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2024-03-28 21:03

Cara Burocrazia

IN ORDINE SPARSO

di: 
Pasquino

Tutti siamo spettatori quotidianamente delle cattiverie a cui è esposto il cittadino da parte della burocrazia governativa, amministrativa, degli enti locali, sanitaria, scolastica, ecc. E’ come un film a episodi che non finisce mai. Anzi, molti di noi hanno notato come il cittadino sia ormai ridotto a suddito, vuoi per ignoranza, vuoi per arroganza, vuoi per calcolo da parte dei burocrati. D’altro canto, se ecologia è buongoverno, allora dobbiamo individuare il malgoverno per combatterlo come fosse un agente nocivo dell’ecosistema umano. Anche qui: conoscere per prevenire. Ogni segnalazione è apprezzata.

Roma capoccia.
E’ da tempo diffuso quanto segue: un cittadino presenta una domanda al Comune di Roma per una qualsivoglia ragione. La richiesta gli viene annullata o respinta perché ha scritto sulla domanda: “Al Comune di Roma”; e invece doveva scrivere “A Roma Capitale”. Qualcuno, che è romanista, ha proposto allora di scrivere: “A Roma Capoccia”. I laziali hanno subito protestato. Alcuni membri della società civile hanno proposto il ritorno ad un sindaco juventino. Sperando che non gli venga in mente di far cambiare tutti i documenti dove è riportato il comune di nascita.

Per un pugno di timbri.
Ormai i documenti da allegare diventano sempre di più. L’autocertificazione è morta. La regola che uno sportello pubblico non debba chiedere all’utente un documento che è già in possesso di un altro sportello pubblico è ormai abrogata. Ma anche questo causa problemi: gli impiegati debbono mettere da 1 a 3 timbri per pagina per almeno 10 pagine. Per salvare l’integrità dei polsi impiegatizi ed evitare vertenze di sicurezza sul lavoro, molti enti richiedono che le varie pagine siano riprodotte tutte insieme su un gigantesco foglio unico tipo mappa o pergamena diminuendo così il numero di timbrature dato che si tratterebbe di un pagina unica. Proposte di rendere non obbligatori i timbri e/o di fornire la documentazione via internet sono state sdegnosamente smascherate come tentativi di diminuire l’occupazione. Altri, più teutonici, hanno proposto l’uso del tedesco come lingua per le domande alla pubblica amministrazione. Questa fazione è nota negli uffici come “i timbri e i teutoni”.

I tartassati.
I ministeri, gli enti, le fondazioni, hanno preso l’abitudine di non far presentare la fattura a chi ha lavorato per loro o ha venduto loro della merce fino a che non sono sicuri che ci sia liquidità in cassa per i pagamenti. Ma dichiari le spese (necessarie per fare un lavoro che non puoi ancora fatturare) e/o se sballi lo studio di settore, ti parte un accertamento, “dove tanto qualcosa si trova”. Conclusione: ti conviene pagare in anticipo più di quel che dovresti (e che forse non avrai mai). L’Agenzia delle Entrate non riconosce nessun documento di un’altra parte dello stato che dica che tu hai lavorato per loro e sei in attesa di fattura. L’Agenzia riconosce come prova solo una fattura o una pre-fattura già emessa, che però l’ente che dovrà pagare dice espressamente di non emettere. E poi la chiamano lotta all’evasione.

Per qualche fotocopia in più.
A Roma, quando acquisti un (recentemente aumentato) abbonamento annuale per l’intera rete dei trasporti pubblici, ti danno una graziosa tessera plastificata con nome, cognome e fotografia dell’utente, ed inserito un chip avanzato. Ma il chip viene letto solo da alcune stazioni della metropolitana. Sul resto della rete (tram, bus, treni urbani, parcheggi-scambio) non ci sono computer per controllare la tua tessera ed anche i palmari che alcuni controllori hanno in dotazione non sono in grado di fare questo controllo. Un’apposita norma obbliga quindi l’utente a portarsi dietro lo scontrino dell’avvenuto pagamento della tessera. Ma l’inchiostro dei registratori degli appositi sportelli si schiarisce dopo qualche giorno. Se ti va bene, un solerte impiegato ti suggerisce di fare qualche fotocopia dello scontrino, tenendosene una a casa e una in tasca, dato che l’inchiostro della fotocopiatrice non schiarisce così rapidamente. Sempre che a qualcuno non venga in mente che la fotocopia non è valida. In alcuni casi, se si eseguito il pagamento con il bancomat, si potrebbe presentare la ricevuta del bancomat, ma questa non è considerata valida. Accurate indagini sono in corso per capire la reale utilità del chip e la funzione della fotografia.

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