Oggi:

2024-04-18 14:22

Ai Boschi Italiani Serve Tutela. Non Burocrazia

SELVICOLTURA E PAESAGGIO

di: 
Maurizio Conticelli*

Selvicoltura e Paesaggio dovrebbero coesistere in armonia sul territorio italiano come perfetta espressione di sviluppo ambientalmente sostenibile. Ma se la tutela viene esercitata in modo burocratico e i vincoli escludono irragionevolmente ogni attività forestale, si rischia di creare un conflitto con le comunità rurali e montane che dai boschi traggono anche, legittimamente, un reddito.

Selvicoltura e Paesaggio sono di nuovo ai ferri corti, dopo una serie di episodi verificatisi di recente in Toscana, prima con il parere del Consiglio di Stato n. 252/2020 sul piano AIB (Antincendio Boschivo) riguardante le pinete del Tombolo di Castiglione della Pescaia (Grosseto), poi con una serie di pareri della Soprintendenza di Siena che stanno bloccando le utilizzazioni forestali sul Monte Amiata.

Per comprendere quanto sta accadendo è opportuno richiamare la normativa sul paesaggio, disciplinata dal Decreto.Legislativo 42/2004 (Codice dei beni culturali e del paesaggio), che individua, all’art. 134, due categorie principali di beni paesaggistici: quelli vincolati ai sensi dell’art. 136, costituiti da immobili con caratteri di bellezza naturale, ville, alberi monumentali, centri storici, bellezze panoramiche, ecc. e quelli vincolati ai sensi dell’art. 142 costituiti da intere categorie di beni, ciascuno distinto da apposita lettera, quali i territori costieri, i fiumi, le montagne, i ghiacciai, i parchi, i domini collettivi, le zone archeologiche e, per l’appunto, i territori coperti da boschi e foreste (lettera g).

Il vincolo ai sensi dell’art. 136 ha natura provvedimentale, in quanto viene apposto con specifico atto da parte delle Regioni previa dichiarazione di notevole interesse pubblico (in passato il vincolo veniva apposto con decreto ministeriale su parere della apposita Commissione provinciale), mentre le aree vincolate ai sensi dell’art. 142 risultano vincolate ope legis.

Gli interventi sui beni paesaggistici sono subordinati ad apposita autorizzazione da parte dell’amministrazione competente, con esclusione di una serie di interventi indicati all’art. 149 del Codice, tra cui figurano in modo distinto le attività agro-silvo-pastorali e gli interventi selvicolturali; in quest’ultimo caso con specifico riferimento ai boschi vincolati ai sensi dell’art. 142 lettera g) sopra citati.

La normativa suddetta ha dato luogo a diverse interpretazioni e quesiti, rispetto ai quali è intervenuta una importante decisione della Corte Costituzionale con la sentenza n. 14/1996, laddove il bosco ricadeva in altri ambiti vincolati ope legis (fascia a ridosso di un fiume), creando una sovrapposizione di vincoli sulla stessa area. Ebbene la Corte così si è espressa:

“La preservazione nel tempo di boschi e foreste nella loro complessiva integrità costituisce lo scopo sia della protezione forestale che di quella paesaggistica generale. In vista di questo obiettivo, la legge statale, sottoponendo a vincolo tutti i boschi, prevede che il taglio colturale e le altre operazioni ammesse possano essere compiute con autorizzazione forestale, senza che sia necessaria anche l'autorizzazione paesaggistica, che verrebbe a sovrapporsi e ad iterare il contenuto della prima. La finalità generale di conservazione dei boschi nel tempo, che caratterizza la norma di protezione, non muta e non può operare diversamente a seconda del territorio sul quale il bosco stesso insiste.”

In epoca successiva, l’ufficio legislativo del Ministero per i Beni Culturali e ambientali (MIBACT), chiamato ad affrontare il regime autorizzatorio degli interventi selvicolturali del bosco Marganai in Sardegna su cui vige anche il vincolo ai sensi dell’art. 136, con parere del 08/09/2016, pur concordando con la sentenza n. 14/1996 della CC sopra richiamata in quanto riguardante boschi con vincolo ex lege tutelati come elemento morfologico del territorio, anche nel caso di compresenza di due vincoli entrambi ex lege, ha ritenuto invece necessario il ricorso alla previa autorizzazione paesaggistica nel caso di interventi forestali che riguardino boschi tutelati con specifico provvedimento (vincolo ai sensi dell’art. 136) che ne abbia riconosciuto il notevole interesse pubblico per ragioni di carattere paesaggistico-culturale.

Lo stesso Ufficio legislativo, con parere del 07/03/2019, nel richiamare il parere del 2016 sul “Bosco Marganai”, ha deciso di estenderne l’applicabilità ai casi analoghi riguardanti le aree vincolate a seguito della dichiarazione di notevole interesse pubblico, “trattandosi di una questione interpretativa di massima che riveste profili di carattere generale”.

