INCENTIVI ALLE FONTI RINNOVABILI ELETTRICHE
Raccontiamo attraverso due contributi esterni alcuni effetti delle deroghe contenute nei decreti ministeriali per la riforma degli incentivi alle fonti rinnovabili; deroghe che il linguaggio burocratico sottrae di fatto alla valutazione dei non addetti ai lavori.
Il governo Monti si è molto vantato dell’emanazione del decreto ministeriale 6 luglio 2012 che riforma il regime di incentivi per le fonti rinnovabili elettriche eliminando i famigerati Certificati Verdi e introducendo le aste al ribasso e altri criteri di selezione dei progetti in base alla maggiore efficienza. Insieme al nuovo Conto energia per il fotovoltaico, il decreto fissa a “soli” 12,5 miliardi l’anno il tetto ai prelievi sulle bollette elettriche per l’incentivazione delle fonti rinnovabili.
Com’è noto, il decreto è stato criticato sia dai fautori delle rinnovabili elettriche per aver tagliato gli incentivi sia da questa testata e da altri per averli comunque mantenuti a un costo molto alto per i consumatori.
Al riparo dalle critiche sono rimaste alcune disposizioni nascoste nelle pieghe del linguaggio burocratico. Una di queste - l’art.30 “Transizione dal vecchio al nuovo meccanismo di incentivazione” - al fine di tutelare gli investimenti in via di completamento, al comma 1 stabilisce che gli impianti che riescono a entrare in esercizio entro il 30 aprile 2013 possono usufruire degli stessi incentivi ante riforma.
Questa disposizione sta determinando, in questi giorni, una vera e propria corsa all’oro da parte dei ritardatari. Dal sito della Rete della resistenza sui crinali, Alberto Cuppini commenta le foto, i servizi e i filmati sul trasporto dei componenti di una torre eolica da montare a Zeri, una località montana in provincia di Massa Carrara.
Ancora più paradossale e contorta nei suoi effetti è la norma contenuta nel comma 3 dello stesso articolo 30 che riguarda una specie particolare di impianti a biomassa, quelli che derivano dalla riconversione delle colture saccarifere a seguito delle limitazioni alla produzione di zucchero imposte dall’Unione Europea. I progetti di conversione dalle colture bieticole alla pioppicoltura derivano da un decreto del 2006. Accade adesso che, in forza della deroga introdotta dal comma 3, gli impianti che bruceranno la biomassa per produrre elettricità (senza nemmeno recuperare il calore) godranno degli incentivi più alti mai erogati in questi anni.
La denuncia viene da un comunicato di Fiper che pubblichiamo per intero