STRATEGIE ENERGETICHE
Da ”La Termotecnica“ di gennaio, mensile dell’ATI, l’autore, presidente onorario FAST e World Energy Council Italia, illustra l’andamento dei consumi di energia primaria e di energia elettrica dalle diverse fonti a livello globale e in diversi raggruppamenti di paesi, in relazione alla ripresa dopo la pandemia, alla rinnovata esigenza di sicurezza degli approvvigionamenti posta in rilievo dalla guerra di Putin, all’aumento della popolazione e delle richieste di energia nelle regioni più povere del pianeta. In considerazione di questo quadro, condivide le proprie riflessioni sulla transizione ecologica/energetica, sugli obiettivi di decarbonizzazione a cui si sono impegnati i paesi della Unione Europea e sulle modalità e gli impegni per il loro raggiungimento specie in Italia
Foto di copertina: Sungrow
Riserve di energie primarie fossili e di uranio
L’energia è stata ed è sempre più il fattore dominante per lo sviluppo sociale ed economico delle popolazioni: esiste un legame diretto tra energia e sviluppo e quello tra energia e ambiente risulta nella transizione ecologica/ambientale sempre più stretto. Lo mostrano i dati.
La popolazione mondiale nel novembre 2022 ha superato gli 8 miliardi di persone (360.000 nati/giorno e 120.000 abitanti in più ogni giorno).
Le risorse di energie primarie comprovate (R) ed i loro consumi (C) variano chiaramente di anno in anno in funzione di R e C. Elaborando i dati del 2020 e 2021 di BP [1] si ottengono i seguenti rapporti per R/C: petrolio ~ 52 anni, gas ~ 48 anni, carbone ~ 130 anni, uranio ~ 100 anni (con reattori con efficienze e tipologie attuali). Come da WEC (World Energy Council): “Real problem is not the lack of possible fossil or nuclear resources, but their uneven distribution between production and consumption areas (mainly oil and gas) and their geopolitical effects and mainly how to use them without impact on the environment”.
Con il lodevole obiettivo di salvare l’ecosistema, l’ostracismo crescente alle risorse non rinnovabili ha ridotto gli investimenti in ricerca e sviluppo di energie fossili ed uranio, creando problemi di sicurezza degli approvvigionamenti a livello globale, acuitisi in parte con i noti eventi geopolitici (Ucraina). Nel mio precedente editoriale del maggio 2022 [2] riportavo la situazione mondiale dei consumi energetici, emissioni climalteranti e produzione di elettricità al 2019, per non considerare le distorsioni nel tragitto energetico dovute agli effetti della pandemia. Nel periodo successivo la crisi energetica iniziatasi nel secondo semestre 2021, con prezzi alle stelle dei combustibili fossili, specie in UE, e in particolare del gas (e dell’elettricità in Italia, come da fig.1), e aggravatasi a livello geopolitico con l’invasione russa dell’Ucraina, ha portato a spinte verso un’indipendenza energetica e a un’accurata diversificazione di approvvigionamenti di energie per fonte e provenienza sia dell’UE che degli Stati membri.
Pur trovandoci in un periodo di turbolenza, può risultare interessante analizzare, in attesa dei dati consolidati del 2022, quelli consolidati del 2021, ben riassunti nel rapporto BP -Statistical Review of World Energy 2022 [1]. Si ricorda che per le fonti non fossili, come rinnovabili e nucleare, il loro contributo all’energia primaria viene computato moltiplicando la loro effettiva produzione di energia elettrica per l’efficienza media standard di centrali a combustibili fossili, considerata per il 2021 pari a circa il 41%.
FIGURA 1 - Andamento medio mensile del PUN (Prezzo Unico Nazionale) nel mercato elettrico italiano
L’andamento nel mondo di consumi di energie primarie, emissioni e produzione di elettricità
Analizzando i dati di BP [1] nei 10 anni dal 2011 al 2021 (anno di forte recupero post pandemia):
- la popolazione è aumentata del 12% (+0,094% 2021/2020),
- i consumi di energia primaria del 14% (+5,8% 2021/2020),
- le emissioni di CO2 del 6% (+5,9% 2021/2020)
- la produzione di elettricità del 28% (+6,2% 2021/2020).
