ARCHITETTURA BIOCLIMATICA E BIOCLIMATIZZAZIONE
Si viene spesso a contatto con termini che fanno riferimento alla sfera biologica e al clima, frequentemente fusi insieme; ad esempio, “architettura bioclimatica”, “bioarchitettura”, “bioclimatizzazione”. Il termine “bioclimatico”, derivato dal lessico in uso nella “bioclimatologia”, indica una disciplina, fondata da Kòppen agli inizi del secolo scorso, finalizzata principalmente alla ricerca delle cause di una determinata distribuzione della vegetazione nelle varie regioni del pianeta. In questo modo, si definisce bioclima quel complesso di fattori del clima stesso che regolano, attraverso processi evolutivi detti di ologenesi, la distribuzione planetaria dei grandi tipi di bioma. La bioclimatologia, dunque, studia le connessioni tra il clima e la vita e può concorrere a definire le modalità attraverso le quali l’uomo costruisce la propria abitazione tenendo conto delle peculiarità dei vari tipi di clima che si incontrano sul pianeta.
Con il nome di “architettura bioclimatica” s’intende quella parte dell'architettura che tende a minimizzare l'impatto ambientale delle costruzioni, tutelando così la salute dell'uomo o migliorandone la qualità della vita.
Lo sviluppo delle conoscenze tecnologiche e della presa di coscienza nei confronti della tutela dell’ambiente ha portato ad ampliarne il significato indicando delle linee d’intervento diversificate:
La “bioclimatizzazione” è quindi una componente dell’approccio dell’architettura bioclimatica e si caratterizza, tra l’altro, per il perseguimento di una situazione climatica ottimale negli edifici mediante l’utilizzo di fonti energetiche rinnovabili e la riduzione del consumo di energia.
fonte: Ecoxcase http://www.ecoxcase.com/ - Confronto sulle emissioni di CO2 tra un edificio bioclimatico e uno tradizionale
I sistemi di riscaldamento dell’ambiente domestico, così come possiamo intenderli attualmente, si sono diffusi soprattutto dal XVIII-XIX secolo. Precedentemente, nelle abitazioni domestiche, si trovavano quasi soltanto focolari aperti o bracieri portatili. Le prime stufe compaiono nel 1400. Un regresso sorprendente se si pensa al funzionamento dei complessi sistemi di riscaldamento in uso in epoca romana per le strutture termali, con l’utilizzazione di veri e propri sistemi di riscaldamento centralizzato.
Tale sistema era chiamato ipocausto, o riscaldamento sotterraneo, e consisteva nel far circolare, sotto i pavimenti e lungo le pareti degli edifici termali romani, l’aria calda proveniente da un forno alimentato a legna. Questo impianto di riscaldamento, utilizzato principalmente nei grandi complessi termali, veniva anche impiegato per il riscaldamento di alcune parti delle più ricche abitazioni romane (domus). Per consentire la circolazione dell’aria calda all’interno degli ambienti, i pavimenti delle stanze dei complessi termali venivano realizzati posizionandoli sopra file di mattoni posti a distanze regolari tra loro.
Tornando alla “bioclimatizzazione”, si vede come l’obiettivo principale dell’utilizzo delle fonti rinnovabili per l’ottenimento di un clima abitativo in linea con le esigenze stagionali è quello di contribuire al raggiungimento nelle abitazioni di un livello assai contenuto di consumi energetici; tale approccio è quello che oggi si riscontra nell’utilizzo delle “classi energetiche” degli edifici secondo il DM 26/6/2009 (vedi figura sotto).
fonte: Decreto Ministeriale 26/06/2009
E’ peraltro chiaro che, pur nel perseguimento di un comune obiettivo di riduzione di consumi e di rilascio di emissioni in atmosfera (come la CO2), gli approcci e le tecnologie utilizzate differiscano significativamente a seconda che si tratti della realizzazione di un nuovo insediamento abitativo (cosa che rende possibile la piena applicazione dei dettami dell’architettura bioclimatica) o dell’agire su strutture abitative già esistenti.
Per queste ultime, una volta attuate tutte le forme “passive” per la riduzione dei consumi energetici (cappottature, finestrature, infissi, ecc.), un ruolo importante viene sempre più svolto da forme di “centralizzazione dei servizi climatici”; si tratta del superamento e dello sviluppo del concetto di “teleriscaldamento” verso una forma di “teleclimatizzazione” con l’utilizzo (laddove possibile) di risorse rinnovabili.
Un esempio significativo è rappresentato dal “Progetto per la teleclimatizzazione a bassa entalpia attraverso l’uso dell’acqua di mare del golfo di Genova”, pubblicato di seguito. Esso si caratterizza per :
Riferimenti