Oggi:

2024-03-19 08:55

Alla Ricerca di Batterie Sostenibili. E Standardizzate.

AUTO ELETTRICHE

di: 
Giovanni Brussato

La decisione dell’Unione Europea sulla messa al bando delle auto a benzina e gasolio per puntare sulle auto elettriche impone di analizzare se esistano alternative all’attuale modello tecnologico. Alternative che consentano anche all’Europa di “tornare in gioco”, visto che l’attuale catena di approvvigionamento globale delle batterie è saldamente in mano cinese, praticando un modello di transizione energetica sostenibile, concentrata sulla riduzione dell’utilizzo indiscriminato delle risorse non rinnovabili.

L’Unione europea ha deciso di mettere al bando dal 2035 la vendita di auto alimentate a diesel e benzina decretando sostanzialmente la fine dei veicoli a combustione interna a favore delle “auto ecologiche”.

Ma proprio Tesla, icona globale dell’auto elettrica, in questi giorni, è stata espulsa dall’ESG S&P 500, l’indice Standard & Poor's formato dalle 500 aziende statunitensi a maggiore capitalizzazione che misura la performance dei titoli che soddisfano i criteri di sostenibilità, utilizzato per consigliare efficacemente coloro che desiderano investire in aziende che eccellono in quella che oggi viene chiamata finanza sostenibile.

Forse è il “modello Tesla” che comincia a mostrare i suoi limiti, complici le crisi ambientali del litio e del nichel e i crimini contro l’umanità del cobalto. Fatti che colpiscono un’opinione pubblica sensibile che inizia ad intuire i confini dell’applicabilità di un simile modello e le rinunce che, invece, saranno necessarie per una mobilità realmente sostenibile. Perché, se si decide di buttare alle ortiche secoli di storia, di sviluppo tecnologico ed una posizione di controllo del mercato globale, è evidente che la ragione deve essere un qualcosa di ineludibile: salvare il Pianeta.

Ma, per una causa così impegnativa, serve anche creare quelle condizioni per cui sia evidente che il necessario, e collettivo, passo indietro da fare affinché sia l’ambiente a farne uno in avanti, implica innanzitutto ripensare il ruolo dell’auto alla stregua di uno strumento e non più come la manifestazione della propria individualità o come uno status symbol.

Ciò implica anche creare un modello diverso per la produzione e la ricarica del “cuore” dell’auto elettrica: la batteria.

 

I limiti del mercato

È necessario uscire dall’attuale mercato finanziario vista la sua relazione complicata con il mercato fisico sottostante, che vede coinvolte case automobilistiche, produttori di batterie, industria mineraria e chimica. Poiché, se rimaniamo su questa strada, questa disconnessione tra il mercato finanziario e quello fisico (che invece dovrebbe rispecchiare) non potrà che crescere.

Le batterie agli ioni di litio per le auto devono essere estremamente sicure, immediatamente disponibili e molto più economiche: un problema formidabile che imporrà ai produttori di realizzare accordi di fornitura a lungo termine con fornitori affidabili seguendo rigorose procedure di certificazione. Dall’altro canto le compagnie minerarie, scottate dai precedenti supercicli delle materie prime, cercano garanzie con onerosi accordi di offtake (acquisto obbligato) che l’evoluzione tecnologica potrebbe ritorcere, in maniera rovinosa, contro quei produttori che li contraessero in maniera improvvida.

Se si vuole uscire da questo paradigma la strada da perseguire conduce alla rimozione di ogni ostacolo in conflitto con lo scopo di realizzare un prodotto standardizzato che gli acquirenti possano scambiare, indipendentemente dal venditore, ed anche dal produttore del veicolo.

La NIO Power Swap Station 2.0. Foto rilasciata dalla società di veicoli elettrici NIO. 

Pertanto, va tolta la competizione speculativa della produzione delle batterie dalle opzioni prestazionali del veicolo. Oggi comprate un veicolo per la benzina che utilizza? Ovviamente no. Allo stesso modo è necessario che la scelta del prossimo veicolo (elettrico) che acquisterete non sia condizionata dalla scelta della sua batteria.

Se l’Occidente ha deciso di mettere al bando le auto dotate di motore endotermico rischiando concretamente una catastrofe economica e abdicando al suo primato tecnologico è opportuno che si tuteli contro chi, la Cina, questo primato lo vuole acquisire puntando proprio al suo “cuore”: la batteria.

