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2024-03-29 13:50

Pulire Roma: domande inevase e decisioni da prendere

REWIND 2005

di: 
Rosa Filippini

Pubblichiamo la relazione della presidente degli Amici della Terra, Rosa Filippini, all’incontro promosso il 25 maggio 2005 dall’associazione “Roma nuovo secolo” sui problemi dei rifiuti.

Premessa
Fin dagli anni '90, i principi di sostenibilità ambientale, la legislazione europea e la normativa italiana, richiedono che le politiche pubbliche siano indirizzate a minimizzare il prelievo di materie prime dall'ambiente naturale e a ridurre il più possibile la produzione e il confinamento di rifiuti . Per questo motivo la gestione dei rifiuti deve avere i seguenti obiettivi:

  1. riduzione a monte dei rifiuti: minimizzando gli imballaggi, i prodotti usa e getta, i prodotti non recuperabili; incoraggiando il riutilizzo.
  2. recupero di materiali attraverso le raccolte separate e differenziate, il riciclo e l'utilizzo dei materiali recuperati al posto delle materie prime (carta, plastica, vetro, metalli, ecc...)
  3. recupero dell'energia contenuta nei materiali che non sono recuperabili per motivi economici o ambientali.
  4. confinamento in sicurezza dei residui finali (ceneri o altre frazioni non recuperabili o non trattabili)

La gerarchia dei sistemi di gestione e delle relative tecnologie che deriva da questi indirizzi, per ciò che riguarda i rifiuti urbani, è chiara:

  1.  riutilizzo,
  2.  raccolta differenziata e riciclo,
  3.  incenerimento con recupero di energia,
  4.  discarica.

In nessun caso, una gestione ambientale corretta può prevedere la discarica come sistema prevalente di smaltimento dei rifiuti perché, fra tutti i sistemi considerati, essa implica: spreco di materiali derivanti da risorse naturali, dunque maggior prelievo; dissipamento della frazione energetica contenuta nei rifiuti; massima estensione degli spazi destinati a confinare i rifiuti (che implica alterazioni del paesaggio e perdita di biodiversità), gestione e controllo continui delle discariche per contenere emissioni di gas metano, (pericolose e climalteranti) ed emissioni inquinanti del suolo e delle falde acquifere.

Che succede a Roma
E' solo grazie alla discarica di Malagrotta, la più grande d'Europa, che la città di Roma ha potuto smaltire i suoi rifiuti da oltre 50 anni.  Oggi, sono 1.543.000 tonnellate all'anno, quasi la totalità di quelli prodotti.
L'ultima autorizzazione risale al 1997 e scade alla fine del 2006 ma, da tempo, la  società E:Giovi, titolare della discarica, avverte che, alla fine del 2005, a Malagrotta si esaurirà lo spazio disponibile. Per questo, la  Regione Lazio sta approvando un piano di adeguamento della discarica: un ampliamento di circa 3 milioni di metri cubi al fine di prorogarne l'utilizzo al 2007.

I dati di Roma

Secondo l'ultimo rapporto nazionale sui rifiuti.

Abitanti: 2.541.000
Rifiuti Urbani, t./anno 1.593.000
Rifiuti Urbani, Kg./abitante/anno 627
Raccolta Differenziata t/anno 170.000
Raccolta Differenziata Kg./abitante/anno 66,5
Percentuale RD su RU 10,6%

Secondo i dati diffusi dalla Giunta capitolina, la raccolta differenziata sarebbe arrivata nel 2005 al 20%