Infine, è intervenuto il TUFF (Testo Unico delle Foreste e delle Filiere forestali, approvato con D.Lgs, 38/2018) che, all’art. 7 comma 12, ha disciplinato il regime autorizzatorio in campo paesaggistico dei boschi sottoposti al vincolo dell’art. 136, prevedendo il rinvio ai piani paesaggistici o ad accordi tra regioni e organi del MIBACT, previa definizione di apposite linee guida approvate dal Ministero dell’Agricoltura (MIPAAF) di concerto con MIBACT e il Ministero dell’Ambiente (MATTM). Lo stesso TUFF, al successivo comma 13, definisce in modo definitivo il “taglio colturale” includendovi anche le utilizzazioni forestali al fine di contribuire a fare chiarezza sulla materia.

Dopo questa articolata parentesi normativa, ritorniamo al parere del Consiglio di Stato 252/2020 con cui viene accolto il ricorso al Presidente della Repubblica avanzato da alcune associazioni (Italia Nostra, WWF e LAC) contrarie all’attuazione del Piano AIB (Anti Incendio Boschivo) per il comprensorio territoriale delle pinete litoranee di Grosseto e Castiglione della Pescaia.

Ebbene, il Consiglio di Stato motiva l’accoglimento del ricorso per la “insufficiente considerazione dei vincoli paesaggistici gravanti sulla Pineta del Tombolo”, non avendo condiviso la tesi regionale secondo cui viene “esteso ai boschi e foreste sottoposti a vincolo provvedimentale, il regime (meno severo) previsto per i boschi sottoposti a vincolo ex lege (articolo 142, comma 1, lettera g) del D.Lgs. n. 42 del 2004”.

La Soprintendenza di Siena, Grosseto ed Arezzo, nel corso del mese di ottobre 2020, rilascia una serie di pareri bloccando di fatto le utilizzazioni forestali in corso sul Monte Amiata e sollevando un coro di proteste, non solo degli addetti ai lavori (tecnici, ditte, imprenditori ed operatori del settore) riprese da interpellanze parlamentari, ma anche prese di posizione in favore di interpretazioni più equilibrate da parte di accademici, ricercatori, ordini professionali, associazioni forestali, enti locali e territoriali.

La stessa Soprintendenza, con nota  di novembre 2020, nel richiamare le disposizioni contenute nel Piano di Indirizzo Territoriale della Regione Toscana con valenza di Piano Paesaggistico, riesamina le indicazioni proposte dal ricorso  delle associazioni ambientaliste, ne evidenzia  i refusi relativi alla definizione dei tipi e delle specie forestali presenti (castagneto da frutto confuso con un ceduo, la specie castagno con il cerro),  e decide di sospendere l’efficacia dei suddetti pareri e di avviare la collaborazione con la Regione Toscana per definire lo Schema di Accordo previsto dall’art. 7 comma 12 del TUFF, inerente il rilascio delle autorizzazioni paesaggistiche sui boschi vincolati ai sensi dell’art. 136 del Codice.

Mentre sono in corso gli accordi in Toscana, sorge un enorme interrogativo su come ci si debba comportare oggi nel caso di interventi selvicolturali su boschi sottoposti a vincolo provvedimentale (vincolo ai sensi dell’art. 136 del Codice), soprattutto tenendo conto che siamo in piena stagione silvana in cui le utilizzazioni forestali sono state già avviate e che la maggior parte delle Soprintendenze in Italia, con le eccezioni del caso, in questi ultimi anni ha sempre consentito i tagli nel rispetto delle normative forestali vigenti in ciascuna regione, escludendo quindi il rilascio di un proprio parere.

La memoria corre indietro negli anni appena successivi alla Legge Galasso (L. 431/1985) allorché, nonostante la chiara volontà espressa dal Parlamento con appositi atti volti a non escludere le utilizzazioni forestali pur tutelando il paesaggio, furono emanate circolari dal Ministero Agricoltura e Foreste  che, sulla spinta di una accresciuta attenzione e sensibilità della opinione pubblica sui temi più in generale della tutela ambientale, dettero indicazioni per rilasciare un numero maggiore di matricine nei boschi cedui (scelta tecnica opinabile dal punto di vista selvicolturale, in quanto deprimente nei confronti della rinnovazione agamica e quindi della corretta gestione del ceduo, ndr) e per sottoporre ad autorizzazione paesaggistica i tagli dei cedui invecchiati. I Comandi Stazione del Corpo Forestale dello Stato, alla fine degli anni ’90, notificarono notizie di reato ad ignari operatori forestali, che in molti casi patteggiarono le pene alimentando una distorta giurisprudenza in merito; in alcuni casi poi, le ditte furono costrette a chiudere le loro attività in quanto non in grado di affrontare i costi imprevisti di cause penali e sospensione dei lavori.

