QUEL CHE C’È DA SAPERE
La Commissione Ue ha aperto un’indagine sui pannelli solari esportati in Europa da Taiwan e Malesia, perché si sospetta che, in realtà, la loro provenienza originaria sia la Cina e che vengano fatti passare per i due paesi asiatici al fine di aggirare i dazi antidumping e anti-sovvenzione imposti per due anni dall’Unione europea nel dicembre 2013 sui pannelli e i componenti fotovoltaici.
Al termine di una lunga indagine, nel 2013 la Commissione Ue aveva accertato che gli esportatori cinesi del fotovoltaico avevano violato le norme dell’Organizzazione mondiale del commercio, che vietano di usufruire di aiuti di Stato, come finanziamenti agevolati, sgravi fiscali, agevolazioni sull’acquisto delle materie prime, finanziamenti per aumentare la capacità produttiva.
Dopo aver deciso l’istituzione di dazi, la Commissione Ue accettò l’accordo proposto dalla maggioranza degli esportatori cinesi del fotovoltaico, stabilendo un prezzo minimo per ogni modulo e un tetto alla quantità di pannelli esportabili annualmente in Europa. L’accordo fu accettato da un centinaio di produttori cinesi, che coprivano circa il 75% del mercato europeo, mentre per gli altri furono applicati i dazi.
Ora la Commissione Ue ha aperto una nuova indagine, su segnalazione di un produttore europeo del fotovoltaico, SolarWorld AG, che ha indicato l’aggiramento dei dazi antidumping e anti-sovvenzione imposti ai produttori cinesi non aderenti all’accordo del 2013.