PREVENZIONE SANITARIA E AMBIENTALE
È davvero incomprensibile che le esperienze della pandemia e degli errori compiuti nel momento dell’emergenza non abbiano ancora prodotto la consapevolezza per una nuova cultura di prevenzione sanitaria – e ambientale - negli ambienti chiusi. L’autore elenca ragioni, esperienze, idee progettuali e preventivi per investire subito le risorse disponibili nelle strutture più importanti e strategiche per la società, come le scuole e i trasporti.
La recente pandemia ha evidenziato l’importanza di un approccio interdisciplinare alla gestione sistemica del contrasto al COVID-19, e la necessità di un riordino funzionale e sanitario dell’universo costruito e dei trasporti. Per essere contagiati dal virus occorre infatti prima di tutto incontrarlo, e non in dosi basse, ma in quantità elevata, il che può verificarsi facilmente in ambienti chiusi, specie se affollati.
Ciò che caratterizza la pericolosità del Sars-CoV-2 in aerosol è dunque la concentrazione. È ormai esuberante la documentazione scientifica mondiale sul rischio di infezione, ottenuta sia per mezzo di sperimentazione in laboratorio, che per mezzo di modelli matematici. Anche i costi della mitigazione del rischio con le tecnologie del controllo ambientale sono ormai noti da tempo: le mie prime stime risalgono all’aprile del 2020: https://www.leoniblog.it/2020/04/05coronavirus-e-ambienti-chiusi/. Ciò che invece ancora manca è una diffusa e generale cultura in tutti noi della salubrità degli ambienti chiusi. E ricordo che, in Italia, i primi ad aiutarmi a sollevare il problema all’inizio della pandemia furono proprio gli Amici della Terra fin dal marzo del 2020.
L’appello da un convegno dedicato
Più recentemente, in un convegno dal titolo “La Ventilazione Meccanica Controllata per la rigenerazione dell’ambiente costruito: soluzione per combattere il COVID e opportunità industriale per filiere italiane di eccellenza” https://youtube.com/channel/UCbQAwSNDdwDG-kcSzTYnqsA, tenutosi lo scorso 15 dicembre a Roma presso la sede dell’ANCE, Associazione Nazionale Costruttori Edili, con il supporto scientifico dell’Università di Roma “Tor Vergata” e di ASTRI, Associazione Scienziati e Tecnologi per la Ricerca Italiana, sono state per la prima volta in Italia messe al centro del dibattito le sinergiche competenze di ricercatori, industriali, imprenditori e amministratori, per promuovere la Ventilazione Meccanica Controllata (VMC) nelle scuole e nei luoghi chiusi e, più in generale, negli ambienti affollati e sui mezzi di trasporto pubblico.
«Non dovremmo importare tecnologie dall’estero perché abbiamo in Italia molti dei migliori costruttori al mondo; e le imprese installatrici sono diffuse sul territorio» ebbi modo di sottolineare, in qualità di delegato del Rettore per la VMC, moderando la conferenza alla quale sono intervenuti, tra gli altri, il prof. Luca Ricolfi dell’Università di Torino, sociologo esperto di analisi dei dati, l’on. le Alessandro Cattaneo della Commissione Finanze, docenti di ingegneria e di medicina, amministratori pubblici, ingegneri ed esperti delle principali aziende costruttrici di impianti.
«Per mancanza di interdisciplinarità nelle strategie di contrasto al COVID-19, abbiamo perso due anni» ha concordato con me il prof. Ricolfi. E le conseguenze le paghiamo ancora oggi. Basti pensare alla totale, incredibile assenza di ingegneri nei comitati tecnici che hanno provato a delineare, per i decisori politici, possibili scenari di azione. Solo così si può tentare di spiegare la surreale – e nelle conseguenze tragica – sparizione, e non solo in Italia, del rinnovo dell’aria e della ventilazione degli ambienti chiusi dal novero delle azioni da intraprendere per la tutela delle popolazioni https://formiche.net/2020/04/tecnologie-covid-19-opinione-spena/. Occultamento ispirato da una pervicace sciagurata negazione, fino al marzo 2021, della trasmissione in aria del COVID-19 da parte dell’Organizzazione Mondiale della Sanità. In Italia, basti rileggere quelle locandine azzurre istituzionali diffuse per tutto il 2020 e contenenti i decaloghi per la difesa epidemiologica, e rabbrividire per questa inconcepibile assenza. In nessun elenco era scritto anche solo aprite le finestre, cambiate l’aria, ventilate scuole e negozi, aprite i finestrini degli autobus. Mai! Da non dimenticare, perché non accada più.