Il settore elettrico, come già evidenziatosi da alcuni anni, avrà un ruolo sempre più importante, con l’elettricità tendente a diventare il principale vettore energetico.
Nelle due tabelle che seguono vengono riassunti i consumi di risorse energetiche primarie, le emissioni climalteranti e la produzione di elettricità a livello mondo, paesi OCSE, paesi non OCSE, UE ed Italia al 2021, evidenziando crescite e decrementi negli ultimi 10 anni, al fine di trarre alcune considerazioni di tipo strategico/geopolitico.
In particolare, la tab. 1 riporta i consumi globali di energia primaria, emissioni di CO2 e produzione di elettricità nel 2021. I consumi di energia primaria risultano così suddivisi per settori di utilizzo: 45% industria (di cui circa 2/3 per produrre elettricità), 30% edifici, 20% trasporti, 5% altro.
La tab. 2 riporta il consumo di energie primarie e la produzione lorda di energia elettrica nel 2021 in ciascun gruppo di paesi in percento del consumo totale e produzione del singolo gruppo.
TABELLA 1 - Consumi di energia primaria (595 EJ=14.212 Mtep) e produzione di energia elettrica (globale 28.466 TWh) nel 2021 in vari raggruppamenti di nazioni, ciascuno in % del valore mondiale, ed emissioni di CO2 in rosso (elaborazioni da [1])
TABELLA 2 - Percentuale locale di ciascuna fonte primaria rispetto al totale consumo/produzione per ogni gruppo di paesi. In blu la prima fonte di energie primarie ed in rosso quella per produzione di energia elettrica (elaborazioni da [1])
Per quanto riguarda le disparità nel mondo relativamente ai consumi per capita di energia ed elettricità ed emissioni equivalenti e per vita media ed aspettativa di vita degli abitanti in Cina, Stati Uniti, UE, India ed Africa, la tab. 3 ne riassume le evidenti diseguaglianze.
Popolazione |
Energia primaria |
Emissioni CO2 eq. |
Produzione elettricità |
Produzione nucleare |
PIL |
Età media |
Aspettativa di vita |
||||||||||
% Mondo |
% Mondo |
% FER |
% Mondo |
% Mondo |
% FER |
% Nucleare |
% Mondo |
k$/ |
Anni |
Anni |
|||||||
Cina |
17,8 |
26,5 |
28,4 |
30,9 |
30,0 |
28,7 |
4,3 |
14,6 |
16,2 |
37 |
77 |
||||||
USA |
4,2 |
15,6 |
18,7 |
13,3 |
15,5 |
20 |
19 |
29,3 |
69,4 |
39 |
78 |
||||||
UE |
5,6 |
10,1 |
18,6 |
7,2 |
10,2 |
27,8 |
25,3 |
26,1 |
38,4 |
44 |
80 |
||||||
India |
17 |
6 |
4,5 |
7,2 |
6 |
19,3 |
2,6 |
1,6 |
2,2 |
29 |
71 |
||||||
Africa |
17,6 |
3,4 |
12 |
4,4 |
3,2 |
22,5 |
1,5 |
0,4 |
1,9* |
19 |
60 |
||||||
Mondo |
100 |
100 |
13,5 |
100 |
100 |
27,8 |
9,8 |
100 |
12,3 |
33 |
71,5 |
TABELLA 3 - Disparità per energia e tenore di vita degli abitanti (* in alcuni Paesi si scende a 0,5 k$/Capita)
Per consumi di energie primarie e, quindi, emissioni, saranno i paesi non OCSE ed emergenti, con la loro necessità di aumentare notevolmente i consumi per lo sviluppo delle loro popolazioni, a condizionare la transizione ecologica.
