TRANSIZIONE E SOSTENIBILITA’
Ci sono così tanti “dialoghi fra sordi” nella governance dell’energia e dell’ambiente da mettere in discussione gli obiettivi e gli esiti delle politiche di transizione energetica in tutto il mondo a partire dai loro possibili effetti collaterali.
Nell’Electricity Market Report 2023 l’Agenzia internazionale per l’Energia, IEA, ci spiega che le energie rinnovabili sono destinate a dominare la crescita dell'approvvigionamento elettrico mondiale nei prossimi tre anni rendendo improbabile un aumento significativo delle emissioni di carbonio del settore energetico. Oltre il 70% dell'aumento della domanda globale di elettricità, continua il report, proverrà da Cina, India e Sud-Est asiatico per quanto la generazione elettrica di questi paesi sia basata principalmente sui combustibili fossili.
Se, secondo Fatih Birol, siamo vicini a un punto di svolta per le emissioni del settore energetico è diversa l’opinione di Amin Nasser, CEO di Saudi Aramco, secondo cui per molti paesi asiatici le priorità, rispetto alla transizione energetica globale, sono diverse "Per i responsabili politici di quei paesi la priorità è mettere il cibo in tavola per la loro gente. Se il carbone può farlo a metà prezzo, lo farà con il carbone"
La transizione energetica si basa su due presupposti: che ci saranno abbastanza materie prime per realizzare questo cambiamento e che al termine di questo percorso non avremo più bisogno dei combustibili fossili. Entrambe queste affermazioni, oggi, sembrano prive di fondamento, e non solo in relazione all’energia. Infatti, mentre ci preoccupiamo di far diminuire gli investimenti nei combustibili fossili, oltre a rendere più costosi i carburanti, stiamo aumentando i costi dei sottoprodotti petroliferi, letteralmente migliaia, che permeano la nostra quotidianità.
Non solo energia
Meno della metà di un barile di petrolio diventa benzina, il resto ha molti altri usi. Il 98% delle materie plastiche monouso è prodotta da combustibili fossili. Più in generale, tutta la plastica è fatta con il petrolio e la plastica è usata quasi ovunque: automobili, case, giocattoli, computer, abbigliamento e dispositivi medici... L'asfalto utilizzato nella costruzione di strade è un prodotto petrolifero così come la gomma sintetica negli pneumatici.
I fertilizzanti, che svolgono un ruolo cruciale nel soddisfare la domanda alimentare globale, sono prodotti mediante l’utilizzo dei combustibili fossili. Ma anche pesticidi, erbicidi sono tutti realizzati con combustibili fossili come detergenti, pitture, resine, fibre di vetro, rivestimenti, vernici. L'abbigliamento che indossiamo potrebbe essere stato realizzato utilizzando combustibili fossili così come tappeti, tessuti, rivestimenti, cuscini, tappezzeria, tende, e altri tessuti.
Sono migliaia, circa seimila, i prodotti a base di petrolio che entrano nel nostro vivere quotidiano ma circa il modo in cui renderemo il Pianeta, e chi lo abita, privo di derivati dai combustibili fossili non si parla molto… Parlare di “Net zero” senza spiegare come verranno colmati i vuoti di parti della quotidianità di coloro che, non si occupano di mix energetici, ma usano ogni giorno quei seimila prodotti, rischia di diventare un dialogo tra sordi...
Il mondo sta producendo più plastica che mai: sono centotrentanove i milioni di tonnellate finite nei bidoni della spazzatura l'anno scorso. Secondo il Plastic Waste Makers Index nel 2021 è stato generato quasi un chilogrammo in più di plastica per ogni persona sul Pianeta. Sarebbe probabilmente il caso, per indurre l’Unione Europea a guardare oltre le emissioni energetiche, di definire l’inquinamento dovuto alla plastica “crisi climatica”: probabilmente si otterrebbe più facilmente la loro attenzione...
Effetti collaterali di investimenti e disinvestimenti
Aumentare gli investimenti nelle energie rinnovabili e disinvestire nei combustibili fossili non indurrà l'industria petrolchimica a trasformarsi di sua spontanea volontà: manterrà alti i prezzi di questi beni e floridi i bilanci delle compagnie petrolifere, colpendo i più deboli. Vale, anche in questo caso, il concetto esposto da Amin Nasser: per i giganti petrolchimici è più economico continuare a produrre nuove materie plastiche invece di riciclarle mentre, di contro, per l’85% della popolazione mondiale, la raccolta dei rifiuti è cronicamente sottofinanziata, mal gestita e l'inquinamento da plastica è onnipresente.
Si consideri che, tra le prime 20 aziende petrolchimiche globali, solo sette sono attive in mercati in cui esistono normative più progressiste ed esigenti che supportano l'economia del riciclaggio. Al di fuori di queste regioni, aspettarsi che le aziende impegnino capitale di rischio in progetti di riciclaggio che offrono rendimenti inferiori rispetto alla produzione di polimeri vergini è un altro dialogo tra sordi...
Oggi sempre più persone sono consapevoli che il loro smartphone contiene metalli rari. Quello che forse non è altrettanto evidente è che senza petrolio e gas, palmari, laptop e altri computer non esisterebbero. Sono realizzati in vetro, metallo, plastica, litio, silicio ed altri metalli rari che richiedono tutti combustibili fossili per essere estratti, elaborati e prodotti. Tutti questi dispositivi dipendono, in un modo o nell'altro, dalla combustione di combustibili fossili per la generazione di elettricità, energia termica e trasporto e sono in parte realizzati con derivati chimici dei fossili.
A questo proposito, assistiamo alla resurrezione del carbone che deridevamo come una reliquia del 20° secolo mentre, nell’ultimo anno, gli investitori del settore hanno realizzato utili miliardari per la crisi del gas naturale. Il carbone sta tornando. Bloomberg ha riferito che, nonostante il mondo sia in preda a una crisi climatica mentre le temperature salgono e i fiumi si prosciugano, non c’è mai stato un momento migliore per arricchirsi estraendo carbone. Il problema è che i policymakers occidentali sono così concentrati sull'espansione delle energie rinnovabili, prima che queste possano effettivamente sostituire i combustibili fossili, che hanno finito per garantire che i prezzi del petrolio, del gas e del carbone rimangano alti, nel presente e nel prossimo futuro.
Nel frattempo, l'industria mineraria avverte che i tempi, per identificare e produrre la quantità di metalli necessaria per raggiungere l'obiettivo “Net zero”, comporteranno certamente carenze di approvvigionamento. Carenze che colpiranno i mercati con il concreto rischio di rendere proibitivi i costi, per un banale meccanismo di domanda e offerta. Di contro nessuno, tra i policymakers occidentali, si preoccupa di calcolare fino a che punto le energie rinnovabili potranno sostituire i combustibili fossili sulla base delle riserve che si può realisticamente pensare di estrarre in modo economicamente ed ambientalmente sostenibile. E’, come detto, un dialogo tra sordi…