FONTI RINNOVABILI ELETTRICHE
Tracolla la produzione di energia elettrica da fonte eolica in dicembre 2015 e, nel momento del bisogno, si manifestano i limiti delle FER elettriche non programmabili, dal triplice punto di vista della bilancia commerciale, della spesa per gli utenti in bolletta e dal raggiungimento degli obiettivi europei per le rinnovabili.
Dal rapporto mensile di Terna sul sistema elettrico del dicembre scorso si ricavano alcune interessanti osservazioni, che riguardano sia quanto accaduto durante il mese sia una prima sintesi provvisoria dei risultati dell’anno 2015, che rappresentano una condanna della politica perseguita a favore delle rinnovabili elettriche non programmabili (eolico e fotovoltaico) e della decisione di sacrificare l’idroelettrico, almeno nei primi dieci mesi dell'anno, destinandolo a loro riserva.
Il rapporto rivela un episodio fortemente significativo per il sistema elettrico italiano, avvenuto nel dicembre scorso, e cioè che gli effetti di un mutamento climatico eccezionale (sia pure di natura puramente contingente, ossia limitato a poche settimane) hanno rischiato di compromettere la stabilità del sistema stesso. L’intervento della struttura tradizionale di produzione di energia elettrica ha consentito che la cosa passasse inosservata. Ma è chiaro che gli effetti contemporanei della siccità, che si protraeva da novembre, di un periodo di totale mancanza di vento e di un picco di consumi verificatosi dopo il tramonto avrebbero rischiato di far collassare un sistema di produzione basato sulle FER.
Il crollo della produzione idroelettrica in dicembre rispetto allo stesso mese dello scorso anno è stato altissimo in valori assoluti (-2,1 TWh in un solo mese) ma ancora più impressionante in percentuale (-51%). Questo dato negativo, che si è ripetuto mese dopo mese dall’inizio del 2015 per ragioni non espressamente dichiarate dai produttori, questa volta è stato causato davvero dalla siccità. Ma il collasso della produzione idro, lo scorso mese, è stato accompagnato da un tracollo ancora peggiore in termini percentuali (-54% e cioè per oltre 0,8 TWh), della produzione da eolico. I quasi 3 GWh che sono venuti a mancare da queste due fonti, oltre tutto in presenza di una maggiore domanda di energia elettrica, sono stati compensati da un aumento della tanto deprecata produzione termoelettrica (+ 2,5 TWh, pari ad un +16%) e dall’aumento delle importazioni (0,5 TWh), che sappiamo essere in gran parte elettricità prodotta in Francia e Svizzera (e venduta a prezzi stracciati nelle ore notturne per i noti motivi)... dagli impianti nucleari.
Insomma: al primo concreto stormire di fronde di un annunciato mutamento climatico (in questo caso un piccolo mutamento meteorologico contingente, limitato al solo mese di dicembre), il sistema italiano della produzione da FER ha dimostrato la sua incapacità di affrontare l'emergenza, ed anzi si è dimostrato esso stesso un puro elemento di crisi, costringendo a ricorrere in modo massiccio alla produzione estera ed ai residui impianti termoelettrici nazionali. Che saranno in futuro sufficienti ad affrontare le crisi solo finché saranno funzionanti, visto che qualcuno chiede a gran voce la loro totale sostituzione con impianti FER.
Il rapporto Terna tratta anche il bilancio energetico elettrico dell’intero 2015 (bilancio parziale e provvisorio) confrontandolo col 2014. A parte un lieve aumento (+1,5%, cioè appena la metà della diminuzione del solo 2014) della richiesta di energia elettrica (che sappiamo imputabile probabilmente alle maggiori temperature registrate in estate), il dato più significativo è stato il crollo della produzione (quasi 15 TWh, cioè il 25% della produzione in meno!) del sistema idroelettrico, crollo di cui ho trattato diffusamente sul sito della Rete della Resistenza sui Crinali, denunciando come sia già in atto la riduzione a riserva del sistema delle grandi dighe dell’idroelettrico italiano per colmare il deficit di programmabilità di eolico e fotovoltaico (FV).
Nel rapporto è altresì interessante notare, per la prima volta in Italia, la diminuzione della produzione da eolico rispetto all’anno precedente (0,5 TWh in meno rispetto al 2014, pari ad un –3,3%). Non è stato dunque neppure sufficiente, per mantenere la produzione eolica del 2014, l’aumento del potenziale installato (che a fine ottobre veniva annunciato - da una fonte di parte - a +280 MW nei primi 10 mesi dell’anno). Ci si deve perciò attendere, per l’effetto combinato di questi due dati, una riduzione della produttività eolica nel 2015 nell’ordine del 7% (o superiore) rispetto al 2014. Questo riporterebbe le ore utili dell’eolico in Italia sulle 1600 ore all’anno, dopo i dati molto elevati degli ultimi due anni, più ventosi rispetto alla media precedente. Non è escluso neppure, come già sta avvenendo in Germania ed in Spagna, che questa diminuzione sia dovuta al prevedibilissimo effetto dell’usura a cui sono stati sottoposti gli impianti installati da più tempo, che hanno una presunta vita utile, prima di dovere sostituire parti importanti degli aerogeneratori, di appena 12 – 15 anni. I prossimi anni ci confermeranno se, anche per l’Italia come per Spagna e Germania, sia già in atto questo processo di rapido logorio delle componenti meccaniche delle macchine causato dalle loro stesse dimensioni e dalle condizioni estreme in cui operano. Esso rappresenterebbe una conferma dei timori che il sistema della produzione elettrica da eolico dovrà essere perpetuamente rifinanziato, anche solo per mantenere la produzione attuale, con gli stessi elevati incentivi correnti, per sostituire di frequente gli aerogeneratori, che permangono costosissimi ed inefficienti.
