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2024-10-07 01:27

Ploff. Perché l’Eolico a Mare Non Funziona

I PROBLEMI DELL’OFFSHORE

di: 
Giovanni Brussato

L’autore spiega e commenta i recenti infortuni delle multinazionali del vento riepilogando le ragioni che rendono proibitiva la tecnologia offshore. Tutto prevedibile (e previsto) da molto tempo, ma scelte politiche e lobbystiche continuano a garantire lauti incentivi per chi installa turbine nel Mediterraneo.

In copertina: Immagine di copertina generata da A.I. per Giovanni Brussato


Ørsted, il più grande sviluppatore di energia eolica offshore del mondo ha formalmente comunicato, la scorsa settimana, che taglierà fino a 800 posti di lavoro e si ritirerà dai mercati eolici offshore in Norvegia, Spagna e Portogallo. È solo l’ultima di una serie di débâcle dell’industria del vento e dei suoi profeti.

Alcuni anni addietro mi sono soffermato ad analizzare l’eolico offshore, visto da taluni ambientalisti come un ipotetico punto d’incontro dove le istanze di tutela del paesaggio italiano, per cui evidentemente la Costituzione non è sufficiente, accolgono le ansie di un’altra categoria di ambientalisti per i quali c'è una catastrofe climatica incombente e prevenirla è più importante di qualsiasi altro valore sociale, che si tratti di democrazia, libertà di parola o leggi esistenti.

In realtà l’eolico offshore è forse Lontano dagli occhi ma non dal portafoglio. Il problema di fondo è il costo dell’elettricità prodotta: nell’analisi avvertivo che malgrado il settore stesse godendo di una situazione estremamente favorevole grazie al sostegno governativo, un outlook positivo e l’aumento delle richieste da parte di grandi clienti i costi di installazione degli impianti eolici offshore non stavano diminuendo, anzi.

Le ragioni sono molteplici: dalla greenflation, alle complessità tecnologiche, alle wind turbine installation vessels, le navi per l’installazione di questi “spaventosi mastodonti”, alle Cable Lay Vessels (le navi posacavi) ai costi per l’adeguamento delle reti elettriche.

 

Greenflation.

Dopo aver prosperato negli ultimi dieci anni con i prezzi delle materie prime a livelli minimi, e con i tassi d’interesse prossimi allo zero, gli aumenti delle prime (Greenflation | l'Astrolabio (amicidellaterra.it)) e dei secondi hanno minato la competitività economica della tecnologia. Se ne era accorto anche Eickholt, amministratore delegato di Siemens Gamesa, quando nel 2022 (La Cina pronta a mangiarsi anche l’industria eolica europea - Panorama), chiedeva ai legislatori europei di conferire al settore eolico lo status di industria strategica per superare il problema della competitività.

 

È un problema di taglia.

Osservavo che le turbine stavano progressivamente ingigantendosi: a prescindere dalle leggi della fisica che avrebbero, nel tempo, presentato inevitabili e difficili problemi di scalabilità, il problema poteva presentarsi in qualcosa di molto più ordinario come i limiti dei controlli di qualità, e talvolta progettuali, su componenti come le pale del rotore e nei cuscinetti che hanno causato danni, risolvibili con la sostituzione, ma che hanno comportato costi per miliardi di euro proprio a Siemens Gamesa.

 

Wind turbine installation vessels.

Il processo di installazione di queste colossali turbine richiede navi altamente specializzate e costose, circa 500 milioni di dollari ciascuna, note come "navi per l'installazione di turbine eoliche" (wind turbine installation vessels, WTIVS). 

Nel 2020, c'erano solo 16 WTIV, non tutte in grado di installare turbine grandi quanto quelle più recenti: la continua crescita delle dimensioni delle turbine sta progressivamente rendendole inutilizzabili. Se turbine con capacità pari o superiore a 8 MW erano solo il 3% delle installazioni fino al 2021, questa percentuale è destinata a superare il 50% entro il 2030.

Oltre a non esserci navi con gru all'altezza delle future turbine, si riscontra un forte immobilismo nel settore della costruzione di questi vascelli proprio per l’incertezza sulla dimensione delle future turbine che frena le commissioni di navi che potrebbero essere obsolete al termine di una prima installazione. Non è un caso che si cominci a parlare di altezze standard.

 

Manutenzione.

