusi.
Il costo di realizzazione di nuove centrali nucleari con le migliori tecnologie esistenti (reattori di “terza generazione+”, più sicuri ed efficienti delle generazioni precedenti) risulta elevato in UE e con un costo del MWh prodotto vicino ai 130 €; ciò se non vengono riconosciuti i vantaggi che apporta al sistema elettrico sopra menzionati.
Sono importanti nuove regole di mercato da introdurre con gradualità e approfondite analisi per minimizzare i costi delle bollette ai clienti finali addebitando i costi addizionali al sistema causati dalla non programmabilità e altro di alcune produzioni di energia (valutate ora al solo costo di produzione al sito) o dandole come vantaggio a chi non causa questi extra costi, chiaramente con una adeguata penalizzazione delle emissioni climalteranti. Tale approccio dovrebbe essere adottato anche nella tassonomia “concessa” dalla UE al gas e al nucleare.
L’uranio utilizzato in UE nel 2021 proviene tutto dall’estero; il 30% da Canada e Australia ma il 20% da Russia, il 23% da Kazakistan e il 24% da Nigeria, ponendo un possibile problema di sicurezza degli approvvigionamenti, meno serio però che per il gas, avendo l’uranio possibilità di stoccaggi pluriennali locali tali da garantire una certa sicurezza, sebbene non illimitata, di forniture di energia elettrica da nucleare. Ben 16 reattori in UE dipendono per l’uranio da ROSATOM: sei in repubblica Ceca, quattro in Ungheria, quattro in Slovacchia e due in Finlandia.
Per prospettive di lungo periodo occorre tuttavia procedere anche in UE con investimenti in ricerca e sviluppo per nuove tecnologie nucleari, non prospettando tuttavia, a livello politico, illusioni su un nucleare pulito ora o a breve, specie in un Paese come l’Italia.
Si pone la questione su quali saranno gli effetti dell’invasione dell’Ucraina e le sanzioni verso la Russia sul loro proseguimento di ingenti investimenti in ricerca e sviluppo e oneri finanziari per le attività interne e all’estero nel nucleare per usi civili gestiti dal colosso Rosatom, indiscusso leader mondiale nel settore; e inoltre anche il problema per i piani energetici di quei Paesi con reattori russi in servizio, costruzione o in fase di finalizzazione con combustibile e forte assistenza all’O&M dalla Russia e ritiro delle scorie prodotte.
In ogni caso, per i Paesi UE privi di nucleare, con i molti ambiziosi obiettivi di decarbonizzazione sempre più stringenti, costi elevati dell’energia e delle materie prime e passati costi non ammortati durante la pandemia, in particolare per l’Italia, dovrà essere valutata se/quale/quanta e in che tempi un’opzione nucleare sia da considerare, a parte un’indispensabile attiva partecipazione in ricerca e sviluppo. Considerando gli eventi che hanno condizionato e condizionano la situazione socio/economica/geopolitica attuale sarà un duro compito per i politici italiani trovare un giusto compromesso tra default dello stato, deindustrializzazione per alti costi di energia e materie prime per l’industria e rivolta sociale per caro prezzi di beni e servizi. Una questione essenziale è quella di una efficace e corretta informazione sulla transizione energetica/ecologica, coinvolgendo i cittadini, senza illuderli su presunti vantaggi economici ma presentando chiaramente i vantaggi e i costi, e la suddivisione degli oneri, creando consenso verso tutte le tecnologie favorevoli alla decarbonizzazione in un indispensabile mix, nucleare incluso, e con un approccio di giusto compromesso tra le ideologie e la ragione.
Bibliografia