Contro i contagi il rinnovo dell’aria dovrebbe essere una priorità, ma non lo è
Sempre in quel convegno, le prime esperienze realizzative nelle scuole delle Marche, unica regione ad aver finora investito in questa pratica virtuosa, vennero illustrate dall’Assessore alle infrastrutture, viabilità, territorio, lavori pubblici, edilizia ospedaliera e scolastica, dottor Francesco Baldelli.
Non solo le scuole, però: anche le università devono attivarsi. Apripista è stata proprio l’Università di Tor Vergata, grazie alle peculiarità del suo campus: interamente costituito da edifici moderni, nati e progettati per l’esclusivo uso universitario e provvisti di impianti VMC integrati e funzionali, ha consentito agli studenti un accesso del cento per cento alla didattica in presenza e sicurezza fin dal mese di ottobre 2021 grazie alla immissione nelle aule di ingenti portate di aria esterna di rinnovo senza alcun ricircolo, e a condizioni di temperatura e umidità relativa mantenute nel campo di maggiore inattivazione dei Coronavirus secondo le più avanzate evidenze scientifiche On the Optimal Indoor Air Conditions for SARS-CoV-2 Inactivation. An Enthalpy-Based Approach). Il punto è che scuole e università sono maggiormente frequentate, comportando oltretutto spostamenti e mobilità diffusa, proprio nella stagione fredda, allorchè anche le condizioni climatiche esterne divengono più rischiose dal punto di vista epidemiologico: lo abbiamo quantitativamente ormai provato assumendo la grandezza termodinamica di stato Entalpia quale indicatore di infettività dei Coronavirus Predicting SARS-CoV-2 Weather-Induced Seasonal Virulence from Atmospheric Air Enthalpy. Di seguito un’anteprima dei risultati di una vasta indagine da noi condotta su scala nazionale, da cui si evince l’indubbia correlazione tra i prevedibili intervalli di criticità atmosferica (campiture in colore) e i dati statistici (casi, ricoveri, decessi) di insorgenza delle successive ondate del Sars-CoV-2 negli anni 2020 e 2021.
Pertanto, d’inverno, il rinnovo dell’aria diviene prioritario tra gli interventi strutturali non farmacologici. La nostra soggettiva percezione della qualità dell’aria indoor (IAQ), al contrario della percezione di caldo o di freddo, peggiora purtroppo però al protrarsi della permanenza in un ambiente chiuso affollato. Ciò ostacola oggettivamente la diffusione di una cultura del problema degli ambienti insalubri. Da qui l’utilità di monitorare gli ambienti chiusi con sensori di CO2. L’anidride carbonica è infatti un ottimo proxy della IAQ.
Più che la progettazione, è la governance il problema degli interventi
Da quell’incontro è nato l’impegno da parte dei partecipanti di far nascere un tavolo di lavoro per definire piani di investimento in VMC modulari, semplificati e condivisi, e una relativa governance che razionalizzi e snellisca gli appalti, i progetti, i cantieri, le contabilità, i collaudi, le gestioni, superando le sistemiche difficoltà degli enti locali.
Sono già scaturite diverse proposte. Sotto il profilo amministrativo, «che imprenditori, professionisti e decisori politici lavorino insieme e intervengano sulla PA per favorire gli investimenti e la trasformazione delle ingenti risorse del PNRR in cantieri», sostenne fin da allora l’ingegner Gioia Gorgerino, Vicepresidente Ance Roma-ACER. Oltre alla necessità di apportare alcune modifiche strutturali al Codice degli Appalti che rendano permanenti le semplificazioni oggi concesse solo ai commissari speciali, «è di fondamentale importanza che la governance strategica preveda a monte risorse straordinarie e strumenti di legge in grado di supportare gli enti locali, e in particolar modo i comuni demograficamente più piccoli, per promuovere soluzioni, come la VMC, già disponibili a una immediata condivisione», ebbe modo di precisare l’ingegner Michele Suriani, capo dell’Ufficio “Progetti Strategici” della Ricostruzione Pubblica del Comune dell’Aquila.