La contestuale diminuzione della produzione annua da idro (14,8 TWh) e da eolico (0,5 TWh) e l’aumento della richiesta di elettricità (4,7 TWh), per un gap enorme rispetto al 2014 di circa 20 TWh, è stata compensata nel 2015 dall’aumento della produzione termoelettrica (+13,8 TWh), delle importazioni (+4,1 TWh) e, parzialmente, dal FV (+ 2,8). L’erratica produzione da FER non programmabili ha anche permesso un incremento dell’export (sarebbe bello sapere a quali prezzi: immagino a prezzi vili e forse negativi) di 1,4 TWh. Insomma: dal triplice punto di vista della bilancia commerciale, della spesa per gli utenti in bolletta (che non ha avvertito la consistente diminuzione del prezzo del gas naturale, driver primario del mercato all'ingrosso dell'elettricità in Italia) e dell’emissione di gas clima alteranti, i nostri filo eolici hanno realizzato la “frittata perfetta”. Ora ci attendiamo che essi stessi utilizzino questi dati disastrosi, che hanno avvantaggiato soprattutto il settore termoelettrico, per chiedere spudoratamente ancora più incentivi per nuove pale.
Ma la vera condanna del sistema elettrico italiano basato sulle FER non programmabili, che dovrebbe convincere i decisori politici ad abbandonare questa politica e soprattutto a non puntare su eolico e FV per conseguire gli obiettivi europei al 2030, si ricava dal grafico a pag. 12
Osserviamo che nell'orario di picco dei consumi elettrici del mese di dicembre (superiore al picco massimo dell’intero 2014!) rilevato alle ore 18 del 15 dicembre, eolico e FV non hanno contribuito per nulla all’ingente sforzo di soddisfare la cospicua domanda, imputabile, evidentemente, soprattutto alle basse temperature. Se non fosse stato presente un enorme potenziale termoelettrico di riserva (costosissimo in termini di costi di dispacciamento e che generalmente rimane inattivo come back up per eolico e FV) capace di garantire in quella circostanza (in assenza sia di vento sia, ovviamente, di sole) oltre 36 dei 52 GW impegnati (il resto sono stati garantiti per circa 8 GW dalle dighe e circa 7 GW dall’estero) l’erogazione di energia elettrica in Italia al momento del massimo bisogno non sarebbe stata assicurata. La produzione da FV (ovviamente, data l'ora) e da eolico è stata completamente assente. Non inganni l’istogramma della pagina successiva: i valori in termini percentuali si riferiscono all’intera giornata del 15 dicembre e non al momento del picco delle 18. La storia (o forse qualche benintenzionato, ammesso che qualcuno, magari in Parlamento, glielo chieda) ci dirà quanto ci costa mantenere tutto questo potenziale inattivo in riserva per favorire eolico e FV, o, per meglio dire, i loro incentivi mostruosamente alti.
E infine una osservazione sulla tavola riepilogativa dei risultati mensili (e annuali per il 2014 e 2015) a pag. 30.
Come già fatto notare prima, anche dall’ultima colonna (“totale”) di questa tavola si ricava che quest’anno le FER hanno prodotto molto meno, pur in presenza di una domanda di energia elettrica in lieve aumento. Tenendo ben presente che Terna - correttamente, non ragionando in termini ideologici - inserisce gli impianti a biomasse nel settore “termoelettrico” senza distinzioni di sorta con i combustibili fossili, rileviamo da questa tavola che nel 2014 i settori FER qui esplicitati (idrico, geotermico, eolico e FV) avevano prodotto in totale 101,8 TWh. Quest’anno gli stessi settori hanno prodotto 89,6 TWh. Sono dunque mancati (ripeto: a parità di produzioni elettriche da biomasse, che verranno specificate dal GSE solo tra qualche mese) 12,2 TWh di produzione da FER rispetto al 2014. Se a questo aggiungiamo che la richiesta di elettricità è aumentata, secondo Terna, dell’ 1,5% su base annua, si può ricavare, come prima parziale approssimazione e per deduzione, che il rapporto "produzione elettrica da FER / consumo interno lordo (CIL)", calcolato lo scorso anno dal GSE nel 37,5% (120,6 TWh FER / 321,8 TWh CIL) è sceso quest’anno al 33% (108,6 TWh FER / 326,6 TWh CIL), tornando indietro allo stesso, identico livello del 2013. Questa diminuzione del 4,5% nel solo settore elettrico farà verosimilmente (in assenza, per ora, dei dati del 2015 sulla produzione ed i consumi nei negletti settori "termico" e "trasporti", dove gli incentivi sono lesinati) scendere di nuovo il rapporto tra l’energia TOTALE prodotta dalle FER in Italia rispetto al consumo TOTALE di energia in Italia decisamente sotto al 17%, che è il valore obiettivo obbligatorio per l’Italia per il 2020 nei confronti dell’Unione Europea. Questa sarà una ennesima, paradossale, scusa per chiedere – ed ottenere? – nuovi incentivi per installare ancora più pale eoliche sui monti e sulle colline italiane.
Tutto questo merita di essere denunciato a gran voce. E’ la dimostrazione che l’eolico a tutti i costi è DAVVERO uno scandalo senza senso. Uno scandalo e un paradosso.
forse c'è un altro fattore...
...il crollo del prezzo del petrolio. Quel qualcuno che dice ai produttori quale fonte e quando e quanto deve produrre o quando non deve produrre potrebbe aver preferito "dispacciare" l'energia del termoelettrico!