Marco Pannella ha fatto parte anche della nostra storia. Non solo di quella personale di alcuni di noi, ma proprio del periodo intenso della fondazione della Lega per le energie alternative e la lotta antinucleare che, nel 1978, divenne Amici della Terra.
Abbiamo pensato che il modo migliore di ricordarlo è quello di pubblicare un documento storico, conservato nel nostro archivio cartaceo, che vi proponiamo in PDF, visto che appartiene all’epoca predigitale e, forse per questo motivo, non si trova nemmeno negli archivi disponibili in internet.
Si tratta del paginone del quotidiano La Repubblica del 17 dicembre 1978 dedicato alla questione delle centrali nucleari che, proprio in quei giorni, era al centro del dibattito politico e delle cronache grazie all’iniziativa degli Amici della Terra che, il primo dicembre, assieme a Marco Pannella, coinvolgendo anche Emma Bonino, Aurelio Peccei e Loris Fortuna, avevano depositato in Cassazione la richiesta preliminare del referendum sulla legge 393 del 1975, la legge che stabiliva la procedura per la localizzazione degli impianti.
Foto di gruppo degli Amici della Terra sulle scale della Corte di Cassazione, il 17 dicembre 1978 in occasione del deposito della richiesta di referendum abrogativo della legge 393/75. Da sinistra: Corrado De Martini, Paolo Guerra, Chicchi Canovai; Laura Radiconcini, Giovanna Catania, Emma Bonino, Loris Fortuna, Rosa Filippini, Aurelio Peccei, Pino Suppa, Mario Signorino e Marco Pannella.
A beneficio dei più giovani, è necessario ricordare che i governi di quegli anni erano impegnati nell’attuazione di un piano energetico nucleare che, partito con grandi ambizioni - venti centrali nucleari previste dal Ministro dell’Industria Donat Cattin nel 1975 - aveva via via ridimensionato l’impegno, fino alla decisione di costruire 12 centrali entro il 1985. L’accordo vedeva l’unanimità dei partiti salvo la piccola pattuglia dei quattro deputati radicali, presenti per la prima volta in Parlamento e supportati in questa battaglia dal primo nucleo degli Amici della Terra, in particolare da Mario Signorino che aveva già curato una prima approfondita inchiesta sul nucleare con un numero speciale del giornale Prova Radicale.
L’iniziativa del referendum, presa con grande tempestività proprio nel momento in cui, con il ministro Prodi, partiva il tentativo più serio di dare attuazione al piano nucleare, suscitò grande clamore e sorprese anche il “Coordinamento antinucleare” di Mattioli e Scalia, che si dichiarararono contrari a causa della “forzatura operata sul movimento”. La raccolta delle firme slittò poi di un anno a causa delle elezioni politiche anticipate che si tennero nel giugno del 1979; inoltre, il voto sul referendum non si tenne mai perché, nel febbraio del 1981, la Corte Costituzionale, con una decisione scandalosa, lo dichiarò inammissibile. Ma la minaccia del referendum paralizzò i fautori del nucleare per due anni. Quel ritardo non venne più recuperato e si rivelò decisivo per il fallimento di un piano consistente di centrali nucleari in Italia.
Il paginone de La Repubblica propone un “confronto all’americana fra Felice Ippolito e Marco Pannella - come dice nell’introduzione l’autore del resoconto, il giornalista Giovanni Maria Pace, - un tecnico (ma non un tecnocrate) e un politico (ma un politico diverso)”.
Rileggerlo, a distanza di anni, al di là delle convinzioni maturate sul tema da ognuno, riserva non poche sorprese sui due personaggi e testimonia dell’anticipo con cui molte questioni ancora aperte oggi, erano state previste e discusse.