Cosa stabilisce la legge
1) Il D.Lgs.22/97 all’art.5 recita: “Dal 1° gennaio 2000 è consentito smaltire in discarica solo i rifiuti inerti, i rifiuti individuati da specifiche norme tecniche ed i rifiuti che residuano dalle operazioni di riciclaggio, di recupero e di smaltimento (...) Per casi di comprovata necessità e per periodi di tempo determinati il Presidente della Regione, d’intesa con il Ministro dell’ambiente, può autorizzare lo smaltimento in discarica nel rispetto di apposite prescrizioni tecniche e delle norme vigenti in materia.” 
A Roma: dal Piano finanziario tariffa rifiuti dell'Ama (anno 2003) si ricava che le tonnellate di rifiuti indifferenziati conferiti alla discarica di Malagrotta sono 1.300.000. A partire dal 2006 dovrebbero entrare in funzione degli impianti di separazione meccanica per la produzione di CDR e rifiuti stabilizzati per una quota significativa, pari a circa 900.000 tonnellate. Da notare che, quando questi impianti entreranno in funzione, 400.000 tonnellate di rifiuto indifferenziato continuerebbero ad essere conferiti in discarica in sostanziale difformità dal dettato normativo. Il Ministro Matteoli ha dichiarato più volte che non intende prorogare il termine del 2005 della deroga vigente a scaricare rifiuti indifferenziati. Rimane, inoltre, il problema di cosa fare del CDR prodotto.
2) Per supportare la riduzione dello smaltimento dei rifiuti in discarica, già nella legge finanziaria per il 1996 (legge 28.12.1995, n549) era stata istituita un’ecotassa per il deposito in discarica dei rifiuti solidi. La misura di tale tributo era commisurata secondo la classificazione allora vigente dei rifiuti ed ammontava, per i rifiuti urbani, in un valore variabile da 20 lit./kg a 50 lit./kg .Con l’entrata in vigore del D.Lgs.22/97, tale tributo, ed il calcolo dell’eventuale coefficiente di correzione (tra valore minimo e massimo), è stato mantenuto, ma rapportato al raggiungimento degli obiettivi di raccolta differenziata dei rifiuti urbani. L’art.24 del D.Lgs.22/97 ha, infatti, per oggetto “Contributo per lo smaltimento di rifiuti in discarica” e fissa precise scadenze per la raccolta differenziata: 15% entro due anni (1999), 25% entro quattro anni (2001), 35% dal sesto anno (2003).
A Roma: Indipendentemente dall'ottemperanza al divieto normativo di conferire in discarica rifiuti non trattati, il funzionamento dei nuovi impianti non modifica la sostanza di un fabbisogno sostanziale di discarica, visto che non esistono impianti per utilizzare il CDR prodotto e che il rifiuto biostabilizzato finisce comunque in discarica.
Il costo pagato dall'Ama (bilancio 2003) per il conferimento in discarica, a tonnellata, è di circa 45,50 Euro (4,5 centesimi di Euro al Kg). Se pensiamo che negli anni '90, prima dell'istituzione della ecotassa il costo del conferimento era di circa 50 lire al chilo, i conti tornano. Occorre sottolineare che ora, con l'istituzione della tariffa, questi costi, comprensivi della ecotassa per il conferimento in discarica, saranno interamente a carico dei cittadini.

Il confronto del Lazio con le altre Regioni
Operiamo un confronto semplificato fra i dati delle regioni (alcune fra quelle più rappresentative delle scelte di gestione operate)
(cfr, Tabella seguente: Apat, rapporto rifiuti (dati 2003) Lazio rispetto a Lombardia, Veneto, Calabria, Emilia Romagna).

Confronto di sistemi di smaltimento rifuti
ANNO 2003 - (tonnellate)

Regione

Rifiuti prodotti

Raccolta differenziata

Incenerimento

Discarica

LAZIO

2.929.093

237.666     (8%)

176.627
(6%)

2.718.895   (93%)

LOMBARDIA

4.630.974

1.845.454   (40%)

1.635.960   (31%)

1.086.407   (23%)

EMILIA ROMAGNA

2.612.970

734.077   (28%)

621.077   (22%)

1.418.512   (54%)

VENETO

2.136.221

899.692   (42%)

227.163 
(9%)

799.910 
(37%)

CALABRIA

859.193

77.010    
(9%)

0

706.731  
(82%)

Fonte: elaborazione Amici della Terra da APAT – ONR: Rapporto rifiuti 2004, Volume I – Rifiuti urbani

Questi dati smentiscono l’obiezione prevalente avanzata dal movimento ambientalista in base alla quale il funzionamento di inceneritori farebbe deperire la raccolta differenziata e il recupero di materia. Al contrario, emerge con chiarezza che le regioni che hanno raggiunto gli obiettivi di legge per la raccolta differenziata sono le stesse dove un sistema industriale integrato si avvale di tutte le tecnologie disponibili per la gestione dei rifiuti, compreso il recupero di energia, e che, solo dove il sistema dispone di impianti inceneritori, è possibile davvero diminuire il ricorso alla discarica fino a renderlo residuale. Da notare che il dato del Veneto, dove una bassa percentuale di incenerimento sembrerebbe smentire questo ragionamento, i maggiori agglomerati urbani (Verona, Vicenza, Padova, Venezia) dispongono di inceneritori per rifiuti urbani.

Il confronto dell'Italia con altri paesi europei
La storia dei paesi europei e i dati disponibili confermano questo fatto.
La scelta operata riguarda paesi di dimensioni ed economie comparabili con l'Italia. Abbiamo trascurato le punte massime e minime (Danimarca e Grecia) che pur confermando il dato, per dimensioni e particolarità si presterebbero a interpretazioni opinabili.

