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2023-12-04 13:44

Fine della Discesa dei Prezzi del Green Deal

MATERIE PRIME E TECNOLOGIE VERDI

di: 
Giovanni Brussato

Sta per esaurirsi una delle illusioni che ha alimentato la fiducia incondizionata che le attuali tecnologie verdi possano sostituire velocemente e al 100% le fonti di energia fossile e senza ricorrere al nucleare: l’idea che i prezzi dei manufatti continuino a calare nella stessa misura degli ultimi decenni. L’autore spiega perché d’ora in poi non sarà così, a partire dall’incidenza dei costi delle materie prime.

Immagine di Copertina: CREDIT Rex Features

L'asta andata clamorosamente deserta per i nuovi parchi eolici offshore da realizzare nel Regno Unito, l’ex Arabia Saudita del vento, ha dimostrato plasticamente come la discesa dei prezzi delle tecnologie verdi si sia invertita in questi ultimi due anni. La causa più frequente viene attribuita ai fenomeni inflattivi dovuti alla crescita dei costi energetici per la guerra in Ucraina o alla greenflation (http://astrolabio.amicidellaterra.it/node/2755) dovuta alle politiche pubbliche attuate nell'ambito della transizione verde.

In realtà ci sono aspetti strutturali che suggeriscono come il costo delle materie prime sia destinato a non scendere oltre. Un primo evidente riscontro ce lo offrono i dati dell’USGS (il Servizio Geologico degli Stati Uniti) che evidenziano come, dopo un lento declino dei prezzi dei minerali chiave nel corso del secolo scorso, questa tendenza si sia invertita dall’inizio del ventunesimo secolo. Il progressivo calo dei tenori delle riserve globali è realtà e, per quanto da taluni non venga considerato un segno inequivocabile dell’esaurimento geologico globale, è condivisa l’opinione circa gli effetti negativi sui prezzi causati dalla necessità del settore minerario di sfruttare minerali meno concentrati.

 

La variabile Prezzo.

Nel celebre rapporto “Limits to growth” del Club di Roma, primo esempio di modello dinamico, si definiva utopico il modello crescita lineare. Le conclusioni del rapporto sono state aspramente criticate perché tra le variabili inserite nel modello non era stata inserita la variabile "prezzo". I critici sostengono che l'aumento delle riserve, nonostante la forte crescita dei consumi, sia possibile con i progressi della tecnologia, che consentono oggi di fare ciò che non era fattibile in passato, in particolare sfruttare nuove risorse, di qualità inferiore, e che questo sia possibile a costi costanti.

In realtà, come visibile nel grafico, i miglioramenti tecnologici, che si riflettono in una migliore efficienza energetica nell'estrazione di materie prime con tenori decrescenti, incontrano un limite nell’energia richiesta dai processi di estrazione e comminuzione.

Rappresentazione qualitativa dei limiti dei miglioramenti dell'efficienza energetica.

Sebbene l'efficienza energetica del processo estrattivo nel corso del XX secolo sia aumentata annualmente dell'1-2% per metalli ampiamente diffusi come l'alluminio e il rame, questa evoluzione è limitata dalle leggi della fisica: cioè dal limite termodinamico posto dalla quantità minima di energia per frantumare il minerale delle rocce contenenti il metallo.

Se negli anni '50 la produzione di acciaio richiedeva circa 50 MJ/kg (megajoule per chilogrammo), negli anni 2000 questa quantità di energia si era praticamente dimezzata. Ma questo non si ripeterà nei prossimi 50 anni perché l'investimento necessario per guadagnare anche una quantità minima di energia, quando ci si avvicina al limite termodinamico (circa 10 MJ/kg in questo caso), diventa proibitivo.

Questo aspetto ha una diretta ripercussione sulle riserve e sulla loro qualità (http://astrolabio.amicidellaterra.it/node/2443): lo stock di ferro e acciaio procapite nelle economie avanzate è stimato in circa 10 tonnellate. Per consentire agli oltre 9 miliardi di abitanti del Pianeta nel 2050 di disporre del medesimo stock procapite, dovrebbero essere estratte circa 71 miliardi di tonnellate di ferro: circa l'85% delle riserve conosciute di uno dei minerali più comuni.