L’UE, che rappresenta oggi il 7,2 % delle emissioni equivalenti di CO2, da produzione di energia, processi industriali e gas flaring, conterà meno del 6% nel 2030. Il suo eventuale azzeramento delle emissioni al 2050 porterà un contributo insignificante alla soluzione del problema globale. Ciò se non cambierà indirizzo, spostando gli sforzi da una visione eurocentrica (che porta a non competitività, oltre a non soluzione del problema climatico) e pervenendo ad effettuare investimenti con le BAT (Best Available Technologies) in paesi emergenti cha hanno enorme bisogno di energia.
La figura 2 mostra l’andamento dal 1965 al 2021 dei consumi di energie primarie per fonte a livello globale.
FIGURA 2 - Consumo Mondiale di energia primaria per fonte in EJ dal 1965 al 2021 (1 EJ =24 Mtep). Fonte: luca_p@gmx.com- grafici.altervista.org (su dati BP)
Nel mix globale di energie primarie il petrolio è la principale fonte, seguito dal carbone e dal gas; le 3 fonti fossili coprono complessivamente la quota dell’82,2 % nel 1965, dell’85% nel 2000 e dell’82,3% nel 2021, mostrando come il processo di decarbonizzazione sia lento. L’impennata nei consumi di carbone iniziatasi intorno al 2000 è dovuto agli sviluppi in Cina.
Occorre notare che i consumi globali di energie primarie hanno avuto, nel 2020, un forte crollo in 1 anno dovuto al dilagare della pandemia, crollo mai registrato come entità e come percentuale dai dati dal 1965 in poi e fondamentalmente relativo al petrolio, calato quasi del 10%, e in parte a carbone e gas. Il 2021 ha segnato dei recuperi sull’anno precedente, anche questi quasi mai riscontrati, del 6% a livello mondiale e del 9,9% in Italia.
La Figura 3 mostra l’andamento dal 1985 al 2021 della produzione di elettricità per fonte a livello globale.
FIGURA 3 - Produzione mondiale di elettricità per fonte in % della totale produzione dal 1985 al 2021. Fonte: luca_p@gmx.com- grafici.altervista.org (su dati BP)
Nel settore della generazione elettrica il carbone domina a livello mondiale con una quota al 2021 del 36%, dopo aver raggiunto il 41% nel periodo2007-2013. È seguito dal gas, che è salito al 23% nel 2021, diventando la seconda fonte già intorno al 2000. L’idroelettrico è sceso al 15% nel 2021, seguito da eolico al 6,5% e solare a circa il 4%, i quali ultimi rappresentavano complessivamente circa il 2% nel 2000.
Il nucleare è sceso al 10% nel 2021, mentre il petrolio è crollato ad una quota di poco inferiore al 3%. In totale le fonti fossili costituiscono una quota del 64% nel 1985, del 65,3% nel 2000 e del 62% nel 2020. Nel periodo dal 2000 al 2021 eolico + solare hanno compensato la perdita in quota di nucleare+petrolio
Andamento in UE dei consumi di energie primarie e della produzione di elettricità dal 1985 al 2021. Importanza del nucleare.
Le fig. 4 e 5 mostrano chiaramente quanto indica il titolo del paragrafo.
FIGURA 4 - Consumi di energia primaria per fonte dal 1965 al 2021 nell’UE in EJ. Nel 2021 i 27 Stati membri hanno consumato energie primarie per 60 EJ (1435 Mtep). Fonte; luca_p@gmx.com- grafici. altervista.org (su dati BP)
FIGURA 5 - Produzione di energia elettrica per fonte dal 1985 al 2021 nell’UE in % della sua totale produzione. Nel 2021 i 27 Stati membri hanno prodotto 2890TWh. Fonte: luca_p@gmx.com- grafici. altervista.org (su dati BP)
Nei consumi di energie primarie il petrolio è ancora dominante in UE, ma è sceso dal 54% del ‘73 al 35,5% del 2021. Il carbone, da una quota del 53,5% nel 1965, ha avuto una rapida discesa fino all’11% del 2021, pari alla quota del nucleare e inferiore di 2 punti a quella delle nuove rinnovabili. Il gas è salito progressivamente al 24% del 2021, diventando la seconda fonte di energia primaria a partire dal 1999. Il nucleare dal’95 ha oscillato intorno al 13-14% ed è sceso all’11% nel 2021. L’idroelettrico è rimasto sui valori del 7-5% dal 1965 in poi e, nel 2021, ha terminato con un 5,5%. Le nuove rinnovabili a partire dal 2000 hanno avuto un rapidissimo sviluppo da una quota dell’1 % a quella del 13%, divenendo nel 2021 la terza fonte primaria, con eolico al 6%, biomasse + geotermico al 4,5% e solare al 2,5%.
