QUEL CHE C’È DA SAPERE
Il Consiglio dei ministri dell’8 agosto ha impugnato davanti alla Corte costituzionale la legge della Regione Piemonte n. 5 del 19 giugno 2018 sulla “Tutela della fauna e gestione faunistico-venatoria”, “in quanto alcune norme, riguardanti l’esercizio dell’attività venatoria nei fondi privati e il calendario venatorio, eccedono dalle competenze regionali invadendo le materie dell’ordinamento civile e della tutela dell’ambiente, riservate alla legislazione statale dall’articolo 117, secondo comma, lettere l) e s), della Costituzione”.
Nel motivare l’impugnazione, il dipartimento per gli Affari regionali e le Autonomie contesta la facoltà, per il proprietario o conduttore di un fondo che intenda vietare sullo stesso l’esercizio dell’attività venatoria, la possibilità di inoltrare al presidente della Provincia e al sindaco della Città metropolitana di Torino una richiesta motivata, che in assenza di risposta entro i termini previsti dalla legge 241/90 deve intendersi accolta. Secondo il governo, questa norma “si pone in contrasto con l’articolo 842 del Codice Civile che stabilisce che il proprietario di un fondo non può impedire che vi si entri per l'esercizio della caccia, a meno che il fondo sia chiuso, nei modi stabiliti dalla legge sulla caccia o vi siano colture in atto suscettibili di danno, poiché, nella fattispecie, per sancire la chiusura dei fondi, l’articolo 15 della legge 157/92 recante disciplina della caccia, stabilisce che gli interessati presentino richiesta in tal senso al Presidente della Giunta Regionale, a pena decadenza, entro il termine di 30 giorni dalla pubblicazione del Piano faunistico venatorio regionale”.
Inoltre, il governo contesta la norma della legge regionale che “demanda genericamente alla Giunta regionale, sentiti l’Ispra e la Commissione consultiva regionale, l’adozione del calendario venatorio con cui determinare le specie cacciabili ed i periodi di caccia, di cui la specifica procedura è già disciplinata dall’articolo 18 della legge 157/92. Considerato che la disposizione regionale non si limita, compatibilmente con la normativa nazionale, a precisare le modalità che si intendono mettere in atto per la definizione delle specie cacciabili, la stessa norma risulta quindi invasiva della competenza esclusiva riconosciuta allo Stato in materia di ordinamento civile e di tutela dell'ambiente dall' articolo 117, secondo comma, lettere l) ed s) della Costituzione”.
La Giunta regionale del Piemonte ha commentato l’impugnativa del governo definendo “secondarie” le due norme contestate, “una delle quali caldeggiata in Consiglio regionale da una componente del governo nazionale”, aggiungendo che era stata data “disponibilità al confronto per eventuali modifiche, ma il governo ha voluto arrivare all’impugnativa, rendendo impossibile un dialogo istituzionale che consideriamo sempre positivo, al di là delle divisioni partitiche”.