CLIMA GLOBALE
Nel giro di tre mesi, nel mondo della divulgazione scientifica sono circolati appelli e studi sui cambiamenti climatici dai risultati molto diversi fra di loro che si prestano a interpretazioni ancor più divergenti. Scarsi commenti sulla stampa italiana.
Alla fine di giugno, la rivista Nature ha pubblicato un appello in cui si sosteneva che il mondo aveva solo tre anni, fino al 2020, per riuscire a centrare gli obiettivi dell'Accordo di Parigi sul clima, ovvero contenere il riscaldamento globale entro i 2 gradi dai livelli pre-industriali. L’appello vedeva come prima firmataria l’ex segretaria della Convenzione Onu sul cambiamento climatico (Unfcc), Christiana Figueres, seguita da Hans Joachim Schnellnhuber (fondatore dell’Istituto di Potsdam sull’impatto climatico), Gail Whiteman (direttore del Pentland Centre for Sustainability in Business alla Lancaster University), Johan Rockström (direttore esecutivo dello Stockholm Resilience Centre), Anthony Hobley (ceo della Carbon Tracker Initiative) e Stefan Rahmstorf (professore di Fisica degli oceani alla Potsdam University).
I firmatari dell'appello indicavano sei misure da adottare subito: arrivare al 30% di energia da fonti rinnovabili, approvare piani di decarbonizzazione al 2050 per stati e città, arrivare al 15% di veicoli elettrici nelle vendite, ridurre la deforestazione, dimezzare le emissioni dall'industria, destinare 1.000 miliardi di dollari all'anno dal sistema finanziario per il clima.
L’appello aveva generato molti articoli, anche in Italia, con titoli di questo tenore: Esperti, solo 3 anni per centrare obiettivi Accordo Parigi (Ansa), Aiuto! Mi si scioglie la Groenlandia (Il Sole 24 Ore), Clima, ci restano solo tre anni per evitare la catastrofe (Linkiesta), Tre anni, poi sarà la fine (LifeGate),Tre anni per salvare il clima e il mondo (Greenreport).
Non era vero. Il pianeta si sta scaldando più lentamente di quanto previsto dai modelli al computer sinora utilizzati, che hanno sovrastimato l’impatto delle emissioni dei gas a effetto serra. Non lo dice lo staff di Donald Trump ma uno studio pubblicato il 18 settembre dalla rivista Nature Geoscience, condotto da dieci scienziati di vari paesi, guidati da Richard J. Millar, dell’Environmental Change Institute dell’Università di Oxford. Tra di essi c’è Michael Grubb, della University College London, che ha ammesso di aver fatto previsioni errate in passato, mentre ora il quadro appare più ottimistico rispetto al summit di Parigi del dicembre 2015.
La lettura che gli autori dello studio danno di questi nuovi dati è che è ancora possibile intervenire per contenere l’aumento a lungo termine della temperatura globale a 1,5°C rispetto all’inizio della rivoluzione industriale di fine ‘800, che nell’accordo di Parigi era poco più che un auspicio, mentre l’obiettivo realisticamente perseguibile, seppur con molte difficoltà, veniva individuato in un contenimento entro i 2°C.
Tuttavia, i dati dello studio si presteranno anche ad altre letture, tanto più che non vengono da scienziati giudicati inattendibili e prevenuti, perché tacciabili di essere dei negazionisti dei cambiamenti climatici. E la lettura che hanno dato dei loro nuovi calcoli li mette ancor più al riparo da questa accusa.
Sul piano politico globale, però, trovarsi di fronte alla dimostrazione che sinora si è discusso, deciso azioni e rilevanti investimenti, sulla base di numeri e previsioni non attendibili, rende probabile un riesame di ciò che si era deciso a Parigi alla fine del 2015 e sarà più difficile cercare di chiudere la discussione chiedendo semplicisticamente di compattarsi contro l’irresponsabile Trump.
I risultati dello studio sono stati messi in prima pagina sui britannici Times e Daily Telegraph, mentre sono stati oggetto di un lungo articolo del Washington Post, che ha raccolto alcuni commenti, tra cui quello di Glen Peters, esperto di clima e di traiettoria delle emissioni del Center for International Climate Research di Oslo. Peters sottolinea come questo studio dimostri che l’approccio basato sul “budget” di emissioni, cioè la quantità massima di gas serra che è possibile rilasciare in atmosfera senza superare il tetto di temperature prefissato, “è ancora molto più immaturo scientificamente di quel che spesso consideriamo”.