In UE il settore elettrico mostra una situazione ben più dinamica rispetto a quella globale, per quanto riguarda la decarbonizzazione, con una quota percentuale delle fonti fossili calata dal 55% del 1965 al 36% del 2021, rispetto alla quota di tutte le rinnovabili salita dal 17% al 37% (sorpasso tra il 2019 e 2020 delle fonti fossili). Il carbone è sceso da quote intorno al 40% negli anni ‘80 al 15% nel 2021.Il nucleare ha avuto uno sviluppo nelle quote dal 27% del 1965 al 33% del 1996 diventando la prima fonte, ma iniziando una discesa fino al 25% del 2021. Il gas dal 1996 ha avuto salite e discese fino ad un 19% nel 2021. L’idroelettrico, con una quota del 15% nel 1985, ha avuto in seguito oscillazioni in quota tra il 10 e il 14%, arrivando al 12% nel 2021. Le altre rinnovabili diverse dall’idroelettrico (eolico+fotovoltaico+geotermia+biomasse ed altro) hanno visto uno sviluppo dall’1% in quota nel 1995 al 26% nel 2021(doppia di quella mondiale), con eolico al 13,5%, 6,2% di biomasse e 5,5 % di solare.
Alcuni commenti dell’impatto sull’Italia al 2030 degli obiettivi UE stabiliti dal pacchetto FIT for 55
Nella sua corsa verso una completa decarbonizzazione al 2050, la UE ha disposto negli ultimi anni l’innalzamento degli obiettivi climatici in misura sempre più impegnativa rispetto a quanto stabilito nel 2019 nei vari piani nazionali per energia e clima (PNIEC). Complessivamente era previsto che al 2030 essi consentissero di raggiungere a livello UE la riduzione del 40 % delle emissioni climalteranti, rispetto ai valori del 1990.
Ora con le direttive FIT for 55 l’obiettivo di riduzione delle emissioni è stato elevato al 55% nel 2030. Il sistema elettrico risulta quello maggiormente impegnato nel raggiungimento del nuovo obbiettivo globale, per la necessità di incrementare ulteriormente lo sviluppo di rinnovabili, in particolare di eolico e fotovoltaico. Riferendomi al sistema elettrico italiano vale la pena di sottolinearne gli impatti ben evidenziati dalle dettagliate analisi effettuate da TERNA
Il bilancio elettrico italiano del 2021 è ben rappresentato nella fig. 6, tratta da TERNA, dove la produzione di elettricità è suddivisa tra le varie tipologie (termico da fossili e rinnovabili) e i consumi sono specificati per i differenti settori di utilizzo. Si può notare che nel 2021, anno di ripresa dopo la pandemia, il 13% del fabbisogno nazionale (pari a circa 320 TWh) è coperto dall’import e il 36% dalle fonti rinnovabili.
FIGURA 6 - Bilancio elettrico italiano del 2021. Da TERNA [3]
Le implicazioni per l’Italia dei targets UE del FIT for 55 sono riassunte in fig. 7, tratta da TERNA, che dalle prime analisi effettuate prevede la necessità di dover installare in aggiunta agli esistenti 33 GW di eolico e fotovoltaico ulteriori 70 GW entro il 2030 rispetto ai 40 GW addizionali previsti dal PNIEC a fine 2019.
FIGURA 7 - Implicazioni per l’Italia degli obiettivi posti da UE con il FIT for 55 come da prime analisi di TERNA.