Ma è proprio dal Dragone cinese che si possono cogliere spunti su come “sminare” la strada verso batterie “sostenibili” perché, in Cina, inizia a prendere piede l’idea che l’auto potrebbe essere venduta senza batteria ed ogni utente potrebbe scegliere autonomamente la compagnia petrolifera, o meglio elettrica, che gli fornirà la batteria con il concetto del "battery-as-a-service"; con opzioni che contemplino percorrenza minima o accordi a consumo o nuove opzioni che il mercato individuerà.

Le batterie intercambiabili per auto elettriche sono una concreta alternativa ai sistemi di ricarica: la sostituzione in luogo della sua ricarica consente ai conducenti di ripartire rapidamente con una batteria completamente carica, anziché collegare il veicolo a un punto di ricarica. E questo aspetto, in zone ad alta densità abitativa, dove molte persone vivono in grattacieli e potrebbero dover competere per l’accesso ad un punto di ricarica vicino alle loro case, rende lo scambio di batterie più di un'alternativa utile.

Ricaricare completamente una batteria può richiedere più di un'ora mentre lo scambio di una nuova batteria richiede solo cinque minuti: il tempo che oggi è necessario per un pieno. Ed è nella realtà del traffico cittadino, governato da piccoli spostamenti quotidiani sovente realizzati da un solo passeggero per veicolo, che le auto elettriche possono fare la differenza rispetto alle loro sorelle a combustione interna, in termini di riduzione dell’inquinamento urbano.

Questo mitigherebbe da un lato le crescenti tensioni poste sulle reti elettriche mentre milioni di conducenti ricaricano la loro batteria ma, soprattutto, ridurrebbe la necessità di espandere la rete di ricarica che comporterebbe tempi e costi colossali: numericamente, entro il 2040, ci saranno da costruire e installare 339 milioni di connessioni di ricarica nello scenario base, che diventano circa mezzo miliardo in quello più ambizioso. Questo nuovo, vasto, sistema di auto e caricabatterie globale richiederà elettricità: oltre 4.700 TWh entro il 2040 e oltre 8.800 TWh entro il 2050 cioè tra il 15% e il 21% della produzione di energia elettrica globale.

 

It’s about the metals, darling.

Ma non solo energia, anche materie prime: un EV medio contiene85 kgdi rame rispetto ai25 kgdi uno ICE ed un dispositivo di ricarica rapida richiede alcune decine di chili di rame, che sembrano poca cosa se non li moltiplicate per oltre mezzo miliardo.

Ora, la prima fondamentale esigenza delle “batterie sostenibili” è per l’appunto di essere rispettose dell’ambiente. In un modo razionale e non ideologico, consapevole che ogni forma di energia comporta effetti ambientali, sia positivi che negativi, ma che contestualmente realizza scelte che minimizzino quelli negativi.

Corollario di questo assunto è l’adozione di chimiche, per i catodi ed anodi delle future batterie, basate su materie prime quanto più possibile disponibili in natura, accettando le inevitabili riduzioni di prestazioni che questo comporta. Va sollecitato l’abbandono di chimiche come l’NCM, le batterie al nickel, cobalto e manganese, oggi le più performanti. Ma anche quelle basate su materie prime più comuni come le LFP, litio, ferro, fosfato perché si tratta di materie prime comunque destinate ad entrare in competizione con altri settori, si pensi alla siderurgia ed ai fertilizzanti in un pianeta che, nel 2050, avrà quasi 10 miliardi di abitanti.

Per intenderci, modelli come il Ford F-150 Lightning, con una batteria di 131 kWh che può spingere questo veicolo, di quasi 3 tonnellate di peso, da zero a60 miglia all'ora in 4,3 secondi, non salveranno il pianeta, serviranno solo a devastarlo per estrarre le materie prime per realizzare queste batterie.

 

Chi paga il Green Deal?

Negli USA, ci sono circa 80 auto ogni 100 abitanti; in Europa oltre 50, nei restanti paesi - oltre l’80% del pianeta - la media è cinque auto per cento abitanti e, se la prospettiva della futura mobilità elettrica guarderà a modelli come Tesla, essa è destinata sin d’ora a fallire miseramente gli obiettivi climatici, perché limitata ad una ristretta parte del Pianeta.