Modalità di gestione dei rifiuti solidi urbani in Europa – anno 2001

Paese

Rifiuti Urbani prodotti
(tx1.000)

 

Riciclaggio

 

Comp. *

 

Smaltimento in discarica

 

Inc. **

 

Altro

UE 15

212.993

16 %

11 %

49 %

18 %

6 %

Francia

32.174

12 %

13 %

43 %

32 %

0 %

Germania

48.836

27 %

15 %

25 %

22 %

11 %

Italia

29.409

9 %

8 %

67 %

9 %

8 %

Regno Unito

34.851

10%

2 %

80 %

7 %

0 %

* Compostaggio
** Incenerimento

Fonte: APAT – ONR: Rapporto rifiuti 2004, Volume I – Rifiuti urbani

Roma: il dibattito politico
Le notizie di questi giorni dal Campidoglio e da Via della Pisana dicono che i governi locali sono coscienti dei limiti della gestione dei rifiuti a Roma e nel Lazio. Il Comune ha appena approvato il regolamento dei rifiuti che dovrebbe portare a una raccolta differenziata spinta, il presidente della Regione oltre ad ampliare la discarica, è alla ricerca di soluzioni ecocompatibili. Incombe l'incubo della Campania, ma sebbene esso sia molto pertinente (la situazione di Roma differisce da quella di Napoli solo in virtù dell'aver potuto usufruire, negli ultimi 50 anni della discarica più grande d'Europa) non riesce a cancellare il tabù dell'incenerimento nel dibattito politico. Questa opzione non è mai nemmeno nominata.

Sentiamo ripetere come una formula magica che è necessario incrementare la raccolta differenziata come se essa fosse risolutiva del 100% del problema. Come se gli stessi obiettivi di legge (35%), obiettivi per noi ancora lontani come miraggi, non contenessero in se un'indicazione evidente: ammettiamo pure che in 2 anni, operando un miracolo che non è stato possibile in altre grandi città italiane ed europee, si recuperi il ritardo giungendo ad una raccolta differenziata del 35%, ammettiamo pure che sorga dal nulla un sistema industriale capace di utilizzare davvero i materiali recuperati, del restante 65% che pensiamo di fare?

Sembra che questa domanda su un aspetto vitale del funzionamento della città sia scottante ben più di un inceneritore. Rispondere nell'unico modo possibile in base alle esperienze europee, ma anche, più modestamente, in base a quanto già si fa in Lombardia, in Veneto, in Trentino, in Friuli, in Emilia Romagna e in Toscana sarebbe scontato ma non si può, a causa del veto posto da almeno due partiti che fanno parte della maggioranza: i Verdi e Rifondazione Comunista. Il tabù è tale che non solo la politica non discute di questo, ma nemmeno i giornali, i giornalisti, le televisioni trattano il problema, non danno conto delle posizioni, non pongono domande. Tutto ciò è paradossale: anziché discutere le eventuali ragioni di queste due forze politiche, o più in generale di coloro che si pronunciano contro gli impianti di incenerimento, si prende atto di un veto.

Chi è contrario, d'altronde, non ha interesse ad approfondire l'argomento perché preferisce far leva su una percezione del problema da parte dell'opinione pubblica che risale a più di 30 anni fa quando gli inceneritori emettevano diossine o, comunque, inquinavano. Per dissipare questa paura occorrerebbe rendere noto che da molti anni una legislazione severa impone a questi impianti standard di emissioni e controlli ben più rigorosi che a qualsiasi altro impianto industriale, comprese le centrali per la produzione di energia. L'esperienza, ben più significativa del sospetto, dice che da decenni, impianti funzionanti nelle città del nord Italia e in tutta Europa, anche nei paesi all'avanguardia nella gestione ambientale, non solo non provocano cancri ma nemmeno più le proteste degli ambientalisti.

Inoltre, da un punto di vista sanitario ambientale, la situazione del Sud dell'Italia, dove i rifiuti non si inceneriscono, non è certo invidiabile mentre da un punto di vista economico, senza essere leghisti, occorre dire a chiare lettere che il lusso di portare ad incenerire in Germania i rifiuti che i cittadini campani si rifiutano di incenerire a casa loro, viene pagato svariate migliaia di miliardi dalla Protezione Civile, cioè da tutti noi.