La Figura 8 mostra le FER aggiuntive per raggiungere gli obiettivi FIT for 55
FIGURA 8 - Quantità di FER aggiuntive per il raggiungimento del target FIT for 55. Da TERNA [4]
Vale la pena di ricordare come i nuovi impianti di fotovoltaico ed eolico on shore, specie per quelli di potenza elevata con costi del kWh più attraenti per gli investitori, saranno installati prevalentemente al sud con impegnativi investimenti addizionali nella struttura di rete ad alta e media tensione. Tenendo conto della loro volatilità e non programmabilità di produzione, saranno necessari imponenti investimenti in accumuli, valutati da TERNA in circa 100 GWh addizionali al 2030, anche per evitare i problemi della overcapacity (non utilizzo in alcune ore di energia producibile da rinnovabili specie variabili).
Non contribuendo sostanzialmente, specie il fotovoltaico, all’inerzia e potenza di corto circuito del sistema, indispensabili per una affidabile e adeguata qualità della fornitura di energia e per una regolazione e stabilità della rete, risultano necessari altri investimenti in compensatori sincroni con volani (6250 MVAr previsti da Terna), sistemi particolari di elettronica di potenza, reattori e resistori stabilizzanti.
In aggiunta si rendono indispensabili dei mercati di capacità programmabile per sopperire sia ad imprevedibili lunghe assenze di produzione rinnovabile (in Germania per 3 settimane continue alcuni anni orsono oltre 100 GW di eolico e fotovoltaico installati hanno immesso in rete al massimo 8 GW), sia ad altri eventi naturali o di guasti particolari.
Ripercorrendo la cronistoria delle installazioni in Italia, dal primo sviluppo dell’eolico agli inizi del 2000 e del fotovoltaico ed eolico poi, il raggiungimento a dicembre 2021 di una potenza totale installata di fotovoltaico di 22,6 GW e di 11,3 GW di eolico si è svolta come riportato in fig. 9.
FIGURA 9 - Andamento dal 2005 al 2021 della capacità totale di eolico e fotovoltaico in servizio ogni anno e della capacità addizionale di eolico e fotovoltaico entrata in servizio ogni anno. Fonte TERNA Gaudì
È del tutto evidente l’esplosione dello sviluppo indotto dai generosi incentivi ventennali ed il successivo crollo dovuto alla loro riduzione e, altrettanto, quanto gli obiettivi di circa 70 GW addizionali dal 2021 al 2030 rappresentino una capacità addizionale di 7 GW/anno, pari a 6-11 volte la potenza entrata annualmente in servizio dal 2014 al 2020. Da osservare, al proposito, che ogni anno che passa senza raggiungere i 7 GW aumenta l’obiettivo annuale per raggiungere il traguardo; già per quest’anno risulta pari a oltre 8 GW (66/8).
Tenendo conto dei dati storici e degli investimenti diretti ed indiretti sopra menzionati, con i loro costi di esercizio/manutenzione, considerando le problematiche autorizzative e di una possibile non corretta valutazione dei costi effettivi, non ancora ben evidenziati, e di come e chi li paga, ci si trova di fronte ad un serio problema politico, economico/ finanziario, posto dall’accelerazione delle installazioni, come stabilita, che può creare problemi circa l’effettiva possibilità di realizzarle e con essa di attuare la transizione ecologica in modo stabile e duraturo. Valgono quindi ancora le considerazioni riportate nel mio precedente articolo citato in premessa [2], che in parte riassumo nelle conclusioni.
Conclusioni
Gli impegni in difesa del clima e dell’ambiente rimangono fondamentali, con i loro obiettivi stimolanti, ma essi devono essere anche realistici, con chiare ed oneste valutazioni dei totali costi, cercando le soluzioni meno costose e valutando adeguatamente gli impatti ambientali, su come suddividerli e su come comunicarli alla popolazione.
La Commissione Europea è lodevole per il suo protagonistico impegno nella decarbonizzazione dell’economia comunitaria ma, considerando i traguardi diversi e minori che si pongono i paesi emergenti per non frenare la loro crescita economica, anche azzerando al 2050 le emissioni europee climalteranti, il contributo del Vecchio Continente alla soluzione del problema globale sarà trascurabile, a meno di passare da una visione eurocentrica ad investimenti in paesi emergenti con soluzioni basate sulle BAT (Best Available Technologies).