La manutenzione è un’altra voce di costo che, pur non offrendo garanzie per il futuro, visto che in molti casi i progetti non hanno un database storico e non sono in grado di darci una stima previsionale a 15-20 anni, rappresenta circa il 25% dei costi di esercizio di un normale parco eolico offshore, senza includere il profitto perso a causa dei tempi di fermo delle turbine. Nelle previsioni del governo del Regno Unito del tempo, le attività di manutenzione per oltre 5500 turbine rappresentavano un costo di quasi 2 miliardi di sterline all'anno che significa un costo da circa 25 € / MWh a 40 € / MWh in funzione della distanza dalla costa e del tipo di supporto necessario.

 

Le reti.

Ulteriore aspetto di quell’analisi era l'installazione dei cavi sottomarini che trasportano l'elettricità generata dalle turbine alle interconnessioni continentali: a prescindere dalle complessità dell'infrastruttura di trasmissione e dalla limitatezza, anche in quel caso, delle Cable Lay Vessels (le navi posacavi), emergeva la problematica del costo delle reti. Per costruire le reti servono rame ed alluminio e Jerome Leroy, di Nexans, uno dei maggiori produttori globali di cavi, ha sottolineato di recente che, se anche le previsioni suggeriscono che la capacità produttiva crescerà fino a 27 milioni di tonnellate all'anno entro la fine di questo decennio, la domanda potrebbe salire fino a 35 milioni di tonnellate e quindi un deficit di approvvigionamento potrebbe materializzarsi già nel 2024. Il rame ha ripreso da qualche mese la sua corsa e la soglia dei 10.000 dollari per tonnellata verrebbe immediatamente raggiunta in presenza di una domanda allineata agli obbiettivi climatici (Il Rame e la Matematica dei Metalli | l'Astrolabio (amicidellaterra.it)).

Circa l’integrazione delle rinnovabili intermittenti nelle nostre reti elettriche, molti esperti hanno preferito non esprimersi quando negli ultimi 20 anni sono stati sviluppati e promossi obiettivi "verdi" irrealistici. Probabilmente, la loro voce avrebbe contribuito a fornire una base più realistica per lo sviluppo futuro. Ma com’è ormai evidente, oggi, parlare in termini realistici, o semplicemente criticare, ciò che viene percepito come "green" rischia di proiettare gli incauti nell’occhio del ciclone mediatico.

Le conseguenze a breve termine, anche di un semplice bagno di realismo, sull'impatto delle iniziative "green", sarebbero state immediate ed aspre mentre i benefici nel denunciare apertamente i potenziali problemi di affidabilità della distribuzione dell’energia sarebbero stati più lontani nel tempo.

Ma oggi il tema è diventato d’obbligo, perché i problemi connessi alla penetrazione di eolico e fotovoltaico nei mix energetici europei non sono più eludibili: basta chiedere ai Verdi tedeschi l’entità dei costi del “Geisterstrom” (energia fantasma) per i contribuenti tedeschi (Le politiche climatiche verdi avvelenano l’economia tedesca - Panorama).

Non è che oggi, di colpo, le nostre reti non funzionino o siano meno intelligenti: semplicemente, oltre a coloro che volevano nascondere i costi dell'aggiunta indefinita di energie rinnovabili alla rete, oggi ampi settori dell’economia puntano sulle opportunità economiche che questa situazione offre.

Nell’analisi accennavo anche ad altre “ovvie” problematiche come la siccità eolica e la necessità di dispositivi di accumulo di cui oggi non vi intravede soluzione malgrado si continuino a proporre nuovi parchi eolici offshore, anche nei nostri mari (L’eolico offshore nei mari italiani: energia a quale prezzo? - Panorama) dove la scarsa ventosità rende i 185 €/MWh della base d’asta economicamente non sostenibili...

Un po più di numeri

Articolo pieno di valutazioni qualitative e superficiali. Un po di numeri non farebbero male. L'eolico è in crescita in tutto il mondo (https://www.geopop.it/quali-sono-i-paesi-che-producono-piu-energia-eolica/)
e i costi non sono quelli riportati. Per esperienza diretta il solo impianto off shore realizzato in Italia, sito nel porto di Taranto, produce corrente elettrica a circa 3 c€ il KWh la metà del costo del più economico degli impianti termici.

l problema dell'eolico, lo stesso del fotovoltaico, è a produzione d'energia non programmabile. Per l'eolico è minore visto che gli impianti off shore mediamente lavorano per 3000-3500 ore/anno (in alcuni casi 4000 ore) contro le 1500-2000 ore di un impianto fotovoltaico (in italia il fotovoltaico non arriva a 1500 ore).
Le rinnovabili difficilmente risolveranno il problema energetico/climatico ma se si rinuncia all'eolico, la possibilità è men che nulla.