La politica dei veti è pericolosa perché si autoalimenta. A forza di non porre domande a Verdi e Rifondazione accade che nemmeno gli esponenti di questi partiti si confrontino al loro interno. Ad esempio, non sembra che lo stesso veto sia posto dagli assessori di questi partiti nei governi della Toscana e dell'Emilia, del Friuli o in quelli di città come Vercelli, Cremona, Brescia, Bergamo, Dalmine, Sesto San Giovanni, Padova, a suo tempo Trieste, Ravenna, Rimini, Forlì, Modena, Reggio Emilia, Ferrara, Bologna, Piacenza, Livorno, Terni, Bolzano (fino a pochi mesi fa) dove la gestione dei rifiuti si avvale di impianti efficienti di incenerimento con recupero di energia.

Ma, se c'è chi pone veti, c'è anche chi li subisce e, nel silenzio, nel rinvio più o meno consapevole, c'è il rischio che maturino proposte equivoche o inaccettabili pronte però a diventare soluzioni nel momento dell'emergenza. Sto parlando di un tentativo che comincia a farsi strada per rendere meno stringenti le norme nazionali e internazionali che vietano il trasferimento dei rifiuti da una regione all'altra, da uno stato all'altro. Già le vicende della Campania hanno contribuito ad affievolire il principio che ognuno debba provvedere ai propri rifiuti. Dopo i primi invii in Germania determinati dall'emergenza nelle strade di Napoli, ora lo smaltimento oltre confine è diventato prassi costante, tanto da aver determinato il business della Ecolog (il servizio di trasporto rifiuti per Ferrovia).

Inoltre, in molte città, oltre Roma, se di inceneritori non si parla, con relativa facilità si costruiscono (e vengono accettati) impianti per la produzione di CDR. Come abbiamo già visto il trattamento meccanico dei rifiuti è richiesto dalla normativa sulle discariche. Ma per quale motivo ci apprestiamo a produrre migliaia di tonnellate di combustibile da rifiuti se non abbiamo dove bruciarlo? Ecco vorrei che venisse smentito un mio sospetto: quello che l'accumulo di CDR serva prima o poi a trasferire altrove il problema, aggirando il senso della normativa (i rifiuti non possono essere trasferiti ma il combustibile si). Il sospetto è avallato, ora, anche dal testo di decreto legislativo sui rifiuti predisposto dal Governo che definisce il CDR "materia prima seconda" sottraendolo così ai controlli internazionali sulle spedizioni transfrontaliere di rifiuti.

Soluzione albanese: più che un sospetto
Proprio l'anno scorso, a giugno, una notizia che per le sue implicazioni avrebbe dovuto comparire sulle prime pagine di tutti i giornali e che invece fu pubblicata da qualche testata senza particolare evidenza, riferiva delle proteste popolari in Albania contro la prospettiva di smaltire rifiuti italiani. La notizia riguardava una concessione trentennale che la società Albaniabeg, italiana, ha ottenuto per bruciare 1000 tonnellate di rifiuti al giorno (una dimensione ben superiore alle esigenze dell'Albania) a Kashar a nord di Durazzo. Le proteste erano esplose perché circolava la voce che l'impianto sarebbe stato destinato a smaltire rifiuti italiani importati via nave da Brindisi a Durazzo come materie prime per combustione, (presumibilmente per superare le restrizioni dovute al fatto che l'Albania non è firmataria della convenzione di Basilea).

Intorno a questa notizia erano poi circolate voci infondate rispetto al finanziamento dell'operazione con fondi della Cooperazione italiana, smentite dal nostro governo. Ma a me non interessa insinuare dubbi sulla liceità delle operazioni di un imprenditore italiano all'estero. Mi interessa sapere piuttosto se la prospettiva di esportare rifiuti italiani in Albania è stata in qualche modo avallata o presa in considerazione dal Governo italiano.

Mi interessa ancor di più ragionare sul fatto che la questione non ha suscitato scalpore nella nostra società. Eppure la prospettiva di addossare ad altri problemi da noi creati e che ci rifiutiamo di risolvere a casa nostra è contraria a ogni principio etico e di convivenza civile anche se siamo in grado di pagare il servizio in soldoni. Ciò vale nei confronti di un paese più ricco ed evoluto come la Germania e vale ancora di più verso un paese più povero e arretrato come l'Albania.

Forse il progetto è stato abbandonato, forse la volontà di risolvere all'estero i problemi creati dai rifiuti a Roma e nel Sud d'Italia non è mai esistita. Forse abbiamo sollevato un sospetto infondato. Discutere di questo però ci può aiutare a trovare soluzioni responsabili e ad abbattere tabù immotivati. La questione è più semplice di quel che appare: una questione di buona amministrazione, di responsabilità e di informazione trasparente .

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