QUEL CHE C’È DA SAPERE
Il 18 settembre, il Consiglio dei ministri dell’Ambiente dell’Unione europea ha approvato un documento di indirizzo, in vista della 21ª sessione della Conferenza delle parti (COP 21) della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, che si terrà a Parigi in dicembre.
I ministri affermano che il riscaldamento globale è “inequivocabile” e, nell’individuare l’influenza umana come causa dominante del riscaldamento registrato dalla metà del XX secolo, non affermano che questa è certa ma che, riprendendo quanto dice l’Onu, è “estremamente probabile”.
Il Consiglio dei ministri afferma che in vista della Conferenza di Parigi c’è “una notevole mole di lavoro ancora da realizzare” e si dichiara “preoccupato per la mancanza di progressi sostanziali sul testo negoziato fino ad ora”. I ministri chiedono di preparare un nuovo testo negoziale, “riveduto e conciso”, contenente le principali opzioni, sulla base di pareri sinora espressi dalle parti. Per i ministri europei, le emissioni globali di gas a effetto serra devono stabilizzarsi al più tardi entro il 2020, ridursi entro il 2050 almeno del 50% rispetto al 1990 ed “essere inferiori o vicine allo zero entro il 2100”, anche se il significato di questa frase non è del tutto chiaro.
I paesi sviluppati, nel loro insieme, dovrebbero ridurre le emissioni dell'80-95% entro il 2050, rispetto al 1990. Da parte loro, i paesi dell’Unione europea si impegnano a ridurre le emissioni nazionali di almeno il 30% entro il 2030, rispetto al 1990.
Il Consiglio dei ministri Ue chiede che dalla Conferenza di dicembre esca un meccanismo giuridicamente vincolante, che “entri in vigore dopo la ratifica da parte di un numero cospicuo di parti che rappresentino un livello significativo di emissioni, in modo da garantire che l'accordo di Parigi sia veramente globale ed efficace”. Dovrebbe essere previsto un meccanismo di revisione quinquennale che consenta ai paesi di presentare nuovi obiettivi, non inferiori a quelli precedenti, o di ripresentare quelli esistenti. Ai paesi con minime capacità, dovrebbe essere garantita flessibilità.
Il documento approvato di ministri dell’Ambiente europei ribadisce l’impegno ad “aumentare gradualmente la mobilitazione dei finanziamenti per il clima nel contesto di interventi significativi di mitigazione e di un'attuazione trasparente, al fine di apportare il proprio contributo all'obiettivo dei paesi sviluppati di mobilitare congiuntamente, entro il 2020, 100 miliardi di dollari Usaall'anno, attingendo ad un’ampia varietà di fonti pubbliche e private, bilaterali e multilaterali, incluse le fonti alternative di finanziamento”.