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2024-10-07 01:42

Lezioni di Lingua Madre, Nheengatu

RECENSIONE

di: 
Gaia Pandolfi

Recensiamo un libro originale che presenta un breve corso di tupi moderno, a cura dello “scienziato indigeno” Pier Raimondo Crippa. L’autore ci insegna che la diversità, anche linguistica, è un bene da valorizzare. È l’humus del linguaggio, come habitus e come habitat, a indicare il percorso per recuperare l’identità su cui costruire un sentimento di eguaglianza sociale e di condivisione.

Il libro “Nheengatu, lingua madre. L’Amazzonia, gli indios, un idioma”, a cura di Pier Raimondo Crippa, è stato pubblicato postumo lo scorso 5 novembre, dalla casa editrice reggiana Thedotcompany. È il primo volume della collana “Mondo”, coordinata da Alberto Biancardi, segretario generale di AREL. Si tratta di una collana che intende esplorare diversi ambiti, dalle lingue ai costumi, dalla storia all’economia e, in tal senso, rappresenta perfettamente l’obiettivo dell’autore che, affetto da un’insopprimibile “mal d’Amazzonia” ci regala non soltanto sedici lezioni di tupi moderno, ma anche un esempio di quanto il valore della diversità sia importante. Come, infatti, commentava non senza emozione Alberto Biancardi, nel corso della presentazione del libro il 18 dicembre scorso, alla Biblioteca Panizzi di Reggio Emilia, “l’idea è quella di utilizzare i termini diversità, contrasto, ai fini di trovare delle mediazioni, delle sintesi”, declinandole con una accezione geografica e linguistica (e non solo).

La prefazione del libro è affidata al Professor Giulio Soravia, già docente di Glottologia e di Lingua e Letteratura araba all’Università di Bologna. Secondo il Professore, comprendere quanto sia importante conoscere la lingua di un popolo, oltre che segno di curiosità intellettuale e di rispetto civile, dimostra che si è capito il sentiero da seguire nella convivenza e nella conoscenza di sé. Il testo di Pier Raimondo Crippa, infatti, indica questo percorso, traboccando di entusiasmo e rivelando la stima dell’altro. Non è importante diventare un filologo e conoscere le lingue del nostro vicino, ciò che importa è che questi si senta umanamente sullo stesso piano.

L’autore, che è stato docente anche presso l’Universidade de São Paulo in Brasile, è descritto da Soravia come un rivoluzionario poiché usa la lingua per comunicare e non per insultare, riuscendo sia a divertirci grazie al gioco (antico) delle parole, sia a spingerci ad approfondire.

Come si evince dalla prefazione, non possiamo leggere questo libro senza tener conto delle intricate vicende del Brasile che si susseguono tra movimenti di liberazione e contestazioni. Ci siamo mai domandati quanti Indios siano stati uccisi durante la dittatura militare, conosciuta anche come il Governo dei Gorillas o Quinta Repubblica Brasiliana, dal 1° aprile 1964 al 15 marzo 1985? Secondo alcuni ci sarebbero oltre 8 mila vittime fra gli indigeni brasiliani. Infatti, soltanto nel corso del governo di Fernando Henrique Cardoso, dal 1° gennaio 1995 alla fine del 2002, le lotte del movimento popolare hanno portato al riconoscimento come “terre indigene” di 10,6 milioni di ettari del territorio. Oggi sembra che il problema della demarcazione di queste terre sia giunto a compimento: dopo 30 anni di lotte ai popoli nativi sono riconosciuti, almeno sulla carta, i diritti “alla terra”.

Al giorno d’oggi, il Nheengatu è parlato soltanto dagli abitanti della regione del medio e alto Rio Negro, dove si trova il municipio di São Gabriel da Cachoeira, un territorio che si estende su più di 300 mila chilometri quadrati. Qui, nel 2003, è stato dichiarato come lingua co-ufficiale assieme al portoghese. Inoltre, è usato anche nelle zone del Venezuela e della Colombia che si trovano subito al di là del confine brasiliano.

Prima di descrivercene i dettagli, Pier Raimondo Crippa ricorda come il Nheengatu fosse originariamente soltanto una lingua parlata e come siano stati i missionari gesuiti a renderla scritta. Ecco perché non si possono trascurare i numerosi influssi della lingua portoghese sia sul vocabolario che sulla fonetica. E se il ruolo avuto dai missionari gesuiti ci fa capire come il Nheengatu sia una lingua viva, in trasformazione, la pubblicazione di questo libro, che entra nel merito della costruzione linguistica, contribuisce a sottolinearne ancor di più la vitalità e a diffonderla oltre i confini dell’alto Rio Negro.