Il Consiglio dei ministri ha deciso di impugnare davanti alla Corte costituzionale le norme sulla caccia introdotte dalla Regione Lombardia nella “Legge di revisione normativa e di semplificazione 2018” del 14 dicembre scorso, ritenendole costituzionalmente illegittime, in quanto contrastanti con gli standard di tutela dell'ambiente e dell'ecosistema posti dal legislatore statale nell'esercizio della competenza esclusiva prevista dall’art. 117 della Costituzione.
Come illustrato dal Dipartimento degli affari regionali, le contestazione del governo riguardano quattro punti:
- l’annotazione non immediata, sul tesserino venatorio regionale, degli animali selvatici appena abbattuti dal cacciatore;
- le distanze di rispetto dai luoghi di lavoro e dai fabbricati rurali in caso di utilizzo dei fucili nell'attività venatoria da appostamento;
- l’esclusività delle opzioni di caccia praticate o da appostamento fisso con richiami vivi o in forma vagante, attività che non può essere svolta in entrambe le modalità da parte del cacciatore;
- la misurazione delle distanze di sicurezza degli appostamenti di caccia rispetto ai fabbricati, che vanno calcolate tenendo conto delle distanze lineari, a prescindere dalla morfologia del terreno.