Sotto il profilo tecnico, si è proposto anzitutto che le aziende costruttrici sviluppino soluzioni specifiche per i mezzi di trasporto, autobus in via prioritaria. Sono dal PNRR previsti 600 milioni di euro solo per nuovi autobus “green”, e 260 milioni di euro per le ferrovie locali gestite dalle Regioni: prima ancora che “green”, possiamo accettare che non siano provvisti di VMC? E sull’esistente: cosa si aspetta a intervenire sul parco autobus e treni regionali per impedire che continuino a essere focolai itineranti con finestrini ermetici e sigillati, ma privi di VMC?
C’è poi il caso delle scuole. Non è pensabile che la spesa debba gravare sul bilancio dei Comuni (circa 30.000 edifici) o delle Regioni (da 5.000 a 7.000 edifici). Ciò penalizzerebbe inaccettabilmente le aree più povere del paese e acuirebbe le disuguaglianze – già pesanti nella scuola, basti pensare al digital divide - e il divario nord-sud, sottraendo risorse a impieghi altrettanto essenziali. L’onere deve essere assunto dallo Stato, c’è il PNRR in cerca di progetti sostenibili e immediatamente cantierabili, con obiettivi misurabili, cronoprogrammi realistici, contabilizzazioni e collaudi ineludibili. È proprio il caso della VMC, se lo Stato si impegna a definire rapidamente soluzioni standardizzate e replicabili: in effetti, cosa c’è di più modulare di un’aula scolastica? In Italia abbiamo 400.000 aule scolastiche: a 150 mc ciascuna, sono 60 milioni di metri cubi: una spesa complessiva da € 600 milioni a 1,8 miliardi di euro https://www.ilsole24ore.com/art/l-importanza-ventilare-ambienti-chiusi-combattere-covid-ADcn1PLB. Ammettiamo pure un massimo di 2 miliardi di euro con i correnti aumenti dei prezzi: un investimento a lungo termine per il capitale umano di questa, e delle future generazioni.
Analogamente nella sanità si può investire in progetti di dettaglio che dotino ospedali e case di comunità di impianti sicuri, nuovi o riqualificati, in grado di ridurre le concentrazioni di patogeni nell’aria e soprattutto di impedire le contaminazioni aeree tra reparti tra loro confinanti. Con le esistenti volumetrie, dell’ordine del centinaio di milioni di metri cubi, la spesa risulterebbe da € 1 a 3 miliardi di euro.
E la politica? Timide promesse legislative
Qualche primo risultato sembra sia stato finalmente ottenuto. Almeno per la scuola.
Anzitutto, la Legge di bilancio 2022 all’art. 965 ha inserito, nella Legge 23 luglio 2021 n. 106, la lettera “f-bis) - installazione di impianti per la VMC con recupero di calore” tra le spese finanziabili a valere sul Fondo per l’emergenza epidemiologica da COVID-19 per l’anno scolastico 2021/2022, da 350 milioni di euro nel 2021, da destinare a spese per l’acquisto di beni e servizi.
Più recentemente, la Legge 18 febbraio 2022 n. 11, ha inserito, nel decreto-legge 24 dicembre 2021 n. 221, l’art. 13 bis – Ulteriori disposizioni in materia di prevenzione del contagio da Sars-CoV-2 in ambito scolastico, il quale comporta:
- al comma 1, l’ulteriore estensione del fondo da 350 milioni di euro per il 2021 di cui sopra, anche per: “f-ter) - acquisto di apparecchi di sanificazione, igienizzazione e purificazione dell’aria negli ambienti, provvisti di sistemi di filtraggio delle particelle e di distruzione di microorganismi presenti nell’aria”
- al comma 2 che, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro della salute, di concerto con il Ministro dell’istruzione, “entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto (19 febbraio 2022, ndr), siano definiti le Linee guida sulle specifiche tecniche in merito all’adozione di dispositivi mobili di purificazione e impianti fissi di aerazione di cui al comma 1 e gli standard minimi di qualità dell’aria negli ambienti scolastici e in quelli confinati degli stessi edifici, ai sensi della norma tecnica numero 5.3.12 di cui al decreto del Ministro dei lavori pubblici 18 dicembre 1975, pubblicato nel supplemento ordinario alla G.U. n.29 del 2 febbraio 1976, in relazione al presente quadro epidemiologico e alle conoscenze sulla dinamica dei contagi da virus aerei ”.
