COMITATI CONTRO L’EOLICO
Secondo la Rete della Resistenza sui Crinali, con cui gli Amici della Terra spesso collaborano, il Governo avrebbe da subito la concreta possibilità di recuperare, nei prossimi dodici mesi, circa 12 miliardi per migliorare la sanità pubblica senza nuove tasse e senza firmare cambiali. Basterebbe sospendere (o tutt'al più spostare in avanti di un anno) le rendite parassitarie, elargite sotto forma di "incentivi", di cui godono oggi le Fer, Fonti rinnovabili elettriche, che hanno già ampiamente ammortizzato i loro investimenti.
“Anev: le Fer per ripartire, non servono soldi ma snellimenti burocratici”. Così titolava il Quotidiano Energia del 23 aprile, con un sottotitolo ancora più esplicito: “Il presidente Togni: Il settore eolico ha investimenti privati pronti per miliardi di euro”. La cronaca riguardava l’intervento del presidente della potente "Associazione Nazionale Energia del Vento" al workshop online "The Green Deal and the national energy and climate plans in Italy” organizzato da Eufores, Energy Efficiency Watch e Renewables Networking Platform in collaborazione con il Senato della Repubblica. Un consesso serio, dunque, autorevole ed al di sopra degli interessi di parte.
Poi, però, il giorno dopo 24 aprile, sempre Quotidiano Energia, titolava: “Anev: Aziende eoliche a rischio default. Il settore penalizzato più di altri dall’emergenza sanitaria e dai bassi valori del Pun, il Governo intervenga”. E riferiva, nel primo capoverso dell'articolo: “In questa fase di depressione straordinaria e imprevedibile dei prezzi, la sofferenza delle aziende del settore delle rinnovabili è gravissima e si somma alla esponenziale crescita dei costi e rischia di far fallire alcune realtà”. È il grido d’allarme lanciato oggi dall’Anev, secondo cui il settore eolico è “penalizzato più di altri dall’emergenza sanitaria e dai bassi valori dell’energia".”
Altro che "investimenti privati pronti per miliardi di euro", come sostenuto il giorno prima dal suo presidente: il giorno dopo l'Anev ci dice addirittura che le "aziende eoliche sono a rischio default", ovvero che rischiano di saltare per aria e che deve intervenire il governo! Verrebbe da dire: mettetevi d'accordo. Almeno tra voi. Altrimenti potreste dare l'impressione di essere dei contaballe.
In realtà non si tratta di fandonie, ma più semplicemente di due mezze verità che, sommate, non fanno una verità intera ma una furberia a tutto tondo.
È vero infatti che sono pronti miliardi di investimenti privati per devastare l'Italia con molte migliaia di nuove pale eoliche colossali. Ma, oltre a "semplificazioni e snellimento burocratico" che si pretendono fin da subito, si reclameranno poi anche le garanzie statali e quindi nuovi incentivi alle Fer elettriche per raggiungere gli obiettivi del Pniec al 2030. Questi si andranno ad aggiungere ai 230 miliardi di euro di incentivi già impegnati finora dallo Stato a carico delle bollette elettriche, per un importo annuo prossimo ai 12 miliardi di euro.
L'altra mezza verità è che le aziende eoliche sarebbero sì a rischio default, ma solo se, in futuro, non dovessero più godere della tariffa feed-in attualmente in vigore a loro beneficio, se cioè dovessero avere ricavi solo dalla vendita dell'energia elettrica, tanto più tendenti allo zero quante più pale eoliche verranno installate in Italia.
In realtà se, a seguito della crisi sanitaria, continuerà il blocco dell'economia e la conseguente contrazione massiccia della domanda di energia elettrica, quando con l’estate cominceranno a produrre al massimo i pannelli fotovoltaici, il prezzo dell'elettricità all'ingrosso tenderà a zero mentre gli oneri in bolletta si manterranno ai massimi. Il FV riceve mediamente 300 euro al MWh di incentivo, cioè oltre dieci volte il prezzo che si ottiene oggi vendendo l'energia sul mercato del giorno prima. In breve tempo tutti gli impianti termoelettrici, che devono subire il privilegio della priorità di dispacciamento concesso alle Fer (Fonti ad energia rinnovabile), chiuderanno inevitabilmente, a meno di non sussidiare da subito anche tutti gli impianti termoelettrici per non produrre ma rimanere di riserva. Se non si farà così, ovvero se non si scialacqueranno ulteriori immani risorse finanziarie, questa estate di notte si verificheranno inevitabilmente i black out, ed i condizionatori degli italiani rimarranno spenti.
Nelle ultime settimane si è dunque confermata l'avvenuta distruzione del mercato elettrico nazionale e della libera concorrenza. In particolare si è dimostrato, semmai ce ne fosse stato bisogno, che le Fer non programmabili dovranno essere interamente tamponate da centrali termoelettriche o idroelettriche a bacino di potenza equivalente a quella massima richiesta in Italia (vale a dire, fino ad oggi, oltre 60 GW). Si renderà necessaria una ineluttabile duplicazione del sistema elettrico nazionale: da una parte un assurdo sistema di rinnovabili in larga parte non programmabili, ma che gode di priorità di dispacciamento, dall'altra un sistema "tradizionale" di riserva pronto a subentrare quando non brilla il sole e non soffia il vento. Entrambi i sistemi dovranno essere sussidiati dallo Stato perchè il prezzo di mercato dell'elettricità all'ingrosso, con l'aumento, previsto per il 2030, del potenziale installato pur a parità di consumi tenderà sempre più a zero e nessuno sarebbe tanto folle da investire denari, per quanto bassi possano essere i costi industriali, per non ottenere poi ricavi di vendita. Inoltre, ambedue i sistemi, anche presi singolarmente, saranno più costosi di quelli della concorrenza extra UE, basati sui principi del libero mercato.
Non per niente, il settore delle Fer elettriche incentivate è uno dei pochi settori economici che in Italia sta facendo "business as usual", alla faccia di tutti gli altri italiani, molti milioni dei quali (che comunque prima o poi dovranno pagare la bolletta e gli incentivi) sono ridotti alla disperazione.
E dunque, per ammissione implicita della stessa Anev, il sistema delle rinnovabili elettriche non programmabili, in particolare l’eolico in un paese senza vento sufficiente, si conferma insostenibile senza un sistema perpetuo di sussidi statali. Il resto sono frottole.
A questo proposito, in attesa di esaminare più a fondo il disperante problema del "che fare dopo il Coronavirus?", il governo avrebbe da subito la concreta possibilità, nei prossimi dodici mesi, di recuperare 12 miliardi, con i quali reperire le risorse necessarie per migliorare la sanità pubblica senza nuove tasse e senza firmare cambiali. Basterebbe sospendere (o tutt'al più spostare in avanti di un anno) le vergognosissime rendite parassitarie di cui godono oggi questi signori (che hanno già ampiamente ammortizzato i loro investimenti), che invece le vogliono (almeno) raddoppiare entro il 2030, oltre tutto sfregiando, senza più limiti e tutele, il nostro Paese.