Al proposito occorre notare che l’Africa ha oggi 1,4 miliardi di abitanti, che diventeranno 2,5 nel 2050, e ha un consumo pro capite di 1/12 di quello dei paesi OCSE, di 1/20 di quello degli Stati Uniti e un’età media della sua popolazione di 19 anni. Una continua accelerazione della CE verso impegni sempre più ambiziosi può creare problemi per un processo globale e stabile di decarbonizzazione.
A ciò si aggiunge il fatto che l’aumento dei prezzi di materie prime, energetiche e non, da metà 2021 e l’invasione dell’Ucraina hanno portato a mitigare l’ostracismo verso i combustibili fossili in generale e riconsiderare l’importanza, ad esempio del gas e del nucleare (tassonomia), per una sicurezza delle forniture di energia, che si aggraveranno, specie se gli ambiziosi obiettivi delle rinnovabili non verranno raggiunti.
Pertanto, si pone il problema, anche in Italia, di chi pagherà il conto salato, sia dovuto al costo di materie prime energetiche e non, sia di un forte sviluppo di rinnovabili non programmabili, come dagli obiettivi UE FIT for 55. Ci si trova quindi di fronte a un difficile equilibrio tra default dello stato, de-industrializzazione per prezzi dell’energia alle industrie troppo elevati e rivolte sociali dei cittadini per il caro energia che influenza anche i prezzi dei generi alimentari e di consumo.
L’adeguatezza del sistema elettrico con il prospettato enorme sviluppo di rinnovabili variabili è indispensabile per una sicura fornitura e di qualità per l’elettricità sempre più dominante nel settore energetico. A tal fine, per la essenziale produzione di elettricità al minimo costo per i clienti finali, occorrerà tenere in conto tutte le risorse, non considerando il solo costo di produzione al sito, ma valorizzando o penalizzando presenza o assenza di costi addizionali all’ambiente ed al sistema elettrico, come emissioni di CO2, programmabilità e non variabilità, contributo all’inerzia, necessità o meno di nuove connessioni/estensioni del sistema, stoccaggi, capacity market, ecc. Il tutto con un difficile approccio sistemico, minimizzando il costo paese a breve /medio termine e problemi sociali, senza pregiudicare il futuro.
Considerando i costi per il personale, energia e materie prime rispetto a paesi emergenti, si pone seriamente il problema per Italia ed UE di una rivalutazione delle tipologie di industrie da valorizzare e di una trasformazione verso una fornitura di servizi/soluzioni/impianti con componenti di qualità adeguata (ed anche manodopera) da paesi terzi. Una profonda e non certo celere riqualificazione del personale è essenziale. Inoltre, per l’idrogeno decarbonizzato, non solo verde, occorrerà investire in R&D, in impianti sperimentali, ecc., per calibrarne gli sviluppi in funzione dei costi e vantaggi, non trascurando, ovviamente, la R&D in altri settori.
Infine, per il nucleare occorre non farsi illusioni in UE sullo sviluppo a breve ed a costi interessanti di nuove tecnologie “sicure e waste free” (SMR, Generation IV reactors e fusione), ma rimane importante insistere nella R&D per cogliere le opportunità che propone il futuro. Risulta fondamentale, dato il notevole parco di reattori esistenti, specie in CE (ahimè nessuno in Italia), un sicuro prolungamento della vita utile dei reattori esistenti, che assicurano elettricità priva di emissione di gas climalteranti, a buon mercato e con un elevato capacity factor che la rende interessante anche per la produzione di idrogeno decarbonizzato via elettrolisi.
Da ultimo, una questione essenziale è quella di una efficace e corretta informazione sulla transizione energetica/ecologica, coinvolgendo i cittadini, senza illuderli su presunti vantaggi economici, ma presentando chiaramente i vantaggi ed i costi e la suddivisione degli oneri, creando consenso verso tutte le tecnologie favorevoli alla decarbonizzazione, e con un approccio di giusto compromesso tra le ideologie e la ragione.
BIBLIOGRAFIA