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2024-09-18 19:56

Breve la storia felice dell’Anpa

IL VENTENNALE DELLA LEGGE 61/94 SULLE AGENZIE AMBIENTALI

di: 
Mario Signorino

Crescita e crisi delle agenzie ambientali, nazionale e regionali, in un continuo alternarsi di scelte di riforma e controriforma.

Festeggiamo, anche se in tono minore, il ventennale della legge 61/94, la nostra legge. Quella che ha istituito le agenzie ambientali, completando così la costruzione del sistema di governo dell’ambiente.“Nostra” nel senso che è dovuta all’iniziativa esclusiva degli Amici della Terra contro un fronte amplissimo di avversari. Perché quella legge non la voleva nessuno.È nata nel conflitto, che allora si risolse nel modo meno scontato, vale a dire con la sconfitta dei nemici della riforma per mano di una Onlus.

Considerando il contesto politico e le forze in campo, vent’anni fa abbiamo conseguito un successo straordinario, e come tale vogliamo celebrarlo. Non si capirebbe tuttavia la storia italiana delle agenzie ambientali se ci si limitasse agli aspetti positivi. Ai successi, infatti, si contrappongono sconfitte altrettanto straordinarie, che obbligano a interpretare questa storia come l’alternarsi di momenti e atti di riforma e controriforma.

La spinta propulsiva della riforma è prevalsa in tutta la prima fase dell’iniziativa degli Amici della Terra, fra il 1992 e il 1997: referendum sui controlli ambientali con 700 mila firme raccolte praticamente in ugual misura dall’associazione e dai radicali; la campagna elettorale;  l’elaborazione della proposta di legge di riforma, i cui contenuti riuscimmo a imporre a parlamento e governo nei mesi del tragico tramonto della Prima repubblica; infine l’avvio della fase costituente del sistema agenziale, che ho potuto vivere da presidente dell'ANPA.

L’obiettivo della legge 61/94 era di giocare sul tavolo delle politiche di governo, centrali e periferiche, la forza rinnovatrice del soggetto tecnico-scientifico. Ciò richiedeva l’esistenza di un centro nazionale forte e autorevole, capace di supportare il livello locale. Ma non gliene hanno dato il tempo. Una lottizzazione estrema, da destra e da sinistra, lo ha impedito; e il sistema è stato abbandonato ai suoi avversari.

L’Agenzia nazionale ha avuto tre nomi: nel 1994 ANPA/Agenzia nazionale per la protezione dell’ambiente; nel 2001 APAT/Agenzia per la protezione dell'ambiente e i servizi tecnici; nel 2008 ISPRA/Istituto superioreper la protezione e la ricerca ambientale.

Questi cambi di nome sono segni di strategie incerte che hanno reso precarie la missione e l’attività dell’ente. Nel processo di controriforma costituiscono altrettanti punti di svolta, o meglio di arretramento. Negli anni, l’Agenzia si è gonfiata, ma non per implementare un programma, bensì per favorire la lottizzazione. Così è nato un nuovo carrozzone.

Vent’anni fa, tra i sostenitori della controriforma si ritrovavano funzionari ministeriali, enti minacciati a qualsiasi titolo dalla riforma, il potente comparto della sanità, pupilla del partito comunista, gran parte delle associazioni ambientaliste (con la preziosa eccezione del compianto Rino Pavanello di Ambiente e Lavoro), preoccupate del successo degli Amici della Terra. Per costoro, era nata “la nemica” e bisognava perciò trovare il modo di abbatterla. Per i ministeriali, soprattutto, si trattava di evitare una sottrazione di potere in ambiti strategicamente rilevanti, quali il controllo ispettivo, l'informazione ambientale, la valutazione scientifica.  Lasciare queste attività vitali nelle mani di un ente tecnico di cui era garantita per legge l’autonomia dall’esecutivo, era inaccettabile.

L’attacco all’Agenzia è cominciato molto presto, con la sua “ministerializzazione” ad opera del decreto Bassanini del 1998, attuato nel 2001, che ne ha intaccato il ruolo e l’autonomia scientifica. Poi venne l’attacco alla diligenza da parte delle forze politiche: lottizzazione spinta del personale, dai gradini più alti ai più bassi; e nomina di vertici spesso incompetenti. Anche queste misure colpirono nel merito la qualità e l’indipendenza del lavoro dell’agenzia. Con successive misure, l’Agenzia venne delegittimata come centro tecnico-scientifico del sistema agenziale, la cui crescita ne risultò fortemente danneggiata.

Negli ultimi anni, questo processo è stato mascherato con la “promozione” dell’Agenzia a istituto scientifico:  fatto improbabile, che però certifica la sottrazione del centro propulsore al sistema delle agenzie. Nell’attuale fase finale è stata eliminata anche l’ultima traccia residua di missione scientifica: la funzione di autorità di controllo della sicurezza nucleare, ereditata dall’ex- Disp dell’Enea.

La controriforma dell’Anpa, con la nuova Ispra, aggrava ulteriormente la crisi del settore scientifico del sistema di governo dell’ambiente. L’Ispra rappresenta l’ultimo arrivo nel cimitero degli elefanti degli enti di ricerca e di servizio tecnico. Il segnale che giunge dai centri decisionali è dunque che nessuna novità è possibile: solo l’aggiunta di qualche nuovo ente da lottizzare. Di questo bisognerà tenere conto quando, esaminando ruoli e attività di Enea, Cnr, Ingv, Ispra ecc. , si dovrà capire se esistono ancora nel paese ragioni, risorse e capacità tali da rendere possibile una riforma, o se invece non convenga azzerare il tutto e tentare nuovi inizi.

L’infelice destino dell’Anpa rivela che, sul fronte delle riforme, c’è stata una pesantissima battuta d’arresto, tale da rendere velleitaria una risposta immediata. Ma questo non significa che il discorso sia concluso. Siamo nel cono d’ombra e sappiamo che durare è difficile. Ma abbiamo le idee giuste, migliori di quelle dei burocrati e di gran parte degli ambientalisti;  quelle idee che vent’anni fa ci hanno dato un primo successo contro gli affossatori di riforme. E forse siamo meno soli di prima.