Oggi dobbiamo evitare che si verifichino episodi come quelli sopra descritti che andrebbero a penalizzare un settore, quello forestale, che contribuisce al mantenimento  delle popolazioni rurali e montane, si basa su tecniche caratterizzate da alta sostenibilità ambientale che garantiscono servizi ecosistemici in favore delle comunità e dei territori, che gestisce una risorsa rinnovabile e strategica per lo stoccaggio del carbonio e per contribuire al miglioramento del clima e dell’atmosfera, che garantisce il mantenimento di un qualificato paesaggio inteso come frutto della stretta relazione tra componenti naturali ed antropiche in chiave culturale, che è già gravato di numerosi altri vincoli che ne fanno un caso unico in Europa (vincolo idrogeologico su la quasi totalità dei boschi, vincolo paesaggistico ai sensi dell’art. 142 del Codice su tutti i boschi, misure di conservazione molto restrittive sui una elevata percentuale di boschi - intorno al 30% in Italia - che ricadono all’interno della Rete Natura 2000 e dei parchi nazionali e regionali, ecc.),  che garantisce la perpetuazione dei boschi, che impedisce la trasformazione dei boschi in altre qualità di coltura, che ha registrato un sensibile aumento delle superfici forestali in Italia negli ultimi decenni e che preleva dai boschi molto di meno del loro accrescimento annuale.

Inoltre, crediamo che siano da evitare nuovi appesantimenti burocratici nella gestione dei boschi italiani e che sarebbe semmai auspicabile una reinterpretazione della nota sentenza n. 14/1996 della Corte Costituzionale, riferita ai boschi vincolati ai sensi dell’art. 142, che, coniugando protezione idrogeologica e protezione paesaggistica, ha ritenuto sufficiente la normativa forestale per la gestione forestale anche dal punto di vista paesaggistico, per estenderla anche ai boschi vincolati ai sensi dell’art. 136, almeno a quelli che sono ancora in attesa della cosiddetta vestizione dei vincoli.

La disciplina normativa prevista in materia dal TUFF, come sopra descritta, è frutto di una evidente mediazione tra ministeri che si occupano di foreste, di ambiente e di paesaggio, ma è anche il risultato di una sistematica distorsione della volontà del legislatore avvenuta sulla base di circolari e pareri discutibili che hanno confuso il disboscamento con la ceduazione, accomunando i disastri ambientali provocati dalla eliminazione  delle foreste primarie dell’Europa centro-orientale o di quelle tropicali con le utilizzazioni forestali che riguardano boschi fortemente antropizzati nel corso dei secoli come quelli italiani. Utilizzazioni che hanno contribuito nel tempo al mantenimento dei boschi e delle loro funzioni ecologiche.

 

* dottore forestale in pensione, ha lavorato per decenni all’interno della pubblica amministrazione presso la Comunità Montana Valnerina, la Comunità Montana ONAT e l’Agenzia Forestale Regionale dell’Umbria

 

Principali riferimenti documentali e bibliografici

  • RaFITALIA 2017-2018 Rapporto sullo stato delle foreste e del settore forestale in Italia, 2019 (MIPAAF, CREA, Compagnia delle Foreste)
  • SELVICOLTURA GENERALE – Boschi, società e tecniche colturali, 2015 (P. Piussi, G. Alberti)
  • Selvicoltura per il turismo, il paesaggio e l’educazione ambientale, 2018 (R. Del Favero, M. Pividori, R. Crescente)
  • Riflessioni su paesaggio forestale e tutela dei beni culturali, Forest@ Rivista di Selvicoltura ed Ecologia Forestale, 2020 (R. Motta, M. Agnoletti, M. Marchetti, P. Mori, R. Romano, F. Salbitano, T. Sitzia, G. Vacchiano)
  • Selvicoltura e legge Galasso tre anni dopo, 1988 – Italia Forestale e Montana (L. Boggia)
  • Significativa proposta di rettifica della Legge Galasso, 1990 – Italia Forestale e Montana (L. Boggia)
  • Corte Costituzionale, sentenza n. 14 del 29/01/1996
  • Corte Costituzionale, Sentenza n. 201 del 15 novembre 2018
  • Consiglio di Stato – Sezione I – Parere del 24/06/2020
  • Piano di Indirizzo Territoriale PIT) della Regione Toscana con valenza di Piano Paesaggistico, 2015
  • La c.d. “vestizione dei vincoli” nel piano paesaggistico della Toscana - Riflessioni a margine di TAR Toscana, sez. I, 10.10.2017, n. 1205 (Rivista “Il Merito” di Marco Pastorelli)

Boschi, Foreste, Paesaggio

Sì, si può essere d'accordo con gran parte delle riflessioni del dott. Conticelli. Boschi primigeni in Italia ce n'è ben pochi; per il resto abbiamo boschi gestiti dall'uomo nel corso dei millenni ed oggi gestiti male oppure non gestiti. Sta di fatto, però, che vi è una tendenza molto evidente ad un'utilizzazione dei boschi più che ad una loro gestione naturalistica. Ed il bombardamento mediatico relativo alle campagne di piantumazione di nuovi alberi per costituire "nuovi boschi" ne è, a mio parere, la foglia di fico. Maggiore attenzione, quindi, verso i nostri boschi relitti, ecologicamente importantissimi, gestioni accurate (e non ceduazioni alla carlona come molto spesso vediamo) e studio degli ecosistemi forestali ancora troppo poco compresi.