NUOVI IMPERIALISMI
Se le risorse minerarie della più grande isola del Pianeta sono indiscutibilmente rilevanti è anche opportuno sottolineare come la storia dell’industria mineraria sia costellata di “tesori” rivelatisi successivamente delle scorciatoie per l’inferno. L’autore spiega tutte le trappole di cui è costellata la strada per la nuova frontiera di Trump.
In Copertina: Immagine Wikipedia
Da mesi il Presidente Trump sostiene che la Groenlandia è “indispensabile” agli Stati Uniti per la "pace del mondo intero". In effetti Nuuk, la capitale è più vicina a New York che a Copenaghen e, a sentire il vicepresidente Vance, la Danimarca ha fatto ben poco per tenere la Groenlandia al sicuro da Cina e Russia. Inoltre, la Groenlandia vanta ricchezze minerarie, petrolifere e di gas naturale: secondo la Casa Bianca il Paese contiene un “tesoro” costituito da minerali delle terre rare che alimenteranno la prossima generazione dell'economia statunitense.
Se le risorse minerarie della più grande isola del Pianeta sono indiscutibilmente rilevanti è anche opportuno sottolineare come la storia dell’industria mineraria sia costellata di “tesori” rivelatisi successivamente delle scorciatoie per l’inferno. Ecco, il giacimento di Kvanefjeld, nel sud dell’Isola, potrebbe essere del secondo tipo.
It’s about chemistry, stupid.
Il successo della coltivazione di un giacimento non dipende tanto dalla fase estrattiva quanto dalla chimica e dall'ingegneria di processo delle fasi di arricchimento e raffinazione. Il dominio di Pechino sulla supply chain globale delle terre rare non è geologico ma tecnologico, poggia su un aspetto fondamentale: il mine-to-magnet ovvero l’integrazione verticale della catena del valore che parte dalla miniera e finisce nel magnete permanente di una turbina eolica o di un’auto elettrica.
E proprio nello sviluppo del downstream si evidenzia uno dei maggiori problemi di Kvanefjeld: la steenstrupina ovvero il minerale che ospita le terre rare, un mix strutturalmente complesso di undici elementi diversi con un alto grado di silice solubile in acido che rendono insolite le sue caratteristiche di lisciviazione.
Si tratta di una mineralizzazione la cui composizione chimica è estremamente variabile su microscala, aspetto che rende estremamente complessa la messa a punto del processo metallurgico di cui, peraltro, esistono pochi precedenti sia nell’ambito della ricerca che commerciale. Inoltre, i pochi processi sperimentati sono stati eseguiti su piccola scala, in laboratorio: che gli stessi risultati siano riproducibili su scala industriale e diano origine ad un’attività economicamente sostenibile è, a tutt’oggi, da dimostrare.
Una bomba ecologica?
Ulteriore svantaggio di questo processo è l'introduzione del fluoruro di sodio nel ciclo che comporta l’introduzione di misure di controllo e sicurezza poiché sviluppa acido fluoridrico, estremamente velenoso.
Questo aspetto introduce il tema sulle problematiche ESG poiché il futuro del giacimento dipende dalla moratoria groenlandese sull'estrazione dell'uranio e dal superamento della forte opposizione di una parte della popolazione locale.
L’interesse verso il complesso di Ilimaussaq dell’australiana Greenland Minerals and Energy, oggi Energy Transition Minerals (ETM), risale al 2007 ed era concentrato sull’uranio che stava godendo di un picco ciclico in quel momento. Infatti, negli anni ’60, Kvanefjeld era noto per essere un deposito di uranio di bassa qualità e di medie dimensioni scoperto dal danese Riso National Laboratory. La steenstrupina del giacimento contiene circa 250 parti per milione (ppm) di uranio ed una quantità tripla di torio: nel processo metallurgico, illustrato da ETM nel suo studio di fattibilità del 2015, mentre l’uranio viene recuperato il torio viene lasciato negli sterili. Questo significa che se ogni anno verranno estratte 23.000 tonnellate di terre rare 3.000 tonnellate di torio finiranno negli sterili: a fine coltivazione la diga di sterili conterrà circa 90.000 tonnellate di torio radioattivo.
Una diga di sterili con liquami tossici radioattivi sul pendio di una montagna che si affaccia sull’Oceano comporta inevitabili rischi ambientali. Dalla contaminazione delle acque superficiali e sotterranee dovute a infiltrazioni o perdite di liquidi dagli sterili, al trasporto per via eolica di polveri radioattive, alla stabilità complessiva del manufatto in considerazione delle conseguenze sulla stabilità degli argini dei ripetuti cicli di gelo-disgelo. Anche se, auspicabilmente, non dovessero accadere incidenti il solo costo della sorveglianza e manutenzione perpetua rappresenta un significativo onere economico sul business plan dell’impresa.
Un business plan fuori mercato.
Inoltre, il business plan proposto da Greenland nel 2015 è attualmente irrealistico: siamo passati attraverso una pandemia ed un paio (almeno) di guerre, i costi sono aumentati di circa il 40% mentre i prezzi delle terre rare, nel frattempo, sono scesi rispetto a quelli adottati da ETM. Soprattutto, è opportuno che gli Stati Uniti valutino attentamente se esiste un mercato interno per queste tecnologie con catene del valore esistenti, nonché una domanda reale attuale e futura prevedibile.
Infatti, disporre di neodimio e praseodimio per produrre i magneti permanenti non è sufficiente per realizzare quelli ad alte prestazioni utilizzati nelle auto elettriche e nelle turbine eoliche. Questi magneti operano in ambienti ad alta temperatura di lavoro e, per mantenerne la coercitività, vengono aggiunti disprosio e terbio che però a Kvanefjeld verrebbero prodotti in quantità limitate.
Una considerazione a parte attiene a quei magneti, destinati al mercato delle forze armate, al samario-cobalto. Per le esigenze militari critiche, il prezzo determina il numero di armi che possono essere acquistate, non se saranno acquistate o meno, ma la presenza di samario non è nemmeno accennata nello studio di fattibilità.
Se il “tesoro” che gli Stati Uniti cercano in Groenlandia sono le terre rare è opportuno che si concentrino sulla miniera californiana di Mountain Pass, una delle più grandi miniere di terre rare operative al di fuori della Cina, e sviluppino quanto prima gli impianti di lavorazione in Texas che stanno costruendo MP Materials e Lynas: la fine del dominio della Cina sulle terre rare comincia da lì dove è partita la storia moderna delle terre rare.