In Italia, lo studio ha avuto poco rilievo e solo un paio di commenti. Se l’Huffington Post titola Ce la possiamo ancora fare a salvare il pianeta: abbiamo 20 anni per limitare l'aumento a 1,5° C, e Tgcom24 Ambiente, Gb: le peggiori conseguenze dei cambiamenti climatici "si possono ancora evitare", Il Foglio, sotto il titolo Modelli sbagliati, clima giusto, scrive “Fermi tutti, abbiamo esagerato” e aggiunge che“non stupisce, in fondo: negli ultimi tempi la vulgata catastrofista era arrivata a tali estremi per cui provare a sostenere che si potesse ancora fare qualcosa per salvare il pianeta era complicato. Il discorso sul clima da qualche lustro funziona come un pendolo: ogni volta che raggiunge un estremo catastrofista torna inevitabilmente indietro. Ora gli esperti ci dicono che - complice anche lo sviluppo delle energie rinnovabili – il clima non è messo male come ci avevano fatto credere. Però i negazionisti eravamo noi”.
Sul Giornale, sotto il titolo Contrordine ambientalisti. Non è tardi per il pianeta, Franco Battaglia evidenzia quello che a suo avviso è il “punto più straordinario dello studio: le conclusioni che ne traggono gli autori. Secondo costoro, tutte le misure evocate a Parigi vanno prese lo stesso. Quasi non ho parole. Ci troviamo innanzi ad un perfetto caso di soluzione alla ricerca di un problema. La soluzione è l'insieme di tutti quei provvedimenti mostruosamente costosi che Trump vorrebbe cancellare. Il problema è ancora da trovare”.
Concordo che sull'argomento
Concordo che sull'argomento clima la gente parla spesso per passione più che razionalmente. La questione climatica ha però dei numeri che non si possono ignorare.
Il primo che le emissioni antropiche sono oggi 100 volte quelle naturale (vulcani e quant'altro) un fatto che in passato si è verificato soltanto in occasioni di mega eruzioni vulcaniche che quando si sono prolungate nel tempo hanno sempre lasciato tracce nei fossili. I numeri delle emissioni sono 33 miliardi di tonnellate anno di emissioni antropiche di CO2 (annuario IEA) e 300-400 milioni di tonnellate per le emissioni naturali
Il secondo che non si intravvede all'orizzonte nessuna ipotesi di riduzione delle emissioni il fattore dominante è il consumo di combustibili fossili oggi crescono dello 1,7% all'anno malgrado gli investimenti sulle rinnovabili (spesso inutili). Tutte le proiezioni (IEA, BP ecc.) danno per i prossimi 30 anni almeno i consumi di fossili in crescita, primo fra tutti i consumi di carbone che dovrebbe rpesto suerare il petrolio e divenire la prima fonte di energia fossili.
Terzo se un giorno scopriremo che il pianeta si sta scaldando troppo e vorremo ridurre i gas serra dall'atmosfera non sapremo come farlo, i soli metodi sono quelli naturali e sotto questo aspetto siamo più fragili che in passato visto che abbiamo ridotto di molto le foreste continuiamo a tagliarle al ritmo di 13 milioni di ettari l'anno.
Quarto: la capacità termica della terra è enorme ed è dovuta soprattutto agli oceani (che assorbono il 96% circa del calore in eccesso) e questo oggi gioca un ruolo positivo perché rallenta la crescita della temperatura Non sarà così domani se scopriremo che alcune parti del pianeta sono divenute invivibili perché troppo calde. A quel punto non sapremo come tornare indietro perché l'enorme capacità termica della terra renderanno ridicoli i deboli tentativi che potremmo fare per raffreddarla.
Potrei continuare con altri numeri, ma mi fermo, questi mi paiono sufficienti per dire che il problema esiste e che prima lo risolveremo e meglio sarà perché. Ora è ben noto la difficoltà dei modelli climatici e trovo del tutto possibile che essi commettano degli errori. Ora non capisco però che cosa si vuol dire con questo articolo che dobbiamo smettere di preoccuparci ??
I modelli non sono perfetti e non è escluso che a questo annuncio tranquillizzante tra una anno ne seguirà uno di segno diverso. Questo non cambia che il problema ci e non per i risultati dei modelli ma per quello che si misura. Ricordo che i sedici anni più caldi dell’ultimo secolo sono avvenuti negli ultimi vent’anni tra il 1997 ed il 2016 (ed è probabile che anche il 2017 rientri tra questi anni ) e che nello stesso periodo i ghiacciai della Groenlandia hanno perso 2000 miliardi di tonnellate; ormai le vie polari sono aperte alla navigazione..
Sono cose misurate .per cui questo entusiasmo rispetto ad un ridimensionamento delle previsioni dei modelli lo capisco poco.
PS secondo le valutazioni della NASA (https://data.giss.nasa.gov/gistemp/graphs_v3/ ) la temperatura del 2016 è stata di 1.2° superiore a quella del 1880 (un dato probabilmente falsato dal recente episodio di el nino) ma se il dato dovesse essere confermato nei prossimi anni, non capisco proprio come con consumi di combustibili fossili allo 1,7% anno si pensi di limitare la crescita ad 1,5 gradi