 

La trappola della crescita costante.

Anche i critici dei modelli del Club di Roma a loro volta introducono una variabile non sostenibile nelle loro ipotesi: il costo costante. Oggi vengono estratte dal sottosuolo circa 70 miliardi di tonnellate di materiale ogni anno. Risorse che non erano sfruttabili ieri diventano sfruttabili oggi, ma questa tendenza induce l'idea, fuorviante, che la crescita costante sia possibile. In realtà si tratta di un crescita esponenziale: un aumento del 3% all'anno nella produzione di un metallo (www.nuova-energia.com - L’insostenibilità della crescita esponenziale in un sistema finito) implica il raddoppio della produzione ogni vent'anni. Quindi il declino del tenore dei depositi nel tempo comporta una crescita esponenziale dell’energia dell’estrazione poiché il mantenimento della produzione impone di sostituire le risorse esaurite di alta qualità con maggiori risorse di qualità inferiore. Per visualizzare quanto espresso si consideri il modello sottostante dove in grigio c’è il prezzo reale del rame.

Il legame prezzo-energia-tecnologia. 

La curva in rosso rappresenta il prezzo calcolato nell’ipotesi di assenza di evoluzione tecnologica e di un tenore di rame nei giacimenti decrescente mentre quella in giallo rappresenta l’opposto: il prezzo calcolato con un miglioramento tecnologico pari all’1% annuo ed un tenore del metallo costante. Entrambe queste ipotesi presentano scenari irrealistici poiché è dimostrato come, nel tempo, sia la tecnologia migliori sia il tenore decresca. In arancione il prezzo sulla base dei tenori reali e con un miglioramento tecnologico dell’1%. Il circoletto nero indica il punto in cui il miglioramento tecnologico non compensa più la diminuzione della concentrazione dei giacimenti sfruttati e il prezzo a lungo termine aumenta.

Tre fattori favoriscono il calo dei prezzi nelle materie prime: energia a basso costo, normative stabili ed efficienti e accesso al capitale di rischio. Oggi l'Europa consuma il 20% dei metalli prodotti nel mondo mentre ne produce circa il 3%. Questo è anche dovuto a scelte industriali: il livello di dipendenza industriale dai metalli ad alta tecnologia è una scelta, non una fatalità (Riflessioni critiche sulle materie prime critiche - Panorama). Si possono produrre dei magneti permanenti senza l’uso di terre rare mettendo sulla bilancia una minor efficienza e miniaturizzazione. Inoltre, imporre dei vincoli rigidi all’espansione interna dell’industria estrattiva non solo aumenta le importazioni e gli impatti economici associati ed i rischi geopolitici (BRICS+, nuovo cardine del mondo minerario globale? - Energia (rivistaenergia.it)), ma aumenta anche i costi ed il prezzo di tutto ciò che viene prodotto.

 

Friend shoring.

Certo l’Occidente sta vivendo una graduale presa di coscienza che i benefici della globalizzazione non sono quelli che pensava: la dipendenza sulle materie prime e la fragilità dell’approvvigionamento energetico hanno messo in discussione la visione di un'economia globalizzata. Proprio per questo è stato coniato un nuovo termine nel lessico diplomatico: friend-shoring, se non puoi produrlo da solo, trova un paese amico che possa farlo per te (La Cina pronta a mangiarsi anche l’industria eolica europea - Panorama).

Ma questo significa andare contro i principi del libero scambio come il vantaggio comparativo: il commercio è guidato dall'idea che un paese dovrebbe produrre ed esportare solo beni che possono essere realizzati a un costo inferiore rispetto ai suoi concorrenti. I benefici di una catena di approvvigionamento globale derivano proprio dal fatto che coinvolge paesi con livelli di reddito molto diversi, consentendo a ciascuno di portare il proprio vantaggio comparativo al processo di produzione. Il friend-shoring tenderebbe ad eliminare questa dinamica, aumentando così i costi di produzione e i prezzi al consumo. E se alcuni possono accogliere con favore la riduzione della concorrenza ed il conseguente aumento dei prezzi delle materie prime, larga parte dei consumatori se ne pentirebbe.