Premesso che non è noto se i fondi 2021 siano perenti, né se saranno rifinanziati per l’esercizio 2022; e che le più svariate tecniche di ricircolo sempre della stessa aria (le cosiddette sanificazione, igienizzazione, purificazione, filtraggio, distruzione di microorganismi ecc) possono essere al più considerate integrative e complementari della VMC, ma non sostitutive, resta il fatto che le risorse a oggi disponibili sono non strutturali, e appaiono in ogni caso irrisorie. Non solo, ma alla luce delle evidenze emerse, quel che più preoccupa è che finora nulla si è fatto per la governance dei relativi appalti. Nella scuola, Ministro, presidi, enti locali si rinviano le incombenze. Non è un percorso agevole, di questo occorre consapevolezza. E non potrà che ricadere sul Governo, già in ritardo sulla emanazione delle suddette Linee Guida (avrebbero dovuto essere pronte questo mese di marzo) nonostante la grande qualità delle competenze tecniche che da tempo invocano ascolto, ogni responsabilità finché la salubrità dell’aria e la AIQ non saranno contemplate nel PNRR e nei suoi bandi.
Debito buono e valore aggiunto italiano
Certo lo sforzo economico per il presidio ambientale indoor sarebbe ingente, ma procedendo per priorità potrebbe rivelarsi anche driver di crescita. L’industria delle costruzioni (quasi 500.000 imprese) pesa nel nostro paese oggi per quasi il 10% del Pil. La salubrità dell’aria potrebbe senz’altro costituire essenziale condizione abilitante degli interventi di adeguamento e riqualificazione degli edifici, scolastici e non, esistenti o da costruire ex novo; trattasi di ambienti confinati ormai tutti sigillati per esigenze di risparmio energetico, all’interno dei quali in mancanza di rinnovo dell’aria tende ad accumularsi ogni genere di agente patogeno o tossico: basti pensare, oltre a virus e batteri, ai VOC, al radon, alla stessa CO2. L’universo del costruito è in Italia dell’ordine di grandezza di oltre 11-12 miliardi di metri cubi. Di questi, poco meno di metà costituiscono luoghi pubblici o di lavoro (oltre a scuole e università, strutture sanitarie e ricettive, edifici industriali, commerciali e per servizi). Fin dal novembre del 2020 stimai http://astrolabio.amicidellaterra.it/node/2233, prudenzialmente, per il settore dell’edilizia e dell’impiantistica una prospettiva di lavori da un minimo dell’ordine di 20 miliardi a un massimo dell’ordine di 80 miliardi di euro. Un presidio epidemiologico a lungo termine, anche il cui solo mantenimento in continua efficienza nel tempo attiverebbe a regime investimenti, insieme pubblici e privati, dell’ordine di almeno 2-4 miliardi di euro l’anno.
Sul fronte occupazionale, assumendo un fatturato per addetto del settore edilizia-impianti di 200.000 euro (un po’ più elevato, considerato il contenuto tecnologico degli interventi, della attuale media di ca. 160-165.000 € per addetto) e ipotizzando di spalmare i suddetti interventi strutturali in 5 anni, si sosterrebbero - complessivamente tra investimenti e manutenzioni - da 30.000 a quasi 100.000 posti di lavoro qualificato, attingendo alle eccellenze di una filiera industriale nazionale: quindi non solo con accorciamento della catena del valore, ma soprattutto con forte incorporazione di valore aggiunto italiano. E senza ulteriore consumo di un solo mq di suolo!
Sarebbe davvero inconcepibile trascurare una prospettiva del genere, di un apporto cioè della tecnologia italiana non solo al rilancio di una parte notevole – anche considerato l’indotto - della nostra economia e della occupazione in un comparto sistematicamente anticiclico e capace di produrre benefici fin dall’immediato; ma anche alla difesa sanitaria delle funzioni vitali della nostra organizzazione sociale.