È necessario liberare ogni veicolo elettrico dal peso dell’enorme impronta carbonica delle attuali batterie ma, soprattutto, occorre evitare che vengano scaricati i costi sociali ed ambientali della loro produzione su chi il Green Deal non potrà che subirlo, perché vi invito a chiedervi quante persone, nei paesi in via di sviluppo da cui provengono le attuali materie prime, saranno in grado di permettersi beni di consumo come un’auto elettrica.

Un Ford F-150 Lightning. Fotografo: David Paul Morris/Bloomberg

Le strade da percorrere sono verso nuove tecnologie sul modello di quelle agli ioni di sodio, vista la sua abbondante disponibilità in natura rispetto al litio. Queste batterie, pur disponendo di una densità di carica minore rispetto a quelle basate sul litio, operano su un più ampio intervallo di temperature operative, sono più sicure e potrebbero costituire un iniziale compromesso nelle prestazioni per veicoli elettrici a basso costo. L’Europa e l’Occidente tutto, se vogliono tornare ad avere una propria industria, devono uscire dalle logiche delle attuali catene di approvvigionamento e soprattutto, se vogliono realmente porsi come modelli di una transizione energetica sostenibile, devono concentrarsi a ridurre l’utilizzo indiscriminato delle risorse non rinnovabili, perché è proprio su queste che vengono misurati i limiti della crescita.

 

Ma non è sufficiente.

È necessario che il sistema di alimentazione delle auto elettriche possa diventare un sistema analogo all’informatico plug and play dove ci sono tecnologie (i.e. batterie) che possono essere messe in uso all'interno di un sistema hardware (i.e. veicolo) senza che l’operatore (fino ad oggi lo abbiamo chiamato benzinaio) conosca una specifica procedura di installazione o configurazione del sistema.

Pertanto, è necessaria una standardizzazione che vada nella direzione opposta a quella percorsa fino ad oggi dai produttori - a cominciare proprio dal pioniere e leader globale dei veicoli elettrici Tesla - che, forse, temono di non sapere come differenziare il loro prodotto dalla concorrenza.

La standardizzazione serve proprio per poter avviare un’economia circolare realmente efficiente. Questo comporta anche ripensare alla proprietà intellettuale in questo ambito perché, naturalmente, la maggior parte dei produttori la tutela aggressivamente, specialmente quando si tratta di riciclo.

Il riciclo e il riutilizzo dei dispositivi possono richiedere ai tecnici di decodificarli, quando non di hackerarli, per sbloccarli digitalmente. La riparazione di macchinari moderni richiede l'accesso a codici diagnostici, schemi circuitali e parti di ricambio che i produttori proteggono con zelo. E smontarli può richiedere l'accesso a strumenti proprietari che i produttori sono stati storicamente reticenti a condividere.

 

Le batterie a km 0.

Le batterie, una volta uscite dalla fabbrica, verranno utilizzate ovunque e quando arrivano alla fine della loro vita utile, per ovvie ragioni, non possono tornare al centro di riciclaggio di chi le ha prodotte ma vanno riciclate il più vicino possibile a dove si trovano.

Ma la proprietà intellettuale può strangolare l'economia circolare. L'informazione e l'innovazione sono la valuta della circolarità, ma la condivisione con altre imprese indipendenti è qualcosa che i produttori non sono mai stati disposti a fare.

Secondo molti non sarà mai possibile convincere le case automobilistiche ad accettare batterie intercambiabili per quanto questo sia conveniente, economico e logico. Perché questo accada è necessario che un numero sufficiente di case automobilistiche adotti batterie standardizzate, superando gli ostacoli che hanno affondato i tentativi di scambio di batterie nell'ultimo decennio.

Ma è proprio qui che dovrebbe intervenire la politica dell’Occidente, che sta imponendo una scelta ideologica alle proprie case automobilistiche ed ai consumatori, per dimostrare la fondamentale coerenza dei propri obbiettivi climatici e di giustizia sociale. Cogliendo inoltre l’opportunità di legare i costi della ricarica in base alla CO2 emessa per produrre l’elettricità necessaria e privilegiando i centri di scambio perché, a differenza dei punti di ricarica, consentirebbero di identificare più agevolmente l’origine della fonte energetica.