 

Il denaro è un vigliacco, scappa alla prima difficoltà. (Robert Friedland)

Proprio in questi giorni Codelco, che detiene circa il 29% della produzione di rame del Cile, il più grande produttore globale, sta terminando i contratti a lungo termine del concentrato di rame ai clienti cinesi per sostituirli dal 2025 con altri che includano prodotti intermedi a valore aggiunto. Per quanto i clienti cinesi protestino contro i cambiamenti, dovranno accettare le nuove condizioni contrattuali perché avranno bisogno dei concentrati di Codelco nei prossimi anni quando l’offerta di rame è destinata a contrarsi.

Il nazionalismo delle risorse (Le supply chain globali e la sfida del nazionalismo delle risorse - Panorama) è la tendenza dei governi ad affermare il controllo, per ragioni strategiche ed economiche, sulle risorse naturali situate sul loro territorio. I paesi ricchi di minerali sono spesso alla ricerca di modi per ottenere più denaro dalle compagnie minerarie, la tattica più comune è quella di aumentare i pagamenti delle royalty. La formula più utilizzata è l’aumento della proprietà statale e le compagnie minerarie sono obiettivi facili perché l'estrazione mineraria è un investimento a lungo termine e ad alta intensità di capitale; quindi, sono alla mercé dei paesi in cui operano. Ciò comporta che l'industria mineraria rimanga, attualmente, focalizzata sull'esplorazione a basso rischio con la conseguenza, inevitabile, che la mancanza di esplorazione di base comporta: impatti negativi sulla produzione futura con analoghi riflessi sui prezzi delle materie prime.

 

Normative stabili.

Le società minerarie internazionali, in particolare quelle pubbliche, sono soggette al controllo politico e del mercato e, quindi, sotto pressione per aderire agli standard globali e garantire che le loro catene di approvvigionamento rispettino criteri ESG sempre più stringenti. Ma questo, in molti casi, si traduce in un eccesso regolamentazione, in processi autorizzativi lenti e burocratici. L’evoluzione di normative impositive della tassazione sulle emissioni potrebbe condurre in futuro a vincolare il tenore minimo della coltivazione di un giacimento alla quantità di emissioni di CO2 che l’estrazione provoca. Così come i vincoli ESG imposti agli istituti di credito potrebbero comportare la mancata erogazione di finanziamenti (http://astrolabio.amicidellaterra.it/node/2398) se una miniera non presenta un bilancio idrico positivo, in quanto ritenute corresponsabili come finanziatori.

La sfida futura per l’approvvigionamento della maggior parte dei metalli non è tanto una questione di stock, ma di flussi, direttamente collegati alla capacità di estrarre le quantità necessarie a soddisfare la domanda. Quindi non solo in termini di disponibilità geologica, ma considerando le dinamiche delle riserve dei singoli metalli, che sono costituite da una varietà di aspetti politici, ambientali ed economici: questo impatterà pesantemente sui costi che aumenteranno sensibilmente ed in ultima analisi sui prezzi.

 

Riferimenti.

Olivier Vidal, Ressources minérales, progrès technologique et croissance, Temporalités.

F. De Rochette and G. De Temmerman, 2022: Fluxes, not stocks: the real challenges of metallic resources for the energy transition, Zenon Research,Paris,France.

PwC, 2023, Mine report: The era of reinvention.

D.E. Sullivan, J.L. Sznopek,L.A. Wagner, 2003, 20th centuryU.S.mineral prices decline in constant dollars, USGS

U.S. Geological Survey, 2013, Metal prices in theUnited Statesthrough 2010: U.S. Geological Survey Scientific Investigations Report 2012–5188